Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione semiseria di Il Signor Bruschino di Rossini al Teatro Malibran di Venezia: l’opera vive e lotta con noi.

Ok, lo sappiamo, l’opera è morta o quasi ma ogni tanto – e guarda cosa mi deve capitare proprio nell’orrida Venezia – un raggio di luce squarcia le tenebre e scopriamo che è proprio vero che la speranza è l’ultima dea.
Ieri, in un bar vicino alla stazione ferroviaria, ho lasciato incustoditi il programma di sala del Signor Bruschino e l’iPad: cavolo, mi hanno fregato il programma. Non l’avrei giammai creduto. Un melomane poco avvezzo all’informatica? Un ladro frettoloso? Spero non sia il risultato di una nuova, terribile, mutazione genetica: il gabbiano ladro e melomane. Sarebbe troppo anche per me (strasmile).
Ma veniamo, come sempre, alle cose meno serie e cioè alla cronaca di una bella serata veneziana in una città lagunare semideserta (!!!), dove probabilmente tutti stanno facendo allenamento per la prossima orgia carnascialesca.

bruschino 1Le farse di Rossini – composte per il defunto Teatro San Moisè tra 1810 e il 1813 – hanno trovato spazio negli ultimi anni al Teatro Malibran di Venezia, grazie al progetto di collaborazione tra il Teatro La Fenice e gli allievi dell’Accademia delle Belle Arti. Con l’allestimento di Il Signor Bruschino (ossia il figlio per azzardo) questa specie di esperimento teatrale e artistico è terminato, a mio parere con risultati più che soddisfacenti.
Di sicuro ieri sera il lavoro di Rossini (tratto dalla commedia Le fils par hasard ou Ruse et folie di René de Chazet e Maurice Ourry) non è sembrato meritarsi frasi come questa:

tanto esecrabile da non potersi mettere in scena né dagli spettatori tollerare

“sparata” da un critico ai tempi della prima, che fu un fiasco clamoroso. E, probabilmente, giudizi avventati come quello riportato hanno pesantemente contribuito a far sì che per molto tempo l’opera sia caduta nell’oblio, tanto che anche una ripresa nel 1844, a Milano, passò inosservata.
In realtà il Bruschino è rappresentativo del genere farsesco di moda in quegli anni a cavallo tra la fine del Settecento e dell’Ottocento, perché ne presenta tutte le caratteristiche. Trame esili, tipologie di personaggi ricorrenti. Insomma, come bene chiarisce il libretto di sala:

Fanciulle intraprendenti, servi sciocchi, coppie di giovani innamorati, scaltre e navigate soubrettes, vecchi burberi e avidi immancabilmente turlupinati venivano coinvolti in vicende che prevedevano travestimenti e agnizioni, nascondigli e ritrovamenti, equivoci, ipocrisie e disvelamenti fino all’immancabile lieto fine, e mettevano a dura prova le abilità attoriali ed espressive degli interpreti.

Bepi Morassi, uomo navigato di teatro, ha curato la regia di quest’allestimento con un occhio (immagino io) anche alla spending review pensando a una scena fissa e semplice, curando con attenzione la recitazione dei cantanti e le controscene e puntando sulla freschezza di luci e costumi bene realizzati dai giovani dell’Accademia. Certo, non siamo di fronte a una di quelle produzioni faraoniche che sbalordiscono ma si percepisce la fragranza di un’artigianalità teatrale che bada più al sodo che all’apparenza.Bruschino 2
Francesco Ommassini ha diretto bene ma forse con eccesso di compostezza l’ottima Orchestra della Fenice. In qualche momento un maggior brio sarebbe stato auspicabile ma, per esempio, la singolare Sinfonia è stata resa con ironica vivacità e l’accompagnamento ai cantanti sempre meditato.
Per quanto riguarda la compagnia di canto è indispensabile cominciare tessendo lodi sperticate alla bravissima Irina Dubrovskaya (Sofia) che mi è sembrata in grande crescita artistica. La voce si è tornita nei centri e sale con facilità disarmante agli acuti di una parte difficile, ricca di agilità anche spericolate che il soprano ha snocciolato con disinvoltura. Davvero notevole l’interpretazione dell’aria Ah donate il caro sposo, che le è valsa uno scrosciante e meritato applauso a scena aperta.
Molto centrata anche la prestazione di Omar Montanari (Gaudenzio), che ha cantato bene e si è tenuto lontano da eccessi temperamentali che qualche volta inficiano la caratterizzazione dei “vecchi burberi”, trasformandoli in macchiette un po’ volgari. Da lodare anche la grande padronanza del palcoscenico e la recitazione di vero artista a tutto tondo.
Spavaldo, ma in linea con le esigenze vocali di “amoroso” il tenore Francisco Brito (Florville) al quale si può rimproverare forse solo una limitata dinamicità attoriale.Bruschino 3
Simpatico e incisivo anche Filippo Fontana (Bruschino padre), il cui rendimento è cresciuto in…corso d’opera.
Convincente Claudio Levantino nei panni del concreto locandiere Filiberto.
Completavano il cast la spiritosa Giovanna Donadini (Marianna) e lo spigliato David Ferri Durà (Bruschino figlio/Delegato di polizia). Impeccabile (e divertita), come sempre, Roberta Ferrari al fortepiano.
Il pubblico, piuttosto numeroso e attento, ha apprezzato lo spettacolo manifestando il proprio gradimento con generosi applausi a tutta la compagnia artistica.
A seguire la locandina, un saluto a tutti (specialmente a Fausta68) e alla prossima!

VENEZIA, TEATRO MALIBRAN 23 gennaio 2015: Il Signor Bruschino
 
Gaudenzio Omar Montanari
Sofia Irina Dubrovskaya
Bruschino padre Filippo Fontana
Bruschino figlio/un delegato di polizia Davide Ferri Durà
Florville Francesco Brito
Filiberto Claudio Levantino
Marianna Giovanna Donadini
   
   
Direttore Francesco Ommassini
Regia Bepi Morassi
Scene Erika Muraro
Costumi Nathan Marin
Maestro al fortepiano Roberta Ferrari
 
Scuola di scenografia dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
 
 

 

 

13 risposte a “Recensione semiseria di Il Signor Bruschino di Rossini al Teatro Malibran di Venezia: l’opera vive e lotta con noi.

  1. Iris 24 gennaio 2015 alle 8:11 PM

    Sono cosi’ contenta per la mia omonima! Quando canto’ Gilda a Brescia si sentirono urla da stadio. Ti confesso che io Le scrissi una e-mail per complimentarmi. Davvero una bella voce. Chissa’ se ha ancora lo stesso fidanzato di allora…….
    Ciao caro
    Irina
    P,S, Il gabbiano ladro e melomane……bbbbrrrrrrr……paura!

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    • Amfortas 25 gennaio 2015 alle 9:51 am

      Irina, ciao. La tua omonima si è comportata davvero bene e puoi esserne fiera. una cosa che non ho scritto nella recensione è che mi è sembrata anche più disinvolta sul palco, e in questo tipo di repertorio è fondamentale. Sul fidanzato attuale non so aiutarti 🙂
      La prossima settimana torno a Venezia, magari mi addentro nel gossip estremo, chi può dirlo…
      Ciao e grazie 🙂

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  2. Giuliano 25 gennaio 2015 alle 9:36 am

    Il signor Bruschino è una delle mie preferite in assoluto 🙂 visto tanti anni fa in tv con Enzo Dara, e tanti altri tuti bravi, ogni tanto ci ripenso e mi metto a ridere da solo (l’ouverture, “padre egli è di suo cugino?” “son pentito-ito ito- padre mio sono pentito”, eccetera), Bruschino figlio ha una delle parti più piccole nella storia dell’opera ma se è fatta bene (basta fidarsi di Rossini e fare quello che c’è scritto) questa frasetta rimane in testa e mette di buon umore.
    Ieri ero alla Bottega Discantica di Milano, c’era solo il titolare e 4-5 clienti, sono rimasto un attimo in pensiero, se entrasse qualcuno che ruba? E sono arrivato alle tue stesse conclusioni, quasi quasi sarei stato contento e avrei ripagato volentieri la musica rubata…

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    • Amfortas 25 gennaio 2015 alle 9:56 am

      Giuliano, ciao. Sì queste farse di Rossini sono spassose assai e, tanto per fare il figo, mi viene da riflettere che tutto sommato sono più attuali dell’operetta i cui dialoghi, oggi, spesso non fanno più ridere.
      L’edizione con Dara me la ricordo bene e lui in queste parti era un Maestro.
      Per quanto riguarda l’opera che vuoi farci, dobbiamo cercare noi appassionati a tenerla viva, magari rubando qualche cd per regalarlo ai nipoti 🙂
      Ciao e grazie.

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      • Amfortas 25 gennaio 2015 alle 11:10 am

        L’occasione (che fa il ladro, come ben sappiamo) era troppo ghiotta e non ho saputo resistere. Del resto che possibilità abbiamo noi piccini di combattere o almeno cercare di arginare la stupidità? Solo l’ironia e/o il sarcasmo. Perciò, dopo 10 anni, ho fatto una piccola aggiunta al sottotitolo del blog. Sapete, lì dove c’è scritto “Episodiche esternazioni ecc ecc”. Ecco, ora alla fine di quella frase idiota ci sta pure un bel #verybullo
        Perciò, se qualcuno ancora si stesse chiedendo “Ma questo è scemo o cosa?” , beh, sì, sono scemo e faccio spesso scempio della consecutio. Ma mica sono un ministro,io, e soprattutto per scrivere le cagate che leggete qui non mi pagate voi con i vostri soldi 🙂

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  3. Paolo Benetti 28 gennaio 2015 alle 1:02 PM

    La presente per annunciarLe il certo adito alle vie legali al prossimo “orrida ” riferito alla beneamata Venise

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