Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione abbastanza seria della Götterdämmerung alla Fenice di Venezia.

Qualche nota di costume.
Scusi, non ricordo dove devo scendere per andare alla Fenice, alla fermata della Maria del Giglio, vero?
Il bigliettaio del vaporetto mi guarda stupefatto e, dopo un silenzio interminabile, mi risponde così con la marcata e inconfondibile cadenza veneta: Sì, mi scusi se ho esitato ma sa, qui siamo abituati alle domande dei gorilla neri o gialli che di solito non sanno ciò che vogliono.
Ok, cominciamo bene.
Caldo umido nell’orrida Venezia, freddo polare in teatro, non so con che criterio usino l’aria condizionata, boh? Alla fine dello spettacolo esco e mi ritrovo sotto un diluvio di acqua tiepida degno di ben altre latitudini ed ulteriormente impreziosito dal tipico odore mefitico di fogna della città lagunare quando soffia lo scirocco.
Questa foto non ritrae me sotto la pioggia, ma Brünnhilde, lo dico a scanso di equivoci (smile)!

Jayne Casselman nella scena finale di Götterdämmerung alla Fenice di Venezia.

Nella stazione ferroviaria, ostaggio di un’umanità inquietante,  alle 22.00 chiude il bar ristorante e le macchinette che distribuiscono generi di conforto sono guaste o sigillate, per la gioia di chi, come me, è devastato da un giorno di forzato digiuno seppur per nobili impegni wagneriani.
Insomma, appena posso ci torno, nell’orrida Venezia (strasmile).
Lo straordinario allestimento di Robert Carsen è il punto di forza di questa Götterdämmerung ma, paradossalmente, tanta maestria inchioda alle sue responsabilità una compagnia di canto che, almeno ieri pomeriggio, definire scarsa è sottile eufemismo. Gli stessi artisti, peraltro, sono risultati ottimi dal punto di vista attoriale, con qualche distinguo che segnalerò più avanti.
Lo spettacolo di Carsen è veramente magnifico, seppure con qualche inevitabile punta di autocompiacimento, e riprende ovviamente il filo conduttore delle precedenti giornate.
Il mondo è purificato sì dal rogo finale del Walhalla, di cui si intravedono appena i bagliori, ma anche da una sottile pioggia che lava via tutte le menzogne su cui è basato l’effimero potere di Wotan e degli dei. Le Figlie del Reno allignano in una natura corrotta al pari degli altri protagonisti, si aggirano lacere, sporche, inquinate come l’immondezzaio in cui si è trasformato il letto del Reno.
Una regia attenta ai particolari, che spiega e non si limita ad illustrare; per esempio il patto scellerato tra Hagen, Gunther e Gutrune: scena di una intensità drammaturgica da togliere il fiato. Ci sono altri momenti grandiosi (il dialogo Alberich- Hagen!) in questa regia, ma mi rendo conto che le parole non bastano a descriverne le meraviglie con compiutezza.
Mi limito ad osservare che il lavoro fatto da Carsen sui cantanti dà un vero significato alla parola “regia”. Addirittura stupefacente nel recepire le direttive del regista è sembrata Jayne Casselman, nei panni di una Brünnhilde svestita di ogni retorica da wagnerismo illustrato.

Ancora Jayne Casselman alla Fenice.

Quindi, ecco qui a che servono le regie serie, a donare ai melomani una prospettiva nuova, ad aprire altri orizzonti.
Alla riuscita dello spettacolo hanno contribuito le livide luci di Manfred Voss, mentre le tetre ma efficacissime scenografie e i costumi (in alcuni casi banalotti)sono firmati da Patrick Kinmonth.
Jeffrey Tate ha diretto da par suo l’Orchestra del Teatro la Fenice, ogni tanto un po’ sbadata ma complessivamente in buona serata. Il direttore sceglie un’interpretazione rilassata, sensuale, quasi ipnotica della sterminata partitura wagneriana. In singole occasioni ho sentito qualche clangore, ma era evidente anche nel gesto l’intenzione di Tate di enfatizzare la tensione nei momenti più drammatici.
Il Coro, impegnato poco, mi è sembrato difettasse di volume.
I cantanti mi hanno fatto disperare!
Sono state discrete, ma niente di più, le Norne (Ceri Williams, Julie Mellor, Alexandra Wilson) e le Figlie del Reno (Eva Oitivanyi, Stefanie Iranyi, Annette Jahns).
Il soprano Nicola Beller Carbone se l’è cavata nei panni della stranita Gutrune, anche se la voce non mi è parsa quella di un lirico, bensì di un lirico leggero.
Bravissima, di gran lunga la migliore della serata il mezzosoprano Natascha Petrinsky, che oltre a cantare bene ha sfoggiato una voce molto bella e sonora, timbrata. La parte di Waltraute è breve ma difficile, il personaggio un po’ sfuggente, ma il vigore e la vitalità della cantante meritano una segnalazione non svagata.
Il soprano Jayne Casselman, Brünnhilde, ha cominciato in maniera terrificante e ha portato a casa la recita solo perché in alcuni momenti si è limitata ad accennare. Troppo spesso la voce non passava l’orchestra e, consentitemi la battuta, sono stati i momenti migliori della sua prestazione (smile).
Io spero (ma le cronache della prima che si è svolta giovedì scorso non sono confortanti, in tal senso) che fosse preda di un malessere stagionale. Non so, se qualcuno dei miei lettori la sente più a suo agio nelle prossime recite me lo segnali. Ieri ha cantato malissimo.
L’artista è stata invece grandiosa dal punto di vista della recitazione e gliene va dato atto, non deve essere facile, in quelle condizioni vocali, rimanere concentrati.
Che posso dire del Siegfried di turno, Stefan Vinke?
Diciamo che la sua prestazione è stata altalenante, passando dal pessimo al mediocre. Non ha steccato, ok, ma ad un interprete di Siegfried io posso perdonare una stecca, non una prestazione sbilanciata sempre su di un declamato in mezzoforte o fortissimo! Dov’erano la malinconia, la dolcezza, quando racconta le sue imprese giovanili, poco prima d’essere assassinato da Hagen? Tra l’altro la voce non è neanche particolarmente bella, anzi, è solo (abbastanza) sonora. Gli acuti faticosissimi, catarrosi, lo squillo inesistente. In questo caso l’artista, al di là dei problemi vocali che possono essere frutto di una serata negativa, ha dimostrato che come minimo deve approfondire lo studio del personaggio.
Il basso-baritono Gabriel Suovanen, Gunther, ha sbraitato per tutto lo spettacolo con una voce sbiancata e querula, non dico altro, mentre un po’ meglio mi è sembrato, nella sua breve apparizione, Werner Van Mechelen, forse perché, appunto, ha cantato poco.
E veniamo ora al maggior equivoco della serata cioè alla prestazione di Gidon Saks, nella parte di Hagen.
Qui proprio si scontrano due modi d’intendere e percepire il teatro d’opera ed entra in gioco, forse, anche la necessità da parte del pubblico di essere rassicurato sull’esito dello spettacolo e un’impreparazione culturale di fondo. Il basso alla fine ha raccolto un’ovazione, circostanza che va segnalata e sono contento per lui. Io, se fosse mio costume, l’avrei buato, e spiego i motivi.
Saks ha una voce abbastanza ampia e sonora, ma è andato clamorosamente in overacting, riducendo troppo spesso una figura grandiosa nella sua malvagità ad un teppistello su di giri per una sniffata di coca.
Cito direttamente il libretto di sala, interessante e curato, nel quale a proposito della parte di Hagen, si legge:
 
Ruolo perfettamente emblematico delle esigenze drammatico musicali del teatro di Wagner (…) sulle sue robuste spalle grava non poco la credibilità di ogni allestimento dell’ultima giornata del Ring. Una grande voce è indispensabile, un timbro nero e cavernoso, una granitica emissione di fiato; e , tuttavia la sola voce può affondare il ruolo nella noia, se non nella caricatura macchiettistica del vilain da cartone animato. All’opposto c’è chi, per scelta o necessità, pilota la parte verso la recitazione, verso il teatro di parola: ed è egualmente il naufragio, questa volta nel manierismo insopportabile di una declamazione vocale che occhieggia allo Sprechgesang, senza averne il diritto.
 
Ecco, dal mio punto di vista (evidentemente opinabile) molto peggio Saks della svociata Brünnhilde.
Il pubblico ha decretato un grandissimo successo allo spettacolo, anche se ho visto qualcuno (io tra questi) indeciso, per l’evidente differenza di livello artistico tra direzione e regia da una parte e compagnia di canto dall’altra. La Casselman si è presa un paio di "buuu" da uno spettatore arrabbiato, col quale ho scambiato qualche parola fuori dal teatro. Era giustamente assai deluso per la pessima prova del soprano.
Per finire, nonostante la compagnia di canto sia molto modesta, consiglio a chi piace Wagner di andare a vedere questo spettacolo, ne vale la pena.
E ora via, verso nuove avventure, a sentire l’Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, compositore spesso accusato biecamente di wagnerismo, come se fosse peccato metabolizzare e rielaborare le influenze dei grandi geni dell’umanità.
Buona settimana a tutti.
 
 

38 risposte a “Recensione abbastanza seria della Götterdämmerung alla Fenice di Venezia.

  1. utente anonimo 29 giugno 2009 alle 8:56 PM

    Io andrò la prossima settimana. Delle altre puntate ho visto solo Valchiria che mi ha a dir poco entusiasmato. Le osservazioni sul cast mi preoccupano non poco……speriamo in un miglioramento nelle prossime recite, anche se sono un po’ pessimista. Queste osservazioni danno un’idea di questo spettacolo un po’ come di un tavolo zoppo. Indegno servizio a Wagner!

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  2. amfortas 30 giugno 2009 alle 8:03 am

    anonimo, spero davvero che tu possa essere più fortunato di me.
    Comunque un tuo intervento qui sarà graditissimo, ciao!

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  3. utente anonimo 30 giugno 2009 alle 9:08 am

    Io mi sono ben guardata dal chiedere informazioni ai signori dei vaporetti. Ho come l’impressione che non avrebbero apprezzato molto il mio accento romano, seppure riesca a nasconderlo moooolto bene.
    Sul resto… mi sento meno ignorante solo al pensiero di aver visto almeno il teatro. Mi accontento di poco.

    Margot :o)

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  4. amfortas 30 giugno 2009 alle 12:39 PM

    margie, a parte che vorrei essere io ignorante come te, mi dai l’occasione di ribadire che conoscere l’opera lirica non è segno di cultura, mentre è sicuramente segnale di idiozia la risposta del bigliettaio 🙂
    I signori dei vaporetti è un bel titolo per un’opera, magari qualcuno ci ha già pensato, mo’ controllo!
    Se sentimio.

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  5. gabrilu 30 giugno 2009 alle 2:30 PM

    Me la sono letta tutta e l’ho molto apprezzata, la tua recensione.

    Però credo che il mondo (melomane generalista-generico —-> sottomenu: leggi ” wagneriano assatanato”) si divida in due: quelli che amano Wagner e quelli ai quali Wagner dice poco o nulla.

    Autrement dit “non gliene può fregà ‘dde meno”.

    Credo che i primi si siano (ci siamo) ormai costituiti un loro (un nostro) personale Wahlalla di ideali Bunhilde, di Wotan kai caetera, molto difficile da smantellare e per i quali tutto il resto si, vabbè.

    Insomma, m rendo conto che l’è dura per un nuovo allestimento, cercare di recuperare i vecchi e conquistarsi nuovi….

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  6. amfortas 30 giugno 2009 alle 3:33 PM

    gabrilu, che sorpresa, ho appena commentato da te, spero che Splinder ne dia testimonianza.
    Mi fa piacere che tu abbia apprezzato il post.
    Quanto ai melomani, questa regia di Carsen ha un grande merito e cioé quello di fare, immagino involontariamente, opera di proselitismo o almeno di favorire la conoscenza delle opere di Wagner.
    In generale non c’è dubbio che i wagneriani siano in minoranza, tra gli appasionati di lirica, però io noto un interesse maggiore rispetto a poco tempo fa. Vedremo.
    Ciao.

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  7. gabrilu 30 giugno 2009 alle 5:12 PM

    Me lo auguro, dear Amfortas, me lo auguro.
    Qualunque cosa serva a promuovere/far conoscere ed apprezzare la splendida musica di Wagner non può che esser cosa buona e giusta.

    Perciò se tu dici che questo allestimento è buono non posso che esserne lieta.

    P.S: Non mi parlare di Splinder, che in questo periodo mi fa impazzire e mi provoca pure seri incidenti diplomatici (gente che pensa che censuro i commenti etc. etc. Figuriamoci un po’. Vabbè, passerà anche questa. Son mica questi i problemi della vita)

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  8. utente anonimo 30 giugno 2009 alle 5:52 PM

    ciao amfy, grazie.
    ingeborg

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  9. amfortas 30 giugno 2009 alle 6:27 PM

    gabrilu, Carsen è comunque un regista che suscita discussioni, però in questo caso credo che il suo lavoro sia particolarmente stimolante.
    ingeborg, figurati, ciao.

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  10. AntonioSabino 30 giugno 2009 alle 6:46 PM

    Ho gustato pienamente questa bella recensione, mi addolora solo il fatto che non potrò vederla dal vivo, peccato, nonostante le pecche del reparto vocale -i Siegfried ultimamente mi deludono un po’ tutti, non capisco se sono io che ho idealizzato troppo, puo’ essere- la regia mi sembra davvero interessante, su Tate nulla da dire, già immaginavo fosse una direzione all’altezza.

    PS: I gorilla neri o gialli??!??!

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  11. utente anonimo 30 giugno 2009 alle 8:18 PM

    E daghela con L’ORRIDA VENEZIA.
    Che ti ha fatto di male?
    A me niente, infatti nelle mie visite veneziane, all’ora di pranzo fuggivo a Mestre.
    Ciao dal polpo

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  12. amfortas 1 luglio 2009 alle 7:09 am

    AntonioSabino, Siegfried è un ruolo pesantissimo, anch’io sono rimasto deluso dagli ultimi cantanti che hanno affrontato l’opera in teatro.Tate è un grande direttore.
    octopus, non credo sia facile gestire politicamente una città come Venezia, io ci scherzo un po’ ma è una bellissima città.
    Tante contraddizioni però, tante.
    Ciao 🙂

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  13. calaminta 1 luglio 2009 alle 8:20 am

    Eh, cosa non si fa per amore di Wagner! Perfino sostare a digiuno nella tua città preferita… 😀

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  14. amfortas 1 luglio 2009 alle 9:41 am

    Flo, hai ragione!
    Sono in viaggio per Torino e tra connessione ballerina e Splinder incasinato veramente non so che scegliere 🙂

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  15. Princy60 2 luglio 2009 alle 10:32 am

    sei sempre puntuale e esaustivo.

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  16. utente anonimo 2 luglio 2009 alle 2:49 PM

    Caro Amfortas
    sin dalla Walkuere vengo appositamente a Venezia per seguire questo Ring ed ho assitito alla recita di domenica 28.
    Concordo con te sull’indifendibilità della prestazione della Casselman, di cui si può salvare solo la presenza scenica e la prestazione attoriale.
    Vorrei però spezzare una lancia per Vinke. Effettivamente nel Siegfried la sua prestazione era stata più articolata e meno monocorde. Peraltro mi sembra che questa impostazione un po’ “dumm” del personaggio sia molto anche nella (eccezionale) regia di Carsen e comunque io non ho sentito in giro tanti tenori wagneriani con questa tenuta vocale e con questa baldanza.
    Su Saks permettimi di dissentire dalla tua censura. Io sono sicuramente meno esperto di te, e quindi il tuo accenno all’impreparazione culturale del pubblico mi include senz’altro, ma il personaggio che Saks ha portato sulla scena era finito, coerente con la regia, vocalmente a posto e non buabile. Poi si può dissentire dalla sua interpretazione (tutti abbiamo nelle orecchie altri modelli), ma non mi sento di metterlo nel libro nero della serata. anche perchè la tenuta complessiva dello spettacolo era tale che a questi particolari ho pensato solo in seguito: lì ha prevalso solo la commozione.
    Ciao
    Paolo

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  17. amfortas 2 luglio 2009 alle 4:54 PM

    Marina, grazie, detto da te è un gran complimento!

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  18. gabrilu 2 luglio 2009 alle 10:17 PM

    Eh,
    Che bello vedere che c’è ancora chi si accalora su quella o questa o codesta interpretazione.

    …C’è del buono, in Wagnerlandia!
    Non sei contento, dear Amfortas? ^__^

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  19. amfortas 3 luglio 2009 alle 8:37 am

    Paolo, intanto ti chiedo scusa se ti rispondo solo ora, il disguido è dovuto al malfunzionamento della piattaforma.
    Il tuo intervento apre una discussione interessante. Sono d’accordo che in giro non ci siano tanti tenori in grado di cantare la parte di Siegfried, ma questo non significa, credo, che si possa accettare interpreti mediocri. Nel caso specifico di Vinke, la regia lo vuole un po’ stordito e bullo (absit ecc ecc smile) però, almeno nel terzo atto avrei voluto sentire qualche sfumatura in più.
    In merito a Saks capisco benissimo la tua opinione (che vale quanto la mia, sia chiaro, qui non ci sono Verità Assolute e comunque non ne detengo io). Resta il fatto che un Hagen così ferino a me non piace, non è nelle mie corde. Per me Hagen è un calcolatore manigoldo, un manipolatore freddo e lucido; se non fosse così e perdesse la calma ogni momento, non potrebbe architettare il suo piano.
    Spero di rileggerti, alla prossima!
    gabrilu, vedi? È tutto merito di Carsen :-), Wagner (e i wagneriani!) vive!

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  20. filorosso 3 luglio 2009 alle 5:55 PM

    Ciao, vedo che come critico non fai che perfezionarti in continuazione!
    Grazie per i saluti, chissà che nelle prox settimane non mi dedichi di nuovo per un po’ al PC… dato che sono agli arresti domiciliari (solo metaforici,x fortuna) con un gesso al piede.
    baci, filo

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  21. amfortas 3 luglio 2009 alle 6:58 PM

    Filo, ciao, ora vengo a vedere che hai combinato!

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  22. utente anonimo 4 luglio 2009 alle 4:24 PM

    Sono daccordo al 99%. Spettacolo scarno che finalmente riesce a portare sul palcoscenico un Gotterdammerung privo di effetti speciali ma non per questo privo di magia. Non mi sembra sia stato accennato il fatto che (prima volta nella storia credo) non abbiamo mai assistito a cambi di scena a vista…. Era solo la musica a trasportarci da un luogo all’altro.
    Personalemente mi è piaciuto moltissimo l’intermezzo musicale di passaggio tra la scena delle Norne e il risveglio di Siegfrie e Brunhilde: di una lentezza esasperante ma che faceva emergere delle cose che non avevo mai udito.
    Natascha Petrinsky è stata davvero la migliore di di gran lunga dal punto di vista vocale…….. povera Brunhilde erano più i momenti che cantava col l’effetto acquario!!
    L’1% che non mi trova completamente daccordo è riguardo al basso Gidon Sacks. Dico non completamente perchè effettivamente con uno strumento vocale di quel tipo avrebbe potuto sicuramente sbraitare un po’ meno.
    Ma mi ha molto colpito il suo Hagen perchè ne emerge un personaggio finalmente affascinante (anche perchè è di gran lunga più avvenete di Vinke) e non il solito lercio figuro al quale siamo abituati. Un Hagen elegante sempre attento al proprio ciuffetto di capelli e spesso ammiccante, pone “il cattivo” in un’ottica veramente moderna: Il vero bastardo “piacione” che dietro una falsa cordialità nasconde un egoismo senza fine.
    Per finire ammetto che fino all’ultimo ho avuto paura di come si sarebbe risolto scenicamente il finale: è vero non ci sono parole per descivere la senzazione di purificazione che evoca la pioggia sul palcoscenico nel momento in cui emerge il tema della redenzione d’amore. Un colpo da mestro che rende questo spettacolo graniticamente compatto.

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  23. utente anonimo 4 luglio 2009 alle 4:33 PM

    ps scusate se non mi sono firmato
    Enea (altro Wagneriano fradicio); sono quello daccordo per il 99%

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  24. amfortas 4 luglio 2009 alle 5:12 PM

    Enea, intanto benvenuto e grazie del contributo.
    L’osservazione che fai sugli intermezzi orchestrali mi trova perfettamente in sintonia, tanto che l’ho fatta in altra sede, parlando della differenza della concezione registica tra Carsen e la Fura dels Baus. Nella prima si lascia spazio all’immaginazione, nella seconda si illustra. A questo proposito, pensa alla Marcia Funebre: a Firenze la scelta è stata di fare scorrere il corteo in platea, tra gli spettatori; a Venezia ancora a sipario abbassato.
    Sono due concezioni opposte, entrambe plausibili, credo.
    Sull’Hagen di Saks mi sto interrogando da giorni, forse sono io che sono ancorato ad un modello obsoleto, magari una persona d’altra generazione può trovare convincente la caratterizzazione che io non ho digerito.
    Ciao!

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  25. utente anonimo 6 luglio 2009 alle 9:44 am

    Informazione di servizio: quanto dura lo spettacolo?? se inizia alle 18 riesco a prendere l’ultino treno per Trieste??
    Grazie

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  26. amfortas 6 luglio 2009 alle 10:49 am

    25, lo spettacolo dura, intervalli compresi, un po’ meno di 6 ore. Sui treni non saprei dirti, ma la vedo difficile.
    Nel frattempo altri amici hanno visto l’opera e seppur con qualche sfumatura diversa, tutti concordano: allestimento memorabile, cast da dimenticare.

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  27. utente anonimo 8 luglio 2009 alle 6:32 PM

    Ieri ho visto l’ultima recita. Lo spettacolo di Carsen ha effettivamente momenti di alto livello, anche se personalmente mi ha emozionato molto di più Valchiria (non ho visto la seconda giornata). Certo la drammaturgia del Crepuscolo pone al regista sfide di natura alquanto diversa, ma devo ammettere che non è qui la radice del problema, è probabile che con cantanti degni di questo nome lo spettacolo avrebbe effettivamente preso il volo. Non a caso i momenti per me più emozionanti sono stati tutti affidati all’orchestra e alla recitazione muta. Quando nel Crepuscolo l’unica da salvare è Waltraute, significa che siamo messi maluccio. Mi sorge spontanea la domanda: se non hai soldi o se non sai scegliere un cast di cantanti adeguato (secondo me questa è la spiegazione di fondo) che senso ha la regia di un Carsen? Ne risulta una cosa fatta a metà, con qualche momento di eccellenza…ma appunto sporadico. A ripensarci sono veramente deluso da questa approssimazione e pur sforzandomi di separare la parte visiva da quella sonora non riesco a ravvisare in quello che ho visto nessuna memorabilità. Ma la Casselman,Sachs e Vinke sarebbero degli artisti? Avrebbero una visione artistica di quello che propongono sul palcoscenico? Ma quando mai….. Ma se non sapevano manco loro perchè erano lì. Meno male che c’era Tate, lui si artista straordinario ed esempio di incomparabile etica artistica. Non a caso chiamato al proscenio con la sua presenza ha praticamente sotterrato tutti gli altri….Wagner merita una Venezia migliore e (soprattutto per noi) viceversa.

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  28. amfortas 9 luglio 2009 alle 7:36 am

    27, grazie per la testimonanza articolata, anch’io la penso come te, sostanzialmente.
    Mi sento di difendere, almeno un po’, solo Vinke, che in molti mi hanno detto essere stato un ottimo Siegfried in questa produzione.
    Però, e l’ho scritto anche in altre occasioni, un teatro d’opera senza una compagnia di canto almeno discreta non può funzionare.
    Poi, certo, ci possono stare valutazioni diverse sulle singole prestazioni, ma qui, come vedi, tutti hanno bocciato i cantanti…
    Ciao!

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  29. utente anonimo 10 luglio 2009 alle 9:08 am

    Caro Amfortas
    visto che leggo una sostanziale concordia di tutti i giudizi nello stroncare senza remissione l’intero cast, io, che sono l’unico che ha tentato una difesa d’ufficio di qualche cantante (sono il #16), vorrei fare una riflessione. Per varie ragioni frequento spesso i teatri berlinesi e mi sono reso conto che noi italiani abbiamo una specie di “sindrome della recita indimenticabile” che, ad esempio, in Germania non esiste. Noi italiani andiamo ogni volta all’opera con l’aspettative di vedere ed ascoltare il non plus ultra, mentre all’estero, dove esiste il cosiddetto teatro di repertorio, si mette tranquillamente in conto che gran parte delle serate si collocheranno ad un livello professionale accettabile ma non eccellente. Mi sembra allora che da queste aspettative nascano certi giudizi così tranchant (cito il 27 che dice che Saks, Vinke e Casselmann non sono artisti e “non sapevano neanche perchè erano lì”), e tali giudizi abbiano il solo effetto di rovinare a noi stessi il piacere di sentire musica dal vivo. Attenzione: non sono così scemo da sostenere che Vinke sia il tenore wagneriano di riferimento, però quando si nega a TUTTI i cantanti lo status “minimo” di professioanlità artistica, secondo me si esagera. A me sarà capitato due o tre volte nella vita di sentire una recita straordinaria in tutti i suoi aspetti, però sono dell’idea che il contatto con la musica dal vivo sia comunque gratificante anche per le sue imperfezioni e quindi sono molto in disaccordo con la tesi del 27 che dice: se non possiamo permetterci i cantanti migliori, meglio lasciar perdere. Io questo spettacolo me lo ricorderò a lungo e, visto che per varie ragioni non posso senitre Wagner dal vivo molto spesso, sono ben contento di averla sentita. Con buona pace del 27.
    Cosa ne pensate?
    Ciao
    Paolo

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  30. amfortas 10 luglio 2009 alle 10:42 am

    Ciao Paolo, non so se noi italiani siamo preda della “sindrome della recita indimenticabile”, però è certo che un numero discreto di spettatori arriva in teatro “viziato” dall’ascolto dei dischi, spesso testimonianza di serate straordinarie e irripetibili o addirittura di registrazioni effettuate in studio, magari in qualche mese o…anno! Tra l’altro queste serate indimenticabili sovente si meritano l’aggettivo per la prestazione di un solo artista su 4-5 che compongono il cast, per non parlare dei direttori terribili!
    È evidente (almeno, lo è per me) che l’ascolto in teatro di un’opera è insostituibile.
    Nel caso di questo “Crepuscolo” tutti (su Operaclick ci sono varie testimonianze di persone di grande esperienza) hanno notato un’enorme differenza di livello tra la compagnia di canto da una parte e la regia e la concertazione dall’altra.
    Forse qualche giudizio qui e altrove appare troppo tranchant, sono d’accordo, ma è lo specchio di una valutazione generalmente negativa.
    Attendo, se ci sarà, il contributo di qualche altro lettore.

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  31. utente anonimo 11 luglio 2009 alle 7:03 PM

    Sono di nuovo il “27”. L’opinione che ho espresso non intendeva fare paragoni o riferimenti ai dischi o alle registrazioni di poche cosiddette “serate memorabili” (a fronte di una vasta maggioranza di non memorabili!).Non intendeva essere offensivo nei confronti di chichessia. Non si tratta neppure di avere italici complessi di inferiorità nella ricerca di un non plus ultra di cui all’estero, beati loro, sarebbero esenti. Mi pare che il consenso del pubblico presente alla Fenice abbia decretato l’accettabilità dello spettacolo, non diversamente da quanto sarebbe potuto accadere a Berlino (o altrove). Di questo va dato atto. Certo però l’arte è un’altra cosa. Un’artista che sale sul palcoscenico ha delle capacità, responsabilità e delle opportunità espressive che può possedere e dominare in misura variabile. Se mi interrogo su che cosa, a me personalmente, hanno trasmesso il canto e l’intelligenza musicale degli artisti sul palcoscenico nel Gotterdammerung in questione, purtroppo non trovo molto. Tolta la direzione di Tate, di musicalmente bello nelle prestazioni degli interpreti c’era veramente poco o nulla. Dire questo significa essere catastrofisti o incontentabili? Significa doversi privare della possibilità di ascoltare Wagner o altri autori dal vivo? Non credo. E’ la mancata comprensione e l’appiattimento sull’accetabile (secondo standard invero sempre più bassi) a costituire un problema. Io semplicemente ho constatato questo. E si tratta, come è ovvio, di una opinione personalissima, basata su quello che io cerco in questa meravigliosa forma di espressione umana che è il teatro d’opera.
    Saluti.

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  32. utente anonimo 12 luglio 2009 alle 1:46 PM

    Mi chiamo CD, non mi piace passare per completamente anonimo, anche se non sonoun utente registrato. Da Torino sono venuto a Venezia per il Ring, anzi, per il solo Crepuscolo e, devo dire, che nel complesso mi è piaciuto. In particolare ho trovato ottima la regia, anche se in alcuni passaggi un pò ridondante (hagen dovrebbe buttarsi nel fuoco, non cantare fuori scena…), bello lo spettacolo inteso come scene e luci (queste ultime addirittura magnifiche), piacevoli i costumi, buono il suono orchestrale… Sono un fan di Tate, che sento spesso a Torino, scoperto anni fa nel Cavaliere della Rosa al Regio e nel Peter Grimes Scaligero. Ammetto che potrei essere di parte. Sui cantanti, alla recita cui ho assistito io, non ho motivi per discostarmi dai giudizi già espressi… Salvo per “Hagen”, che a me è piaciuto, e non poco! Capisco le perplessità, ma mi è piaciuto un Hagen spaccone che prende in giro i due “fratellini” chibicunghi senza nerbo. In conlusione, spero che il prossimo anno rappresentino l’oro del Reno a Venezia, che verrei a vedere di corsa. Rimane la speranza che anche nei teatri italiani, come succede all’estero, dopo aver presentato le giornate una per stagione si riesca a vederle tutte in un unica stagione, per dare un senso di continuità all’intero ciclo.
    Una considerazione a margine… ho assistito a tutto il ciclo fiorentino del Ring… e, dopo gli entusiasmi iniziali delle prime giornate, devo dire che il Crepuscolo di quest’anno mi ha piuttosto deluso. Direzione “svagata” di Mehta (cui potrebbe anche aver contribuito il mio “posto infame”, situato a fine galleria con tanto di eco e rumore dei condizionatori…pessima l’acustica del comunale nei posti popolari ndr…) e spettacolo “già visto”, senza una novità rispetto alla prime 2 giornate e al prologo. Complessivamente, senza fare paragoni, lo spettacolo veneziano mi ha restituito un crepuscolo “più gradevole”. Forse anche per la novità registica e il taglio più grintoso della direzione. Peccato per i cantanti.
    Ci si vede a Roma per il Thannauser.

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  33. amfortas 12 luglio 2009 alle 3:41 PM

    27, la tua posizione è chiarissima.
    Io vorrei segnalare solamente una cosa, che peraltro ho ribadito più volte: non è questione di appiattirsi bensì di godere di ciò che c’è di buono nello spettacolo, sapendo che si può (e si deve) pretendere di meglio, quando è il caso.
    Ciao.
    CD, intanto grazie del”intervento.
    Tate è anche per me un grandissimo direttore che purtroppo per ragioni logistiche sento poco, ma a memoria non ricordo un’opera che abbia diretto che non sia stata valutata positivamente dagli spettatori, anche più esigenti.
    A Firenze l’acustica è un problema notevole, specie per il riverbero che si sente assai fastidioso in alcune zone del teatro. Non saprei che dire su Mehta, io lo trovo sempre un eccellente direttore, anche se forse ha perso un po’ di brillantezza ed inventiva dopo tanti anni sul podio fiorentino.
    I due Ring di questi ultimi mesi, dal punto di vista registico, sono l’uno l’opposto dell’altro, due concezioni diverse, entrambe convincenti. Anch’io tutto sommato, ho preferito l’impostazione di Carsen.
    L’anno prossimo, a memoria, dovrebbe essere l’anno del Tannnhauser: Trieste, Roma, Milano!
    Ciao e grazie per il passaggio.
    L’anonimato, quando gli interventi sono civili, non è mai un problema.

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  34. utente anonimo 5 agosto 2009 alle 2:01 PM

    Sono sempre CD… aggiungo che il Tannhauser quest’anno sarà anche a Torino, al Regio, ma in sola forma di concerto e in due uniche date.
    Complimenti per il Blog, mi piace parecchio.

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  35. utente anonimo 5 agosto 2009 alle 2:07 PM

    Ciao, sono sempre CD. A proposito di hanno del Tannahuser, il prossimo anno è in cartellone anche la regio di Torino, ma in versione concertistica e in due uniche date.

    Complimenti per il blog.

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  36. amfortas 5 agosto 2009 alle 3:00 PM

    CD ciao, ti ringrazio per la notizia (a dire il vero lo sapevo già, ma me n’ero scordato) e i complimenti, che sono sempre graditi!
    Tra l’altro, almeno per ora, la stagione del Regio è la migliore di tutte, qui in Italia. Sicuramente sarò presente in qualche occasione.
    Ancora ciao.

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  37. utente anonimo 5 agosto 2009 alle 8:49 PM

    CD// Sì, in effetti, come amante della lirica immigrato da un anno abbondante dalla Lombardia a Torino, non mi è andata proprio male quest’anno, ed infatti mi sono immediatamente abbonato al Regio… In passato, dato che per me lirica vuol dire Wagner e poi gli altri, ho assitito a Torino, prima cioè di risiedervi, a buone rappresentazioni di Tristano (ottima forse? Peccato le scene…) Lohengrin (quasi meglio che l’equi spettacolo fiorentino), Olandese Volante… e,sorpresa, persino il mio primo cavaliere della rosa…

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  38. amfortas 6 agosto 2009 alle 7:05 am

    CD, sì Torino ha spesso in cartellone titoli interessanti. Quest’anno sono attirato dall’Idomeneo e dal Tancredi, vedremo!

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