Dal momento che nel post precedente mi sono lamentato del costo esorbitante del biglietto per la Messa da Requiem al Festival Verdi di Parma, segnalo l’ottima iniziativa del
Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, che per il secondo anno ha organizzato la manifestazione
“Recondita armonia”, partita sabato scorso.
Prezzi bassi (dai 50 euro della platea in giù), addirittura popolarissimi per i giovani sotto i 26 anni, programma di schietta impronta tradizionale e cioè la cosiddetta “trilogia popolare” verdiana (Rigoletto, Trovatore, Traviata).
Altre caratteristiche, in ordine sparso: copertura delle “prime” da parte di RADIO3, registi al guinzaglio per contenere le spese, insomma un’operazione meritoria sotto ogni punto di vista, a mio parere.
L’obiettivo dichiarato è di avvicinare i giovani, ma non solo, anche chi per i motivi più disparati non frequenta il teatro d’opera, alla musica lirica.
I dirigenti del Maggio hanno dichiarato che, in questo senso, la scorsa edizione è stata un successo, perché molti spettatori “debuttanti” si sono poi riproposti in teatro in altre occasioni. Ne sono certo e, tra l’altro, ne ho avuta diretta testimonianza io stesso.
Ma, dal lato puramente artistico, come stanno andando le cose?
Premetto che ho sentito le opere per radio, quindi le avvertenze sono sempre le stesse: si tratta di una fruizione monca e parziale, oltretutto spesso pesantemente condizionata dalle tecniche di trasmissione che falsano molte cose. Alcuni artisti sono penalizzati dalla radio, altri ne guadagnano.
Non ho il tempo di scrivere una vera e propria recensione e quindi mi limito a qualche considerazione generale.
La manifestazione è cominciata sabato col Rigoletto e credo di poter affermare che sia stata una recita di bassa routine, forse non particolarmente censurabile ma che raggiunge una sufficienza stentata.
Il baritono Alberto Gazale è stato un discreto Rigoletto, il soprano Désirée Rancatore una Gilda corretta, ma scolastica, bamboleggiante e stereotipata, il tenore Gianluca Terranova (inizialmente previsto nel secondo cast, ha sostituito James Valenti) ha interpretato il ruolo del Duca come spesso gli accade ultimamente, cioè male e palesando una generale propensione a forzare gli acuti.
Il direttore, Stefano Ranzani, mi è sembrato discutibile perché ha diretto a fisarmonica: lentezze esagerate e accelerazioni improvvise.
Inoltre buona parte di coloro che erano presenti hanno lamentato una regia (intesa soprattutto come scenografia) non soddisfacente, ma in questo caso non posso dire nulla se non che se si vogliono contenere i costi è necessario risparmiare sull’allestimento.
Qualcuno potrebbe obiettare che c’è stato persino il bis di “Sì vendetta”. Ok, però ora bissare questo duetto è diventata una tradizione, praticamente succede ad ogni recita appena decente.
Domenica sera è stata la volta del Trovatore e qui invece, con l’unica e parziale eccezione del soprano Kristin Lewis nella parte di Leonora, la compagnia di canto è stata piuttosto deficitaria.
Segnalata la discreta prova del basso Rafael Siwek quale Ferrando (che nell’opera in questione è comunque un ruolo minore) e la buona concertazione del direttore Massimo Zanetti, bisogna sottolineare come gli altri protagonisti siano stati scarsini a voler essere generosi.
Anna Smirnova si è distinta più che altro per il tentativo d’immedesimazione nel personaggio di Azucena, una vecchia strega. Molte urla, abbondanti suoni artificiosamente cavernosi, gestione dei fiati almeno discutibile.
Il baritono Juan Jesús Rodríguez mi ha tolto le castagne dal fuoco, in un certo senso, perché se c’è un aspetto che esce chiaramente anche dal mero ascolto radiofonico, quello è l’intonazione, e questo Conte di Luna era stonato troppo spesso. Inoltre il tono era sempre truculento, feroce, non si è sentito insomma alcun tentativo d’interpretazione che lasciasse intendere un approfondimento della psicologia del personaggio.
Stuart Neill, il tenore che impersonava Manrico è stato disastroso sotto ogni punto di vista e non solo perché ha steccato clamorosamente nella famosa cabaletta “Di quella pira” (chi gliel’ha fatto fare di eseguirla integralmente…) ma soprattutto perché con questo ruolo, almeno nell’occasione specifica, ha dimostrato di non avere alcuna affinità. Quando ha tentato di addolcire un po’ il canto, di piegarsi ad un minimo sindacale d’interpretazione (la parola scenica, questa sconosciuta!) ha mostrato tutti i suoi limiti.
Mi è sembrato vistosamente peggiorato dalle ultime volte in cui l’ho sentito, come Don Carlo a Milano (quando sostituì, a mio parere più che dignitosamente, Giuseppe Filianoti) e quale Canio all’Opera di Roma.
In entrambe le recite ho sentito qualche sbavatura nell’Orchestra e nel Coro, che so per esperienza diretta essere di livello eccellente.
Inspiegabili, dal mio punto di vista, gli applausi a tutti e le ovazioni alla Lewis.
In buona sostanza, una volta fatti i complimenti ai dirigenti del teatro fiorentino per la bella iniziativa, mi pare sia indispensabile, da appassionato, segnalare che si debba per il futuro lavorare meglio nella scelta dei cast.
Come non sempre succede che artisti costosissimi siano poi anche bravi sul palco, allo stesso modo il necessario contenimento dei costi non deve essere una scusa per una qualità scarsa o generale sciatteria.
Buona settimana a tutti.
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