Götterdämmerung (che d’ora in poi chiamerò Crepuscolo, per comodità) comincia con un Prologo, nel quale queste tre “signore” dipanano il filo del destino.

Sono le tre Norne, interpretate da Simone Schröder, Martina Dike e Edith Haller. Se la cavano tutte abbastanza bene, in particolare la Schröder, che ha una bella voce, calda e avvolgente. Lo si può affermare anche se la trasmissione, all'inizio, è risultata piuttosto disturbata.
Thielemann segue benissimo le indicazioni sulla partitura (pianissimo, moderato, tranquillo) a maggior sua gloria, che il signore gliene renda merito, perché questa è una pagina altamente drammatica ma che non va risolta con clangori orchestrali o, peggio, con una genericità di fraseggio che appiattisce tutto.
Dopo il Prologo, ricompaiono Siegfried e Brünnhilde e la speranza è che entrambi si siano ripresi dalle fatiche del Siegfried.

Linda Watson, in una tessitura centrale che le è sicuramente più favorevole, canta piuttosto bene e fraseggia con intelligenza. Ogni volta che si sale un po' sul pentagramma, però, la voce diventa metallica, tagliente: circostanza che non sarebbe neanche un male in assoluto, ma che accompagnata all'evidente senso di sforzo, non è certo gradevole. L'ultimo acuto della scena è, inesorabilmente, calante.
Monolitico ma solido Lance Ryan, al quale si chiederebbe qualche colore in più, ma forse si risparmia per gli atti successivi.
I atto
L'atto comincia con tre personaggi schierati sulla scena: Gunther (Ralf Lukas), Hagen (Eric Halfvarson), Gutrune (Edith Haller).
Nella prima scena non mi convince nessuno, e trovo notevoli gutturalità in Halvarson, come e a cercare uno spessore vocale che non ha: l'accento è pero convincente. Routinaria la prova degli altri due, anzi la Haller è proprio evanescente, non c'è nulla da fare. Bisogna sottolineare che Gutrune e Gunther hanno una grande importanza dal punto di vista drammaturgico, ma dal lato vocale sono poco più che comprimari.

È buono il saluto di Hagen a Siegfried, ben supportato da Thielemann, che poi è addirittura straordinario nell'accompagnamento di tutta la scena seconda, imponendo un crescendo di tensione narrativa bellissimo ed emozionante.
I cantanti reggono bene, anche se da Ryan vorrei un maggiore coinvolgimento e Halfvarson è un po' troppo villain e negli acuti è fibroso.
La terza scena vede le due sorelle Waltraute e Brünnhilde impegnate in un duetto assai complicato, dominato da un turbinio di sentimenti contrastanti.
Tra le due il migliore è …Thielemann, anche se non posso imputare nulla di clamoroso alle due Valchirie. Entrambe hanno l'accento giusto ma i mezzi vocali sono quello che sono, piuttosto modesti.
Se la cava benino, comunque, Christa Mayer, nel lungo monologo Höre mitt Sinn, nel quale risulta solenne e appassionata. La Watson, soprattutto nel finale, urlacchia parecchio.
L'incontro/scontro di Brünnhilde con Siegfried (non spiego i particolari, dal momento che la stragrande maggioranza di chi mi legge è wagneriano fradicio come me, strasmile) nel finale dell'atto è uno dei punti chiave dell'intero Ring, e la Watson è molto convincente nell'esprimere l'angoscia del momento.
L'atto si chiude con il puntuale declamato di Ryan e con il pubblico che appalude, forse, con un po' meno convinzione delle giornate precedenti. Ricordo che tra Prologo e primo atto abbiamo toccato le due ore di spettacolo.
II atto
Il secondo atto del Crepuscolo comincia con la grande scena tra Alberich (Andrew Shore) e Hagen (Eric Halfvarson): il secondo non mi convince proprio dal lato vocale, lo trovo cavernoso e, ribadisco, gutturale.
Siccome neppure l'Alberich di Shore è un modello di stile, la prima scena risulta troppo caricaturale. Per fortuna Thielemann è sempre sugli scudi, perché riesce a trarre un fraseggio magnifico dall'Orchestra di Bayreuth: insinuante, presago di tradimenti e di morte, drammatico.
Ryan conferma la sua migliore attitudine ai passi di forza, in puro declamato, nella seconda scena. E si conferma anche la debolezza della Haller, una Gutrune davvero scipita e stridula.
Nella terza scena trovo conferma che questo Hagen non ha la statura artistica per un ruolo così impegnativo, in quanto la sua chiamata a raccolta dei vassalli manca di quell'imperiosità proterva che dovrebbe.
Bene il Coro.
È questo un momento in cui la Brünnhilde di turno si gioca molto anche dal lato attoriale, quindi la dimensione teatrale qui sarebbe davvero indispensabile.
Intanto Ralf Lukas, Gunther, non mi piace per niente, il suo canto è molto brado, acuti aperti e sbracati e fraseggio monotono.
Purtroppo, come è già successo l'anno scorso, la Watson ammoscia tutto con un generale senso d'agitazione, che non rende giustizia all'ambigua drammaticità del momento. E urla, cavolo se urla. E sbraca nel registro grave. Trova pure, a onor del vero, qualche acuto molto convincente. Va detto che è una scena di difficoltà mostruosa.
S'involgarisce un po' Ryan, che apre molto i suoni: l'effetto non è granché.
Alla fine entrambi, seppur con qualche fatica, si difendono decentemente nel giuramento e nel finale della quarta scena, anche se la Watson torna a urlacchiare parecchio.
Discreto il dialogo con Hagen, che vede Halfvarson più sorvegliato, che chiude l'atto. Nel frattempo, Thielemann firma un capolavoro dopo l'altro e gliene va dato atto assolutamente, perché la firma a questo Ring 2010 è sua, lo si può tranquillamente affermare già ora.
Pubblico in visibilio.
III atto
Che si apre col canto delle Rheintöchter, Woglinde, Flosshilde e Wellgunde, rispettivamente interpretate da Christiane Kohl, Simone Schröder e Ulrike Helzel.
Si comportano piuttosto bene e danno a Siegfried l'ultima possibilità di salvezza, che l'eroe intrepido rifiuta accelerando in questo modo la fine, il crepuscolo, appunto, suo personale, degli dei, del Walhalla.
In questa prima scena, che ha qualche risvolto orchestrale più leggero, e Thielemann è davvero grandissimo nel tratteggiare la futilità, la vaporosità briosa e interessata delle ondine, si trova a suo agio anche Lance Ryan (buono il DO, tra l'altro, scomodo a dir poco).
Nella seconda scena ci avviciniamo a grandi passi alla tragedia finale, ma Siegfried prima di finire vilmente ucciso da Hagen, ha ancora un momento estremamente emozionante, e cioè il lungo racconto che fa della sua vita.
In questo pezzo bellissimo, oltre al consueto tono eroico, il tenore deve piegare la voce ad accenti sfumati, trovare una specie di mood malinconico, attraverso un fraseggio espressivo e vario.
Ci sono anche Hagen e Gunther, e li trovo entrambi davvero pessimi, specialmente l'inutilmente trucibaldo Halfvarson.
Ryan invece è davvero bravo, emergendo proprio dove era stato carente sino ad ora, i momenti più lirici.
Il povero Siegfried, e in questo il personaggio è davvero un romantico, muore pronunciando il nome dell'amata Brünnhilde.
La celebre Marcia Funebre è un'apoteosi di bellezza e commozione, se possibile Thielemann e l'Orchestra di Bayreuth si superano.
La Haller, incredibilmente, canta bene all'inizio della terza scena.
Peccato che poi entri uno svociato Halfvarson, accidenti, davvero deludente.
Dopo che Hagen uccide Gunther incomincia la lunga scena finale, tutta di Brünnhilde che incomincia con un piglio da fuoriclasse e supportata splendidamente dal direttore scrive una pagina di rara bellezza e poesia, per accento pertinente sì, ma anche per l'alta qualità del canto, a dispetto di qualche durezza negli acuti.
Credo che in questo finale il livello sia stato, per l'apporto sia di Linda Watson sia per quello di Thielemann, ai vertici assoluti delle interpretazione wagneriane.

Chiudo qui, piuttosto emozionato, allo stesso modo, credo, del pubblico presente a Bayreuth che ha tributato, dopo un momento di smarrimento, un clamoroso trionfo a tutti.
Queste recensioni sono state impegnative, ma ne è valsa davvero al pena.
Buona settimana a voi.
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