Chiedo scusa, mi sono sbagliato. Il documentario al quale si fa riferimento alla fine del post, andrà in onda domani alle 19.
Mi si chiede, e ne sono felice, un post su Maria Callas, in occasione della ricorrenza dei trent’anni dalla sua scomparsa.
Dovrei scrivere di sensazioni personali, e quindi troppo soggettive, perciò ritengo di fare cosa più saggia rielaborando, a modo mio, qualche intervento che ho letto su OperaClick a questo proposito.
Ho evitato come la peste aspetti folcloristici o di puro gossip perché, quando li leggo io, mi incattivisco come una biscia.
Per rendere la lettura più scorrevole ho pensato di farmi qualche domanda e di rispondermi, nella doppia veste di Amfortas e Paolo.
Insomma, una volta di più me la faccio e me la dico (strasmile).
Spero di riuscire a rispondere alla necessità di conoscenza di molti, ed allo stesso tempo di non annoiare nessuno.
Ovviamente, ma vale la pena rilevarlo, non si tratta di verità rivelata, ma solo di opinioni discutibilissime.
Comincio con l’osservazione più bella che io abbia letto negli ultimi anni su Maria Callas.
Non è farina del mio sacco, ma dell’amico forumista Aristecmo, che ringrazio assieme agli altri “colleghi” Steccanella e Giorgio Germont.
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Brutta voce, lunga, potente o debole, tre voci o mille… La Callas resta per me la pietra del paragone. Musicalmente soprattutto, ed è forse la voce che ascolto più raramente. Che bisogno c’è di riascoltare due volte Glenn Gould alle prese con Bach? Quando, pianista negato, provo a suonare non fosse che il primo preludio del “Clavicembalo ben temperato” non posso che fermarmi dopo una battuta, tanto quell’assurdo – e geniale – staccatissimo si è impresso nella mia memoria muscolare. Così – liricomane negato – quando ascolto un’altra voce cimentarsi in un recitativo di Norma, non posso fare a meno di riferirmi all’accento callassiano, alla sua incisività tutta musicale e al realismo espressivo che ne consegue. La Callas per me è questo: un genio musicale. Ha saputo risolvere con grande naturalezza il nodo gordiano che tiene separate l’accentuazione grammaticale delle parole e la lunghezza delle note cui competono. In questa tridimensionalità della parola cantata, nelle sue componenti di suono, ritmo e pronuncia risiede tutta la poetica del genere teatrale melodico. A nulla serve tornare sulle sue origine greche: nel tempo musicale e nel ritmo l’Artista ha saputo trovare la direzione giusta.
Splendido.
Amfortas: Allora Paolo, qual è stato il periodo nel quale Maria Callas ha costruito il suo mito?
Paolo: A grandi linee, l’età dell’oro di Maria Callas va dal 1947, che segna il suo debutto in Italia in “Gioconda”, al 1958, anno dell’ultima entusiasmante stagione alla Scala di Milano.
Amfortas: Se tu dovessi dare una spiegazione razionale al successo ed alla popolarità della Callas, che aspetto sottolineeresti?
Paolo: Do una risposta che, a rigore, non è molto logica. Razionalmente affermo che l’asso nella manica di Maria Callas è stata una straordinaria capacità di trasmettere emozioni, cioè quanto di più irrazionale esista.
Amfortas: In che senso si può sostenere che sia stata una cantante storica?
Paolo: Credo che l’aggettivo storica mai sia stato usato così a proposito. Devo scendere in qualche particolare tecnico.
Gli appassionati affermano che Maria Callas aveva tre voci diverse. I suoni gravi erano sonori, rotondi, pastosi; nel registro medio c’era qualche velatura, mitigata da un ‘espressività non comune e da una specie d’accanimento nello studio della dinamica della parola cantata. Ancora, gli acuti ed i sovracuti erano molto penetranti, anche se al mio orecchio sono suonati sempre un po’ striduli.
Queste peculiarità le hanno consentito un’impresa che oggi non sarebbe neanche proponibile: studiare in tre giorni il ruolo belcantistico di Elvira nei Puritani di Bellini, mentre era impegnata nelle recite alla Fenice di Venezia come Brünhilde.
Proprio per queste caratteristiche è stato coniato il termine “soprano drammatico di agilità” che fino ad allora ( e, a pensarci bene, anche oggi) , come concetto in sé, è un ossimoro.
Amfortas: Torniamo ad argomenti più digeribili a chi non è un esperto, Paolo…si può affermare che sia stata “la più grande” di sempre?
Paolo: Sì e no. Nella coloratura, nelle fioriture belcantistiche, Joan Sutherland, a mio avviso, l’ha superata e neanche di poco. Renata Tebaldi aveva una voce più bella e potente, un timbro più solare ( cos’erano le sue Desdemona, Leonora, Butterfly!). Montserrat Caballè è stata almeno alla pari quale Norma, ad esempio, e sempre a mio parere, superiore nella “Forza” verdiana.
Però, come vedi, ho dovuto fare tre nomi di interpreti straordinarie e limitarne il raggio d’azione.
Quindi sì, complessivamente si può dire che sia stata la più grande cantante di cui abbiamo documentazione sonora. Voglio rilevare però, che il/la cantante perfetto non è mai esistito né, per fortuna, mai esisterà.
Amfortas: qual è il merito maggiore di questa Artista? Dal punto di vista storico musicale, intendo.
Paolo: Quello di aver si può ben dire sempre rispettato le indicazioni del compositore; poi di aver favorito, incoraggiato ed inconsciamente promosso la Belcanto-Renessaince, reinventando alcuni ruoli ormai desueti ( Medea, Fiorilla, Armida, Anna Bolena) e rinnovando personaggi come Norma, Amina, Elvira, Lucia, Lady Macbeth, che erano eseguiti in modo troppo stucchevole o con plateali accentuazioni veriste.
Da ultimo, si fa per dire, dare un senso nuovo al vocabolo interpretazione, riferito alla musica lirica.
Voglio dire, con un gesto, un’espressione del viso, si trasformava nel personaggio; ne fanno fede i numerosi fimati d’epoca, in particolare quelli dei recital.
Amfortas: Ora voglio un’indicazione precisa, dimmi in che ruolo la preferisci, come cantante ed interprete.
Paolo: Non ho nessun dubbio. In tutti i ruoli tragici, forse per affinità e vissuto, è stata eccelsa ma, in particolare, la sua Lady Macbeth mi mette vera paura. Intendo una paura fisica, palpabile. Si percepisce che a cantare è una donna alienata.
Amfortas: Altro da dire?
Paolo: Vorrei concludere rielaborando una teoria del critico francese André Tubeuf: “La Callas è l’unica cantante che può avvicinare all’opera lirica chi non ama questa forma d’Arte. Una persona così straordinaria toglie loro ogni alibi.”
Amfortas: Hai finito il tuo sproloquio autocompiaciuto?
Paolo: No.
Amfortas: Che altro?
Paolo: Grazie, Maria.
Su
Sky Classica (canale 728), domenica sera alle 21, un nuovo documentario su Maria Callas.
La trasmissione non sarà criptata e quindi visibile anche a chi non è abbonato.
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