Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione semiseria di I due Foscari al Teatro Verdi di Trieste.

Diciamo che per disintossicarmi dagli effetti nefasti della urla di Josè Cura alla Scala (tremori, vertigini, secchezza alle fauci ma meno di Cura stesso), anzi, per riconciliarmi con la mia musica preferita, una serata normale in teatro mi ci voleva.
Preludio Foscari

Cominciamo dal meteo, perché il freddo rigido e la bora furiosa hanno fatto sì che molti abbonati dei palchi e della platea abbiano preferito il tepore del salotto di casa. Trieste è una città di anziani e l’età media in teatro sfiora il secolo, c’è gente che recitava nella parte del vecchio fuorilegge cattivo nella serie Bonanza (strasmile).
Almeno spero che sia questo il motivo della scarsa affluenza in teatro di ieri sera, perché se i numerosi vuoti in sala fossero dovuti a disinteresse sarebbe davvero una catastrofe.
Renato Palumbo era sul podio di un’orchestra del Verdi in buona serata e ha concertato e diretto con grande efficacia.
Questo Verdi che sta tra gli anni di galera e i fasti delle opere successive è difficile da eseguire, perché l’effetto banda è sempre dietro…la partitura.
Palumbo invece ha scelto una direzione vigorosa ma asciutta, attentissima e quasi paterna nei confronti dei cantanti, trovando allo stesso tempo un bellissimo colore orchestrale nei momenti più lirici e malinconici dell’opera, in particolare nelle arie del tenore e del baritono. Una prova di rilievo e, ci tengo a sottolinearlo perché mi preme molto in questi tempi tristissimi di sospetti e dietrologia spinta, io non sono mai stato tenero con lui come si può facilmente verificare dalle recensioni degli anni scorsi.
Dopo qualche prestazione interlocutoria, ha brillato anche il Coro agli ordini di Alessandro Zuppardo.
Stefano Secco
Magnifica la prova di Stefano Secco, un tenore relativamente giovane e poco pubblicizzato che sta facendo da qualche anno una bellissima carriera.
Voce non strabordante ma educata, solare e omogenea in tutto il registro, Secco è riuscito nella non facile impresa di dare un’identità precisa al figlio del Doge, che come ho già detto è un mollaccione che piagnucola sempre. Nell’interpretazione di ieri sera invece, il personaggio aveva una sua malinconica dignità virile espressa tramite un canto sorvegliato, ricco d’intense mezzevoci e più corposi slanci giovanili (ora, lo vedo anch’io che slancio giovanile corposo fa pensare a una cosa brutta, ma non è quello che intendo io, strasmile).
Direi che è stata la migliore prestazione tenorile che ho sentito a Trieste negli ultimi anni, a meno che non mi dimentichi di qualcuno, anche perché il colore della voce era molto adatto alla parte, il fraseggio esemplare e la recitazione sobria e coinvolgente. Bravo!
Siri-Salsi
Maria Josè Siri è più bella della Marianna Barbieri-Nini ed è già una cosa (smile). A parte gli scherzi, il soprano si è dimostrato complessivamente all’altezza della situazione in una parte molto difficile.
La voce non è bellissima, risulta leggermente chioccia e acidula, ma il volume è discreto (negli intensi concertati si sentiva bene) e l’accento giusto, da classica eroina verdiana di quegli anni.
Qualche problema nelle agilità di forza, non troppo fluide ma efficaci, e saltuariamente negli acuti un po’ gridati, ma nulla di particolare. Debole invece la prima ottava. In compenso, senza facilitarsi le cose, esegue le puntature all'acuto e i trilli previsti dalla partitura.
Il personaggio però esce bene nella sua energia vitale tutta tesa a salvare il marito dalle accuse ingiuste del Consiglio dei Dieci, molto buona per esempio l’invettiva o patrizi tremate.
Bravo pure Luca Salsi, giovane baritono in ascesa, che si è cimentato in una parte (a Trieste poi, dove Piero Cappuccilli diede tre prove memorabili qualche lustro fa) di grande difficoltà anche psicologica.
Il Doge, lacerato prima dalla ragion di stato che gl’impone di condannare il figlio all’esilio e poi beffato dai Dieci che ne pretendono le dimissioni, vive di sentimenti contrastanti.
Ebbene il Francesco Foscari di Salsi è autorevole ma non autoritario, così come il lato privato, quello di padre, è restituito con toni dolenti ma non piagnucolosi.
Nel terzo atto la prestazione di Salsi è stata davvero coinvolgente e se non fossi un duro mi sarei commosso anch’io (ho piangiucchiato in realtà, ma non mi sono lasciato andare a scene isteriche, strasmile).
Alexander Vinogradov interpreta un Loredano giustamente cattivo e monolitico, con una voce di basso dagli accentuati riflessi tenorili.
Tra i comprimari non straordinario il Barbarigo di Saverio Bambi, di normale amministrazione le prove di Asude Karayavuz e Ivo Federico (rispettivamente Pisana e Servo del Doge) e meritevole di segnalazione il Fante di Dax Velenich.
Due parole sull’allestimento.
Festa
La regia di Joseph Franconi Lee punta a sottolineare il contrasto tra pubblico e privato ed è, come si suol dire, tradizionale, ma possiede una certa personalità che non la rende scontata.
I personaggi sono sovrastati dalle scenografie di William Orlandi, semplici ma efficaci, che rappresentano di volta in volta le stanze del palazzo ducale o il tetro carcere, mentre la Serenissima è sempre sullo sfondo, lontana nella sua inutile bellezza.
Anche i costumi, firmati ancora da William Orlandi, si collocano nel segno della tradizione. Bella, come impatto visivo, la scena della festa popolare che apre il terzo atto, in cui si può apprezzare anche il breve intermezzo coreutico coordinato da Marta Ferri.
Apprezzabile l’impianto luci di Nino Napoletano.
Applausi Foscari.
Il pubblico ha apprezzato e applaudito a scena aperta gli artisti dopo le arie più famose.
Alle uscite singole trionfo per Stefano Secco e Luca Salsi, successo per Maria Josè Siri e tutta la compagnia artistica, con notevoli punte d’entusiasmo, meritate, per il direttore Renato Palumbo.
Bene, se ce la faccio vado a sentire anche il secondo cast, in ogni caso ogni aggiornamento è gradito.
Buona domenica a tutti.
P.S.
Le foto dello spettacolo tratte dal sito del Verdi di Trieste sono di Fabio Parenzan e qui si possono vedere tutte.

19 risposte a “Recensione semiseria di I due Foscari al Teatro Verdi di Trieste.

  1. utente anonimo 23 gennaio 2011 alle 7:35 PM

    appena rientrato a casa, e visto il suo commento non posso che condividere ogni singola riga, preoccupatissimo dopo un disastroso rigoletto alla scala,Secco si è dimostrato davvero bravo, come tutti del resto, la voce del giovanissimo Vinogradov è quella che più mi ha impressionato nonostante la microparte… grazie per ciò che scrive.
    furio.

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  2. utente anonimo 23 gennaio 2011 alle 7:38 PM

    mi spiace non lasciare un commento per l'opera. ( !  ed è ormai risaputo), ma ho letto con attenzione e d'un fiato la tua recensione, fin quasi a riconoscere canto e artisti ( che manco conosco!), . A rileggerti, ciao da Giovanni

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  3. utente anonimo 24 gennaio 2011 alle 1:26 am

    Finalmente una recensione positiva! Il teatro lirico triestino ha messo in scena degli spettacoli più che decorosi da lei spesso stroncati. I buoni tenori vengono anche a Trieste vedi Celso Abelo, De Biasio, Siragusa, Lawrence e ora pure Secco che dopo il fiasco della Scala (è stata una serataccia per tutti Nucci compreso) ha sfoderato un’ottima prestazione. Non è il freddo che tiene lontano i centenari triestini, ma le opere poco rappresentate. A mio avviso gli addetti ai lavori dovrebbero fare uno sforzo per propagandare le opere in cartellone in modo da contribuire a riempire il teatro.
    Visti i tempi che corrono…. 

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  4. amfortas 24 gennaio 2011 alle 8:12 am

    1, non mi è chiaro chi tu sia, ma comunque ciao e grazie.
    Furio, mi fa piacere che abbiamo avuto le stesse impressioni.
    Ciao.
    Giovanni, il tuo attaccamento alle mie recensioni è ammirevole, ciao!
    4, ma quali stroncature, dai. Io mi limito a fare il cronista, tutto qui.
    Se uno spettacolo, percarenze vuoi dei cantanti vuoi registiche, non funziona, bisogna dirlo e non fare finta di niente, perché parlando bene per default di ogni recita non aiuta certo al causa.
    Infatti dei tenori che nomini ho parlato bene, quando si sono esibiti a Trieste (aggiungerei anche Armiliato alla lista). Resta il fatto che Secco alla prima aveva una marcia in più.
    Ciao e grazie.

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  5. utente anonimo 24 gennaio 2011 alle 10:20 am

    Buondì, io al Verdi ci lavoro e tutti siamo stati concordi nell'affermare che era da tempo che non si sentiva un tenore del calibro di Stefano Secco.
    Grazie per le recensioni!

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  6. amfortas 24 gennaio 2011 alle 10:25 am

    6, ciao e grazie a te e a voi per l'impegno in condizioni che, specialmente di questi tempi, posso solo immaginare quanto siano difficili.
    Mi scuso per l'italiano improponibile della risposta precedente, sto scrivendo da una postazione ostile 🙂

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  7. mamikazen 24 gennaio 2011 alle 5:37 PM

    Posso dire solo una cosa: TENETE DUROOOOOO!!!!!!!!!!!!!
    Che va grigia.
    Quanto ai titoli non frequentissimi, che dire? una rossinista c'è abituata… 😉 chi ama la lirica penso abbia anche il gusto di andarsi a sentire della musica non troppo sentita, il gusto della riscoperta, dell'avventura… che può concludersi con una serata di godimento come anche con ore di noia mortale, ma l'avventura è l'avventura! L'unica remora è il costo del biglietto, capisco. Non so come siano i prezzi da voi, ma tanto meno di un tot uno spettacolo lirico non può costare.

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  8. amfortas 24 gennaio 2011 alle 6:31 PM

    Mami, io mi rifiuto di credere che I due Foscari siano un'opera che non richiama pubblico a sufficienza, accidenti. Stiamo parlando di Verdi mica di Cherubini o, che ne so, Janacek.
    Però ormai può succedere di tutto, ahimé…
    I prezzi da noi sono in linea col resto degli altri teatri italiani, direi.
    Ciao 🙂

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  9. utente anonimo 25 gennaio 2011 alle 12:13 PM

    Ciao mi è capitato di sentire alle prove per le scuole la seconda compagnia: A Trieste si dice ocio de soto! Il tenore è del tutto insufficiente e la Moore  grida al limite dell' intonazione: Unica nota positiva il baritono con bella voce pastosa.
    Al solito ci sono a Trieste i iù e i meno fortunati allo stesso prezzo d'entrata

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  10. amfortas 25 gennaio 2011 alle 1:06 PM

    10, non per niente c'è il primo e il secondo cast, almeno sulla carta ci dovrebbero essere delle differenze di rendimento, ed è così ovunque.
    Io se ce la faccio, ma sarà difficile, vedrò anche il cast alternativo in cui mi pare che Latonia Moore, che qui a Trieste conosciamo bene, dovrebbe garantire una prova almeno discreta.
    Vedremo, nel frattempo sono come sempre gardite notizie su tutte le recite.
    Ciao.

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  11. utente anonimo 25 gennaio 2011 alle 1:30 PM

     
    CASSANDRO
     
    Come al solito, se permetti, mi limito a commentare qualche tua considerazione di carattere generale, Amfortas.
     
    Così, per sciogliere qualche tuo dubbio posso dire, un po’ presuntuosamente, che ben lo so perché “l’età media in teatro sfiora il secolo”.
     
    Lo constato ogni sabato ai concerti cui sono abbonato, dove ho spesso la sensazione, non molto allegra, di trovarmi . . . in una “Casa di riposo”, sia pure fra le migliori e più auspicabili, posto che, dato ciò che vedo ed alle scene cui assisto, i frequentatori sarebbero pur sempre di elevato standing.
     
    Diversamente forse dalla tua città, Amfortas, qui a Roma i “vecchi” (absit iniuria verbis) sono sempre presenti, in quanto il clima penso che giochi a loro favore, indipendentemente dal fatto che vengano eseguite delle opere “poco conosciute”.
     
    Comunque, in ogni caso, penso che per legge naturale non sia affatto conveniente sorprendermi e meravigliarmi per la presenza di tanti simpaticissimi . . . . . . . .
     
     
        VECCHI   AL   CONCERTO
     
    1, 2, 3 . . .10 . . . 20 . . . 100 . . .
    ma quanti sono al concerto, uhè . . .
    i vecchi . . . ben tirati, sguardo spento,
    camicia a collo antico e gilet,
     
    . . . oppur tailleur in tono con l’evento!
     
    I maschi, pochi, van con più decoro
    in quanto che le donne variopinte
    appaiono . . . e grasse, e a lor disdoro
    talora con movenze e spesso grinte
    da giovanette in cerca di lavoro.
     
    Spesso mi sono chiesto il motivo
    per cui tanti vecchi al concerto
    vanno ogni sabato . . . io non ci arrivo
    da solo a capirlo, ma esperto
     
    l’amico mio mi fa: “ È il solo attivo
     
    rimasto nel bilancio della vita
    d’oggi… Vengono qui, tutti lustrati,
    per dimostrare che non è finita,
    che esistono ancora, e innamorati
     
    dell’arte sono e no, quindi, all’Uscita!
     
    E poi alfine qui nessuno a loro
    rompe le palle . . . e se non sono fessi
    godono pur, pur quando di straforo
    si appisolano, e sognano gli eccessi
     
    dei loro tempi andati . . . tempi d’oro,
     
    tempi del “Che faccio?” . . . “Provo?” . . . “Oso?” . . .
     
    E’ il musicale anticipo sciccoso,
    della imminente . . . “Casa di Riposo”!
     
    Però chi meraviglia oggi tiene
    per tanti vecchi in sala, beh, conviene
     
    che cambi opinione: stesse scene
                lui calcherà fra un po’ . . . se gli andrà bene!
     
                (Cassandro)
     

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  12. amfortas 25 gennaio 2011 alle 3:33 PM

    Cassandro, c'è da sperare che nella Casa di Riposo dove andrà, spero presto, qualcuno che nomar non oso, non ci sia il telefono e sia vietato l'uso del cellulare 🙂
    E soprattutto speriamo che sia una vera casa di riposo e non un postribolo, visto che quest'ultimo qualcuno l'ha frequentato a lungo, tanto da mitizzarlo e vederlo ovunque…
    Ciao e grazie per i bellissimi versi 🙂

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  13. mamikazen 25 gennaio 2011 alle 7:32 PM

    Mitico Cassandro 🙂
    Ne ho vista una, una volta, a Bologna, era una bionda spettacolosa di almeno settantacinque – ottanta anni, secca secca, inguainata in un vestito di raso fucsia e ricoperta di brillanti e talmente tirata in faccia che per parlare riusciva a muovere un pochino solo le orecchie. Giuro, valeva il prezzo del biglietto.
    Mamma quanto sono cattiva, magari sarò anch'io così, un giorno. Solo che avrò i brillanti finti, il vestito di terital e mi toccherà tirarmi con le mollette, ché ad altro non potrò aspirare!!!

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  14. utente anonimo 25 gennaio 2011 alle 9:48 PM

    Meno male. Dopo gli orrori scaligeri ero un po'…sconfortata. Mi hai messo la voglia di ascoltare questo tenore. Detto fra noi, però, mi ruga che la Scala, con il passato glorioso che ha, sia ridotta alla stregua di qualunque teatrucolo senza tradizione…
    Biondasirocchia

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  15. amfortas 25 gennaio 2011 alle 9:59 PM

    mami, la carampana malvestita è un classico di ogni teatro che si rispetti. Le peggiori le ho viste al Teatro dell'Opera di Roma: agghiaccianti.
    Ciao 🙂
    bionda, della vecchia Scala ormai è rimasto quasi solo la risonanza mediatica che ha qualsiasi cosa vi succeda, nel bene e ormai quasi sempre nel male…
    Ciao!

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  16. utente anonimo 26 gennaio 2011 alle 8:43 PM

    @mamikazen

    di sicuro era la cecilia matteucci lavarini ! 😀

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  17. utente anonimo 26 gennaio 2011 alle 9:34 PM

    secco l'ho sentito per la prima volta a roma, alle terme di caracalla, nella lucia di lamermoor (si scrive così?). fu una serata bellissima, anche grazie a questo sconosciuto tenore di cui non si trovavano neppure video su internet. io 'scommisi' sul suo successo, per me si trattava di una vera e propria rivelazione. quando l'anno dopo lo ascoltai a parigi nel rigoletto devo ammettere che fui un pò deluso dalla performance un pò ordinaria. decisamente non un ruolo adatto a lui. sempre a parigi ho avuto poi modo di ascoltarlo nel macbeth. straordinario. semplicemente straordianrio. dubito che altri tenori oggi possano cantare il ruolo di macduff come fa lui.
    quindi non ho dubbi sul fatto che sia stato eccellente anche nei due foscari, opera che purtroppo non ho mai visto in teatro.
    infine, mi permetto anche io, come le sorciéres del macbeth, un piccolo vaticinio. la prossima rivelazione tra i tenori italiani si chiama gianluca terranova. magari fra un paio d'anni ci farai un post

    saluti

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  18. amfortas 27 gennaio 2011 alle 1:00 PM

    17, ne sono certo anch'io, ora posto una sua foto sobria così se mami torna ce ne dà conferma 🙂

    18, ciao, si scrive Lammermoor 🙂
    Gianluca Terranova lo conosco bene ed è stato più volte recensito su questo blog, con fortune alterne…
    Ciao e grazie 🙂

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