Che dire?
Il direttore
mano de pedra Kovatchev è riuscito, forse, a fare
peggio che alla prima, per quanto possa sembrare incredibile. In qualche momento sembrava fosse una prova invece che una recita normale, tanto era scarsa la comunicazione tra buca e palcoscenico. Quindi, ancora una volta, attacchi incerti, gesti confusi, peraltro molto belli da vedere, coreografici, ecco. Pare sia anche un bell’uomo, ma anch’io non sono poi da buttare via e non dirigo orchestre.
Già la serata non era cominciata benissimo, considerato che in palco con me c’erano tre persone preoccupate perché l’opera durava ben tre ore intervalli compresi.
La domanda è sempre quella: che ci venite a fare in teatro? Non certo a sfoggiare abbigliamenti eleganti, visto che erano vestiti peggio di me, che già sono zotico e goffo proprio di natura, ecco.
Tatiana Serjan era al debutto quale Norma e rappresentava l’unico motivo d’interesse della serata.
Il soprano russo, seppure con alcuni distinguo, ha centrato l’obiettivo.
Molto buono il recitativo iniziale (“Sediziose voci”) e il “Casta diva”, che insieme al duetto con Pollione “In mia man alfin tu sei” sono stati i momenti migliori della serata. La voce, gradevole, tende a stimbrarsi negli acuti che risultano ogni tanto forzati, ghermiti. Belli i pianissimi, che sottolineano i momenti di malinconia e abbandono. Nei passi più drammatici (ce ne sono molti) la Serjan non si è mai lasciata andare ad effettacci, anzi, ha supportato una certa mancanza di vigore espressivo con una recitazione controllata e pertinente.
Nel complesso, solo la dizione è sembrata rivedibile, e sarebbe pure auspicabile una maggiore attenzione al testo. Però, era all’esordio eh? Ci sono, a mio parere, ottimi margini di miglioramento.
Sung- Kyu Park era Pollione e non è adatto al ruolo, non c’è nulla da fare. Anche il tenore coreano (come lo yankee del primo cast) con lo stile belliniano c’entra come i classici cavoli a merenda, risultando sempre inespressivo e generico. In scena, inoltre, è mobile come un comò, ma molto più ingombrante e senza i cassetti. Certo, non ha steccato come il cowboy, è già qualcosa…
Renata Lamanda, mezzosoprano, evidentemente pensava di interpretare Eboli o Amneris, dal punto di vista stilistico. Ne è uscita una Adalgisa virago, che non mi pare possa essere una soluzione adatta per rendere il personaggio di una fanciulla sensuale ed innocente, seppur determinata.
Nikolaj Didenko ha vociferato tutta la sera, scambiando l’autorevole e saggio Oroveso per uno stregone tarantolato.
L’allestimento del regista Tiezzi, visto da una posizione più centrale, mi è sembrato ancora più affascinante e intelligente.
Basta così, ché ci sono cose più urgenti.
Dunque,
dopo l’intervento di Baricco, che propone di usare la televisione come veicolo per acculturare le masse (lì, sostiene, c’è il paese reale), ho pensato che si potrebbe cogliere l’occasione per riscoprire qualche capolavoro dell’opera lirica ingiustamente dimenticato.
Due piccioni con una fava, insomma, un classico.
Io proporrei che a occuparsene sia Maria De Filippi e il suo team di aspiranti attori, cantanti, registi & Co.
I lavori poi potrebbero essere trasmessi a reti unificate come già è consuetudine per i discorsi del Presidente della Repubblica, e sottoposti al giudizio del televoto.
Siccome le rivoluzioni devono partire dal basso, direi di esagerare e cominciare il lavoro di manovalanza da questo blog, che è di profilo nano più che basso.
Allora, facciamo così, io propongo dei titoli e voi che mi leggete, votate, scrivendo nei commenti le vostre preferenze. Procediamo a una prima scrematura.
Insomma, facciamo il lavoro sporco, ché siamo abituati a peggio.
Quale il criterio di scelta?
Io proporrei la visibilità, la capacità cioè che ha il singolo titolo d’incontrare il gusto delle masse, a prescindere dai contenuti. Un’operazione demagogica e populista in linea con l’attività delle migliori menti del Paese che ci governano o che fanno opposizione (eh? Ma dove, quando?)
Questi i titoli.
1) L’orfano della China di Francesco Bianchi (1788)
2) La bambola nella prateria di Bela Zerkowitz (1923)
3) La moglie di tre mariti di Pietro Generali (1816)
4) Il marito decorativo di Adolfo Bossi (1918)
5) Il brutto preferito di Marcello Bernardini (1791)
6) La bella marmottara di Francesco Gnecco (1801)
7) Il trombetta di Josif Dusek (1819)
8) Il controllore dei vagoni letto di Romolo Alegiani (1925)
9) Il regno delle donne emancipate di Pasquale Fonzo (1881)
10) L’amore di un mozzo di Alessandro Andreoli (1884)
11) Gola d’oro di Mario Barbieri (1920)
12) La finta muta per amore di Giuseppe Moneta (1876)
13) La signorina Ettore di Karl Weiberger (1897)
14) Il signore del tassametro di Alberto Rendegger (1916)
15) L’avvocato ballerino di Walter Schutt (1915)
16) Maledetta di Giuseppe Ferri (1897)
17) L’anitra a tre becchi di Emile Jonas (1876)
18) La piccola cioccolataia di Achille Schinelli (1922)
19) La supermoglie di Gian Felice Checcacci (1920)
20) La monacella della fontana di Giuseppe Mulè (1934)
Come potete vedere ho spaziato dalla fine del 700 al 900 inoltrato, in modo sia ampia la scelta anche dal punto di vista stilistico.
Votate numerosi e che la farsa sia con voi.
Buona settimana a tutti. (strasmile)
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