Le notizie che avevo sentito sugli esiti artistici di questa Giovanna d’Arco al
Festival Verdi di Parma mi avevano un po’ allarmato.
In realtà le cose non sono andate poi così male e mi fa piacere sottolinearlo.
Intanto però vorrei ribadire un concetto che sembra banale ma, ogni volta che entro in un teatro dopo qualche mese di assenza (in questo caso per la pausa estiva, il caldo non fa proprio per me)l’emozione è grande.
Vedere gli orchestrali che si preparano, attendere che il direttore entri in sala e, perché no, guardarsi in giro e notare di essere irrimediabilmente old fashion sotto ogni punto di vista (strasmile).
La Giovanna è una di quelle opere che necessitano più di altre d’interpreti all’altezza, perché l’intreccio è deboluccio e, in alcuni passaggi, il libretto è comico (il coro dei demoni, mio dio!).
In concreto si trattava di un nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma e lo spettacolo, da questo punto di vista, è molto riuscito.
Sono magnifiche le scene di Alessandro Camera e molto belli i costumi di Andrea Viotti: molto suggestive anche le luci di Andrea Borelli.
La regia di Gabriele Lavia non mi ha convinto (lo ribadisco ancora, troppe volte si confondono scenografia e regia): nel complesso lo spettacolo è statico, con l’unica eccezione di una Svetla Vassileva molto impegnata a disegnare una Giovanna invasata ed ipercinetica.
Comincio proprio dal soprano, nella mia valutazione semiseria, premettendo che si è fatta annunciare indisposta prima della recita.
Indubbiamente Svetla non ha il peso vocale adatto a questi ruoli verdiani, e questa circostanza la costringe a forzare spesso.
Però, almeno ieri sera, dopo un inizio piuttosto stentato e qualche acuto un po’ ghermito (leggi urlato) ha cantato bene: in particolare nella scena del carcere e nel finale ha saputo trovare accenti commoventi e un canto morbido e convincente.
Dal punto di vista scenico è decisamente una Giovanna credibile: i capelli corti, lo sguardo allucinato, la figura minuta e nervosa.
Nel ruolo del padre della pulzella, Giacomo, era previsto il gloriosissimo baritono Renato Bruson, che ieri sera però era ammalato.
Ho sentito David a Pordenone, mi pare tre anni fa, come Rigoletto: è giusto segnalare che lo studio paga, perché i progressi, in termini di consapevolezza della parola scenica e di controllo vocale sono risultati evidenti. La voce è scura e abbastanza gradevole, mentre manca ancora un po’ la capacità di connotare di sfumature e chiaroscuri l’interpretazione. Il fraseggio però è curato e si percepiva l’impegno teso ad alleggerire la voce nei passaggi più malinconici e intimi di un personaggio abbastanza grottesco. Un padre padrone rintronato, lo definirei. (strasmile)
Molto male invece ha cantato il tenore Evan Bowers, nei panni di Carlo VII: qui non si tratta di estraneità al repertorio verdiano, ma proprio di carenze tecniche evidenti.
La voce è sempre indietro, come dicono i critici veri, e di conseguenza il canto è sempre forzato e monocorde, sbilanciato su un perenne forte che tra l’altro risulta spesso inudibile: più volte il tenore americano è stato sovrastato dalla Vassileva e dall’orchestra.
Inoltre, la pronuncia è pessima e mi è sembrato che non capisse il senso di ciò che stava dicendo.
Nei loro piccoli ruoli, Luigi Petroni (Delil) e Maurizio Lo Piccolo ( Talbot) non mi hanno lasciato ricordi particolari.
Ottimo il Coro del Regio, preparato dal Maestro Martino Faggiani.
Molto bene l’orchestra ,che ha indubbiamente confidenza con il colore verdiano, diretta da uno splendido Bruno Bartoletti stremato dal caldo.
Queste opere degli anni di galera sono molto difficili da eseguire, il rischio di sentire la banda di Montefiascone (non chiedetemi perché mi è venuto il nome di questo paese, non lo so) è sempre presente, specie quando c’è lo stacco tra i momenti più intimistici e malinconici della partitura e quelli di furore, più infuocati.
Invece, nulla di tutto ciò, ma una lettura della partitura verdiana vibrante e consapevole.
Il pubblico ha gradito lo spettacolo, applausi per Vassileva e Cecconi, freddezza ma nessuna contestazione per Bowers, entusiasmo (meritatissimo) per Bartoletti.
Ho scattato alcune foto, ma sono in trasferta e non posso allegarle, sarà per quando rientro a casa, ok?
Un saluto a tutti da Parma, città responsabile del grave reato di spaccio di tortelli e prosciutto crudo, un vero e proprio attentato per il faticoso mantenimento di una figura snella ed attraente [che io non ho mai avuto, peraltro, ma tanto mica mi vedete… (strasmile)]
Ah, dimenticavo colpevolmente: ex-Ripley ha apprezzato pure lei e ha guardato con malcelato disgusto noi finti critici incapaci di goderci uno spettacolo.
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