Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione abbastanza seria della Bohème di Giacomo Puccini al Teatro Verdi di Trieste.

[ATTENZIONE, SPOILER: IN QUESTO ARTICOLO SI RIVELA COME FINISCE L’OPERA, CHI NON VUOLE ROVINARSI LA SORPRESA NON LEGGA.]
Partitura Bohème

Siamo alle solite, da un certo punto di vista.
C’erano – in teoria – tutte le premesse per fare il pienone al Teatro Verdi di Trieste: un’opera ultranota, un cast adeguato (siamo a Trieste, non possiamo permetterci cantanti troppo famosi, ci accontentiamo di qualcuno bravo), una regia che doveva essere rassicurante già vent’anni fa, quando vide la luce.Eppure il pubblico latita. Bisognerà cominciare a chiedersi seriamente il perché, credo. Molti vuoti ovunque, dalla platea al loggione. Non è un bene. E non solo, quelli che c’erano si sono dimostrati di una freddezza clamorosa.
Ora, capisco che non è bello farsi gli affari degli altri però, a questo punto, io se fossi responsabile della programmazione penserei che forse vale la pena di tentare qualche nuova strada, il che significa approntare un cartellone di rottura (in senso buono) che si smarchi dalla routine che si rumina nella gran parte dei teatri italiani.
Chissà, forse si perderebbe qualche spettatore dai gusti iperconservatori e si guadagnerebbe l’attenzione di qualcuno – non necessariamente giovane –  attratto dal titolo desueto o almeno non abusato. Non so, io ci rifletterei.
Lo dico perché, a ben guardare in questa produzione, dal punto di vista scenografico e registico c’è tutto quello che ci si aspetta in una Bohème: la soffitta, le sedie, la frenetica confusione del Caffè Momus e la civetteria di Musetta, la neve che scende alla Barrière d’Enfer e la sedia (in questo caso) sulla quale muore Mimì.
Sono appropriati i costumi di Chiara Barichello ed efficaci le luci di Nino Napoletano.

Alla buona riuscita dello spettacolo contribuisce in modo decisivo la direzione di Donato Renzetti – alla testa di un’Orchestra del Verdi magnifica – , che non cade nella trappola del puccinismo ma al contrario preferisce una lettura quasi cameristica della partitura. Ottiene così ottimi risultati: non copre mai i cantanti, che hanno voci educate ma non enormi, esalta la poesia lirica delle pagine più famose e non fa risucchiare il canto di conversazione – paradigma pucciniano – nel maelstrom del miniaturismo manierato contenendolo sui binari di una piacevole e musicale discorsività.
Tradotto dal critichese: non c’erano i soliti clangori che creano il temuto effetto che rende il cantante sul palco inudibile come un pesce rosso in acquario. Certo, in alcune occasioni non sentire i cantanti è una benedizione, ma non era questo il caso.
JeanFrançois Borras è un buon tenore, abituato a opere meno dense dal punto di vista orchestrale e perciò leggermente sottodimensionato per volume alla parte di Rodolfo. Però sa cantare con gusto, fraseggia con disinvoltura e proprietà di accenti, ha un’ottima pronuncia e dizione chiara. Gli si perdona volentieri perciò la mancanza di qualche decibel nei momenti di grande espansione lirica (talor dal mio forziere) anche perché gli acuti ci sono e belli facili, luminosi.
Ben riuscito anche il dialogo con Marcello del terzo quadro, così come il famoso duetto “In un coupé”, e convincenti anche le ultime battute – che si prestano a qualche esagerazione di stampo verista – a coronare una prova di buon livello dell’artista francese.

Alexia Voulgaridou, Mimì, non può contare su di uno strumento prezioso, il timbro è abbastanza anonimo, ma ha altre frecce al suo arco, che poi sono le stesse del suo collega tenore, con l’eccezione di una dizione non sempre nitidissima. L’accento però è sempre convincente, la recitazione sobria – in una parte che, in questo senso, è piuttosto insidiosa – e la voce ha un che di dolente che si adatta benissimo al personaggio. Dolente e non piagnucoloso, stucchevole. Quindi, emoziona, anche se un paio di acuti sono risultati vetrosi. Il “Donde lieta uscì” è stato il momento migliore di una serata complessivamente riuscita.

Per il Marcello di Gezim Myshketa ci vuole un aggettivo forte: eccellente è quello giusto.
Il baritono è disinvolto in scena e tratteggia un Marcello virile, giovane e gioviale, brillante ed effervescente e allo stesso tempo capace di ripiegamenti malinconici e accenti accorati. Il tutto con una voce sonora e timbrata, ben proiettata e di bel colore brunito.
Mi ha convinto e ne sono contento, perché qualche volta l’ho valutato un po’ meno favorevolmente e a me spiace sempre parlare male di qualcuno.
Daniela Mazzucato interpreta la sua famosa Musetta con la verve di ieri e la voce di oggi, che la costringe a forzare un  po’ gli acuti che risultano occasionalmente stridenti. Problemi riscattati ampiamente dal fraseggio intelligente e dall’ottima resa del terzo e quarto quadro. In scena, quasi superfluo dirlo, è assolutamente impagabile.
Massimo Gagliardo è uno Schaunard tutto sommato convincente, anche se la voce, a tratti, suona leggermente ovattata.
Discreta la prestazione di Dario Russo nei panni di Colline, anche nella partecipe ed esposta (i confronti nella lirica sono spesso ingenerosi) “Vecchia zimarra”.
Se la cavano piuttosto bene tutti gli altri: Dario Giorgelè nella doppia parte di Benoit e Alcindoro, Alessandro De Angelis (Parpignol), Dax Velenich (Un venditore ambulante), Ivo Federico (Il sergente) e Giovanni Palumbo (Un doganiere).
Molto bene si è comportato il Coro, istruito da Paolo Vero e validi sono stati pure i ragazzini del coro “Piccoli Cantori della Città di Trieste”, diretti da Cristina Semeraro.
Alla fine il pubblico si è un po’ svegliato e ha accolto con applausi tutta la compagnia di canto. Particolarmente caldi, mi sono sembrati, i consensi alla Mimì.
Faccio tre appelli, in chiusura.
Il primo ad Alucard, col quale neanche stavolta siamo riusciti a incontrarci: mi devo vestire davvero da Cio Cio San, per rendermi visibile ai tuoi occhi? Guarda che lo faccio eh?
Il secondo alla maschera che ha duramente ripreso ex Ripley mentre tentava di scattare una foto alle uscite singole: hai ragione, ma non sai quello che rischi. Un tuo collega romano ora lo chiamano Er Scevola, credo di non dovere spiegare il perché.
Un terzo ai lettori di questo blog, e ne approfitto sino a che dura l’Effetto Repubblica: il Teatro Verdi di Trieste ha bisogno di essere confortato, come un vecchio signore (o signora, è uguale) un po’ avanti negli anni che cerca di tenersi in forma e aggiornato.
Bene, potete coccolarlo e abbracciarlo anche su Facebook. Io non lo faccio perché non ho account in quei luoghi del dimònio ( ciao Giorgia), ma chi può lo faccia. Commentate, dite, fate, strusciatevi, moltiplicatevi o che ne so io.

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Ok? Eddai!

Un saluto a tutti.

52 risposte a “Recensione abbastanza seria della Bohème di Giacomo Puccini al Teatro Verdi di Trieste.

  1. Luca 15 aprile 2012 alle 5:55 PM

    Sono deragliato per lo spoiler :-). Concordo su tutta la analisi, anche io sono rimasto colpito dai progressi del baritono. Il pubblico a Trieste è così non si può fare nulla. Vai a vedere anche il secondo cast?

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    • amfortas 15 aprile 2012 alle 7:29 PM

      Luca, non deragliare che già siam messi male a treni, qui a Trieste. Il secondo cast? Forse, vediamo se ce la faccio, avrei un aneddoto ma ci faccio l’ennesima brutta figura e quindi glisso…ciao e grazie!

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  2. Paolo Locatelli 15 aprile 2012 alle 6:43 PM

    Ciao Amfortas, c’ero anch’io alla prima e sono d’accordo praticamente su tutto (solo la Volgaridou m’è piaciuta un po’meno, soprattutto nel primo atto mi è sembrata poco consapevole di cosa stesse cantando). Eccellente davvero la direzione e pure Myshketa che avevo ascoltato solo in un’altra occasione come Sharpless a Pordenone un paio d’anni fa.
    Ho creduto di riconoscere un distinto signore che rassomigliava alla foto pubblicata qui sul tuo blog ma non ho osato presentarmi non tanto per timidezza quanto per evitare spiacevoli figuracce essendo un pessimo fisionomista.
    Spero ci sarà occasione di incontrari, magari alla prossima.
    Al solito complimenti per il blog e per il raro (davvero raro) equilibrio nei giudizi.

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    • amfortas 15 aprile 2012 alle 7:32 PM

      Paolo, ciao. La prossima volta magari scrivimi, così vediamo di darci delle coordinate e ci becchiamo, non vorrei che si ripetesse la telenovela che ha per protagonisti me e Alucard 🙂
      Piccole discrepanze nelle valutazioni ci possono stare, direi. Grazie per i complimenti, essere e quilibrato nei giudizi e non troppo pesante nello stile sono miei obiettivi. Ciao!

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  3. Lorenzo Cosoli 15 aprile 2012 alle 7:13 PM

    Ma la Mazzuccato canta ancora perchè la Fornero ha allungato i tempi per andare in pensione ? Non si discute sulla verve. L’ho vista al Politeama negli anni 70 quando ero studentino e l’avrei baciata volentieri. NEGLI ANNI 70……….appunto. Mi risulta che Musetta debba essere giovane e provocante …..appunto.Borras arriva fino al loggione, in questo assecondato da un direttore che non copre le voci per fortuna.Myshketa bravissimo. Cosa vorresti fosse rappresentato ? Mosè e Aronne di Schoenberg ?

    La gente non viene forse anche perchè un ingresso in loggione costa 20 euro e non ci sono più i biglietti last minute al 50 %.

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    • amfortas 15 aprile 2012 alle 7:36 PM

      Lorenzo, se cominciamo con la verosimiglianza nell’opera apriamo un capitolo non da poco. La Mazzucato resta una grande artista, anche se ovviamente gli anni passano anche per lei. Quanto a Schoenberg, perché no? Pensa che bello, una delle poche rappresentazioni di sempre. A parte gli scherzi, mi accontenteri con molto meno: una Wally? Certo, sparare titoli è facile, ma credo che ci si possa lavorare.
      Hai ragione sui last minue, meno sul prezzo del biglietto per il loggione: ti pare che 20 euro siano troppi per uno spettacolo in teatro? A me, no.
      Ciao e grazie.

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  4. alucard4686 16 aprile 2012 alle 10:18 am

    Incominciamo con le cose serie.
    Come al solito leggo la tua recensione e rivedo tutto quello che ho vissuto. Sono completamente d’accordo.
    Una piccola nota: le vecchiette che scartano le caramelle sono delle terroriste ! In loggione la situazione era davvero snervante.

    Passando alle cose meno serie.
    Io mi aggiravo in zona teatro dalle 19:30, ma ahimè, non ti ho proprio visto. Ho pensato che magari avessi avuto qualche imprevisto e non fossi venuto, fino a quando poi, dal loggione, ti ho scorto in platea…
    Mi sa che dovrai passare in via Ghega e prenderti un bel ombrellino orientale… xkè io il mio verde acido ce l’avevo ! (Confidiamo ne L’amico Fritz ).
    P.s. Io vorrei vedere tanto una Gioconda !

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    • amfortas 16 aprile 2012 alle 10:50 am

      Alu, bene, siamo ancora d’accordo ed è già una cosa 🙂
      Io sono arrivato verso le 19.45 davanti al teatro e poi sono andato a bere un caffè agli Specchi, evidentemente ci siamo sfiorati ma non visti: un amore contrastato.
      Gioconda, Wally…ce ne sono a decine di titoli che potrebbero essere interessanti. Bisogna fare conto con le risorse e poi vedere se ci sono cantanti adatti alle opere scelte. Magari ci torniamo con calma.
      Cliccate (tu l’hai fatto, ho visto) sul sito FB del Verdi.
      Ciao!

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    • massimiliano gagliardo 9 Maggio 2013 alle 9:02 am

      bene

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  5. principessasulpisello 16 aprile 2012 alle 10:58 am

    Massimo Gagliardo ha studiato con mia zia, Rosetta Noli ma, quando frequentava la scuola, non era “ovattato”. Mah…

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  6. giuliano 16 aprile 2012 alle 12:39 PM

    scusate se mi intrometto, ma certo che se vai al Caffè degli Specchi e pretendi di vedere Alucard… (forse potresti provare al Caffè degli Ihcceps)
    🙂

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  7. amfortas 16 aprile 2012 alle 4:28 PM

    Giuliano e Alu, or tutto è chiaro…perché non provate a succhiarvi il sangue tra di voi? 🙂

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  8. giuliano 17 aprile 2012 alle 8:35 am

    ah no, io sono Van Helsing!! sto per l’appunto cercando un temperamatite, ma grande. (dov’è che l’avrò messo?)
    🙂

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  9. giuliano 17 aprile 2012 alle 8:37 am

    musica: Marschner, of course.

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  10. giuliano 17 aprile 2012 alle 2:14 PM

    e dunque sei più Namtab che Alucard? (Namtab o Nibor?)
    (chi è l’altro che ha scritto un’opera sui vampiri, oltre Marschner? ce n’è un altro, ma non me lo ricordo – disdetta!)

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  11. amfortas 17 aprile 2012 alle 4:05 PM

    Vi vedo in sintonia eh? 🙂 L’anno scorso mi sono perso l’opera di Marschner, peccato.

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  12. giuliano 17 aprile 2012 alle 5:11 PM

    …e mi chiedevo, se Giacomo Puccini fosse qui tra noi e leggesse questo scambio di battute in coda alla Boheme, come si comporterebbe? Ho due ipotesi:
    – caricherebbe la doppietta
    – si unirebbe a noi nel dire bischerate
    mancando qui una tavola imbandita, temo proprio che la risposta giusta sia la prima…

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  13. Alan 19 aprile 2012 alle 1:11 PM

    Velocissime note dal secondo cast, dal solito turno E.
    Splendido l’allestimento, anche se si è capito che non ci vuole molto per farmi apprezzare un allestimento… 🙂
    La direzione di Donato Renzetti è stata più che buona. Non sono tanto d’accordo sul fatto che non coprisse i cantanti, ma in effetti non so se fosse colpa dell’Orchestra o dei cantanti (ci arrivo tra un attimo).
    Elisabetta Ferraris come Mimì è stata egregia: ottima dizione, buon fraseggio, buona interpretazione del personaggio. L’unica nota stonata è che spesso la sua voce risultava ovattata, anche se non è stata l’unica, come vedremo.
    Giuseppe Talamo come Rodolfo è stato forse il meno bravo in scena. Partito maluccio nel primo atto (un paio di acuti sono stati molto imprecisi) si è poi ripreso discretamente negli atti successivi. Anche la sua voce è risultata alquanto ovattata, un po’ durante tutta la serata.
    Domenico Balzani come Marcello e Andrea Vincenzo Bonsignore come Schaunard sono stati più che discreti. E anche loro nel complesso risultavano ovattati. Ora, posto che non sono stato il solo ad avere questa sensazione (quindi non è che devo prenotare una visita dall’otorino :D), ammetto che non riesco a capire dove fosse il problema, se dei cantanti (ma tutti?! È questo che è strano) o dell’orchestra. O di qualcos’altro. Comunque ci tengo a sottolineare che non è stata una brutta recita. Anzi, è stata molto gradevole, solo mancava un po’ di volume, tutto qua.
    Gianluca Breda come Colline è stato forse il migliore della serata: sempre preciso, con un’ottima voce e una gran presenza scenica. Molto buona la sua “Zimarra”.
    Diletta Rizzo Marin come Musetta è stata un po’ troppo leggera. Che in sé non sarebbe neanche male per il personaggio, ma per qualche motivo non risultava convincente nella parte.
    Bene Dario Giorgelè come Benoit e Alcindoro e Alessandro De Angelis come Parpignol.
    Buoni anche Roberto Miani come venditore ambulante, Giuliano Pelizon come Sergente dei Doganieri e Giovanni Alberico Spiazzi come Doganiere. Quello che non capisco è perché queste tre parti abbiano bisogno di un doppio interprete. Non mi sembrano così impegnative da richiedere l’alternanza, ma magari c’è qualcosa che non so.
    Ottimo il Coro e i Piccoli Cantori della Città di Trieste.
    Teatro bello pieno. Certo, non “sold out” ma decisamente pieno.

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    • amfortas 19 aprile 2012 alle 4:56 PM

      Alan, intanto grazie per il commento, che va a completare bene il post parlando anche del secondo cast che io, purtroppo, non vedrò.
      Appunto però parliamo del cast alternativo. Ora, non che sia una regola ferrea, ma spesso i cantanti del secondo cast sono meno dotati di quelli del primo, perciò magari le voci non passavano l’orchestra per questo motivo e non per demerito specifico di Renzetti. Però non voglio parlare di recite che non ho visto.
      Mi fa piacere che il teatro fosse pieno, questo è sicuro.
      Ciao e grazie!

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      • Alan 20 aprile 2012 alle 3:36 PM

        Chiarissimo, infatti apposta ci tenevo a sottolineare che lo spettacolo era più che buono, che la direzione era ottima e precisa e che, bene o male, le voci dei cantanti c’erano. Poi magari banalmente non era giornata.
        Grazie a te per l’ospitalità e al prossimo titolo! 🙂

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      • amfortas 21 aprile 2012 alle 7:29 am

        Alan, figurati, grazie a te e a tutti gli altri per i sempre puntuali commenti. Forse ne arriverà qualcun altro, dopo la recita di ieri sera. Ciao!

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    • David 21 aprile 2012 alle 11:01 PM

      Non so l’amico Alan dove abbia sentito tutto questo ovattamento, probabile che l’acustica cambi a seconda del posto, ero presente anch’io alla stessa recita e devo dire che mi hanno piacevolmente sorpreso, un secondo cast di tutto rispetto, molto bene la Mimì Elisabetta Ferris voce calda e di buon volume, non gli è stato da meno il Tenore Giuseppe Talamo, un Rodolfo convincente, bel squillo, solido nel registro acuto e di bella presenza scenica, (crescente nei primi due acuti ma come diceva la grande Callas meglio crescente che calante..) Bene anche Domenico Balzani un Marcello dalla voce schietta e sonora, l’avevo già apprezzato a Novara nello stesso ruolo, Andrea Vincenzo Bonsignore come Schaunard concordo discreto. Bella e brava la Musetta Diletta Rizzo Marin,un pò leggera ma incisiva, è riuscita ben a ricreare il suo personaggio per la drammaticità del quarto atto. Ha ben figurato Gianluca Breda nei panni di Colline voce rotonda e dai bei colori. La direzione di Renzetti è stata superba, ha dato dei colori stupendi, bella intensità nel terzo e la giusta drammaticità nel quarto. Il publico di Trieste è stato molto generoso negli applausi finali, ciò a testimoniare la bella riuscita di questa recita.

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      • amfortas 22 aprile 2012 alle 7:59 am

        David, credo che, soprattutto se non accadono incidenti macroscopici, le valutazioni possano differire anche di molto, quindi ci stanno benissimo opinioni diverse della stessa recita. L’acustica, mi hanno detto molti cantanti, a Trieste è tra le migliori. Quello che può inficiare la buona acutica di un teatro sono, a volte, le scene o le scelte registiche.
        Ciao e grazie!

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      • David 22 aprile 2012 alle 11:55 am

        infatti volevo essere ironico sul discorso che l’acustica cambi di posto in posto, io queste voci ovattate non le ho sentite, ed ho fatto il cantante di mestiere fino a poco tempo fà… (a 62 anni ho deciso di smettere) ci tenevo a dire che è stata una buonissima recita come l’amico Alan ha tenuto a dire, però della sua critica non condivido alcune cose, il Tenore non è partito affatto maluccio, anzi una bellissima esecuzione della gelida manina cantata con gusto e con buon fraseggio, (non si valuta un cantante per una singola nota ma il Do nella manina è stato lungo, luminoso e tenuto senza sforzo alcuno, almeno dalla platea così mi è parso) l’applauso deciso del pubblico di Trieste a fine aria ne è stata la prova, non condivido il discorso di voci ovattate, anzi mi sono parse voci ben messe in avanti qualche suono forse non proprio a fuoco ma nell’arco dell’intera recita ci sta… Non condivido il perchè la Musetta non la convinca nel ruolo a me è parsa giustissima e il personaggio ben costruito. Volevo solo chiarire agli amici lettori di non prendere alla lettera ciò che sia io che l’amico Alan abbiamo scritto… perchè da come potrete capire ci sono pareri parecchio discordanti della stessa recita, quindi consiglio di vederla per farsene una reale opinione. Ti ringrazio per il servizio ci risentiremo per L’amico Fritz.

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      • amfortas 22 aprile 2012 alle 6:41 PM

        David, grazie della precisazione e delle belle parole, magari Alan ti darà qualche chiarimento.
        Ciao e grazie.

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      • Alan 24 aprile 2012 alle 3:21 PM

        Scusate il ritardo.
        Non so cosa dire. Io posso dire che dalla prima fila della seconda galleria le voci giungevano affievolite. E, come detto, è stata una sensazione avvertita anche dai miei vicini di poltrona. Devo dire che mi era capitato anche un’altra volta, mi pare ad una “Vedova allegra” di qualche tempo fa, negli stessi posti. Anche allora l’intero cast, seppure di buon livello, risultava ovattato. A questo punto inizio a pensare ci sia sotto una causa meccanica. Ripeto, non so che dire. Ed è proprio per questo che ho voluto esplicitare che lo spettacolo era comunque ad un buonissimo livello.
        Ringrazio David per aver riportato anche i suoi commenti, tanto più che lui è un professionista mentre io sono solo un appassionato. Ci tengo anch’io a sottolineare come i miei commenti sono assolutamente personali e non vogliono essere tanto una “critica” quanto una “testimonianza” della recita. Non avendo basi “tecniche” mi baso più che altro sulle mie sensazioni personali che, proprio per questo, non vanno prese per oro colato. Mi fa piacere ci sia stata questa divesità di vedute con David perché era da un po’ che volevo sottolineare questo aspetto dei miei commenti ma non avevo mai avuto l’occasione di farlo.

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      • fabrizio 24 aprile 2012 alle 7:58 PM

        Da frequentatore più che veterano – purtroppo! – del Verdi mi sento di confermare che l’acustica della seconda galleria è quella meno felice, già nelle prime file (dove per altro vado anch’io ..) ; decisamente meglio il loggione, da questo punto di vista.
        Saluti,

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      • amfortas 25 aprile 2012 alle 8:27 am

        Fabrizio, il rapporto qualità/prezzo del loggione di Trieste è il migliore dei teatri in cui sono stato io. Ciao!

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      • amfortas 25 aprile 2012 alle 8:26 am

        Alan, grazie delle precisazioni! E comunque le testimonianze di tutti sono sempre preziose, vorrei che fosse chiaro.
        Ciao!

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    • David 26 aprile 2012 alle 10:20 am

      Sono dello stesso avviso le testimonianze sono importanti, ma quando noti che tutti i cantanti ti risultano ovattati il dubbio bisogna porselo come ha fatto le stesso Alan, da ex cantante vi dico che le vostre (nostre) testimonianze sono importanti per un cantante e può indurre una professionista a farsi delle grandi pippe mentali, quindi volevo solo chiarire che a parer mio voci ovattate non ne ho sentite… un’abbraccio a tutti e grazie

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  14. Lorenzo 20 aprile 2012 alle 10:10 PM

    20 euro per il loggione? che sogno! qui a Milano per un posto in galleria che abbia un minimo di visuale – e non ce ne sono molti – bisogna sganciare 60 eurini, e magari si trovassero i biglietti….

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    • amfortas 21 aprile 2012 alle 7:42 am

      Lorenzo, vero? Anche a me 20 euro non sembrano una cifra assurda, anzi. Considerando poi che al di là di eccezioni luminose i cast, alla Scala o a Trieste, non sono poi così distanti dal punto di vista artistico, direi proprio che a Trieste siamo fortunati. A Venezia, per dire, il loggione è sui 70.
      Ciao e grazie.

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  15. fabrizio 21 aprile 2012 alle 7:48 PM

    Vista la replica di ieri con il 1. Cast: mi è sembrata una Bohème di eccellente tradizione, né più né meno. Non resterà memorabile per l’allestimento e la regia, come Paolo ha largamente motivato, ma le qualità musicali dello spettacolo, pur senza segnare svolte epocali, erano notevoli ed equamente somministrate. Bene Borras, a cui non è mancata,almeno alle mie orecchie, l’espansività dei momenti più lirici (peccato un certo impaccio attoriale); molto bene la Voulgaridou – non miniatureggia , anzi definisce il personaggio di Mimì con un decisionismo e un’asciuttezza che personalmente prediligo, e soprattutto ha una tenuta di fiati molto salda, che le permette un’espressività lucida e non banale, fraseggia con molta intelligenza.
    Ho trovato la Mazzucato un po’ troppo incline a tipizzare il suo ruolo nel secondo e nel terzo quadro – acuti a parte – comunque la disinvoltura rimane esemplare, e diventa impagabile nella scena finale, scandendo i pochi ma scoperti ed essenziali interventi, fra declamato e arioso, con cui Musetta accompagna la morte di Mimì con la penetrazione di un’autentica cantante/attrice di vaglia. Assai bene tutto il quartetto maschile, e sui meriti della concertazione non posso che associarmi pienamente a quanto scritto da Paolo.
    Non sold out, ma galleria e loggione gremiti; pubblico triestinamente contenuto (ma è vecchia storia!)
    Saluti! Fabrizio

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  16. Furio 23 aprile 2012 alle 12:14 PM

    Recita con il 2^ cast di sabato 21: avevo giurato di non commuovermi più al 2^ e 3^ atto, ma non ce l’ho fatta. Bella direzione d’orchestra. Dalla seconda galleria (c’è poco da dire ma i palchi e la 2^galleria arretrata attutiscono certe frequenze!) sentivo una voce meno chiara per il tenore, comunque espressivo ed intonato. Bravi a tutti!

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