Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione semiseria del Trovatore al Teatro Verdi di Trieste.

E si è arrivati alla sera della prima.
Serata di gala, ovviamente, che comporta alcuni stereotipi, varie baracconate di regime e pure qualche figura retorica inutile.
In ordine sparso: maggioranza di uomini vestiti col frac (badate ben non io…), percentuale consistente di politici d’accatto, potentati ignari di cosa succeda sul palcoscenico, donne(?) con abbigliamenti (?) stravaganti, spesso leopardati quando non addirittura ghepardati, carabinieri in alta uniforme, vigili in alta uniforme e alta uniformità di sorrisi stampati su visi evidentemente mondati dalle rughe con l’ausilio di qualche bisturi

 (mica c’è nulla di male, però memento balestra semper ultrasmile).
Il momento più divertente della serata è stato quando, nel foyer, il vestito di una gran dama di piccole dimensioni è stato involontariamente agganciato dai galloni di un signore in uniforme che non s’è accorto del contatto e continuava a procedere con lo sguardo fiero, pancia in dentro e petto in fuori.
Pareva la scena di un film comico muto, di quelli alla Buster Keaton (strasmile).
Poi però si è fatto sul serio, nel senso che una mia amica che curava la diretta dell’evento per la più nota radio locale, mi ha chiesto (a tradimento, senza avvertire! Smile, ciao Sara e Oscar) un parere sul Trovatore e sui tagli alla cultura: spero di aver biascicato qualcosa di decente.
Prima della prima, si è esibito sul palco il Sovrintendente Giorgio Zanfagnin, che ha fatto coram populo il punto della situazione finanziaria del Verdi di Trieste, che, al pari di tutte le altre fondazioni liriche italiane, è in forte sofferenza per i tagli al FUS. Sembra, e di questo va riconosciuto il merito anche ai dipendenti, che in questi mesi difficilissimi hanno mantenuto un atteggiamento responsabile, che Trieste stia messa meglio di altri. Il bilancio è in pareggio, si continuano a produrre spettacoli.
 
Il Trovatore di ieri sera, ad esempio, è stato coprodotto assieme all’Opera Royal de Wallonie di Liegi e affidato alla regia di Stefano Vizioli, che tra l’altro legge questo blog e quindi devo stare attento a ciò che scrivo (strasmile).
In realtà mi va di lusso, perché l’allestimento del regista è riuscito bene e merita d’essere visto.
Due enormi scale e due grandi carri sovrastano la scena, insinuando un senso di claustrofobia che giustifica il fatto che gli artisti cantino spesso al proscenio, quasi a significare che i sentimenti si estrinsecano fuori da quella cappa. Per il resto, anche attraverso l’impianto luci di Franco Marri, Vizioli punta saggiamente sul lato notturno dell’opera senza renderla inutilmente tetra. Sono molto belle, in particolare, le scene del carcere e del convento. Suggestiva nella sua semplicità anche la sortita di Leonora, con la luna a fare da sfondo. Sobri e appropriati i costumi di Alessandro Ciammarughi, che firma anche la scenografia.
La vicenda non subisce alcun trasposizione temporale e, come peraltro nel libretto, non c’è nulla che riconduca alla Spagna in modo preciso.
Insomma un allestimento tradizionale rivisitato con buon gusto e intelligenza, che non pecca di reazionario conservatorismo ma neanche d’intellettualismi un tanto al chilo (non so che voglia dire, ma mi pare che si capisca, smile).
Volendo cercare il pelo nell’uovo, la gestione dei movimenti di massa potrebbe essere migliorata, ma sono davvero particolari nell’ambito di una regia centrata.
Partitura Trovatore  
Dal lato musicale la serata è stata condizionata dalla direzione di Maurizio Barbacini, che mi limiterò a definire superficiale e chiassosa ma che ha avuto il demerito di condurre ad una prestazione fiacca ed imprecisa l’Orchestra del Verdi, che di solito s’esprime a livelli ben più alti (in particolare basterebbe ricordare l’Aida dell’anno scorso, con il giurassico Nello Santi sul podio)
Serata interlocutoria anche per il Coro, e chi mi legge sa che io sono sempre prodigo di complimenti per questi artisti.
 
Francesco Hong era nei panni di Manrico, parte difficile anche perché notissima e quindi esposta a confronti spesso ingenerosi. Il tenore ha epidermicamente superato la prova, anche se si è limitato, tutto sommato, a sparare acutazzi a nastro (qualcuno, forse, pure leggermente calante).
Scarso, per non dire nullo, l’approfondimento psicologico del personaggio, con la sola eccezione della scena del carcere, nella quale ho sentito qualche tentativo di addolcire il canto, insomma un’intenzione interpretativa. Quasi assenti legato e fraseggio, ahimé. Però, tanto per fare un raffronto ravvicinato, molto ma molto meglio dello Stuart Neill di Firenze.
La Leonora di Tatiana Serjan, invece, senza che mi faccia gridare al miracolo, mi ha convinto.
 
Il soprano ha un’idea precisa del famoso concetto di parola scenica tanto caro a Verdi e, forte anche di una fisicità e una presenza sul palco notevoli, ha tratteggiato un personaggio che lascia il segno. Passionale e delicata, determinata e allo stesso tempo conscia dell’ineluttabilità del suo destino.
La voce è affetta da un leggero vibrato stretto e la dizione perfettibile, ma nell’aria di sortita e nella forse ancor più temibile D’amor sull’ali rosee è risultata bravissima. Gli acuti sono puntuti, ma penetranti, incisivi.
Il fraseggio è curato e la voce ha la sufficiente ampiezza per reggere un ruolo che è tipicamente da lirico drammatico. Per me è stata la migliore della serata.
 
Discreto il Conte di Luna di Alberto Gazale,
ma anche in questo caso avrei preferito che il baritono ricercasse una maggior ricchezza di colori interpretativi: l’aria Il balen del suo sorriso, affrontata con iniziale cautela, è stata risolta tutta sul forte e mezzoforte. In generale è mancato un po’ di slancio amoroso: voglio dire, è uscita meglio la parte truce, vendicativa, del personaggio, a scapito dei momenti (pochi, a dire il vero) in cui il Conte s’abbandona al sentimento.
La voce è anonima ma gradevole e la linea di canto pulita, senza forzature. Gazale mi è sembrato convincente dal punto di vista attoriale e la dizione è stata chiarissima.
 
Note meno positive per Mariana Pentcheva, che l’anno scorso cantò qui a Trieste un’ottima Amneris.
Il mezzosoprano è stata in costante ed evidente difficoltà nel registro acuto, forzando molto la voce.
Il celeberrimo Stride la vampa comunicava solo un’indefinita agitazione, più dell’artista stessa che altro, mentre dal punto di vista drammaturgico è proprio è il momento chiave, lo snodo di tutta la vicenda.
Sono certo che nelle prossime recite la Pentcheva farà meglio, la prima è sempre un’incognita, ma mi ha deluso profondamente.
 
Carlo Cigni, nel ruolo di Ferrando, è stato autorevole e preciso, anche se la voce non è particolarmente attraente. Bene dal punto di vista della recitazione nella fondamentale scena del riconoscimento di Azucena (dell’agnizione, scrivono quelli che parlano bene, smile). Insomma, una buona prova per il basso.
Di buon livello la prestazione di tutti gli altri artisti impegnati nei ruoli minori.
Rimarchevole la Ines accorata e struggente di Alice Quintavalla, e sonoro il Ruiz di Antonello Ceron. Bravi, nelle loro piccole parti, Daniel De Vicente (Un messo) e Giovanni Alberico Spiazzi (Uno zingaro).
Il pubblico ha premiato tutta la compagnia di canto con applausi, anche a scena aperta (addirittura richieste di bis per Francesco Hong dopo l’acutazzo della pira).
All’uscita del teatro, pochi minuti dopo la fine dell’opera, era distribuito in omaggio Il Piccolo, quotidiano triestino: "Sosteniamo il Teatro Verdi", diceva in prima pagina. Un impegno che il giornale deve aver preso particolarmente a cuore, visto che c’era già stampata la recensione dello spettacolo appena concluso…
Domenica, con ogni probabilità, andrò a sentire il secondo cast.
Nel frattempo, sono auspicabili e benvenuti interventi di chi ha visto al recita in questione o ne seguirà altre.
Non sono capace d’inserire le foto in modo decente, pazienza, ho fatto casino una volta di più.
Hello everybody.

P.S.
Ero in compagnia di ex Ripley e vi posso assicurare che questa è, senza entrare in particolari, è la cosa più importante.
P.P.S.
Mi devo decidere a corrompere in qualche modo le arcigne (ma graziosissime) maschere del teatro: il Verdi è l’unico posto dove non riesco a scattare foto di straforo (strasmile).

 

25 risposte a “Recensione semiseria del Trovatore al Teatro Verdi di Trieste.

  1. utente anonimo 20 novembre 2009 alle 2:57 PM

    Sìsì bravo, sìsì bello, sìsì tutto (o quasi) perfetto… ma non ti sembra di accanirti un po’ troppo sul "povero" Balestra? Solo perchè è un po’ di plastica… e che sarà mai!!!!

    La cuoricino Margot :p

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  2. AntonioSabino 20 novembre 2009 alle 4:14 PM

    Come sempre la tua recensione semiseria è ricca e gustosissima, ma, in sincerità ,devo dire che mi hai fatto prendere un colpo con la foto d’apertura, pensavo di aver sbagliato blog
    Ciao!

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  3. amfortas 20 novembre 2009 alle 5:20 PM

    marg(i)e, e lo sai che a Roma l’ho visto pure a un metro di distanza no? È peggio eh?
    Vedi tu…
    Ciao 🙂
    Antonio, spero che ti sia ripreso…ammetto che l’impatto è forte 🙂
    Grazie e ciao 🙂

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  4. utente anonimo 21 novembre 2009 alle 11:25 am

    non so come si faccia a dire che Francesco Hong spara solo acutazzi.
    Innanzi tutto è assolutamente falso e chi ha scritto non era presente alla recita del 18.Dell’aria del terzo atto,quella che precede la stretta,ne vogliamo sottolineare il legato ed il fraseggio straordinariamente efficace e rispettoso dei colori?Tutta la scena del carecere,con pianissimi struggenti e insoliti per chi canta questo repertorio,oggi.
    Mi spiace,ma c’è malafede perchè Hong è un cantante assolutamente all’altezza della situazione.Il pubblico,poi,è sempre il miglior giudice e le incessanti richieste di bis dopo un "all’armi" cosi stentoreo e cosi efficace,riconducono il giudizio alla realtà.Ognuno poi la può pensare come vuole!

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  5. amfortas 21 novembre 2009 alle 11:41 am

    4, ti assicuro che ero presente…quanto a Hong e il suo legato o fraseggio, lasciamo perdere che è meglio.
    Ha cantato come sa e pure meglio del solito (se leggi bene, vedi che anch’io ho apprezzato la scena del carcere), ma per cantare un Manrico di alto livello, ci vuole altro.
    Comunque grazie per il tuo contributo, ti prego solo di non fare insinuazioni gratuite.
    Ciao.

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  6. utente anonimo 21 novembre 2009 alle 2:59 PM

    Salve a tutti! MI inserisco nella discussione sul tenore Hong che ha cantato sì quanto doveva cantare. Da qui a definirlo un interprete ce ne passa. La sua mi pare una prestazione di gusto arcidatato, inattuale. per arrivare al famoso acuto della pira ha cantato – in mezzo ad un fragore orchestrale e corale osceno – si e no metà del dovuto. Se per fare gli acutazzi devi incenerire tutto quello che viene prima e dopo, comincio a condividere l’astio di Wagner per l’opera italiana che rischia di diventare, e si è visto anche a Trieste, una baracconata, un circo di prodezze vocali (in alcuni casi pure di livello bassino). Almeno la Serjan e Gazale hanno tentato di dar vita ad un personaggio. A volte io vorrei ascoltare MUSICA e INTERPRETI! E poi diciamo ancora BASTA AI TAGLI, stavolta degli spartiti. Questo direttore ha tagliato tutto il possibile, tutte le cabalette, tutte le riprese…roba anche questa arcidatata!
    Avrei due domande per il regista visto che legge il blog e io non lo conosco personalmente. Perchè il testo viene sempre così messo in secondo piano? Manrico dice a Leonora "Figgi in me gli sguardi" mentre lui sta accovacciato vicino alla madre e Lei se ne sta per i fatti suoi dietro e di spalle. Perchè rovinare così un momento di vero e proprio teatro quasi di prosa? Perchè la madre se la dorme al proscenio quando la sua voce dovrebbe arrivare come da dietro, quasi da un subconscio? Perchè tutto quel casino in palcoscenico di spade rumori, coreografie scadenti, quando la visione d’insieme proposta dovrebbe avere la plasticità e l’eleganza di un dipinto di Palo Uccello?
    La poca attenzione a questi aspetti ha impedito ad uno spettacolo seppur valido di prendere il volo (almeno visivamente).
    Grazie e saluti a tutti!

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  7. amfortas 21 novembre 2009 alle 3:37 PM

    6, grazie per aver lasciato la tua opinione, se avrà voglia ti risponderà direttamente Stefano Vizioli.
    Ti auguro, scherzosamente, di non vedere mai una regia davvero irrispettosa del libretto.
    Hai ragione sui tagli "di tradizione", ma ormai sentire riprese di cabalette è cosa rara, per non dire impossibile.
    Ciao!

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  8. utente anonimo 21 novembre 2009 alle 8:41 PM

    Beh…di regie irrispettose del libretto ne ho viste, ahimè, in discreto numero! Con rispetto del libretto non intendo ovviamente quelle fesserie come assoluta fedeltà di ambientazione ecc ecc…ma fedeltà ai rapporti drammaturgici ed emotivi: la parola scenica appunto che non può stare solo nella musica. A volte i registi si scervellano a dare significato a delle boiate e poi trascurano nodi fondamentali. 
    Chiedo scusa dell’eccessiva intrusione! 

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  9. amfortas 21 novembre 2009 alle 10:54 PM

    8, nessuna intrusione, figurati, siamo qui per discutere di un argomento che ci appassiona.
    Credo di averlo già detto una volta, proprio parlando di regie che come puoi immaginare è un tema molto dibattutto. Per me il vero peccato mortale di una regia è che non ci sia coerenza tra la musica che si sente e ciò che si vede sul palco. Un Trovatore "luminoso e solare", solo per fare un esempio, non avrebbe senso.
    Ciao!

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  10. amfortas 21 novembre 2009 alle 10:55 PM

    Dibattuto, evidentemente, con 3 t e non 4!

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  11. utente anonimo 22 novembre 2009 alle 11:02 am

    finalmente una discussione su uno spettacolo!!
    Non accadeva da tempo.
    Che sia un sintomo di "rinascimento"?
    Ci vorrebbero sempre più persono competenti e meno,che discutessero sul fraseggio di Hong,piuttosto che sui tagli,piuttosto che sulla resa drammatica dell’operazione registica.
    Forza ragazzi!!
    Discutiamo,accaloriamoci,riascoltiamo,critichiamo ma anche apprezziamo,facciamo "risorgere" questo nostro patrimonio straordinario!!!

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  12. amfortas 22 novembre 2009 alle 12:19 PM

    11, apprezzo molto il tuo entusiasmo 🙂
    Inoltre aggiungo che oggi ho riascoltato la registrazione della prima e l’unica variazione che farei alla recensione, sia quella semiseria qui sia quella ufficiale su OperaClick, riguarda il direttore: non sarebbero interventi migliorativi eh? Fa un casino allucinante.
    Ciao!

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  13. utente anonimo 22 novembre 2009 alle 1:16 PM

    da Giuliano:
    Beh, "Il Trovatore" ha sempre fatto paura ai tenori… Dopo Corelli per un decennio almeno ci hanno provato in pochi, adesso siamo tornati a vederlo in scena ed è già una buona cosa.
    Secondo me, chi ci prova merita comunque attenzione e rispetto: non solo il tenore, ma tutti. Se si comincia a riavere "Il Trovatore" in repertorio, prima o poi il grande interprete arriverà – come è successo con Rossini e con Haendel.
    Non conosco Hong, ma ho sentito per radio il tenore di Firenze e sono stato male per lui…(non so cantare, ma m’immedesimo sempre: mi capita anche con i ginnasti e i tuffi alle Olimpiadi!)

    Mi associo però a quello che sottolinea Amfortas, e cioè che bisognerebbe guardare con attenzione anche ai direttori. Molto spesso se i cantanti fanno brutte figure la colpa è del concertatore…Non occorre essere esperti per accorgersi che è quasi sempre così, basta andare spesso a teatro.

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  14. amfortas 22 novembre 2009 alle 8:39 PM

    Giuliano, a me piace tantissimo il Manrico di Pavarotti. Non tanto perché sia un personaggio particolarmente riuscito, ma per il colore della voce e la lucentezza degli acuti, la baldanza giovanile che mi pare appartengano a Manrico.
    Oggi ero a sentire il secondo cast e Barbacini ha fatto peggio che alla prima.
    Sai com’è, un Nello Santi, con tutti i suoi difetti, quando c’è sul podio si sente eccome 🙂
    Ciao!

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  15. utente anonimo 22 novembre 2009 alle 9:52 PM

    da Giuliano:
    sì, ma se non ricordo male nessuno dei tre tenori ha mai cantato Manrico in teatro . Era questo che volevo dire: e hai ragione, la voce di Pavarotti sarebbe stata adattissima, peccato.

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  16. amfortas 22 novembre 2009 alle 10:43 PM

    Giuliano, Pavarotti e Domingo l’hanno cantato più volte :-), mentre Carreras se non sbaglio solo in disco.

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  17. utente anonimo 23 novembre 2009 alle 1:36 PM

    da Giuliano:
    Ohimè, che sento! Ero convinto… (avevo solo qualche dubbio per Domingo). Non sono più quello di una volta…

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  18. amfortas 23 novembre 2009 alle 5:35 PM

    Giuliano, abbiamo un’età ormai…
    Domani recensione semiseria del secondo cast del Trovatore, preparati 🙂
    Ciao!

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  19. utente anonimo 23 novembre 2009 alle 8:47 PM

    qualcuno ha sentito il secondo cast?

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  20. amfortas 23 novembre 2009 alle 8:59 PM

    19, l’ho sentito io, domani, come detto sopra, è il turno della recensione semiseria.
    Ciao.

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  21. utente anonimo 23 novembre 2009 alle 9:40 PM

    Arrivo da qui  http://www.lideale.info sezione delle recensioni. Anche loro scrivono del Trovatore "triestino".
    Come va? Come sta l’ex Ripley?
    Ciao, cari saluti,
    Ariela

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  22. utente anonimo 23 novembre 2009 alle 10:15 PM

    Mi piacerebbe conoscere un tuo parere "scolastico"…
    per il resto, contribuisci, come sempre, a colmare in qualche modo la mia abissale ignoranza.
    Un saluto!
    Ghismunda

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  23. amfortas 24 novembre 2009 alle 9:05 am

    Ariela, ciao, non conoscevo quel sito, grazie della segnalazione.
    Per quanto riguarda ex Ripley ti scrivo in privato.
    Ghismunda, ciao, passo in giornata a dare il mio illuminato parere 🙂

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  24. utente anonimo 26 marzo 2010 alle 4:22 PM

    Finalmente una recensione condivisibile… Quella di OC sembra un elogio (funebre :)…Ciao,david

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  25. amfortas 26 marzo 2010 alle 6:04 PM

    David, ciao.Nei contenuti la recensione per OC è sovrapponibile a questa sul blog ma sai com'è, il linguaggio dev'essere un po' meno…disinvolto :-)Ciao e grazie per il passaggio.

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