Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Rigoletto di Giuseppe Verdi al Teatro Verdi di Trieste: ultime considerazioni e piccolo ricordo personale.

Come dicevo nell’incipit del post precedente, è impossibile scrivere compiutamente di Rigoletto.
Però – come segnalato da un lettore – il libretto di sala della Fenice, che si riferisce a una recentissima produzione dell’opera, è ben fatto e vale la pena scaricarlo.
Molto interessante, tra le alte cose, la parte dedicata al confronto tra il testo originale di Hugo e il prodotto finito di Francesco Maria Piave. Sono spiegati bene alcuni particolari che aiutano a comprendere meglio l’opera.
Ma volevo dire anch’io qualche parola, ovviamente.
Rigoletto è un lavoro popolarissimo, e credo che oggi identifichi la musica di Giuseppe Verdi nell’immaginario collettivo come nessun’altra opera, con la sola eccezione della Traviata.
È sempre stato così, basta guardare la cronologia delle rappresentazioni di un qualsiasi teatro italiano: ci sono Rigoletti a centinaia. Alcune melodie o versi – penso alla canzone La donna è mobile ma anche a frasi quali vendetta tremenda vendetta – sono divenute proverbiali. In questo momento, mentre sto scrivendo, su RADIO3 stanno trasmettendo il Rigoletto dal Teatro Regio di Torino, per dire.

Eppure questa musica che oggi in molti, specialmente tra i melomani, danno per scontata, ai tempi del debutto è stata considerata rivoluzionaria perché in qualche modo si allontanava dalla tradizione consolidata, che concepiva la lirica esclusivamente come espressione di pura vocalità. Le critiche del tempo, cui ho già accennato, sono lì a testimoniarlo.
La rivoluzione verdiana sta proprio nella novità della concezione teatrale, che vede la melodia strettamente legata alla drammaturgia. Una simbiosi perfetta che si esplicita, per esempio, con i duetti che sono addirittura cinque.
Michele Girardi nel suo saggio per la Fenice rileva come

 “la figura (di Rigoletto) venga definita all’interno di un sistema di relazioni col mondo intimo dei propri affetti, in aperta dialettica col mondo esterno in cui talora si specchia”

Il che è certamente vero, ma è anche indiscutibile che Rigoletto è costretto a rifugiarsi nel privato perché riconosciuto dal mondo esterno come diverso, in ragione della sua difformità fisica. Verdi è anche il compositore del diverso: si pensi ad Alvaro, a Otello, percepiti dall’esterno con sospetto per il colore della pelle.
E alla fine si può ben dire che Rigoletto, nonostante i tanti duetti – che implicano interazione e quindi potenzialmente conoscenza tra i personaggi – sia opera d’incomunicabilità e di claustrofobia dei sentimenti.
I dialoghi sono improduttivi con la figlia Gilda, sono assenti col Duca. L’unico personaggio col quale Rigoletto interagisce realmente è Sparafucile, il sicario. Non è un caso perché Sparafucile è necessario a Rigoletto per la sua vendetta e anche perché è un personaggio di rango inferiore, non è un nobile cortigiano. Non è un caso – ma è chiaro solo nella stesura originale del dramma di Hugo – che Rigoletto si rivolga a Marullo senza il consueto disprezzo nella terribile quarta scena del secondo atto (tu c’hai l’alma gentil come il core, dimmi tu dove l’hanno nascosta?). Marullo è sì un cortigiano, ma ha provenienza popolare.
Segnalo anche un’illuminante intervento di Alberto Moravia, che si riferisce in generale all’opera drammaturgica di Hugo e Verdi, ed è quindi pertinente anche per il Rigoletto e l’opera in genere.

“I personaggi di Hugo sono prima che uomini, uomini del medioevo e del rinascimento e pertanto sono oggi illeggibili o non rappresentabili. Verdi, lui, non credeva affatto nella storia né come evasione né come ricostruzione. I suoi personaggi sono fuori della storia anche se sono in costume.
Così ci interessano tutt’oggi appunto perché sono prima di tutto uomini, e poi uomini del medioevo e del rinascimento.

Noi spettatori ci possiamo quindi confrontare con loro al di là del tempo e dello spazio.
Concludo questa mia pallosissima elucubrazione con un ricordo personale.Carlo Galeffi
Come detto in apertura, Rigoletto è stato rappresentato ovunque molto spesso e Trieste non fa eccezione.
Tra le tante produzioni ce ne sono tre in particolare di cui ho una testimonianza indiretta, attraverso i ricordi di mio padre che da qualche tempo non c’è più.
Si tratta degli allestimenti del 1934, 1940 e 1942, sempre al Politeama Rossetti – a quei tempi la lirica si faceva ovunque, era popolare davvero – con il leggendario Carlo Galeffi nella parte del protagonista.
Mi diceva papà che il grande baritono percorreva in lungo e in largo il palcoscenico tenendo una corona interminabile su “un vindice avraaaaaaaaaaaaai sììììììììììììì vendetta tremenda vendetta”, mandando in visibilio il pubblico.

Altri tempi, altri uomini, altri spettatori.

Un saluto a tutti.

 

14 risposte a “Rigoletto di Giuseppe Verdi al Teatro Verdi di Trieste: ultime considerazioni e piccolo ricordo personale.

  1. giuliano 15 marzo 2012 alle 9:49 am

    sinceramente commosso dalla tua pallosissima elucubrazione, ma sempre restando in tema,
    🙂
    ti comunico una clamorosa dimenticanza nella mia lista di film e opera: Strategia del ragno di Bernardo Bertolucci, anno 1970, col finale dentro il teatro che dovrebbe essere a Sabbioneta. Il Rigoletto che si ascolta mi pare che sia quello Borgioli-Stracciari, ma nei titoli di coda non è indicato. (ho raccolto un po’ di materiale, anche grazie a te e a Marisa, magari ci faccio un altro post)

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    • amfortas 15 marzo 2012 alle 12:44 PM

      Giuliano, grazie per le parole di conforto 🙂
      Colpevolmente ammetto che non ho ricordo del film di Bertolucci, ma si sa i ricordi alla mia età sono come le onde di marea, vanno e vengono. Insomma sono rincoglionito, ma in modo poetico 🙂 Attendo il tuo post, allora.
      Ciao!

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  2. giuliano 16 marzo 2012 alle 9:18 am

    forse sarà meglio specificare, per i distratti: l’espressione “pall.el.” l’ha usata Amfortas (sopra la foto di Galeffi), e io ho approfittato della confidenza per dire che ho letto tutto.
    (scusa la spiegazione, ma non si sa mai…)
    🙂

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    • amfortas 16 marzo 2012 alle 10:46 am

      giuliano, intanto ieri c’è stata la prolusione all’opera a cura di Michele Mirabella, regista in questa produzione che ho scoperto essere una ripresa di un allestimento che già mi annoiò a morte nel 2006. Mirabella è un furbone, sa come accattivarsi la simpatia del pubblico ultracentenario di Trieste. Infatti si è esibito in una filippica contro “le regie moderne” – che non vuol dire nulla, come tutte le generalizzazioni – per la quale ha ottenuto anche qualche fiacco applauso, mentre io lamentavo la mia insofferenza con un sommesso turpiloquio.
      Vedremo la sua regia tradizonale, quanto sarà efficace.
      Ciao!

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  3. Enrico 16 marzo 2012 alle 11:34 am

    Ieri sera ero alla generale per le scuole. Che spettacolo!!!! Evviva le opere con allestimento tradizionale e che voci! Peccato che avevano già cantato la sera prima e quindi erano affaticate.
    Domani sarò alla prima e mi auguro un teatro finalmente affollato.

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  4. amfortas 16 marzo 2012 alle 2:27 PM

    Enrico, sono contento che l’allestimento ti abbia soddisfatto, io lo ricordo abbastanza anonimo. Vedremo domani!
    Ciao e grazie!

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  5. alucard4686 16 marzo 2012 alle 5:37 PM

    Domanda: ma come si ottengono i biglietti per le generali? 🙂

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  6. amfortas 16 marzo 2012 alle 5:43 PM

    Alu, onestamente non lo so perché non ci vado mai…hai provato a chiedere in biglietteria? Credo comunque che siano riservati ad alcune categorie di spettatori, forse anche agli studenti?
    Ciao!

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  7. Enrico 17 marzo 2012 alle 12:21 PM

    Ciao Amfortas,

    intervengo nuovamente sul “Rigoletto” ma questa volta con una curiosità che probabilmente susciterà ilarità in molti lettori del blog.
    Immagino gran parte di essi conoscano il video dell’opera col trio Pavarotti/Wixell/Gruberova (primi anni ’80); bene, io recentemente l’ho rivisto…..beh Wixell è MOLTO somigliante a Paolo Villaggio e la Gruberova è praticamente Massimo Boldi con la parrucca (ovviamente mi riferisco al Villaggio ed al Boldi di quegli anni)!! Immaginatevi cosa diventi il duetto del primo atto, che è ben cantato….ma purtroppo l’ “effetto sosia” è letale!

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  8. amfortas 17 marzo 2012 alle 1:12 PM

    Enrico, hai perfettamente ragione! Sono dei cloni veri e propri :-)E comunque quel Rigoletto è davvero imperdibile per certi momenti baracconi più ancora che per l’altro livello del canto.
    Ciao e grazie!

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  9. principessasulpisello 18 marzo 2012 alle 4:24 PM

    non dimentichiamo che la scelta di un protagonista “deforme” è, come capita spesso a Verdi, rivoluzionaria e spiazzante per il pubblico dell’epoca!

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  10. amfortas 18 marzo 2012 alle 4:30 PM

    Marina, verissimo, hai fatto bene a scriverlo! Ciao 🙂

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