Ogni tanto sento il bisogno di riflettere [so che vi sembrerà strano (smile)], specie su quelle che sono le mie certezze, anzi, mi succede più spesso d’incasinarmi la vita speculando sugli argomenti che credo di conoscere.
Mi sono sentito molto stimolato, in questo senso, da questo bellissimo post di gabrilu che in maniera molto precisa, direi matematica, consente d’individuare che losco figuro sono dal punto di vista musicale.
Per comodità riporto qui il catalogo che, come è ben spiegato dalla stessa gabrilu ha origini nobilissime.
1) L’esperto. Appartiene in genere alla cerchia dei musicisti professionisti. Ha una solida preparazione tecnica. Intende pienamente la logica costruttiva di una composizione. Il suo è un ascolto "strutturale".
2) Il buon ascoltatore. E’ in grado di percepire istintivamente la logica immanente della musica ed è consapevole delle sue implicazioni tecniche e strutturali. "Capisce la musica all’incirca come uno capisce la propria lingua anche se sa poco o niente della grammatica e della sintassi"
3) Il consumatore di cultura. Sa tutto, è informato su ogni particolare biografico ed aneddotico dei compositori. Gran collezionista di dischi e programmi, emette giudizi sugli interpreti. Le sue caratteristiche, dice Adorno, sono sostanzialmente il conformismo e il convenzionalismo. Non ama le novità.
4) L’ascoltatore emotivo. Non gli interessa nulla di quello che sta attorno alla musica. Si abbandona al flusso sonoro. In esso cerca una compensazione alle proprie carenze psichiche. Fa della musica un uso psico-somatico ed una scarica istintuale delle proprie energie represse.
5) L’ascoltatore risentito o astioso. Ascolta solo un certo tipo di musica (la pre-romantica, ad esempio, o chessò.. i canti gregoriani, oppure il Jazz) e disprezza tutto il resto. E’ partigiano e settario.
6) L’ascoltatore di musica leggera tout-court. Sia che la ascolti per passatempo o come fan, è questo, secondo Adorno, il tipo di ascoltatore su cui l’industria culturale specula su vasta scala ben sapendo che questo tipo di ascolto passivo è quello che meglio si presta al livellamento ed alla massificazione e quindi alla standardizzazione del prodotto.
Bene, di primo acchito io mi riconosco come buon ascoltatore e non ho nessun dubbio.
Però, escludendo il primo punto, perchè nell’accezione proposta di esperto non posso certo identificarmi, vorrei analizzare le altre possibilità.
Sono catalogabile anche come consumatore di cultura? Sì e no, perchè se è vero che emetto giudizi (nel mio caso io direi pareri, mi sembra più rispettoso nei confronti di chi vive di Musica) non è vero che sono convenzionale e che non ami le novità.
Non mi sento neanche un collezionista, perchè per me il collezionismo è una forma di depravazione culturale, quasi una sindrome monomaniacale. Certo, possiedo tante edizioni del Ring, ma conosco gente che passa il giorno ad ascoltare le sue 100 edizioni di Tosca.
Sono un ascoltatore emotivo? Sì, sempre, altrimenti praticherei il giardinaggio, il bird-watching o qualsiasi altra attività che mi coinvolge.
Ho scritto dei post dicendo che la musica è la mia coperta di Linus, come potrei negarlo?
Mi posso inserire tra gli ascoltatori risentiti o astiosi? No, ho solo delle preferenze musicali, ma se la testa me lo consente, cerco di esplorare nuovi generi senza limitazioni. È anche vero però, che in alcuni periodi della mia vita ho ascoltato solamente Verdi o i King Crimson.
Un po’ più complessa la valutazione dell’ultimo punto, perchè si parla di standardizzazione della musica (leggera, in questo caso).
E come la mettiamo con la circostanza, tanto per fare un esempio, che quest’anno il Trittico pucciniano è proposto nei teatri di mezza Italia, anche smembrato? E non solo, con lo stesso cast in ogni città!
Quando dico smembrato, voglio dire rappresentato a pezzi: a Trieste ad esempio, quest’anno vedrò Suor Angelica e La Voix Humaine di Poulenc nella stessa serata, in un neo-dittico inusuale e scombinato.
Non è forse questo un tentativo di livellamento e massificazione del prodotto "Musica Lirica"?
Perchè certi cantanti sono sempre presenti in determinate produzioni, anche prestigiose, ed altri ben più meritevoli sono costretti a inseguire la propria carriera su palcoscenici di provincia o all’estero?
E quando dico estero non mi riferisco certo al Metropolitan di New York, ma intendo fuori dal circuito mediatico internazionale.
Quindi, a mio avviso, le categorie adorniane pur restando uno straordinario spunto di riflessione, sono obsolete ed andrebbero riscritte.
Peccato che non veda un Adorno, nel panorama culturale odierno.
Ringrazio ancora gabrilu per aver fatto nascere questa bellissima discussione e sperando di aver dato un contributo costruttivo e non banale, auguro a tutti una settimana serena.
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