Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Archivi Mensili: dicembre 2010

Auguri semiseri e regalo serissimo.

Ci risiamo, presto è di nuovo Natale e come da recente consuetudine,

ho fatto il mio personalissimo albero.
Un albero, quest'anno, più piccolino degli anni scorsi, perché per questioni logistiche diciamo così, ho limitato le mie trasferte teatrali.

Albero Natale 2010

Insomma, bisogna accontentarsi!
E quindi auguri a tutti coloro che passano di qui per piacevole abitudine e a quelli che passano per caso , perché è grazie a tutti voi che se digitando recensione walküre scala su google (solo per fare un esempio) i miei post compaiono ai primi posti, circostanza che mina la stabilità molecolare della bile di molti (strasmile).
Soprattutto auguri a chi, passando da queste parti, s'indigna perché da questi pulpiti si osa parlare di lirica senza essere serioso e catacombale nei toni e catastrofista nei contenuti.
Anzi, a quest'ultima categoria, i miei auguri più sentiti.
Direi quindi che anche quest'anno vi meritate un regalo e per la polemica popolazione melomane ho pensato a qualcosa di trasversale, che mette d'accordo tutti: una selezione di duetti tra Maria Callas e Giuseppe Di Stefano.
Auguri a tutti!

SCARICATELA DA QUI!

Questa la tracklist:

LUCIA DI LAMMERMOOR
Berlin 29th Sep 1955

I PURITANI
Mexico City 29th May 1952

RIGOLETTO
Mexico City 17th June 1952

LA TRAVIATA
Mexico City 3rd June 1952

UN BALLO IN MASCHERA
La Scala 7th December 1957

TOSCA
Mexico City 28th June 1952

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Mariella Devia al Concerto di fine anno al Teatro Verdi di Trieste.

Passate, o quasi, le polemiche inenarrabili sull'articolo di Ceronetti, ribadisco brevemente come la penso io.

Ceronetti è intellettuale coltissimo, col gusto della provocazione e lo testimoniano le molteplici boutade che ha fatto in tanti anni d'impegno artistico e civile.
In questo caso mi pare che avrebbe potuto, più intelligentemente, tacere, se non altro perché la situazione economica contingente suggerisce prudenza anche nelle provocazioni.
I nostri governanti non sono in grado di distinguere una posizione volutamente paradossale e potrebbero fare ulteriore danno sostenendo che "anche Ceronetti" la pensa come loro.
Ammesso che sappiano chi è Guido Ceronetti, s'intende, il che non è assolutamente scontato.
Poi.
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Ero preoccupato per il consueto concerto di fine anno al Verdi di Trieste, ma il tutto si è risolto meglio di quello che pensavo, perché il 31 dicembre alle 18 saluteremo questo orrendo 2010 (l'ultimo di una serie catastrofica, a dire il vero) con un recital di Mariella Devia. In programma arie di Puccini, Bellini e Rossini, alternate a pezzi sinfonici con L'Orchestra e il Coro del Teatro Verdi di Trieste. Sul podio il M° Giuseppe Marotta.
Ancora.
Ieri ho visto il recital di Jonas Kaufmann su Arte e ho trovato il tenore in ottima forma, ma non ho tempo di scrivere una recensione.
Finisco perché vado a preparae l'albero di Natale, come è ormai tradizione di questo blog.
Prima però diffondo volentieri questa notizia che mi ha mandato il mio illustre concittadino Gianni Gori, sempre gentilissimo.
È un'occasione per ricordare un artista, Aurio Tomicich, mancato l'anno scorso.
Un saluto a tutti.

Un basso di Yerevan, finalista del prestigioso concorso internazionale di canto Gian Battista Viotti di Vercelli porterà con sé il ricordo di un artista triestino. E’ andato infatti a Vazgen Ghazaryan la borsa di studio “Aurio Tomicich” offerta dalla famiglia nel primo anniversario della morte del cantante triestino.  Interprete colto e versatile dell’opera, della musica sacra e della musica contemporanea (solista molto stimato da Sylvano Bussotti), Tomicich era stato in gioventù proprio uno dei vincitori del Viotti. Al Verdi di Trieste aveva cantato in importanti produzioni (Parsifal, Volo di Notte, Louise, Lady Macbeth di Sostakovic).  Il basso Vazgen Ghazaryan, compiuti gli studi in Armenia, ha debuttato a San Pietroburgo nella Rusalka di Dvorak; quest’anno ha cantato il ruolo di Hunding nella Valkiria in edizione da concerto diretta da Kent Nagano.
La sessantunesima edizione dello storico concorso (dal quale sono usciti vincitori, tra gli altri, Mirella Freni, Luciano Pavarotti, Raina Kabaivanska, Piero Cappuccilli) ha assegnato il primo premio allo smalto tenorile del coreano Jaesig Lee. Continuando l’egemonia instaurata negli anni ottanta da Sumi Jo, la Corea ha fatto l’en-plein anche quest’anno con i soprani Hiekyung Choi e Hee Jin Oh, rispettivamente secondo e terzo premio dopo la prova finale con l’orchestra del Coccia di Novara diretta da Janos Acs.
Nell’ambito del Concorso Viotti si è svolta al Civico di Vercelli anche la prima edizione di “Pavarotti-giovani”. La ricca borsa di studio e di perfezionamento messa in palio dalla rassegna è andata a un’autentica rivelazione: il ventiseienne soprano nigeriano Omo Bello.  Nella giuria del doppio concorso spiccavano le presenze gloriose di Luis Alva ed Eva Marton.

Recensione abbastanza seria del DVD della Walküre uscito con Classic Opera, per la regia della Fura dels Baus.

Stasera alle 19.15, sul canale satellitare Arte, recital di Jonas Kaufmann. Il tenore canterà brani di Wagner, Beethoven e Weber.

Tutti voi sapete che io sono un wagneriano fradicio, l'ho scritto pure nel profilo in alto a sinistra, non mi nascondo dietro un dito.
Perciò quando esce qualche novità discografica o su altro supporto del mio compositore preferito, mi trasformo in una specie di cane da tartufo e punto negozi, edicole o quel che siano finché non riesco almeno a toccare fisicamente la novità. Poi posso anche decidere di non comprare nulla, ma prima devo accertarmi di persona.
Bella immagine, vero, quella di Amfortas a quattro zampe vicino a un'edicola (strasmile).

A distanza di circa sei mesi dall'uscita del Rheingold, di cui ho già parlato qui, la rivista Classic Opera è uscita con il DVD della Valchiria, sempre per la regia della Fura dels Baus.walkiria_fi1
Come già nell'occasione precedente oltre ai due DVD dello spettacolo è allegato un numero monografico, fatto piuttosto bene, sul compositore tedesco.
Divertente, tra le altre cose, il pezzo di Alberto Mattioli sulla "fauna" che popola le prime della Scala.
Il tutto a 14.90 e per qualche euro in più per le spese di spedizione direttamente sul sito.
Ricordo che questo Ring completo è stato allestito in Italia al Teatro Comunale di Firenze, con grandissimo successo di pubblico, e che io ho visto live solo il Siegfried e la Götterdämmerung.
La regia di Carlus Padrissa, lo ribadisco, è assai accattivante ma pure molto ingenua e didascalica nella realizzazione scenografica, quasi autocompiaciuta nella ricerca dell'effetto stupefacente.
Va detto però che in questo caso le scene sono davvero spettacolari e che il lavoro di regia vero e proprio, sui movimenti dei cantanti, appare più curato.
walkiria_fi2Le proiezioni sono forse la parte più scontata dello spettacolo, ma immagino che in teatro l'effetto fosse ragguardevole e comunque sono parte fondamentale della filosofia della Fura.
Alla testa di una decisamente buona Orchestra della Comunitat Valenciana c'è Zubin Mehta, come poi a Firenze.
Ebbene il direttore, spesso discusso per una certa superficialità d'intenti, in questa Valchiria torna quasi ai livelli d'assoluta eccellenza d'un tempo, nel solco della tradizone che si rifà più all'intimismo di un Karajan che alla magniloquenza di Georg Solti.
Merito indiscusso poi la grande attenzione ai cantanti in questa giornata del Ring in cui si disvelano sentimenti forti e contraddittori.
walkiria_fi6La compagnia di canto è molto buona a partire dallo splendido Siegmund di Peter Seiffert (il confronto con lo sbiadito, a voler essere generosi, Simon O'Neill della recente Valchria scaligera, è impietoso). In questo caso si percepisce davvero tutta la stanchezza ma anche l'audacia, la gioventù, l'ardimento del giovane eroe in fuga. Seiffert inoltre sfuma il canto e arricchisce l'interpretazione con mezzevoci, rendendo così plausibile il personaggio. Una grande prestazione.
Di qualità anche la performance di Petra Maria Schnitzer che restituisce a Sieglinde un tratto fondamentale, la gioventù. E aggiungerei anche una notevole carica erotica che non deriva dalla pur non disprezzabile fisicità, ma dall'accuratezza e dall'intensità del fraseggio.
walkiria_fi8Un po' meno centrata, come del resto già nel Rheingold, la prestazione di Anna Larsson, che tratteggia una Fricka piuttosto monolitica e banale, priva di originaltà. Un compitino sufficiente, diciamo.
Il grandissimo Matti Salminen dimostra come dopo decenni di frequentazione wagneriana si possa essere ancora in sorprendente forma vocale: il suo Hunding è una pietra miliare nel percorso interpretativo di questo personaggio. Anche qui, meglio non fare paragoni con l'orchesco Sir Tomlinson di questi giorni alla Scala di Milano.
Per quanto riguarda Jennifer Wilson, che ha l'arduo compito di dare vita alla Valchiria Brünnhilde, i risultati sono abbastanza buoni.
Certo la Wilson non può contare su una voce che le consenta di risolvere di forza il personaggio, e quindi, meritoriamente, punta di più sull'approfondimento psicologico.
Peraltro i do dell'entrata sono tutt'altro che disprezzabili, bisogna dirlo, così come è intensa tutta la scena dell'estenuante duetto finale con Wotan.
walkiria_fi10Da ultimo quello che, almeno per me, è uno dei migliori Wotan degli ultimi anni (insieme a Albert Dohmen, Falck Struckmann e allo semisconosciuto Greer Grimsley), e cioé Juha Uusitalo.
Dicevo nei post introduttivi che hanno preceduto la prima scaligera, che l'interprete di Wotan deve essere sì un ottimo cantante ma soprattutto un grande fraseggiatore. In questo caso il cantante è buono ma il fraseggiatore è brillantissimo, tanto che in questo DVD di Wotan s'apprezzano più, forse, i momenti d'introspezione psicologica che quelli più lirici, in cui il canto è più sfogato, libero, quasi più melodico.
Peraltro, nell'Addio alla Valchiria entusiasmano il legato e la morbidezza della voce dell'artista che sa poi nella frase finale ritrovare l'accento imperioso e virile, quasi sfrontato, del dio orgoglioso e despota.walkiria_fi12
Completano il cast le altre otto Valchirie che si comportano a mio parere meglio della media.
Sono Bernadette Flaitz (Gerhilde), Helen Huse Ralston (Ortlinde), Pilar Vasquez (Waltraute), Christa Meyer (Schwertleite), Eugenia Bethencourt (Helmwige), Heike Grotzinger (Siegrune), Manuela Bress (Grimgerde) e Hannah Ester Minutillo (Rossweisse).
Interessante l'ormai classico making of, perché ci dà modo di scrutare tra i "trucchi" della Fura.
Anche in questo caso consiglio l'acquisto del DVD soprattutto a chi non ha potuto vedere gli allestimenti della Fura dels Baus dal vivo, ma anche a qualche neofita che magari ha trovato qualche spunto d'interesse nello spettacolo di Cassiers alla Scala.
Un saluto a tutti.

Unicuique suum.

Nel Rigoletto di Giuseppe Verdi, il librettista Francesco Maria Piave mette in bocca a Monterone la seguente frase:
 
Slanciare il cane al leon morente, è vile o Duca              
 
Ecc ecc.

 
Mi è stato chiesto da più persone, in privato, di esprimere pubblicamente la mia opinione sui recenti fatti che hanno coinvolto alcuni professori dell’Orchestra del Verdi.
Riassumo brevemente per chi non è al corrente della situazione.
Sul quotidiano di Trieste, Il Piccolo, è apparso la scorsa settimana un articolo in cui si diceva che tredici persone (dodici orchestrali e un tenore) erano state raggiunte da una lettera di contestazione disciplinare da parte del Sindaco Roberto Di Piazza in qualità di Presidente del CdA del Teatro Verdi.
Sostanzialmente i coinvolti sono stati accusati di aver suonato su di una nave da crociera, la Ruby Princess, mentre risultavano indisponibili per vari motivi per il teatro.
I fatti oggi sembrano accertati, preciso, non ho notizia al momento di contestazioni in merito.
Bene, il mio parere è questo: se hanno sbagliato devono pagare applicando le clausole, che sicuramente ci saranno, del contratto.
Non vedo come potrei pensarla diversamente, peraltro.
Però, allo stesso tempo, trovo che chi ha deciso di pubblicare sul giornale i nomi delle persone coinvolte, a mo’ di lista di proscrizione e prima che i fatti fossero accertati, abbia compiuto un’operazione indegna e incivile.
Sì, indegna e incivile.
Perché quegli stessi giornalisti (non mi riferisco nello specifico ai firmatari degli articoli, ma in generale) normalmente si guardano bene dal pubblicare nomi e cognomi di politici o potentati economici coinvolti in scandali di proporzioni ben maggiori, almeno sino a quando gli stessi non sono più in grado di nuocere: il che significa quando sono morti o condannati definitivamente da un tribunale, oppure più semplicemente privati del loro potere.
Quindi a mio parere che modestamente condivido, questo non è giornalismo ma puro sciacallaggio ed ennesima prova di asservimento al potere.
Un potere arrogante che ha bisogno di trovare capri espiatori per perpetuarsi in una classe politica che è la prima responsabile del disastro economico dei teatri italiani (per restare solo in questo ambito), perché non solo non ha mai vigilato su come venivano allocate le risorse, ma ha imposto spesso-tutti i membri del CdA dei teatri e i sovrintendenti sono nominati dai politici con i consueti lungimiranti criteri di spartizione- dei ladri incompetenti ai vertici delle fondazioni liriche.
Quindi, chi ha sbagliato paghi, ma per favore la moralizzazione coatta da parte di politici e giornalisti ci sia, almeno questa, evitata, grazie.
Buon fine settimana a tutti. 

Recensione semiseria di Die Walküre alla Scala di Milano.

Cominciamo dalla fine.

Il pubblico ha tributato un bel successo alla Valchiria che ha aperto la stagione della Scala, con qualche singola protesta (a mio parere totalmente ingiustificata) per la direzione di Barenboim e contestazioni più evidenti per l’allestimento del regista Guy Cassiers ( sempre a mio parere, più condivisibili).

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Grandissimo successo per Nina Stemme e Waltraud Meier, buono per Ekaterina Gubanova, tiepido per Vitalij Kowaljow e Simon O’Neill, di cortesia per John Tomlinson e le rimanenti Valchirie.
Io ci tengo in modo particolare a sottolineare la bellissima prova dell’Orchestra della Scala, in gran serata, era da tempo che non sentivo una compagine italiana esprimersi a questo livello.
Per quanto la visione televisiva possa essere fuorviante, mi sento di poter liquidare l’allestimento di Cassiers come inutile, nel senso che non ci ho trovato un’idea originale. I costumi di Tim van Steenbergen erano belli, ma privi d’identità, avrebbero potuto essere funzionali anche per un qualsiasi altro spettacolo operistico.
Chissà, forse nell’ottica di un contenimento dei costi, hanno intenzione di riciclarli (strasmile).
Le scenografie di Guy Cassiers e Enrico Bagnoli, quest’ultimo firma anche le discrete luci, solo funzionali allo spettacolo e quindi pure esse anonime nella loro superficiale eccentricità.
Il video design (che poi sarebbero le proiezioni, credo) di Arjen Klerkx e Kurt D’Haeseleer era più o meno al livello di un brutto screensaver.
In generale molto buona la direzione di Daniel Barenboim, che però forse sarebbe stata valorizzata da un Wotan di livello artistico superiore a quello di stasera.
Per chi conosce il suo Ring, nulla di nuovo.
Forse qualche indugio di troppo, nel tentativo parzialmente riuscito di amplificare la drammaticità di alcuni momenti-penso al dialogo Wotan-Fricka, ma anche al duetto finale tra il dio e la figlia- e una certa mancanza di vigore nella famosa “cavalcata delle valchirie”.
In altri momenti  la direzione mi è parsa eccellente-l’incantesimo del fuoco, davvero commovente e ben suonato- e il finale del primo atto.
Nel complesso è stata la sua migliore direzione alla Scala, Tristan di qualche anno fa compreso.
I cantanti, in ordine d’apparizione.
Simon O’Neill , il Siegmund di quest’edizione, mi è sembrato soprattutto carente d’accento eroico e monocorde nell’interpretazione.
Il “Wintersturm” è scivolato via senza emozione, e quasi tutto il resto confuso in un generico senso di ansiosa concitazione, tra l’altro con una voce non certo accattivante. Buono nel finale del primo atto, chiuso da un discreto acuto (difficile, già l’ho scritto più volte, questo la naturale).
Affaticato e senescente nella scena dell’agnizione e nella battaglia con Hunding.
Certo, non ha combinato disastri particolari, a parte una stecchina nel secondo atto, ma non mi ha convinto per nulla.

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Grandissima a dispetto di qualche acuto strillato la prova di Waltraud Meier, una Sieglinde di assoluto livello che non teme confronti con le migliori interpreti di questa parte.
Non ha più la freschezza vocale di vent’anni fa, molto strano vero? Nel frattempo però s’è impadronita del personaggio e quello che manca, poco, dal punto di vista vocale, è ampiamente compensato da una presenza scenica soggiogante e da un’interpretazione attoriale da vera attrice.
Per non parlare poi del fraseggio straordinario.
Meravigliosa, davvero.
Molto modesta la prestazione di John Tomlinson nei panni del perfido Hunding.
Per il glorioso basso la buona recitazione non basta a tappare le grosse falle che si sono aperte nella sua organizzazione vocale.
La voce è malferma, spesso gutturale, l’emissione aperta e sempre sguaiatella.
Molto, molto scarso.
Per quanto riguarda Vitalij Kowaljow devo dire che sino all’Addio alla Valchiria ha cantato discretamente, da buon professionista, sia chiaro, niente di più. Ho trovato pertinente l’accento e curato il fraseggio, ad esempio. Gli acuti, la parte è piuttosto alta, non particolarmente facili ma neanche forzati.
Però la parte di Wotan richiede un legato perfetto che è mancato in pieno nell’Addio e i tempi estremamente rilassati di Barenboim hanno contribuito a rimarcare la circostanza.
Dal punto di vista strettamente interpretativo le cose sono andate meglio, perché il suo Wotan energico e virile è sicuramente plausibile.

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Molto brava Nina Stemme che ha connotato di grande femminilità e sensualità la sua Brünnhilde.
Bellissima l’entrata, con tutti quei do da sgranare a freddo. Non erano certo i do della Nilsson, enormi, ma però sono stati raggiunti senza sforzo.
Bene la scena dell’Annuncio di morte, nella quale per certi aspetti ho sentito una Valchiria quasi ideale: fiera, ferma, imponente ma non un’algida matrona.
Nel lungo duetto finale ho notato qualche piccolo segno di stanchezza, ma a mia memoria non ricordo una Brünnhilde che arrivi alla fine di questa parte fresca come una rosa, sinceramente.
Una prova davvero assai buona.
Come positiva è stata, in una parte insidiosa, Ekaterina Gubanova nei panni dell’inflessibile e  scorbutica Fricka, rappresentata tra l’altro con gradevole presenza scenica e recitazione pertinente.
Degne di lodevole menzione tutte le altre Valchirie: Danielle Halbwachs (Gerhilde), Carola Hohn (Ortlinde), Ivonne Fuchs (Waltraute), Anaik Morel (Schwertleite), Susan Foster (Helmwige), Leann Sandel Pantaleo (Siegrune), Nicole Piccolomini (Gringerde) e Simone Schroeder (Rossweisse).
A domani per le risposte ai commenti al post precedente e varie ed eventuali! Susan Foster ( 

Die Walküre alla Scala di Milano: quarta incursione semiseria.

Questa sera alle ore 17 la prima!

Dalla Scala arrivano notizie incoraggianti sulle condizioni vocali dei protagonisti principali della Walküre, ed è già una circostanza positiva sapere che gli acciaccati dei giorni scorsi si stiano riprendendo.
Speriamo bene!
Prima di andare avanti, ricordo di nuovo che oltre che sul canale digitale RAI 5, la prima della Scala si può vedere sulla TV satellitare “Mezzo”, online (sempre su RAI5) a questo indirizzo e in queste sale cinematografiche italiane.
A Trieste il circuito Cinecity (quello che si trova alle Torri d’Europa) mette a disposizione una sala in cui Die Walküre si potrà vedere in alta definizione e con un ottimo sistema d’ampilificazione.
L’ingresso costa 10 euro e si possono beneficiare delle consuete riduzioni.

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Dopo le prime due puntate in cui ho brevemente descritto la trama del primo e del secondo atto, eccoci al terzo, che si apre con la celeberrima “Cavalcata delle Valchirie”, un pezzo che è tra i più noti della musica di tutti i tempi anche perché frequentemente compare in altri contesti artistici.
Ma, in buona sostanza, cos’è questa cavalcata? La musica descrive la situazione seguente.
Le Valchirie scendono sui campi di battaglia per riportare nel Walhalla i corpi degli eroi caduti.
Nel secondo atto Siegmund ha detto a Brünnhilde che del Walhalla non gli frega nulla, se non gli è concesso portarsi dietro la sua Sieglinde.
Prima di salire al Walhalla, le Valchirie fanno sosta presso una rocca e si complimentano l’una con l’altra, giocano con i cavalli, sono felici.
Una di loro, Rossweisse, dice ok, se ci siamo tutte andiamo su ma una sua sorella, Helmwige, s’accorge che manca una compagna. Gerhilde dice è quella casinista di Brünnhilde che perde tempo.
Waltraute osserva che se Wotan le vede arrivare senza la figlia preferita diventa una bestia.
Tutte pensano che palle! quando Siegrune avvista Brünnhilde che sta arrivando col suo Grane e s’accorge che qualcosa non quadra, sulla sella con lei non c’è Siegmund, ma una donna!
Dopo un concitato dialogo Brünnhilde spiega che si tratta di Sieglinde. Chiede protezione alle sorelle, perché Wotan (che intanto si appalesa da lontano con un minaccioso temporale) la insegue con gli occhi fuori dalla testa: la Valchiria gli ha disubbidito.
Le sorelle prendono la decisione di mostrare la strada della fuga a Sieglinde e proteggere la sorella indisciplinata: la circondano e la fanno camminare in mezzo a loro per nasconderla agli occhi di Wotan, come fanno le chiocce con i pulcini.
Il dio è davvero fuori di sé e minaccia sfracelli, se la prende con le atterrite figlie sino a quando Brünnhilde esce dal gruppo e dice ok, sono qua, parliamone.
Sono guai!
Nel lungo duetto che segue Wotan disperde le Valchirie e comunica alla ribelle Brünnhilde la pena per la sua disubbidienza. Sarà privata di ogni potere e addormentata per sempre, o meglio sino a quando il primo scemo che passa la sveglierà con disonore.
Brünnhilde cerca di giustificare la sua ribellione, Wotan è enormemente combattuto, ma la figlia ottiene solo un’attenuante: la rocca dove giacerà sarà circondata dal fuoco, in modo che solo un grande eroe possa vincere le terribili fiamme e avvicinarsi a lei.
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Detto questo, abbraccia Brünnhilde, la stringe e la bacia sugli occhi “levandole la divinità”.
La guarda pensoso e distrutto, mentre la figlia è inerme.
Si riscuote dal suo malessere interiore e chiama Loge, il dio del fuoco, e gli ordina d’incendiare i pressi della rocca. Piano piano, l’incendio divampa e Wotan, attraversando le fiamme e girandosi un’ultima volta, scompare all’orizzonte, dopo aver lanciato un avvertimento che sembra più che altro un tentativo di giustificazione del suo operato: che nessuno s'azzardi a oltrepassare quel fuoco, se teme la sua lancia.
In tutto questo atto, a dispetto del miserevole sunto che ho scritto io, le emozioni sono fortissime perché i sentimenti dei protagonisti sono altrettanto dirompenti.
Il duetto tra Wotan e Brünnhilde e poi il lungo monologo finale di Wotan (Der Augen leuchtendes Paar) sono difficili e soprattutto giungono alla fine di una delle parti più lunghe, proprio a livello di minutaggio, mai scritte.
La cavalcata, l’incantesimo del fuoco, l’addio di Wotan alla Valchiria sono momenti in cui l’alchimia tra direttore, orchestra e cantanti è fondamentale per la riuscita dello spettacolo.
A Daniel Barenboim, che presumibilmente dirigerà a memoria la partitura, e a tutta la compagnia di canto a cui dovrò indegnamente fare le pulci in sede di recensione semiseria, va il mio più sentito in bocca al lupo.
Un saluto a voi che così (incredibilmente) numerosi leggete i miei post.
Ci rileggiamo per la recensione semiseria!
Qui la locandina:

Direttore
Daniel Barenboim
 
Regia
Guy Cassiers
 
Scene
Guy Cassiers e Enrico Bagnoli
 
Costumi
Tim van Steenbergen
 
Luci
Enrico Bagnoli
 
Video design
Arjen Klerkx e Kurt D’Haeseleer
 
Coreografia
Csilla Lakatos
 
 
Personaggi
Interpreti
 
Siegmund
Simon O’Neill
 
Hunding
John Tomlinson
 
Wotan
Vitalij Kowaljow
 
Sieglinde
Waltraud Meier
 
Brünnhilde
Nina Stemme
 
Fricka
Ekaterina Gubanova
 
Gerhilde
Danielle Halbwachs
 
Ortlinde
Carola Höhn
 
Waltraute
Ivonne Fuchs
 
Schwertleite
Anaik Morel
 
Helmwige
Susan Foster
 
Siegrune
Leann Sandel-Pantaleo
 
Gringerde
Nicole Piccolomini
 
Rossweisse
Simone Schröder
 
Danzatori
Guro Schia, Vebjørn Sundby
 
 
In coproduzione con Staatsoper Unter den Linden di Berlino e in collaborazione con Toneelhuis (Antwerpen)

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Variazioni sul tema.

Prima d'affrontare l'ultimo atto della Walküre, una piccola divagazione.

Chiacchiere lette.
Il calembour viene facile, perché il ricordo, o meglio l’attualità delle conversazioni sul blog di Ghismunda suggerisce proprio il paragone con le conversazioni tra amici.
Il libro come leit motiv, visto che in questi giorni si parla di Wagner, potrebbe essere un buon sottotitolo per queste Letture chiacchierate.
Copertina
Nelle recensioni di Ghismunda compaiono, sempre per restare in tema musicale, molte variazioni: sotto forma di riflessioni, cortocircuiti, suggestioni.
Nei suoi scritti ha la capacità di sottolineare il particolare e ampliarlo, ingrandirlo, senza che la circolarità della visione d’insieme ne risenta.
Cosa rara.
Il libro come pretesto per affrontare la realtà ma anche per sospenderla.
Perché l’Arte ha questa straordinaria capacità di rinnovarsi e rinnovarci, in qualche modo.
Negli articoli di Ghismunda c’è sempre tensione narrativa, quasi fossero più che recensioni dei piccoli racconti ed è proprio questa la circostanza che colpisce chi legge il libro.
Forse, inconsciamente, Ghismunda voleva scrivere questo volume dal giorno in cui ha pubblicato il primo post nell’ormai lontano 2004.
In Letture chiacchierate coabitano senza litigi in una biblioteca virtuale molti dei protagonisti della letteratura di ogni tempo, contemporanei compresi.
Mi piace segnalare, per ovvi motivi campanilistici ma anche perché a mio parere meriterebbero una virtuosa visibilità ancora maggiore, le recensioni dei libri di Italo Svevo, di Claudio Magris, di Boris Pahor.
Insomma, se siete nelle consuete ambasce per la scelta dei regali natalizi, pensateci.
Il libro è uscito da poco e purtroppo sul sito della casa editrice (EraNuova) non ho trovato ancora indicazioni, confido che intervenga Ghismunda stessa a darci qualche “dritta”.
Buon fine settimana a tutti.
 

Die Walküre alla Scala di Milano, terza incursione semiseria: Wotan, lo special one degli dei.

Per chi fosse interessato, perso nei meandri inestricabili dello switch off o stufo di riempirsi la casa di quelle ingombranti scatole che sono i decoder [capito Roberto, strasmile)], a questo indirizzo web si può vedere RAI5, l'emittente che trasmetterà la prima della Walküre dalla Scala, martedì prossimo.

Dunque, abbiamo lasciato i gemelli Siegmund e Sieglinde mentre cedevano pericolosamente alle tentazioni della carne.

E vale la pena sottolineare come il vocabolo “tentazione” sia appropriato nel contesto, perché dopo che nel Prologo (L’oro del Reno) abbiamo visto interagire solo gli dei, nella Valchiria i personaggi assomigliano sempre di più agli uomini.
E a proposito di dei, nella Valchiria compare nel secondo atto il più dio di tutti, lo special one: Wotan.
Cosa rappresenta Wotan? Beh è davvero troppo pretendere di sviscerare l’inesauribile e ancora discusso argomento in un post di poche righe, quindi accontentiamoci di sapere che Wotan è la rappresentazione del conflitto, della lacerazione, tra la ragion di stato, le regole, e l’ebbrezza dell’amore, che per antonomasia quelle regole travolge e disconosce.
Tutto ciò semplificando molto per necessità o ansia da divulgazione, fate voi.
E questo tira molla tra dovere e piacere è uno dei temi ricorrenti che attraversano tutte le opere di Wagner.
Wotan, sostanzialmente, è solo di fronte ad uno specchio per buona parte del secondo atto, anche se in realtà davanti a lui, a confrontarsi, appaiono prima la figlia Brunnhilde [la prediletta delle nove figlie(!) che Wotan ha avuto nientemeno che da Erda, la Capa del Mondo, smile!], poi la moglie Fricka e poi di nuovo Brünnhilde, Die Walküre.
Il suo è un lungo monologo in cui cerca in qualche modo di ritessere una tela che aveva distrutto rubando, con l’aiuto del dio del fuoco, Loge, l’anello ad Alberich.
Alberich l’aveva presa malissimo e aveva maledetto l’Amore.
Fricka pretende il rispetto delle regole e che il suo onore sia vendicato: l’amore incestuoso tra i figli adulterini Siegmund e Sieglinde deve essere fermato. Hunding deve vincere, solo così lei avrà soddisfazione.
Così Wotan, che di primo acchito aveva ordinato a Brünnhilde di aiutare Siegmund in battaglia, dopo il diverbio con Fricka cambia suo malgrado idea, e contraddicendosi per l’ennesima volta, ordina alla Valchiria di lasciar perdere.
Brunnhilde cerca di ribellarsi ma Wotan la costringe ad obbedire.
Quando la madre di tutte le battaglie tra Siegmund e Hunding  è ormai imminente, Brünnhilde, che nel frattempo s’è fatta riconoscere da Siegmund, decide di contravvenire agli ordini di Wotan e proteggere, costi quel che costi, l’ardimentoso giovane.
Sieglinde è incinta, tra l’altro.
Wotan s’accorge della macchinazione e diventa una bestia.
Si precipita sul campo di battaglia e con la sua lancia spezza la spada invincibile (Notung, quella che era infissa nel frassino a casa di Sieglinde) che avrebbe dovuto difendere Siegmund, il quale viene ucciso senza pietà da Hunding.
Wotan lo vede vittorioso e gli dice: Ok, ora va a raccontare a Fricka che hai vinto e che il suo onore è salvo.
E lo fulmina.
Brünnhilde scappa portandosi dietro Sieglinde, ma non andrà lontano, come scopriremo nel terzo atto.
La musica, che dire!
Come ho già scritto altre volte la scena dell’annuncio di morte o dell’agnizione tra Siegmund e Brünnhilde è uno dei vertici della musica wagneriana. Non chiedetemi perché, non lo saprei spiegare in parole povere.
Per l’ascoltatore medio l’inizio del secondo atto è assai ostico: non ci sono aperture melodiche, non c’è canto sfogato e qualche volta può sembrare che la tensione drammatica si allenti.
In realtà è vero il contrario, in tutto il Ring non c’è (a mio parere) un momento più teatralmente drammatico di questo, in cui Wotan è macerato dal dubbio e parla alla figlia e alla moglie allo scopo di chiarire a se stesso ciò che deve fare.
Avrete capito che la parte di Wotan (basso) necessita sì di un cantante ma soprattutto di un fraseggiatore che dia un senso al turbinio di sentimenti che anima il personaggio.
Per non parlare poi del terzo atto, la parte è massacrante e di Wotan che arrivano afoni alla fine il…Walhalla è pieno (smile).
Brünnhilde (soprano) ha pure le sue difficoltà interpretative e vocali, ma per lei il peggio è nella Götterdämmerung, e questa è un’altra storia.
Volevo essere sintetico, ho scritto ‘sto polpettone illeggibile con una prosa che fa sembrare lineare quella di Paolo Isotta, vedete voi…(strasmile)
Ora, ammesso che qualcuno legga, vi lascio in pace per un paio di giorni, il prossimo post tratterà d'altro.
Poi, ci sarà anche la divulgazione semiseria del terzo atto.
A rileggerci!

Die Walküre alla Scala di Milano, seconda incursione semiseria. Saranno Baruffe chiozzotte: scommettiamo?

Allora, cominciamo dall’attualità.

Oggi la prova generale della Valchiria si svolgerà a porte chiuse, perché gli interpreti dei due gemelli (Siegmund & Sieglinde) che ho sommariamente presentato nel post precedente sono afoni.
Si tratta del tenore Simon O’Neill e del soprano Waltraud Meier.
Aggiungete che il previsto interprete di Wotan, il basso Renè Pape, ha dato inopinatamente forfait circa un mese fa.
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Sommate ancora, come se non bastasse, che Waltraud Meier, dalle pagine del Corriere della Sera, ha criticato l’allestimento del regista Guy Cassiers.
Ci sono tutte le premesse per poter affermare che ci divertiremo molto, il prossimo 7 dicembre.
Ricordo che la Scala, che oggi è solo un teatro qualsiasi dal punto di vista artistico ma come impatto mediatico è sempre la Scala di un tempo, ha una bella tradizione di polemiche (e mi limito a quelle recentissime) da conservare.

La fuga di Roberto Alagna nel 2006 (Aida, una cosa mitica), l’ancora inspiegata sostituzione all’ultimo secondo di Giuseppe Filianoti nel 2008 (Don Carlo), i sonori fischiazzi alla regia di Emma Dante (Carmen) nel 2009.
Insomma, possiamo scommettere che l’argomento “opera” terrà banco nei telegiornali. Non so se rallegrarmene, sinceramente.
E a proposito di scommesse, fa discutere dalle pagine della rivista “Musica”, questa proposta a firma di Marco Leo.
 
La situazione finanziaria dei teatri lirici è drammatica; la qualità e la sopravvivenza stessa della lirica in Italia sono a serio rischio. In tale contesto, ferma restando la ragionevolezza delle proteste contro i tagli, è dovere dei teatri impegnarsi per reperire fondi alternativi ai finanziamenti pubblici, imparando anche dal passato. Fino al primo Ottocento, all’opera si giocava d’azzardo: nei foyer dei teatri erano collocati tavoli da gioco i cui proventi finanziavano l’attività artistica. A Napoli, Rossini era socio di Barbaja nella gestione del casinò; e in diversi teatri restano, nelle decorazioni e nella toponomastica, tracce indelebili dell’attività di gioco che vi si esercitava.
In Italia — per quanto negli ultimi anni si siano moltiplicate i giochi d'azzardo accessibili nei bar, nelle tabaccherie e anche online — i tavoli verdi sono ancora quasi un tabù. Ma siccome qualche porta si sta aprendo (un recente progetto di legge vorrebbe concedere l’apertura di sale da gioco negli alberghi di lusso), non potrebbero le fondazioni liriche approfittare della liberalizzazione per chiedere che siano proprio i teatri d’opera i primi a poter riaprire i casinò?Del resto appartiene alla storia del gioco d’azzardo in Italia l’idea di concedere una licenza ad enti che necessitano di una rapida ripresa economica (si pensi ai molti effimeri casinò dei primi anni del dopoguerra, e alla stessa origine delle attuali case da gioco italiane). Ovviamente non vogliamo vedere nei teatri le slot machines con le lucine intermittenti, ma i tavoli tradizionali francesi, con la loro eleganza, ben si inserirebbero in alcune aree dei nostri foyer.
 
 
Tutto vero, ma a me l’idea che nei teatri si giochi d’azzardo non piace per nulla.
Non voglio fare il moralista, è che conosco per esperienza diretta la fauna che alligna laddove esistono i casinò: è brutta gente. Chi gioca, certo.

Soprattutto chi pratica l’usura e sfrutta la prostituzione di solito non è particolarmente raccomandabile.
E poi, scusatemi, visto che per il momento i politici vengono a teatro solo per le inaugurazioni delle stagioni, perché costringerli al presenzialismo (strasmile)?
 
Ok, è giusto che ognuno abbia le proprie idee.
Peraltro comincio a trovare analogie tra la roulette francese (anche se per alcuni teatri si potrebbe parlare di roulette russa) e i teatri d'opera, per cui mi sa che tra un po' mi convincerò anch'io.
Permettetemi di scherzare un po', allora.
I 36 numeri si dividono in 3 fasce, per i giocatori: orfanelli, vicini dello zero e la serie.
Gli orfanelli siamo noi, che non vediamo uno spettacolo decente da una vita, i vicini dello zero sono gran parte dei sovrintendenti e la serie è rappresentata dalle delusioni degli appassionati.
 
Rien ne va plus, les jeux sont faits.

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