Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Rigoletto a Mantova su RAI1: la recensione semiseria minuto per minuto del secondo atto.

I dati d'ascolto della serata di ieri, in cui è andato in onda il primo atto sono stati questi: 2.659.000 telespettatori, share 14,59%.
rigoletto7
Per me sono estremamente deludenti, visto lo strombazzamento mediatico (con tanto d'introduzione del Capo dello Stato!) e la presenza carismatica di Placido Domingo.

Sì, perché dal numero degli spettatori dobbiamo levare i melomani per capire quanto pubblico generalista ha visto la trasmissione, e facendo così credo che saremmo a livello di prefisso telefonico.
Chissà che succederà oggi, visto che alle 14.00 solo i somari come me stanno davanti alla televisione (smile).
Lo scopriremo soltanto vivendo e quindi ingobbiamoci queruli a vedere questo secondo atto.
Il secondo atto del Rigoletto è uno dei capolavori di Verdi e dopo l'agitata introduzione orchestrale entra il Duca col recitativo Ella mi fu rapita e poi con il cantabile Parmi veder le lagrime.
Un momento psicologico importante, perché il tenore deve acclarare che Gilda non è più solo un'avventura (non sarààààààààà un'avventuraaaa) ma che per lei prova un affetto sincero.
Oggi invece abbiamo sentito, prima di tutto ciò, qualche verso di aniimali da cortile, e mi sfugge il senso di questa cosa.
Il buon Vittorio Grigolo ha sempre un tono un po' troppo confidenziale, da cantante da pianobar, però se la cava meglio di ieri, specialmente nel recitativo. Recitazione orrenda, però, e pochissimo vigore nella cabaletta Possente amor mi chiama, nella quale omette il re bemolle 4 di tradizione.
La regia televisiva è qualcosa di orribile e questi primissimi piani hanno davvero rotto le palle, per usare un gergo molto tecnico.
Poi, nella terza scena, ritorna Rigoletto con i famosi la rà la rà, mentre nel frattempo i cortigiani lo prendono per il culo.
Una scena tra le più drammatiche che prelude all'esplosione Io vo' mia figlia e al successivo Cortigiani vil razza dannata, rabbiosissimo, e al commovente tentativo di ricomprarsi umiliandosi la fiducia degli stessi.
Domingo qui è in parte dal punto di vista scenico, ma gigioneggia di brutto. Apre i suoni alla grande, e l'effetto non è bello, per niente. Mehta stacca tempi letargici. Non dico nulla del paggio…
Nel Cortigiani Domingo è davvero stremato e pasticcia con il testo, come ha fatto spesso anche ieri. Orribile l'unico acuto, che a memoria mi pare sia un sol, ma non ne sono certo. E cala pure.
La V e VI sesta scena sono dedicate al duetto tra Rigoletto e Gilda, che racconta al padre (Tutte le feste al tempio) come è stata ingannata.
Domingo, mi spiace tanto scriverlo, mi fa pena quando a un certo punto ingrossa la voce per trovare un minimo di spessore vocale. Mehta continua con dei tempi da marcia funebre.
La Novikova ci mette molto impegno, ma i tempi lentissimi non la aiutano, anzi. Che devo scrivere, è corretta ma insipida, non sa di nulla.
Fulminea la VII scena, con la terribile apparizione di Monterone (ancora bravo Gianfranco Montresor), che maledice Rigoletto ispirandogli il desiderio di rivalersi sul seduttore della figlia (Sì, vendetta, tremenda vendetta)
Domingo è in condizioni pietose, non ha rispetto di se stesso né degli spettatori.
La Novikova becca il mi bemolle di tradizione in chiusura, e io a questo punto non so neanche se guarderò il terzo atto stasera, perché è stato uno spettacolo terribile.

34 risposte a “Rigoletto a Mantova su RAI1: la recensione semiseria minuto per minuto del secondo atto.

  1. daland 5 settembre 2010 alle 1:55 PM

    L'acuto sul "cortigiani" è un SOL, ma bemolle… strano che un tenore lo strappi a fatica!Qualcuno potrà sempre dire: meglio della Ventura!Stasera – per mia fortuna – mi godo una maratona beethoveniana!

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  2. amfortas 5 settembre 2010 alle 1:58 PM

    Daland, grazie, avevo un dubbio infatti…io spero di farcela a seguire anche la fine, ma sono angosciato.

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  3. annaritav 5 settembre 2010 alle 2:03 PM

    Ecco, appunto. Meglio del Grande Fratello o della De Filippi. Non è un gran complimento, ma è meglio del buco nero di banalità e di vergogna che la televisione ci ammannisce quiotidianamente . Ficcante, come sempre, il commento di Amfortas. Io non sono melomane, lo ripeto, e mi sono pure messa a piangere per la commozione… Io vo' mia figlia e Cortigiani vil razza dannata mi scuotono sempre i precordi. A stasera, non cedo!Salutissimi, Annarita

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  4. amfortas 5 settembre 2010 alle 4:29 PM

    Annarita, sei davvero ammirevole e voglio seguire il tuo esempio: ci sarò anch'io, ancora.Vorrei tanto che qualcuno o qualcosa mi facesse cambiare idea su questo…evento, ma la vedo difficile :-)Ciao!

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  5. utente anonimo 5 settembre 2010 alle 4:38 PM

    quaNDO LA TELEVISIONE NON FA CULTURA TUTTI A CRITICARE QUANDO FA CULTURA LO STESSO A CRITICARE.è TROPPO! BENE HA FATTO RAI 1 A TRASMETTERE IL RIGOLETTO DI vERDI.BEN VENGANO ALTRE OFFERTE DI QUESTO GENERE.

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  6. utente anonimo 5 settembre 2010 alle 4:44 PM

    L'acuto dell'aria Cortigiani, è un sol naturale.

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  7. utente anonimo 5 settembre 2010 alle 4:50 PM

    ….. chi ha scritto che Domingo è in condizioni pietose ritengo che debba occuparsi d'altro: ma se non vi piace la lirica e non ci capite niente, perchè la guardate?

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  8. stephi 5 settembre 2010 alle 5:02 PM

    caro 7 prima di fare certe sparate su chi non capisce niente di lirica, fatti un esame di coscienza e dimmi se il Rigoletto di Domingo ti sembra degno del grande artista che è stato.caro 5, proprio perchè di lirica alla televisione italiana se ne vede così poca, se quella poca è una baracconata così ci dispiace un pochino. E poi come si fa a pretendere di fare divulgazione senza mettere i sottotioli e senza mettere almento qualcuno a raccontare la trama (magari Belen, così chi sta zappando si ferma)?SalutiPaolo

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  9. utente anonimo 5 settembre 2010 alle 5:26 PM

    Hai pienamente ragione Stefi, sentire cantare così il grande Placido Domingo mi ha rattristato.Abbiamo in Italia l'unico grande Rigoletto: LEO NUCCI.L'ho sentito cantare l'anno scorso al Regio di Parma,Divinooooooo,nonostante l'età.Perchè non lui grande baritono?

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  10. amfortas 5 settembre 2010 alle 6:51 PM

    5, posso anche concordare con te, forse, non siamo mai contenti. Per me però "fare cultura" è altro di questo Rigoletto.6, io non ho lo spartito, ti ringrazio per la correzione alla correzione 🙂7, grazie del passaggio.Stephi, più che altro è un Rigoletto indecente per chiunque, non solo in rapporto a quello che è stato Domingo.Un consiglio, lascia perdere i provocatori :-)Ciao e grazie 🙂9, Nucci non è più fresco come una rosa, ma il suo Rigoletto vale molto di più di questo che ci hanno propinato.Ciao!

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  11. ParsifalKna 5 settembre 2010 alle 7:09 PM

    Ciao Amfortas,Nonostante la mia fede wagneriana oggi pomeriggio ho ascoltato (e guardato) il secondo atto e ci sarò anche stasera; Domingo fa tristezza, è vero, e se gli concedo delle attenuanti è solo perchè penso che voglia cercare di fermare il tempo-e in questo mi sembra un po' la Marescialla che tenta di fermare gli orologi-però non mi pare che ci riesca. Io voglio ricordarmi del grande tenore che fu, e non della caricatura di un baritono che è adesso. Con questo, spero di non aver urtato la suscettibilità di nessuno, e se lo avessi fatto,chiedo anticipatamente scusa, ma questo è quello che penso.Buona serata a tutti!Antonio.

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  12. amfortas 5 settembre 2010 alle 10:03 PM

    Antonio, ciao, ci sarò anch'io alla terza parte, anche se mi costa un po' di fatica.Lascia perdere le scuse, dovrebbe essere Domingo a scusarsi con noi.Ciao!

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  13. utente anonimo 5 settembre 2010 alle 10:44 PM

    Un solo commento a questo Rigoletto: non c'è mai limite al peggio!Non mi aspettavo molto, ma che tristezza sentire un Domingo che  fa di tutto (e non ci riesce) per lasciarci un ricordo negativo. Spero che smetta con queste proposte baritonali inutili e dannose per quel grandissimo che è stato.Spero che la Rai si astenga del tutto dall'opera, visto che non ci crede.Spero che Zubin Mehta si rifiuti in futuro dal mettere il suo nome a queste proposte commerciali che di culturale non hanno niente.Sergio

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  14. utente anonimo 5 settembre 2010 alle 10:56 PM

    Avendo buttato la tivù dieci anni fa non ho visto nè primo, nè secondo nè terzo atto. E non mi mancano. Ho ascoltato invece un delizioso "Wildschütz" del '58, con Fritz Wunderlich in forma smagliante.Vorrei dire all'anonimo #5 che non è trasmettendo una miliardaria baracconata del genere che si fa cultura, nè tantomeno che si avvicina il pubblico all'opera. Passerà questo Rigoletto nei luoghi e nelle ore come a suo tempo passò la Traviata, e l'opera non avrà guadagnato un solo appassionato in più. Credetece. 

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  15. gabrilu 5 settembre 2010 alle 11:02 PM

    Ti ho risposto sul mio blog.Ma sai che ti dico? La mia risposta la ricopio qui  (con qualche aggiustamento  solo per evitare ridondanze e  fastidiose ripetizioni). Tiè Domingo, come tutti  quelli che non si arrendono  al Tempo, prima o poi le cazzate le fa pure lui.Cazzata fu infatti   il Rigoletto di ieri, su cui io,   ascoltatrice  comune, che ho  nella mente e  nelle orecchie  ben altre performances  di Domingo,  mi affretto  non  solo a stendere un velo pietoso.  ma a ricorrere al   salvifico freudiano  talismano della  "rimozione".Per la serie: ti ho visto, ti ho ascoltato ma facciamo finta che io invece non c'ero.  Non ti ho visto e non ti  ho ascoltato. Facciamo come se nulla sia stato e  tiremm 'nnanz….Ritenuto l'anzidetto, ho letto  con molta attenzione  la tua "critica   semiseria"  (che come al solito è sin troppo seria) sul   Secondo Atto  del succitato   dominghesco   Rigoletto  di ieri Non resisto cmq a citare  per intero un   passaggio  del tuo  post   che condivido  e sottoscrivo  in toto:"Domingo qui è in parte dal punto di vista scenico, ma gigioneggia di brutto. Apre i suoni alla grande, e l'effetto non è bello, per niente. Mehta stacca tempi letargici. Non dico nulla del paggio…Nel Cortigiani Domingo è davvero stremato e pasticcia con il testo, come ha fatto spesso anche ieri. Orribile l'unico acuto, che a memoria mi pare sia un sol, ma non ne sono certo. E cala pure.La V e VI sesta scena sono dedicate al duetto tra Rigoletto e Gilda, che racconta al padre (Tutte le feste al tempio) come è stata ingannata.Domingo, mi spiace tanto scriverlo, mi fa pena quando a un certo punto ingrossa la voce per trovare un minimo di spessore vocale. Mehta continua con dei tempi da marcia funebre."Ritenuti tutti gli anzidetti, spero proprio che Domingo si ritiri, perchè  è/é stato un grandissmo (per me molto più grande   assai di Pavarotti,  l'ho detto più volte  — non voglio riaccendere alcun dibattito)  ed è proprio per questo che  non voglio più vederlo ridursi così.

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  16. amfortas 6 settembre 2010 alle 8:10 am

    Sergio, Domingo è caduto, credo io, nello stesso trappolone che ha giocato tanti brutti scherzi ad altri cantanti, e cioè non si è saputo rassegnare al tempo che passa.Peccato.Ciao!Wincklemann, bella scelta e sul Rigoletto in questione hai ragione, non lascerà traccia.Ovviamente concordo sulla baracconata, come non potrei?Ciao e grazie.Gabrilu, sai una cosa? Il tuo commento dovrebbe essere riportato al Topone, perché esprimi benissimo il sentire di molti, troppi appassionati.Hai ragione, forse è meglio rimuovere, io lo faccio spesso per tante cose, quindi una più una meno…Ciao e grazie.

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  17. woodstock74 6 settembre 2010 alle 3:33 PM

    Ieri pomeriggio sono dovuta andare ad un matrimonio e me lo sono perso, così l'ho visto oggi su youtube.Allora, la premessa è che questo è l'unico atto dell'opera che conosco un pochino meglio, perchè lo ascoltavo sempre con mia nonna su un'audiocassetta. L'interprete era Bruson.Ebbè, non è piaciuto nemmeno a me, forse perchè quello della cassetta era tanto bello, forse perchè non si è mai visto un cantante lirico cantare di pomeriggio. E che è? Un ammazzacaffè?Comunque a me la tipa piace. Cioè nel senso che Gilda me la sono sempre immaginata più o meno così, carina semplice un po' acqua e sapone. Poi, sul cantato, non so che dire, mettete qualche link a qualche Gilda robusta, che me la guardo sul tubo 🙂

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  18. amfortas 6 settembre 2010 alle 4:19 PM

    Barbara, se dici Bruson dici uno dei migliori interpreti del ruolo del dopoguerra, mica pizza e fichi!Vuoi una Gilda seria, eccola, anche questa nel contesto di un film:http://www.youtube.com/watch?v=wYBXiazv3n4

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  19. woodstock74 7 settembre 2010 alle 12:32 am

    L'ho ascoltata adesso. Ma è biologicamente possibile cantare così? E' un essere umano? Meravigliosa voce, sembra un flauto…

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  20. amfortas 7 settembre 2010 alle 7:41 am

    Barbara, la Gruberova è stata belcantista somma, ma ce ne sono altre ancora più brave.Ci vogliono tecnica e studio, entrambi in dosi da elefante. E talento, in dose ancora maggiore.Ciao!

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  21. utente anonimo 8 settembre 2010 alle 10:19 PM

    laciatelo dire, il rigoletto della rai sarà pure stato terribile, ma almeno quanto il tuo modo di scrivere…capisco che sul web tutti han diritto d'opinione ma mioddio; un periodare questo sì degno della peggior simona ventura!

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  22. amfortas 9 settembre 2010 alle 7:33 am

    21, non riesco a darti torto, peraltro almeno io qui scrivo gratis :-)Ciao e grazie!

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  23. utente anonimo 11 settembre 2010 alle 11:32 am

    Luci e ombre di un Rigoletto frantumatoE’ amaro constatare che per portare la lirica in TV, si debba ricorrere a espedienti così impudichi e di fatto respingenti. Quella intuizione che portò a trasmettere la Tosca nei luoghi e nei tempi in cui i fatti ebbero luogo, non aveva senso nella Traviata e ancor minor senso poteva averne nel Rigoletto. Si provi a immaginare un genitore cui viene rapita la figlia sotto i suoi occhi bendati, il quale va a riposare e il giorno dopo comincia a cercarla. Si provi a immaginare che dopo aver scoperto chi l’ha sedotta e giurando vendetta, va alla ricerca dell’uomo di spada che potrebbe vendicarlo solo dopo aver tranquillamente cenato e forse riposato. Tale frantumazione ha qualcosa di sacrilego, come sacrilego fu il folle gesto di chi colpì con un martello la Pietà di Michelangelo, frantumandone il volto. Questa frantumazione dell’opera tuttavia non è la sola violenza fatta. Un’altra ancora più intollerabile è stata l’affidare la parte di Rigoletto, principe incontrastato del canto per baritono, a una voce di un tenore. Non solo, ma a un tenore ormai settantenne generoso e glorioso ma non più né nella forza, né nell’agilità di dare vita a un personaggio la cui scultura è nella voce come nei gesti. Così il Rigoletto di Placido Domingo non riesce a trasmettere né commozione né emozioni. Sofferto il suo lunghissimo duetto con Gilda al primo atto, in cui la fatica nel respiro e la mancanza di forze, trasmettono un languore livido e triste. Eroico forse più che patetico nella tremenda invettiva contro i cortigiani. Cantare “Cortigiani, vil razza dannata..” col furore di un leone braccato e beffato, è ben altra cosa che cantare “Miei signori, perdono, pietà…”. Eppure nel canto di Domingo l’invettiva come l’invocazione hanno entrambe la medesima impostazione vocale. Dopo l’immenso sforzo di una scena lunghissima e tenuta allo spasimo, giunge il finale della promessa della tremenda vendetta. Ormai lo sfinimento è totale si che l’acuto, l’ultimo dell’atto, che dovrebbe testimoniare la deliberata volontà di Rigoletto di aver ragione delle invocazioni al perdono della sua povera fanciulla, viene appena accennato e perde tutta la potenza del suo tragico disegno. Povero Rigoletto! Nel quartetto del 3 atto, perfetto per l’equilibrio delle voci, che assieme descrivono il magnifico quadro della libidine sfrontata di un libertino nobile con una moglie per una notte, e l’innocente casto amore di una fanciulla orfana che sedotta dallo stesso crede al cuore e non vede con gli occhi, quadro in cui ogni intensità e sfumatura di colori è dosata con una saggezza somma, la voce tenorile di Domingo ha il medesimo insano senso dei colori scuri e tetri in un quadro soleggiato e senza ombre. C’è l’ultimo, angelico duetto con Gilda morente, con “il dio tremendo..” in cui il tremendo esige un canto che è sgomento, totale abbattimento e definitiva constatazione della sua condanna a essere difforme nel corpo e colpito negli affetti. Ma la fine dell’opera, massacrante per un cantante giovane, per un cantante anziano diventa un respiro appena più profondo e senza alcun significato. Null’altro. Così dopo la morte di Gilda il lancinante grido della Maledizione perennemente incombente, diventa un sospiro di liberazione per la fatica compiuta. Tuttavia la messa in scena televisiva non aveva solo le ombre della frammentazione, dell’infelice scelta di due settantenni, Placido Domingo e Ruggero Raimondi (Sparafucile), ma aveva anche la luce di voci giovani, nel pieno del rigoglio scintillante e di un incanto celestiale: Julia Novikova (Gilda), Vittorio Grigolo (Duca di Mantova), Nino Surguladze, (Maddalena) e Gianfranco Montresor (Monterone). Della prestazione vocale e scenica della Novikova c’è da apprezzare tutto e perdonare tutto, anche qualche errore di fonazione, come nelle doppie dell’esordio di Tutte le feste al tempio <cielo dammi coraggio>. Bella, ricca di sfumature, di piani vellutati, commovente nell’ultima nota in gola quasi fosse già lassù in cielo vicino alla mamma.Elogi, seppure la breve presenza in scena non consente entusiasmi, anche per Nino Surguladze, voce calda, pastosa, sensuale nel duettino col Duca e nel successivo quartetto. Eppure vien da chiedersi perché un soprano e un mezzosoprano non italiane in una produzione tutta italiana? E’ assai poco credibile che il panorama italiano non suggerisca artiste capaci di cantare e recitare Gilda o Maddalena, con maestria, credibilità scenica, gioventù e bellezza. Perché non farlo e dare l’opportunità di un palcoscenico immenso, e opportunità di lavoro, a giovani italiane? Diverso e più consolante il versante maschile con Grigolo e Montresor italiani di purissimo sangue. Gianfranco Montresor in possesso di una voce possente, e di una dizione perfetta, ha saputo esprimere nella voce e nel gesto la differente aristocrazia del Conte, nobile, dignitosa, sofferente rispetto a quella libertina e lasciva del Duca. Il suo "la voce mia qual tuono" ha la potenza di un evento naturale, una potenza che si ammorbidisce nella frase "tu che d'un padre ridi al dolor", per riprendere tutta la possanza invettiva nella chiusura del "sii maledetto". L'acuto tremendo della sua voce di basso impregna di tristi presagi tutta l'atmosfera circostante, ponendo fine alla libidinosa e sguaiata festa del Duca. Quella cosmica maledizione per Rigoletto resterà per sempre la sua ossessione e la sua condanna. Elogio e ancora elogi a Montresor anche per l'intensità drammatica con cui avviandosi al carcere esprime la sofferta rassegnazione per la vanità della sua cocente maledizione.Vittorio Grigolodopo la trionfale Manon a Londra con Anna Netrebko e Antonio Pappano, e il successo al Petruzzelli in Bohéme ha confermato di essere in possesso di una voce seducente e carezzevole, di mezze voci soavi sostenute con abilità e sorvegliata musicalità, rigorosamente guidate verso l’aderenza al testo e alla azione scenica. Perfetto nella credibilità di un giovane nobile innamorato di una oscura fanciulla nel duetto del primo atto nella casa di Rigoletto, perfetto nel duettino con Maddalena e nel quartetto, semplicemente magistrale nel canto del terzo atto, “breve sonno dormiam, stanco son io”. Una stanchezza recitata con un accenno a uno sbadiglio con cui chiude la frase musicale e si addormenta. Certamente il suo Duca di Mantova è ancora ben lontano dalle insuperate interpretazioni di Alfredo Kraus o di Luciano Pavarotti. Si pensi alla chiusa del duetto con Gilda nel primo atto ”vivrà immutabile l’affetto mio per te! Addio!”, e alla tremenda cabaletta “Possente amor mi chiama” del secondo atto con cui chiude il recitativo e aria “ella mi fu rapita”. Forse avrebbe potuto tentare gli acuti dei due maestri. Ma il rischio era troppo elevato. Forse!Uno spettacolo dunque con luci e ombre, non trionfale ma ben lontano dalla dimensione trash che gli è stata impunemente attribuita. Uno spettacolo che nella sua complessa strutturazione, pone in evidenza l’immensa difficoltà di riuscire a convogliare un pubblico più entusiasta delle Velone e delle veline, che non di quella somma esplorazione dello spirito umano che è l’opera lirica.

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  24. utente anonimo 11 settembre 2010 alle 11:39 am

    Luci e ombre di un Rigoletto frantumatoE’ amaro constatare che per portare la lirica in TV, si debba ricorrere a espedienti così impudichi e di fatto respingenti. Quella intuizione che portò a trasmettere la Tosca nei luoghi e nei tempi in cui i fatti ebbero luogo, non aveva senso nella Traviata e ancor minor senso poteva averne nel Rigoletto. Provate a immaginare un genitore cui viene rapita la figlia sotto i suoi occhi bendati, il quale va a riposare e il giorno dopo comincia a cercarla. Provate a immaginare che dopo aver scoperto chi l’ha sedotta e giurando vendetta, va alla ricerca dell’uomo di spada che potrebbe vendicarlo solo dopo aver tranquillamente cenato e forse riposato. Tale frantumazione ha qualcosa di sacrilego, come sacrilego fu il folle gesto di chi colpì con un martello la Pietà di Michelangelo, frantumandone il volto.Questa frantumazione dell’opera tuttavia non è la sola violenza fatta. Un’altra ancora più intollerabile è stata l’affidare la parte di Rigoletto, principe incontrastato del canto per baritono, a una voce di un tenore. Non solo, ma a un tenore ormai settantenne generoso e glorioso ma non più né nella forza, né nell’agilità di dare vita a un personaggio la cui scultura è nella voce come nei gesti. Così il Rigoletto di Placido Domingo non riesce a trasmettere né commozione né emozioni. Sofferto il suo lunghissimo duetto con Gilda al primo atto, in cui la fatica nel respiro e la mancanza di forze, trasmettono invece un languore livido e triste. Eroico forse più che patetico nella tremenda invettiva contro i cortigiani. Cantare “Cortigiani, vil razza dannata..” col furore di un leone braccato e beffato, è ben altra cosa che cantare “Miei signori, perdono, pietà…”. Eppure nel canto di Domingo l’invettiva come l’invocazione hanno entrambe la medesima impostazione vocale. Dopo l’immenso sforzo di una scena lunghissima e tenuta allo spasimo, giunge il finale della promessa della tremenda vendetta. Ormai lo sfinimento è totale si che l’acuto, l’ultimo dell’atto, che dovrebbe testimoniare la deliberata volontà di Rigoletto di aver ragione delle invocazioni al perdono della sua povera fanciulla, viene appena accennato e perde tutta la potenza del suo tragico disegno. Povero Rigoletto! Nel quartetto del 3 atto, perfetto per l’equilibrio delle voci, che assieme descrivono il magnifico quadro della libidine sfrontata di un libertino nobile con una moglie per una notte, e l’innocente casto amore di una fanciulla orfana che sedotta dallo stesso crede al cuore e non vede con gli occhi, quadro in cui ogni intensità e sfumatura di colori è dosata con una saggezza somma, la voce tenorile di Domingo ha il medesimo insano senso dei colori scuri e tetri in un quadro soleggiato e senza ombre. C’è l’ultimo, angelico duetto con Gilda morente, con “il dio tremendo..” in cui il tremendo esige un canto che è sgomento, totale abbattimento e definitiva constatazione della sua condanna a essere difforme nel corpo e colpito negli affetti. Ma la fine dell’opera, massacrante per un cantante giovane, per un cantante anziano diventa un respiro appena più profondo e senza alcun significato. Null’altro. Così dopo la morte di Gilda il lancinante grido della Maledizione perennemente incombente, diventa un sospiro di liberazione per la fatica compiuta.Tuttavia la messa in scena televisiva non aveva solo le ombre della frammentazione, dell’infelice scelta di due settantenni, Placido Domingo e Ruggero Raimondi (Sparafucile), ma aveva anche la luce di voci giovani, nel pieno del rigoglio scintillante e di un incanto celestiale: Julia Novikova (Gilda), Vittorio Grigolo (Duca di Mantova), Nino Surguladze, (Maddalena) e Gianfranco Montresor (Monterone). Della prestazione vocale e scenica della Novikova c’è da apprezzare tutto e perdonare tutto, anche qualche errore di fonazione, come nelle doppie dell’esordio di Tutte le feste al tempio <cielo dammi coraggio>. Bella, ricca di sfumature, di piani vellutati, commovente nell’ultima nota in gola quasi fosse già lassù in cielo vicino alla mamma.Elogi, seppure la breve presenza in scena non consente entusiasmi, anche per Nino Surguladze, voce calda, pastosa, sensuale nel duettino col Duca e nel successivo quartetto. Eppure vien da chiedersi perché un soprano e un mezzosoprano non italiane in una produzione tutta italiana? E’ assai poco credibile che il panorama italiano non suggerisca artiste capaci di cantare e recitare Gilda o Maddalena, con maestria, credibilità scenica, gioventù e bellezza. Perché non farlo e dare l’opportunità di un palcoscenico immenso, e opportunità di lavoro, a giovani italiane?Diverso e più consolante il versante maschile con Grigolo e Montresor italiani di purissimo sangue. Gianfranco Montresor in possesso di una voce possente, e di una dizione perfetta, ha saputo esprimere nella voce e nel gesto la differente aristocrazia del Conte, nobile, dignitosa, sofferente rispetto a quella libertina e lasciva del Duca. Il suo "la voce mia qual tuono" ha la potenza di un evento naturale, una potenza che si ammorbidisce nella frase "tu che d'un padre ridi al dolor", per riprendere tutta la possanza invettiva nella chiusura del "sii maledetto". L'acuto tremendo della sua voce di basso impregna di tristi presagi tutta l'atmosfera circostante, ponendo fine alla libidinosa e sguaiata festa del Duca. Quella cosmica maledizione per Rigoletto resterà per sempre la sua ossessione e la sua condanna. Elogio e ancora elogi a Montresor anche per l'intensità drammatica con cui avviandosi al carcere esprime la sofferta rassegnazione per la vanità della sua cocente maledizione.Vittorio Grigolo dopo la trionfale Manon a Londra con Anna Netrebko e Antonio Pappano, e il successo al Petruzzelli in Bohéme ha confermato di essere in possesso di una voce seducente e carezzevole, di mezze voci soavi sostenute con abilità e sorvegliata musicalità, rigorosamente guidate verso l’aderenza al testo e alla azione scenica. Perfetto nella credibilità di un giovane nobile innamorato di una oscura fanciulla nel duetto del primo atto nella casa di Rigoletto, perfetto nel duetto con Maddalena, semplicemente magistrale nel canto del terzo atto, “breve sonno dormiam, stanco son io”. Una stanchezza recitata con un accenno a uno sbadiglio con cui chiude la frase musicale e si addormenta. Certamente il suo Duca di Mantova è ancora ben lontano dalle insuperate interpretazioni di Alfredo Kraus o di Luciano Pavarotti. Si pensi alla chiusa del duetto con Gilda nel primo atto ”vivrà immutabile l’affetto mio per te! Addio!”, e alla tremenda cabaletta “Possente amor mi chiama” del secondo atto con cui chiude il recitativo e aria “ella mi fu rapita”. Forse avrebbe potuto tentare gli acuti dei due maestri. Ma il rischio era troppo elevato. Forse!Uno spettacolo dunque con luci e ombre, non trionfale ma ben lontano dalla dimensione trash che gli è stata impunemente attribuita. Uno spettacolo che nella sua complessa strutturazione, pone in evidenza l’immensa difficoltà di riuscire a convogliare un pubblico più entusiasta delle Velone e delle veline, che non di quella somma esplorazione dello spirito umano che è l’opera lirica.Manlio Mirabile http://manliomirabile.blogspot.com

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  25. amfortas 11 settembre 2010 alle 3:50 PM

    Manlio, se lasciavi almeno un salutino non sarebbe stato sgradito.Non entro nel merito della tua recensione, ma mi sembra che tu sia troppo buono ed eccessivamente enfatico nel sottolineare i presunti meriti della Novikova e di Grigolo, che a me invece sono sembrati, specialmente lui, assai deboli vocalmente.In generale, poi, lo spettacolo era molto trash, e ho visto pochissime luci striminzite e ombre assai ingombranti.Ciao e grazie.

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  26. utente anonimo 12 settembre 2010 alle 9:22 am

    confermo anche io che l'acuto è un sol naturale, ed è naturale che un tenore faccia fatica a farlo, non per l'acuto in se, ma per le frasi che lo precedono. La gola è una e le corde vocali sono due, non sono quattro o sei, ne tanto meno i risuonatori per gli armonici: o ce li hai da tenore, o da baritono, o da basso.domingo ha fatto sentire ancora una volta la grossa differenza tra un tenore seppur scuro e un baritono.Verdi non era fesso a volere esclusivamente un baritono per rigoletto, sennò scriveva vicino a rigoletto "per tenore o baritono". Anche i timbri per l'orchestra sono adatti alla voce che lui sceglie, ho notato comunque che sono stati alleggeriti per domingo, e la cosa ha fatto perdere di sostanza drammatica, nonostante era col microfono e non aveva il problema di passare l'orchestra.a chi ha detto "se non vi piace la lirica guardate altro "  rispondo che domingo non è la lirica, specie in questo momento.Il suo cambio avrebbe avuto successo solo se fosse stato un tenore mediocre, e quindi se non avesse cantato nella sua corda, ma è un tenore(non un baritono), per alcuni  grande, e quindi non può che simulare una specie di baritono mediocre.E non capisco veramente perchè con una tale carriera da tenore, abbia voluto fare ciò che sta facendo. Forse non ha più questa grande percezione di quello che fa, forse ha dei cattivi consiglieri… mah…. vai  a  capire.Salutoni

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  27. amfortas 12 settembre 2010 alle 10:20 am

    26, infatti tutto si spiega se si conosce ciò che Verdi vuole dalla voce di un baritono, i motivi per cui affida le sorti di un personaggio a questo registro vocale e non ad un altro.Su Domingo non so proprio che dire, soprattutto dopo che ho visto la Caballè duettare con Roby Facchinetti e cantare l'Habanera della Carmen senza alcun rispetto per se stessa.Evidentemente abbandonare le luci della ribalta è quasi impossibile, che vuoi che ti dica!Ciao e grazie.

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  28. utente anonimo 15 settembre 2010 alle 5:35 PM

    Si, anche la Caballè purtroppo ha fatto certe robe, pensando che tanto il nome basti,  ma non si può fare tutto.Anche lei di gola ne ha una, non può cambiarla a seconda dell'opera ,che infatti viene poi stravolta nelle note  e nelle frasi stesse pur di essere cantata fino alla fine.Peccato, sono delle macchie, perchè poi queste cose girano.Ciao!

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  29. amfortas 15 settembre 2010 alle 9:54 PM

    29, mi paiono due casi diversi…certo che sono pochissimi (forse nessuno?) gli artisti che non hanno mai sbagliato scelte. Aggiungerei per fortuna, così ci danno conferma della loro umanità.Ciao e grazie.

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  30. utente anonimo 16 settembre 2010 alle 1:50 PM

    si, chiaro che i casi differiscono eccome.Lei (la Caballè) non è arrivata assolutamente a tanto; errori li fanno tutti è vero, e si devono e possono perdonare, siamo tutti umani appunto. Perdonavamo tutti (almeno credo) a Domingo lo sbaglio di repertorio tenorile per la sua vecchiaia, ma tirarsela a tal punto da pensare di essere baritono è una mancanza di serietà.  Io ad esempio condivido quello che fa Carreras, e capivo di più un Pavarotti che faceva la musica leggera, che era una trappanata a mio avviso, ma tanto stroppiava (a volte) le canzoni di musica leggera,  (delle quali comunque spesso il compositore è ancora vivo, e penso si godesse i diritti per l'esecuzione), e oltre tutto non si sforzava certo.Domingo l'altra sera sembrava gli veniva un infarto in diretta dalla fatica. Perchè tutta questa fatca? Solo se pensi di fare qualcosa di storico.Per le scelte giuste in vecchiaia, ti posso dire che Silveri, un grande baritono, a fine carriera ha fatto come Domingo ( ma al contrario), cioè ha cantato Otello, ed è stato però un successo fenomenale, e gli hanno chiesto di fare Don Josè, ma lui rifiutò dicendo che si era tolto uno sfizio e che bastava così. Ha saputo quale limite darsi.Aggiungo (e non è cosa da poco, anzi, fondamentale per spiegare il tutto), che Otello, Verdi l'ha scritto per baritono-tenore, ecco perchè come Verdi aveva predetto, per Silveri è stato un successo, e per Domingo … beh, ricordiamolo tenore accidenti!!Ciao!

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  31. utente anonimo 16 settembre 2010 alle 1:53 PM

    IMPORTANTE chiarisco prima di essere frainteso, che per insuccesso di Domingo non intendo certo il ruolo di Otello, ma l'aver tentato ruoli baritonali con gli attributi.

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  32. amfortas 16 settembre 2010 alle 3:20 PM

    30,  sai che non sapevo che Silveri avesse affrontato la parte di Otello? Non si finisce mai d'imparare.Quanto al resto, beh, Carreras ha sempre mantenuto un profilo diverso, meno caciarone, rispetto agli altri due del trio. Chissà, forse anche la malattia che l'ha provato così duramente ha avuto il suo peso nelle scelte.Domingo è stato un ottimo tenore, come già ho avuto modo di scrivere, e non bisogna scordarlo. La carriera è stata molto lunga e non ricordo, a parte le serate storte che capitano a tutti, cose particolarmente orribili in scena.Pavarotti, almeno per me, meglio ricordarlo come tenore e non come cantante crossover.Ciao e grazie.

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  33. utente anonimo 20 settembre 2010 alle 11:41 PM

    Si,  ha fatto la parte di Otello, e tutta insieme, non a pezzi. E in teatro senza microfoni o amplificazioni nascoste.

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  34. amfortas 21 settembre 2010 alle 7:21 am

    33,  grazie ancora 🙂

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