
Allo scopo di evitare i soliti bagordi crapuleschi di Pasqua, il Comandante (ex) Ripley mi ha proposto una gita sul Monte Nanos, nella vicina Slovenia.
Beh, non che l’idea m’esaltasse in modo particolare, ma non posso sempre dirle di no, evidentemente. Voglio dire, lei mi ha accompagnato a vedere Die Walküre nell’orrida Venezia, mica pizza e fichi; inoltre, fidandosi del mio istinto di lupo di mare, spesso è venuta in barca con me, beccandosi un paio di neverini da paura.
Ieri mattina, quindi, ho rispolverato le mie vecchie pedule da montagna ed armato di buona volontà e (poco) entusiasmo sono partito per questa gitarella.
Quando siamo arrivati ai piedi del Nanos, con malcelato timore, le ho chiesto: “Scusa, che dislivello c’è?” – e lei, che vi ricordo è istruttrice di alpinismo – mi ha guardato con sufficienza e mi ha risposto: “Mah…poco…neanche 800 metri”.
Una bazzecola.
Ovviamente ha scelto la via più breve, che tradotto nel linguaggio delle persone normali significa: una salita difficile, faticosa, irta d’insidie, esposta a tutti i capricci di madre natura e con la non remota possibilità d’incontrare qualche orso affamato. (cosa mangeranno gli orsi a Pasqua, dal momento che si strafogano d’agnelli tutto l’anno?)
Cominciamo a salire, e dopo meno di 100 metri è apparso evidente che mi sono lanciato in un’avventura superiore alle mie forze, mentre lei saltellava gioiosa come uno stambecco per evitare i morsi delle vipere. (precauzione inutile, peraltro, perché tra simili non ci si fa del male)
Quando arriviamo circa a metà del tragitto, e la cima mi sembra a dir poco lontana, il Comandante mi dice: “Stai attento, perché ora ci sono un paio di passaggi un po’difficili!”.
Rispondo, ansimando come una vaporiera: “Che significa?”
“Mah…niente, solo un paio di tratti leggermente esposti, ma comunque ci sono i cavi.”
Ecco, ma noi non abbiamo l’imbrago, per dire.
Mi sono scordato di puntualizzare che il Nanos è noto anche come l’altopiano della Bora, vento noto per favorire l’equilibrio nei passaggi esposti.
Insomma, ce la faccio a sopravvivere senza precipitare nel vuoto, non so come.
Poi è il momento di un piccolo camino, con una pendenza del 70%: lo ammetto, a quel punto ho sperato che un orso mettesse fine alle mie sofferenze con una zampata, mentre il Comandante mi guardava con disgusto e sghignazzava sordidamente.
Per fortuna lo spirito di Wagner ha guidato i miei passi, ecco.
Arriviamo al pianoro che porta al rifugio, completamente esposto ad una bora gelida le cui raffiche, evidentemente, martellano solo me, visto che la donna bionica sembra non risentirne.
Finalmente, dopo quasi 2 ore di sofferenza, mi siedo su una panca, esausto, sudato, sporco, stravolto dalla fatica e stordito dal freddo.
Voglio solo riposarmi, ma è l’ora del rancio, perciò il Comandante mi trascina all’interno del rifugio e mentre io ordino una bottiglia d’acqua minerale, lei si mangia un piatto enorme di gnocchi col gulasch, si tracanna una birra e sbrana uno strudel. Nel frattempo io non sono riuscito a girare il tappo della bottiglia, troppa fatica.
È che ora dobbiamo tornare indietro, capite?
Bontà sua, il Comandante sceglie la via lunga, solo 2 ore in discesa per una mulattiera.
Quando arriviamo al parcheggio, abbraccio la mia auto e la bacio.
Non avrei mai pensato di rivedere la mia collezione di Ring, giuro.
Oggi, non so perché, ma credo che la tradizionale gita fuori porta di Pasquetta non rientrerà nei miei programmi, ho molto da fare a casa e sono un po’ stanco; mi sento anche leggermente indolenzito, tanto che siccome non riesco ad accendere lo stereo, per avere un sottofondo musicale mentre scrivo questo post ho deciso di cantare io.
Ho scelto “Resta immobile” dal Gugliemo Tell di Rossini.
Il Comandante (ex) Ripley ed io vi ringraziamo per gli auguri, buona settimana a tutti! (strasmile)
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