Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

La Messa da Requiem al Festival Verdi di Parma: due parole di presentazione.

Ancora una volta devo cominciare il mio post lamentando gli effetti nefasti dei tagli al FUS,

in conseguenza dei quali il Festival Verdi di quest’anno è ridotto a ben poco: Nabucco (che ho già visto e recensito l’altr’anno), I due Foscari (biglietti esauriti e quindi ciccia!), la Messa da Requiem e qualche concerto che con ogni probabilità non sarà tale da rendere la manifestazione memorabile.
Insomma, le cose non vanno benissimo e vale la pena sottolinearlo, anche perché si può pure cercare d’essere ottimisti, ma poi alla prova dei fatti c’è poco da stare allegri.
In questo clima un po’ dimesso, è arrivato un altro fulmine a ciel sereno è cioè l’improvvisa defezione di Yuri Temirkanov (nella foto), prestigioso direttore russo, che avrebbe dovuto dirigere il Requiem di Giuseppe Verdi.
Ci sarebbe da chiosare molto su questo argomento, ma pare che il forfait sia dovuto a ragioni di salute.
In sostituzione di Temirkanov ci sarà il maestro Lorin Maazel, altro nome importante, che però negli ultimi anni sembra essersi adagiato in una routine interpretativa piuttosto stucchevole.
Peraltro, ed è questa la notiziona (smile) potrò constatare di persona, visto che sarò a Parma giovedì 1 ottobre.
Un paio di notizie su questo straordinario lavoro di Verdi bisogna darle, quindi, cominciando magari da uno stralcio di corrispondenza verdiana all’editore Ricordi:
 
“Mi sembra di essere diventato una persona seria, e di non comparire più come un pagliaccio dinanzi al pubblico, gridando: "Avanti, avanti, favorite!… battendo il tamburo e la grancassa”
 
Tra Giuseppe Verdi e Alessandro Manzoni (sì proprio lui) c’era un rapporto di rilassata stima, per quanto i due stessero su posizioni ideologiche molto diverse. Verdi scherzando un po’, ma mica tanto, era un mangiapreti, mentre è nota la grande religiosità alla quale era approdato, dopo qualche incertezza peraltro, Manzoni.
La Messa da Requiem è dedicata appunto a Alessandro Manzoni, e la prima esecuzione avvenne nel primo anniversario della scomparsa dello scrittore, il 22 maggio 1874. Sul podio lo stesso Verdi.
Gli interpreti furono scelti tra gli artisti più famosi e bravi dell’epoca, nomi leggendari come ad esempio il soprano Teresa Stolz

e il tenore Giuseppe Capponi.
In realtà sappiamo che quota parte della musica fu scritta da Verdi qualche anno prima, perché rientrava nel progetto di un omaggio ad un altro grande che scomparve nel 1868, Gioachino Rossini. Un’iniziativa che però non arrivò a risultati concreti.
Negli anni questa composizione è stata minuziosamente setacciata dalla critica ed è ormai opinione comune che di religioso in senso stretto ci sia poco, nella musica del Maestro. Anzi, anch’io (boh, per quello che può contare) ci sento piuttosto una gran rabbia dettata dall’impotenza ad opporsi all’inevitabile, e cioè alla morte. Insomma una specie di battaglia che si combatte sapendo che l’esito sarà sfavorevole.
Nell’esecuzione oltre all’Orchestra e il Coro del Teatro Regio di Parma, sulla cui importanza mi soffermerò magari in sede di recensione, sono impegnati quattro solisti: il soprano Svetla Vassileva, il mezzosoprano Daniela Barcellona, il tenore Francesco Meli e il basso Alexander Vinogradov che è anche l’unico artista del cast che non ho mai sentito (almeno mi pare…) dal vivo.
Verdi è straordinariamente prodigo di suggerimenti nella partitura, che si basa sul testo liturgico, lo ricordo, non c’è un “librettista”. Abbondano in particolare le indicazioni di “pianissimo”sia per l’orchestra sia per i solisti (a memoria direi per il soprano, più di tutti).
La composizione è di rara suggestione e spero che l’acustica nella Cattedrale di Parma sia favorevole a questo capolavoro.
Mi pare che già vi ho proposto a suo tempo l’Ingemisco interpretato dal tenore, oggi la mia scelta cade sul “duetto preghiera” tra soprano e mezzosoprano, Recordare.
Qui, dirette da Lenny Bernstein, sono impegnate Martina Arroyo e Josephine Veasey.
 
Nell’ultimo fotogramma si vede per un attimo un giovanissimo Placido Domingo, bello grassoccio (strasmile).
Buona settimana a tutti.

22 risposte a “La Messa da Requiem al Festival Verdi di Parma: due parole di presentazione.

  1. ivyphoenix 29 settembre 2009 alle 9:29 am

    sono la prima a commentare qui ma anche la più incompetente… quindi leggo in silenzio e imparo tante cose che prima non sapevo.
    buona settimana anche a te

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  2. amfortas 29 settembre 2009 alle 12:23 PM

    Ivy, figurati, con quello che imparo sempre io da te!
    Ciao 🙂

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  3. gabrilu 29 settembre 2009 alle 2:28 PM

    Per la recensione e impressioni e giudizi sulla performance ormai è noto, Dear Amfortas, che ormai mi fido e mi affido (quasi, eh, quasi) totalmente. A te.

    Però permettimi di parlar di qualcosa che molto mi stuzzicò (smile).

    Tu scrivi infatti:

    “Negli anni questa composizione è stata minuziosamente setacciata dalla critica ed è ormai opinione comune che di religioso in senso stretto ci sia poco, nella musica del Maestro.

    Carlo Emilio Gadda (per gli intimi il Gaddus) questo (con tutto il rispetto per i rinomati critici) l’aveva capito da sè e già molto prima dei summenzionati setacciamementi.

    Leggiqquà:

    “Giuseppe Verdi compose una Messa da Requiem che in Paradiso, appena la udirono, gli pareva d’essere tutti in palco. Alla Scala”.

    Carlo Emilio Gadda, Il primo libro delle favole, favola n. 87

    Ritenuto tutto l’anziscritto, il soi disant Requiem di Verdi è, IMHO, una delle cose più belle che all’umano orecchio è dato d’ascoltare.

    Amen.

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  4. amfortas 29 settembre 2009 alle 5:17 PM

    Gabrilu, non ricordavo l’opinione di Gadda e ti ringrazio per averla riportata.
    Spesso gli appassionati si accapigliano su questo Requiem ma, come spesso succede e non solo per la lirica, più che altro si cerca di portare acqua al proprio mulino…come se avere tra le fila dei teoricamente cattolici Verdi o altri potesse avere un qualche senso o utilità.
    Peraltro, ne parlavo oggi con un amico, ormai non ci sono più discussioni costruttive, ma solo la determinazione cieca a dimostrare idee precostituite, che è un modo soft di definire i pregiudizi.
    Contenti loro…
    Ciao e grazie 🙂

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  5. daland 29 settembre 2009 alle 6:50 PM

    Giovedi sera ci sarò anch’io. Peccato per l’assenza di Temirkanov, speriamo bene per il vecchio Lorin, chi ha sentito l’anteprima a Busseto sembra entusiasta.

    Sulla “natura“ del Requiem, non sarei così “laico”…

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  6. utente anonimo 29 settembre 2009 alle 10:50 PM

    da Giuliano:
    Un capolavoro, un’emozione unica. Gli altri discorsi m’interessano poco o niente, ho ancora dentro la sensazione del Dies Irae cantato dal Coro della Scala, un’onda sonora che non si dimentica, un coinvolgimento fisico totale che nessuno oltre a Verdi potrà mai dare.
    Caso mai, davanti al “Mors stupebit”, finisco col pensare a Sciostakovic, o a Mahler: che al tema dell’aldilà hanno dedicato la loro musica. (e si potrebbe rileggere “when we have shuffled off this mortal coil”…)

    Di tutt’altra pasta era fatto Rossini, e si ascolta il suo Stabat Mater c’è da divertirsi ma anche da ridere: del testo di Jacopone rimane solo la struttura metrica… (Rossini era un vecchio e simpaticissimo gaglioffone…)

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  7. mamikazen 29 settembre 2009 alle 11:38 PM

    ma cos’è, cantare quel Dies Irae.
    ma cos’è.
    BùM!, fa la grancassa. BùM!.
    soooooooooòlvet – BùM saeeeeeeeèclum – BùM
    in-fa-viiiiiìlla…
    e gli archi, che sembra che Verdi abbia dato un calcio a tutti nidi di vespe sulla faccia della terra.
    miseriaccia, è un vita che non lo canto, saranno almeno sette, otto anni.
    e non è per dire, carissimo, ma di mezzo c’è sempre… il cigno di pesaro… 😀
    buon divertimento, e facci sapere.

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  8. mamikazen 29 settembre 2009 alle 11:48 PM

    @Giuliano: a quanto dicono, e q quanto affermava lui stesso, Rossini era davvero un simpatico galioffo.
    La prima dello Stabat, però è del 1842, con gran parte della musica già composta anni addietro.
    All’epoca Rossini aveva 52 anni (quindi magari non proprio “vecchio”) e non era, ahimé, granché simpatico. A dirla tutta, non stava affatto bene, e secondo me nello Stabat si sente, che non aveva granché voglia di fare il galioffo.
    Certo anche lo Stabat è parecchio teatrale… come anche il Requiem di Verdi… ‘sti due ragazzi, tocca proprio dire che il teatro d’opera li aveva rovinati ben bene ^________^

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  9. amfortas 30 settembre 2009 alle 7:45 am

    Daland, magnifico, allora linkerò la tua recensione alla mia, così i lettori si faranno un’idea più precisa.
    Giuliano, anch’io non sono poi così interessato a certe cose, ma ogni tanto puntualizzo perché purtroppo, anche in questo campo, si cerca di assegnare valenze politiche inopportune. Anche ai morti, ovviamente 🙂
    mamikazen, Rossini ha influenzato in modo incredibile i compositori successivi, è il destino dei rivoluzionari no?
    Grazie delle ulteriori chiose, inoltre, anche a Giuliano.
    mamikazen, una curiosità: hai mai cantato un requiem in forma scenica?
    Ciao!

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  10. gabrilu 30 settembre 2009 alle 9:40 am

    Non voglio allargare il campo, ma siccome da cosa nasce cosa…Leggendo questo thread m’è venuto di pensare ai Requiem che conosco e davvero, dovessi sceglierne solo uno avrei difficoltà perchè li trovo tutti meravigliosi, ciascuno a modo suo e con le sue specificità.
    In genere mi succede che il Requiem che preferisco è sempre l’ultimo che ho ascoltato.
    Adoro quello di Mozart, ma adoro altrettanto quello di Brahms, di Faure, e da pochissimo ho scoperto quello di Penderecki…
    Se voi doveste sceglierne uno solo di Requiem, ci riuscireste? E quale scegliereste?
    Lo so che è una domanda insensata, ma ogni tanto vien da fare anche domande insensate 🙂
    Una buona giornata a tutti/e

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  11. utente anonimo 30 settembre 2009 alle 10:45 am

    da Giuliano:
    ho conosciuto lo Stabat Mater di Rossini dopo quello di Pergolesi: ed è davvero un shock di quelli che non si dimenticano!
    Il testo di Jacopone è drammatico, commovente, straziante: Pergolesi lo sa e lo segue parola per parola (forse c’era ancora qualcosa di Monteverdi nell’aria…).
    Anche Rossini lo sa, ma se ne infischia allegramente. Il risultato è un capolavoro, ma il testo poteva essere qualsiasi cosa!
    Comunque, Ein Deutsches Requiem di Brahms è un altro capolavoro, diversissimo e immenso dal Requiem di Verdi. Non saprei scegliere tra questi due.
    Va invece ricordato che il Requiem di Mozart è per più di metà, dal Lacrymosa in poi, il Requiem di Sussmayr… A mio parere rimane lo stesso un capolavoro, ma so che molti critici (anche dei più sensibili) non la pensano così.

    Amfortas, riesci a recuperare quel brano dove Giacosa si arrabbia a morte con Puccini perché il maledetto gli ha spiegato su che versi compone la sua musica? E’ una cosa molto divertente, e anche istruttiva per chi scrive – anche per quelli come noi, i dilettanti di internet.
    In riverente ascolto
    Giuliano
    PS per mamikazen: “vecchio gaglioffo” in senso affettuoso, a prescindere dall’età… E poi, Rossini si era messo in pensione da solo, a 37 anni!!! (beato lui!!!)
    (e beata te che canti…io ho quasi la stessa voce di Romano Prodi)
    🙂

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  12. annaritav 30 settembre 2009 alle 6:31 PM

    Ho imparato un sacco di cose leggendo tutto ciò che è scritto qui, quanto mi piace!
    P.S. E due parole di ringraziamento a Brunetta non le vogliamo dire? Dopo aver sistemato – nell’ordine – statali, sindacati, opposizione, insegnati, studenti, bidelli, registi, attori, sceneggiatori, tenori e vario “culturame”, il ministro della Pubblica amministrazione si dedica ai magistrati… ( da Il fatto quotidiano di oggi)
    Quale sarà la prossima categoria? E intanto, tutti gli artisti a lavorare!

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  13. amfortas 30 settembre 2009 alle 6:34 PM

    gabrilu, la scelta è evidentemente assai difficile, diciamo che messo alle strette io opterei per Verdi. Tieni conto che in questa mia scelta c’è molto di affettivo, però.
    Giuliano, tu hai deciso di farmi concorrenza eh? 🙂 Purtroppo non riesco a recuperare il pezzo che mi chiedi, ahimé.
    In generale, e per fortuna qualcosa si sta muovendo in questo senso, credo che sarebbe bene “riscoprire” molta della musica pre-Mozart.
    Peraltro io, che sono un modello base, non riesco a stare dietro a tutto e preferisco scrivere di ciò di cui mi sento se non competente, almeno buon conoscitore.
    Tortelli, sto arrivando!

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  14. mamikazen 30 settembre 2009 alle 7:25 PM

    @Paolo: gesùgesù (per citare Woody Allen), ma esistono requiem in forma scenica? Ommioddio! ma tipo?

    @Giuliano: a me è capitata la stessa cosa al contrario, nel senso che abituata da anni a cantare e ascoltare in loop lo stabat di Rossini, sono capitata una sera a Fabriano per la riapertura del teatro Gentile dopo il terremoto del ’97 e il concerto si aprì proprio con lo splendido stabat di Pergolesi, e non ti dico lo shock, la meraviglia e il godimento (senza nulla togliere a Gioachino, al quale bacio le mani e i piedi e a volte anche altre innominabili parti anatomiche).
    Quanto al requiem di Brahms, sarà che l’ho incontrato in un periodo particolare della mia vita, ma l’ho piantato nel cuore molto in profondità.
    Un’audizione nel coro non si nega neanche a Prodi, via! 🙂

    e lo so che qui non ci devo passare, che divento logorroica… scusa, Amfortas!

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  15. amfortas 30 settembre 2009 alle 8:12 PM

    mamikazen, qualche anno fa proprio un Requiem verdiano fu allestito con delle diapositive o comunque proiezioni e i solisti, e pure il Coro. mimavano qualcosa mi pare il tutto a cura di Pier’Alli. Forse a Modena o Piacenza, ma ne sono certo perché c’era una mia amica 🙂

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  16. gabrilu 30 settembre 2009 alle 10:51 PM

    E allora, e visto che parlate di Requiem allestiti in forma scenica….mi ritengo autorizzata a chiedere: vi è mai capitato di assistere ad una bacchiana passione in forma scenica? A me si, secoli fa.
    Ancora oggi non saprei dire se il veder sceneggiata quella Passione (che era poi quella di Matteo) aggiunse o tolse alcunchè. Ricordo che l’importante restavano orchestra e voci, e che tutto il resto mi sembrò superfluo.

    Il contrario, e cioè opere liriche performate in forma concerto ne ho viste/ascoltate, ma solo in occasione di scioperi delle maestranze teatrali.

    Ricordo di non aver goduto, ma anche di non essermi particolarmente disperata.

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  17. colfavoredellenebbie 1 ottobre 2009 alle 8:19 am

    Quando passo di qua sono sempre presa da entusiasmo e, insieme, dalla certezza che la vita è eccessivamente breve rispetto alle cose da dire, fare, vedere, leggere, ascoltare….
    Ero ferma a Mozart e a Pergolesi: sarà meglio darsi una mossa, eh?
    Un saluto.

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  18. AntonioSabino 1 ottobre 2009 alle 5:23 PM

    Come sempre un post ricco ricco e bello bello, peccato davvero per la defezione di Temirkanov (sul FUS stendo un velo). Leggere nei commenti di Rossini mi ha fatto tornare alla mente il mio stupore nel sentire quanto fosse “rossiniana” l’opera di Haydn “il mondo della luna”, soprattutto visto che è del 1777 e dunque precede di 15 anni la nascita del Nostro. Parimenti per l’Orlando Paladino. Che Rossini fosse haydniano?

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  19. utente anonimo 1 ottobre 2009 alle 10:54 PM

    da Giuliano:
    al volo, per Sabino: una delle cose più belle in musica è cogliere queste vicinanze, questi apparentamenti.
    Per esempio, Puccini-Mahler-Berg…
    o Mahler-Brahms-Schubert, o magari Mozart-Weber-Wagner.
    Sarebbe un bel gioco da fare, e penso che piaccia anche ad Amfortas. (anzi, magari lo ha già fatto ma io non sono stato attento!)

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  20. amfortas 2 ottobre 2009 alle 2:59 PM

    gabrilu, la risposta alla tua domanda è no.
    Anzi, ti dirò, non ho assistito ad alcuna performance live della Passione 🙂
    Zena, anch’io faccio spesso la tua stessa considerazione che è valida per i campi artistici (e non) più disparati.
    Ciao!
    AntonioSabino, praticamente ti ha risposto Giuliano.
    Ce ne sono a iosa di esempi, solo per ricordarne uno cito l’ammirazione di Verdi per Bellini, le cospicue citazioni di Rossini degli autori più insospettabili, mi verrebbe da dire.
    Un altro argomento interessante è come lo stesso soggetto sia stato trattato da compositori diversi.
    È il tempo che manca 🙂
    Intanto m’accingo alla recensione del Requiem, ora che ho quasi digerito le libagioni 🙂

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  21. Princy60 2 ottobre 2009 alle 3:13 PM

    è una delle cose migliori di tutto il meodramma: l’adoro!

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  22. amfortas 3 ottobre 2009 alle 7:29 am

    marina, è sempre una grande emozione, sì.
    Ciao!

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