Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione semiseria della Traviata alla Fenice di Venezia.

Un’orrida Venezia stranamente meno caotica del solito, ma con qualche sorpresa, mi ha accolto con l’ormai consueto volo radente di piccioni diarroici, ieri pomeriggio.
Strano ad esempio che i turisti, in una bella domenica settembrina, non abbiano assaltato la città lagunare. Chi non vorrebbe pranzare, per poche centinaia di euro, in un bel ristorante dove servono spaghetti stracotti con vongole veraci provenienti dagli inquinatissimi allevamenti filippini? Chi non apprezzerebbe la meravigliosa vista di bottiglie di plastica che galleggiano sull’acqua, di timidi preservativi che fanno occhiolino tra i ben più aggressivi cilindri fecaloidi di provenienza umana e no? Chi non rimarrebbe attratto dalla possibilità di fare da bersaglio, gratis, a gabbiani di dimensioni da guiness che s’esercitano con pazienza certosina nel lancio delle loro importanti deiezioni?
E poi, volete mettere? A Venezia c’è sempre questo gusto sorprendente per il Carnevale! Ieri la città era piena di leghisti in camicia o maglia verde padano, sulle quali i succitati piccioni e gabbiani, con una creatività insospettabile, lasciavano deliziose screziature dai meravigliosi colori autunnali, come si conviene alla stagione (strasmile).
Ma veniamo alle cose semiserie e cioè alla recensione dello spettacolo, cominciando dalla regia di Robert Carsen, che immerge Violetta, sia fisicamente sia emotivamente, in un fiume di danaro, che compare in scena con ben evidenti bigliettoni con cui i clienti della cortigiana pagano le ore d’amore, il tutto già all’apertura del sipario mentre la Valery è nel suo ufficio, cioè a letto.
E poi, nel secondo atto, le banconote fanno da tappeto al posto delle foglie autunnali nel giardino,

Alfredo Violetta secondo atto.

con i soldi di quell’idiota di papà Germont che crede di poter pagare la violenza della coartata rinuncia all’amore di Alfredo (un vero e proprio stupro psicologico). Non manca, ovviamente, il lancio del denaro nella “scena della borsa”. Tutto ruota intorno ai soldi e si pretende che i sentimenti si assoggettino all’andazzo di un mondo superficiale, inutile: un mondo usa e getta, che vive l’attimo. In questo contesto, Alfredo è un fotografo forse più innamorato dell’immagine di Violetta che di Violetta stessa (anche come trasgressione, col padre borghese che si ritrova che sogna per lui e la sorella “pure siccome un angelo” una sistemazione rassicurante e socialmente accettabile).

Scena della borsa.

Il microcosmo che ruota intorno alla protagonista è all’insegna di questo hic et nunc: le feste, gli amici che scompaiono quando Violetta sta male e quindi non è più fonte di divertimento né d’intrattenimento, il medico che quasi vuole essere pagato prima di visitare Violetta.
Uno spettacolo di rara suggestione, sensuale e mai volgare, che conta su costumi bellissimi e sfarzosi (Patrick Kinmont) e un impianto luci efficacissimo (a cura dello stesso Carsen e Peter Van Praet). In alcuni momenti è sembrata un po’ caciarona la coreografia (Philippe Giraudeau), ma nell’ambito della festa a casa di Flora e in questo contesto, ci può stare.
Il direttore Myung-Whun Chung non mi ha convinto, perché seppur senza particolari demeriti, non mi è parso avere un senso della narrazione compiuto e ha tenuto, in alcune occasioni, il volume dell’orchestra (ottima prova della compagine veneziana) troppo alto. Clangorose e pesanti alcune strette orchestrali, eccessivamente slentati in un malinteso senso di suggestione lirica, alcuni momenti topici (Addio del passato, in particolare).
Patrizia Ciofi interpreta e canta meravigliosamente bene, specialmente nel secondo e terzo atto. Nel primo la cabaletta “Sempre libera” l’ha vista in leggero affanno. Nulla di grave, ma io considerando che è un soprano leggero avrei pensato fosse più incisiva proprio nella prima parte. Il soprano “possiede” il personaggio in ogni sfumatura, ma non ne è posseduta: quindi nessuna concessione a sbracamenti del tutto fuori stile. I momenti migliori sono sembrati il duetto con Germont padre, ricco d’orgoglio e forza, e il finale, dalla famosa lettura della lettera in poi, davvero commovente.
Ieri anche i centri, che in qualche occasione recente erano sembrati un po’ vuoti, erano perfettamente a posto. Trionfissimo, si può dire? No? Vabbè, è uguale, perché di questo si è trattato.
E lacrime da parte di Amfortas, accidenti!
Vittorio Grigolo mi ha sorpreso positivamente.
Non sono certo io che devo scoprire le sue non comuni qualità timbriche, ne ha dato prova da tempo. Spesso però le sue interpretazioni mi erano sembrate piuttosto generiche, come se fosse pigro nell’affrontare la psicologia del personaggio. Ieri invece ha trovato la giusta misura, con encomiabili mezzevoci a tratteggiare un Alfredo giovane ed entusiasta ma non irresponsabilmente isterico. Grande successo anche per il giovane tenore, che tra l’altro può contare su un discreto volume.
Vladimir Stoyanov era nei panni del rompiballe Germont Sr. e non mi è piaciuto, anche se non posso certo rimproverargli nulla di particolare: volume discreto, ma, seppur alle prese con un personaggio monolitico, avrei gradito qualche nuance interpretativa in più.
Tutti gli altri coprotagonisti hanno ben figurato nelle loro piccole parti e meritano la citazione., così come va segnalata la buona prestazione del Coro.
Annika Kaschenz (Flora), Elisabetta Martorana (Annina), Iorio Zennaro (Gastone), Elia Fabbian (Douphol), Luca Dall’Amico (Grenvil), Matteo Ferrara (Marchese), Ciro Passilongo (Giuseppe), Claudio Zancopè (domestico) e Antonio Casagrande (commissionario).
Teatro esaurito in ogni ordine di posti e pubblico felice, che ha sommerso d’applausi tutti gli artisti con punte di sincero entusiasmo per Patrizia Ciofi e Vittorio Grigolo.
Io ho lottato strenuamente con le maschere per scattare le foto ma purtroppo, così, tanto per non smentirmi, la batteria era quasi scarica e quindi sono venute male, le metto solo per dare un’idea dello spettacolo.
Il ritorno dalla Fenice alla stazione ferroviaria è stato funestato dallo spettacolo dato da una giovane madre, che pretendeva (redarguita pesantemente dal più assennato marito, una scena tristissima) di non ripiegare una carrozzina di dimensioni spettacolari (non ho mai visto una roba del genere, su Google non c’è traccia ma v’assicuro che ho calcolato un ingombro di 4 mq, e non sto scherzando) sul vaporetto pieno come un canotto di migranti.
Eccolo qui.
A lei va di diritto il titolo di nuovo mostro.
Beh, buona settimana a tutti.

31 risposte a “Recensione semiseria della Traviata alla Fenice di Venezia.

  1. utente anonimo 14 settembre 2009 alle 9:39 PM

    Credo mi sarei commossa anch’io…
    Ciao!
    Ghismunda
    P.S. Meno male che non ho più bambini piccoli!

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  2. amfortas 15 settembre 2009 alle 7:24 am

    Ghismunda, chissà, io non ho la lacrima facile ma Patrizia Ciofi ha regalato una prova maiuscola per intensità emotiva.
    La foto del passeggino, per quanto tremenda, non rende come dal vivo.
    Ciao!

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  3. gabrilu 15 settembre 2009 alle 8:17 am

    Le foto di scena mi lasciano un po’ perplessa, ma una cosa è guardare la foto di una scenografia e un’altra è “viverla” in teatro, avvolti dalla musica e dal canto. Solo dal vivo si può dire se sia congruente con tutto il resto.
    Perciò mi taccio.
    Bella la tua recensione, grazie.
    Su Venezia invece, sui suoi aspetti orridi (su cui sono assolutamente d’accordo per averli sperimentati più volte di persona) ma anche sui suoi aspetti che a dispetto di tutto rimangono meravigliosi eh, ce ne sarebbero, di cose da dire.
    Ciao 🙂

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  4. utente anonimo 15 settembre 2009 alle 9:20 am

    Come sempre, ho gustato la tua recensione, e, come sempre, ti ringrazio della chiave divertente, oltre ad apprezzamenti e critiche che, per me, sono oro colato.
    E.. su FB, ho appena avuto un interessante scambio circa “Addio del passato”: conosci Adio Kerida, suppongo..
    Ciao, grazie!
    A.Im.

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  5. amfortas 15 settembre 2009 alle 1:01 PM

    gabrilu, sì capisco e hai ragione, da un paio di foto non si capisce nulla, io le metto perché mi piace corredare il post con qualche immagine.
    Sullo spettacolo, se hai piacere, puoi chiarirti meglio le idee con un DVD della TDK che puoi trovare a ottimo prezzo.
    Si tratta della ripresa in occasione della riapertura della Fenice, nel 2004. C’è la bravissima Ciofi, un Roberto Saccà non troppo convincente come Alfredo e l’ottimo Dimitri Hvorotosvsky come papà Germont. Dirige (fiaccamente) Lorin Maazel.
    È interessante anche perché la versione è quella originale del 1853, poi rimaneggiata da Verdi. In particolare la parte di Germont padre è piuttosto più acuta, oltre ad altre cosine non essenziali, a mio parere.
    Purtroppo c’è anche il commento di Baricco, immagino che per quello costi solo 12-13 euro.
    Ciao 🙂
    A.Im., non sono iscritto a FB, per cui mi perdo queste discussioni. Se vuoi aggiornami!
    Ciao e grazie 🙂

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  6. utente anonimo 15 settembre 2009 alle 3:08 PM

    da Giuliano:
    ho un buon ricordo di Chung, sospettavo però che non fosse un direttore verdiano.
    Del resto, se vuol dirigere Verdi e può farlo, come dargli torto?
    🙂 (beato lui che può! io ci ho provato, a imparare la musica, ma non è mica facile…)

    Anche la Ciofi mi piace molto, son contento che sia in forma.

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  7. utente anonimo 15 settembre 2009 alle 3:21 PM

    I was at La Fenice 9 September. Ciofi is (currently) for me, the best Violetta! It was a masterpiece of phrasing and expressive singing.
    Grigolo very promising, but it still does not have a musicality and sensitivity of Ciofi.
    Stoyanov is solid and nothing more.
    Viva Traviata, Viva Venezia!!!

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  8. amfortas 15 settembre 2009 alle 4:45 PM

    Giuliano, mi cogli un po’ impreparato perché non ricordo quante e quali siano le frequentazioni verdiane di Chung, posso dirti però che ci sono tanti direttori “verdiani” che mi hanno deluso ogni volta che li ho sentiti: uno per tutti, Renato Palumbo.
    In generale diffido delle categorizzazioni, credo che il teatro sia sempre il miglior giudice.
    Ciao!
    7 I agree with you about Stoyanov, I like Patrizia Ciofi in this role and I’m glad you enjoyed the show.
    Bye!

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  9. utente anonimo 16 settembre 2009 alle 9:55 am

    Lo so, che non sei su FB, ma speravo che potessi accedere dal sito di qualcuno “vicino” a te..
    In definitiva, si tratta solo del fatto – riconosciuto – che Verdi , per “Addio del passato”, si dev’essere ispirato al bel brano sefardita” Adio Kerida”: ne trovi non poche versioni su Youtube, anche una di Victoria De Los Angeles..
    per quanto un’amica, soprano lirica, trovi che la voce lirica – scusa il bisticcio – non si confaccia molto al genere, e risulti come “sforzata”, anche se eseguita da una grande.
    Ecco tutto, nella sola forma.. sintetica che la mia – ahimè -naturale prolissità mi permette.
    Alla prossima..
    A.Im

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  10. utente anonimo 16 settembre 2009 alle 1:15 PM

    da Giuliano:
    questa qui sopra, il commento di A.Im, è un’altra bella riflessione: nell’Ottocento l’interscambio fra musica colta e musica popolare era ancora frequentissimo, basti ricordare che Donizetti (bergamasco) fu per molti anni a Napoli, anche come direttore di Conservatorio se non ricordo male. Quanto ha dato Donizetti alla canzone napoletana, quanto ne ha ricevuto?
    Tornando alle melodie ebraiche, se si ascolta Moni Ovadia e la musica klezmer, e poi si passa alla Prima di Mahler, ci sono delle belle sorprese.
    (su Verdi non saprei cosa dire, però era uno che si informava ed era curioso, anche se con la Traviata siamo ancora negli “anni di galera”)
    :-))

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  11. annaritav 16 settembre 2009 alle 3:38 PM

    La tua recensione semiseria mi ha chiarito ancora di più le idee, anche se abbiamo visto interpreti diversi. Sono molto invidiosa per le foto, a me le hanno vietate anche a spettacolo finito, quando volevo solo riprendere i protagonisti in fila sul palco. E pensare che tutto intorno a me era uno scattare continuo di flash! Niente da fare, le maschere mi prendono di mira e poi, rivedendo le foto, mi sono accorta che persino uno spettatore mi stava davanti all’obiettivo con le braccia levate, forse determinato a impederire a me e ad altri di fotografare il palcoscenico! Concordo anche sul commento circa la città, ma per me Venezia è sempre un luogo di sogno… inguaribile romantica! Più ci penso, più le perplessità sulla regia si squagliano come neve al sole. A posteriori comincio ad apprezzare la forza visiva ed empatica della messinscena. La prossima volta ci mettiamo d’accordo e si va a vedere un opera insieme, eh?
    Salutissimi, Annarita

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  12. utente anonimo 16 settembre 2009 alle 3:44 PM

    Devo confessare che, però, l’unico riscontro che ho trovato oggi, dice che al brano di Verdi – e questo contrariamente a quanto ricordavo -pare sia ispirata “Adio Kerida”, e non viceversa..
    Faccio ammenda, vergognosa della mia memoria, che pare mi stia tradendo.
    Del resto anche Alberto Jona, su FB, mi ha commentato in questo senso: e credo proprio che lui abbia molto più titolo di me, per affermarlo!
    Grazie, comunque, e alla prossima.
    A.Im.

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  13. amfortas 16 settembre 2009 alle 3:53 PM

    I.M., siccome non sapevo davvero nulla della presunta “contaminazione” e, almeno dai “testi sacri” non risulta, mi sono informato con gli amici che sono più competenti di me: ebbene ne è uscito che “adio querida” è una composizione del XX secolo, quindi la situazione pare opposta, cioè che il canto sefardita si sia ispirato al brano di Verdi 🙂
    Per quanto riguarda le voci liriche, in generale, la mia opinione è che nel 99% dei casi dovrebbero a cantare lirica, appunto, anche se non nego che in alcuni casi i risultati possano essere suggestivi.
    Ciao e grazie 🙂
    Giuliano, hai ragione da vendere, specie per quanto riguarda la scuola napoletana, ma vale non solo per la musica, ma per tutta l’Arte in generale.
    Di musica ebraica, ahimé, so pochino. Ricordo solo un bellissimo recital di Richard Tucker, che devo avere in qualche angolo di casa.
    Per quanto riguarda gli anni di galera, se queste suddivisioni hanno un senso, cronologicamente ne siamo appena fuori, con la Traviata. Sempre schematicamente, siamo alla trilogia popolare.
    Ciao!

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  14. amfortas 16 settembre 2009 alle 3:57 PM

    Annarita, speriamo bene per il futuro. Questa volta per tutta una serie di problemi ho dovuto organizzarmi all’ultimo secondo, mi spiace 🙂
    Ovviamente le mie considerazioni su Venezia sono abbastanza scherzose.
    Ciao!
    A.Im., ecco, come vedi, i nostri commenti si sono incrociati e siamo giunti entrambi alla stessa conclusione.
    Ciao!

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  15. utente anonimo 16 settembre 2009 alle 5:42 PM

    L’orrida Venezia corredata di leghisti… a me un incubo mette meno paura…

    La terrona Margot :p

    P.S. Il passeggino spaziale è un must per i bambini fashion, specie se spinto da mamme in total black con sandalo gold tacco 11.

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  16. amfortas 16 settembre 2009 alle 6:52 PM

    margie, a Venezia va molto il tacco 50, specialmente con l’acqua alta, eppure non basta ancora 🙂
    Giuro che il passeggino era qualcosa d’orribile, credo che ci voglia una patente per portarlo in giro…
    Ciao 🙂

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  17. utente anonimo 16 settembre 2009 alle 7:24 PM

    posso approfittare del consiglio carrozzino? 😉

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  18. utente anonimo 16 settembre 2009 alle 8:37 PM

    E’ vero, sì, e sono contenta, benchè mi sia vergognata molto: ma temo che queste défaillances siano dovute all’età, e allora, forse, meglio prenderne atto, e cercare di arginarle. Nasconderle a noi stessi, penso, non serve a niente.
    Scusami, parlavo di nuovo da sola!
    A presto.. ripasserò!
    A.Im.

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  19. amfortas 17 settembre 2009 alle 7:35 am

    17, beh sì, se hai chi trasportare.
    A.Im., ma figurati…sapessi io che figure faccio ogni giorno 🙂

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  20. utente anonimo 17 settembre 2009 alle 9:21 am

    Sei una cara persona, grazie! *^*

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  21. utente anonimo 17 settembre 2009 alle 12:10 PM

    da Giuliano:
    Tutto molto bello, anche nei commenti sono uscite cose notevoli.
    Su una delle mie antiquate vhs ho trovato un’intervista a Roberto Leydi, che si interrogava proprio su queste cose: sul “mito dell’anonimo”, per esempio: “anonimo” significa solo che il nome del compositore non è arrivato fino a noi, ma di sicuro c’era. E faceva numerosi esempi, da “Bombolo” (anni ’30) in avanti, fino a “Marina Marina” (anni ’50), che soono stabilmente nel repertorio popolare pur avendo autori registrati alla Siae.

    Tutto questo per dire che Verdi ha dato molto, alla musica quotidiana e popolare: e la Traviata (Libiamo nei lieti calici!) e il Nabucco (la marcia d’accompagnamento all’ingresso di Nabucco) ne sono due esempi mica male.

    Dici che i leghisti sanno che è esistito uno come Roberto Leydi? Era piemontese, aveva un archivio enorme di tradizioni popolari, canti e dialetti, e ha donato tutto alla Svizzera perché qui non gliene fregava niente a nessuno…

    ciao, e scusa lo sfogo!
    PS: l’accenno agli anni di galera mi è venuto pensando al tempo libero rimanente a Verdi in quegli anni… Però penso che prendesse nota, dopo gli è servito.

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  22. utente anonimo 17 settembre 2009 alle 12:54 PM

    Il n°20 ero io, Adriana..
    A.Im.

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  23. amfortas 17 settembre 2009 alle 12:58 PM

    A.Im., basta complimenti, che poi mi monto al testa!
    Giuliano, pensa poi anche a quante frasi tratte da opere sono entrate nel quotidiano.
    Il “libiamo” l’hai già citato, ma ce ne sono tantissime, anche volendo limitarci a Verdi.
    Ho sempre pensato che la reale popolarità di un’opera si misuri anche così.
    Ad esempio, faccio una domanda perché non so se è una cosa della mia famiglia (evidentemente melomane) o cosa. Dite mai “è la solita storia del pastore”, quando ci si trova di fronte per l’ennesima volta ad una situazione?
    In merito ai leghisti, Giuliano, io ci scherzo ma mi hanno fatto una certa impressione, domenica scorsa. Non voglio però aprire una polemica sanguinosa…
    Ciao e grazie!

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  24. utente anonimo 17 settembre 2009 alle 3:07 PM

    Okkei, okkei: niente più complimenti
    ( ma non lo sono, e poi hai poco da montarti la testa, con un vecchio bulldozer come me..).
    Sono qui solo per rispondere alla tua domanda qui sopra.
    “Altroché..!” è la risposta, è proprio una frase entrata nel lessico
    fami(g)liare, insieme a non so quante altre, non solo tratte dai testi della lirica.
    Mi piacerebbe, anzi, che lo facessi tu, un bell’elenco nutrito di tutte le frasi come quella già citata: e poi, vedere chi ne conosce e ne usa in maggior numero.
    Carino.. Eh, che ne dici?!
    Pensaci su, poi si vedrà. Ciao.
    A.Im.

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  25. gabrilu 17 settembre 2009 alle 3:33 PM

    In merito ai leghisti […], io ci scherzo ma mi hanno fatto una certa impressione, domenica scorsa

    Io invece, Dear Amfortas, su ‘sta gente ho smesso di scherzare da un sacco di tempo.

    Quando perirà (perchè perirà presto, su questo non ho dubbi) il PiùGrandePresidenteDeiCentoCinquantanni (d’ora in poi PGPDCC) io ci starei attenta, a quegli sparuti gruppetti che ci fanno tanto sghignazzare ma che tanta presa hanno in tanti luoghi.

    Non è certo il PGPDCC il il pericolo.
    Che sia lui il pericolo non ci crede più alcuna persona sana di mente.
    Lui però ha agevolato un mefitico brodo di coltura in cui hanno allegramente prosperato gente molto più pericolosa di lui.

    Mi fermo qui
    Perchè son già
    In clamoroso OT.

    (Però sono fiera di me: la rima m’ è venuta bene, ammettilo 🙂

    In quanto alle celebri battute che sono diventate parte del linguaggio comune beh ce ne sono tante.
    Dal “Vendetta tremenda vendetta” al (why not?) “E qui pagata io t’ho” (quante volte l’ho detto io, pagando la mia parte di conto in pizzeria) al “sola, perduta, abbandonata in quel popoloso deserto ch’appellano Parigi” (ma qui mi rendo conto siamo già… ehm) al “Revere—e—en—za. Revere—e—nza” ^__^

    Ti saluto con un bel “Revere–e—nza!”
    Posso?

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  26. utente anonimo 17 settembre 2009 alle 4:58 PM

    da Giuliano:
    sulla frase dell’Arlesiana (quando la canta Schipa è così bella da restare senza fiato, anche dopo il centesimo ascolto) mi sono interrogato anch’io.
    Da come viene presentata nel testo, direi che “è la solita storia del pastore” è antecedente all’opera, ma forse mi sbaglio.

    Gabrilu ha fatto un’analisi esattissima, ormai di certe cose non ci libereremo più (per chi l’avesse persa, martedì il quotidiano “la Padania” è uscito in prima pagina con un clamoroso scoop a tutta pagina su Goffredo Mameli, quel perfido) (purtroppo è vero, non sto scherzando…).
    ciao!
    PS per A.Im:il link al tuo sito non funziona! (ero curioso…)

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  27. amfortas 17 settembre 2009 alle 5:28 PM

    A.Im., per il post ci penso perché ne ho pronto un altro, magari nei prossimi mesi…chissà!
    gabrilu, lo sai che io evito di parlare di politica qui sul blog, però fai bene a sottolineare che c’è poco da scherzare su questo argomento.
    Questa volta mi hanno fatto impressione, perché erano particolarmente tronfi e arroganti in primis, e poi anche perché ogni giorno si leggono le loro bestialità sui giornali.
    Inoltre a Trieste la Lega c’è e pure piuttosto forte, ma lì in Veneto è proprio radicata tra la popolazione, anche tra coloro che una volta votavano in altro modo. C’è da dire che Trieste è ancora una città relativamente tranquilla, mentre se vai a Padova o Verona…insomma…non è un bel vedere per tante cose.
    Insomma, parlare alla pancia della gente paga, e si sa che i politici per questi argomenti hanno un sesto senso sviluppatissimo.
    Complimenti per la rima e grazie degli esempi 🙂
    Ciao, anzi, reverenza a te!
    Giuliano, non saprei proprio se la frase in questione è antecedente all’Arlesiana, dovrei controllare.
    Tito Schipa sarebbe stato grandioso anche se avesse cantato una canzone di Morgan, e credo d’aver detto a sufficienza 🙂
    Ciao anche a te!

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  28. utente anonimo 17 settembre 2009 alle 8:32 PM

    @Giuliano, col permesso di Amf.
    Il link al mio sito non può funzionare: non ne ho!
    A meno che tu non voglia cercarmi su FB: Adriana B.Ferrari ( e
    mi raccomando la B., perché di omonime ne ho almeno una cinquantina ). Ciao. Grazie!
    A.Im.

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  29. utente anonimo 18 settembre 2009 alle 4:49 PM

    da Giuliano:
    per A.Im.: non sono su Facebook… una volta scrivevo su dei blog collettivi, ma oggi a quel riguardo posso solo cantare “Addio del passato”…
    (peccato era una bella esperienza).
    PS: scusa Amfortas!!
    🙂

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  30. Chatonproviseur 8 ottobre 2009 alle 4:01 PM

    Ed è prevista una visita anche alla Traviata torinese della prossima settimana? 🙂 Elena Mosuc fa venire i brividi…

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  31. amfortas 8 ottobre 2009 alle 5:26 PM

    chatonproviseur, era previsto, ma purtroppo per questioni personali non sarò presente.
    Ciao e grazie 🙂

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