Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione semiseria e annoiata di Don Pasquale al Teatro Verdi di Trieste: 50 sfumature di bigio.

Ieri, al Verdi di Trieste, si è consumato un peccato mortale: la noia è scesa su Don Pasquale. Mia moglie ex Ripley, seduta accanto a me, sbadigliava. L’ultima volta che era successo fu nel 1981, in viaggio di nozze. Vedete un po’ voi.

Ieri, al Teatro Verdi di Trieste, è tornato dopo poco meno di dieci anni il Don Pasquale di Gaetano Donizetti. Opera difficile da eseguire, questo dramma buffo, perché si regge su sottili equilibri musicali e il clima psicologico è mutevole come i sentimenti che coinvolgono i personaggi. Su tutto, però, dovrebbe prevalere sempre un sorriso disincantato e sornione. Purtroppo, almeno alla prima cui si riferisce questa cronaca, il sorriso si è spesso trasformato in uno sbadiglio. L’allestimento di Stefano Vizioli (qui ripreso da Lorenzo Nencini) comincia a mostrare qualche ruga pur rimanendo sempre di buon livello.Don Pasquale 3 foto di Fabio Parenzan-3555 Si tratta di uno spettacolo tradizionale nella migliore accezione del termine, che colloca la vicenda in una casa della buona borghesia romana a cavallo tra Settecento e Ottocento. Il salotto di Don Pasquale, incorniciato da alti scaffali di libri che sembrano delimitarne il territorio è quasi metafora di una mentalità piccolo borghese che si contrappone allo spazio aperto di una spiaggia in cui fa la sua prima apparizione Norina. Si capisce subito che i due vivono in mondi differenti e hanno aspettative e aspirazioni diverse. La “scatola magica” – così il regista nelle note di regia – è ben realizzata nelle scenografie di Susanna Rossi Jost e ruotando su se stessa si apre lasciando intravvedere squarci di cielo azzurro screziato da nuvole e poi la cucina e il giardino nel quale la vicenda avrà il suo epilogo. I costumi di Roberta Guidi di Bagno sono funzionali allo spettacolo ma un po’ dimessi, con l’eccezione di un paio di mise di Norina. Anche le luci, curate da Franco Marri, non sono particolarmente evocative e si limitano alla routine.Don Pasquale 1 foto di Fabio Parenzan-3220 La direzione di Hirofumi Yoshida è stata calamitosa, sia detto senza mezzi termini. Non certo per mende tecniche, ma perché non ha saputo cogliere lo spirito più intimo di quest’opera deliziosa. Una direzione che si è caratterizzata per scelte di tempo soporifere e indugianti e poca comunicazione col palcoscenico, circostanze che hanno appesantito la narrazione teatrale e, soprattutto, hanno tolto brio e brillantezza alla partitura donizettiana. Buona invece la prestazione dell’Orchestra del Verdi, di cui ho apprezzato in particolare la morbidezza degli archi. Bene, anche dal punto di vista scenico, si è disimpegnato il Coro nel terzo atto. Le cose sono andate meglio dal punto di vista strettamente vocale, seppure con qualche distinguo.Don Pasquale Andrea Concetti e Mihaela Marcu foto di Fabio Parenzan-3522... Nei panni di Don Pasquale è sembrato piuttosto a proprio agio Andrea Concetti, di cui ho apprezzato la misura nella recitazione e la sobrietà nel canto, che hanno contribuito a delineare un carattere credibile e malinconico. Concetti, e gli sono grato per questo, non ha mai accentuato troppo i tratti senili del personaggio in una parte che ho visto altre volte snaturata da gigionate attoriali. Sufficiente la prova di Federico Longhi risultato più convincente dal lato scenico che da quello prettamente vocale in una parte di tessitura impegnativa, il quale è arrivato piuttosto stanco al terzo atto (peraltro, come Concetti, canta tutte le recite) tanto che il lungo sillabato del duetto con Don Pasquale ne ha risentito in fluidità.Don Pasquale- Concetti, Misseri, Longhi e Marcu foto di Fabio Parenzan-3... Buona, nonostante il re bemolle – uscito stretto e forzato – non centratissimo nella chiusura della cabaletta E se fia che ad altro oggetto, la prestazione di Giorgio Misseri. Ernesto ci è stato restituito nella giovane esuberanza un po’ guascona che lo caratterizza, ma il tenore è riuscito a essere convincente anche nelle parti più elegiache grazie a un fraseggio incisivo. Nel duetto finale Tornami a dir che m’ami avrei preferito sentire un po’ di abbandono in più, magari l’artista ci proverà una volta smaltita l’emozione della prima.Marcu e Misseri foto di Fabio Parenzan-3653 Brava Mihaela Marcu, soprano leggero in costante maturazione artistica, che forse è quella che ha sofferto di più la direzione letargica viste le caratteristiche di brillantezza del personaggio di Norina. La voce, rispetto a pochi mesi fa, sembra essersi tornita maggiormente in zona centrale senza che gli acuti abbiano perso lucentezza e penetrazione. Il soprano, inoltre, è sempre molto disinvolta e dinamica sul palcoscenico e in queste parti brillanti è una qualità non da poco. Bene si è comportato Giuliano Pelizon nella piccola parte del Notaro. Dolenti note per quanto riguarda il pubblico, ancora una volta piuttosto scarso soprattutto considerato che Don Pasquale è opera popolare. Numerose le defezioni anche all’intervallo. Lo spettacolo è stato accolto molto bene dagli spettatori che hanno applaudito tutta la compagnia artistica e in particolare Andrea Concetti e Mihaela Marcu.

26 risposte a “Recensione semiseria e annoiata di Don Pasquale al Teatro Verdi di Trieste: 50 sfumature di bigio.

  1. Alucard 29 Maggio 2015 alle 2:29 PM

    Inappuntabile come sempre!
    Vuoti cosmici in loggione. Mi sa che la direzione farebbe bene a contattare l’anagrafe per verificare lo stato di salute degli abbonati.

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  2. giorgio 29 Maggio 2015 alle 4:04 PM

    Ciao grazie della recensione, accetto tutte le critiche , ma tengo a puntualizzare ,e sarebbe bene scriverlo, che l’acuto finale della cabaletta non è un do ma bensì un re bemolle, e alla fine di quell’aria e con quei tempi garantisco che non è uno scherzo. Il duetto è con una tessitura mortale per il tenore ed anche li abbiamo do diesis e acuti sparsi e a meno che non si ha un avoca leggerissima o si esegue in falsettone, diventa molto difficile. Grazie Giorgio.

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    • Amfortas 29 Maggio 2015 alle 4:44 PM

      Giorgio, ciao. Hai fatto benissimo a intervenire per puntualizzare, ho sbagliato io a non controllare. Correggo subito sia qui sia su OC.
      Tra l’altro, mi hanno detto che hai avuto qualche problema di salute e perciò a maggior ragione una rettifica è d’obbligo, oltre che le mie scuse.
      Ciao e grazie per l’intervento.

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  3. Gerda Arnoldsen 29 Maggio 2015 alle 5:02 PM

    Non fosse altro che per questo garbatissimo scambio di messaggi fra Amfortas e Giorgio, questo blog è un bel posto in cui stare. Grazie.

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  4. giorgio 29 Maggio 2015 alle 9:00 PM

    Si qualche piccolo problema di stanchezza, ma spero, e credo anche dalle critiche, che la prova sia stata positiva era per me un debutto, e spero sempre che non sia un acuto( poi non scritto) a fare la performance di un artista. Io eseguo quelle note estreme nella cosiddetta voce di testa o falsettone. Naturalmente possono piacere o no. Grazie comunque ed alla prossima.

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    • Amfortas 29 Maggio 2015 alle 9:46 PM

      Giorgio, ciao. Credo e spero che dalla mia recensione si capisca che ho ritenuto positiva la tua prova, perché tale è da considerarsi. Per quanto riguarda me, mai penserei di valutare la prestazione di un artista da una nota, e credo si possa arguire da tutte le mie recensioni da 10 anni a questa parte. Una prova è convincente se l’artista ci restituisce il personaggio in modo credibile sia dal lato vocale sia da quello scenico. Ma il discorso meriterebbe un approfondimento più ampio di quanto questo spazio possa concedere. In ogni caso in bocca al lupo per i tuoi prossimi impegni.
      Ciao e grazie per i tuoi interventi, che contribuiscono a chiarire meglio ai tanti lettori cosa c’è dietro un’esibizione in teatro.

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  5. giorgio 29 Maggio 2015 alle 10:55 PM

    Grazie a te di avermi dato spazio nel potere intervenire e spiegare. Grazie per gli in bocca al lupo e W la MUSICA. Giorgio

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  6. fausta68 30 Maggio 2015 alle 6:57 am

    È un peccato quando una direzione “piatta” non rende onore ad un’opera leggera ma tanto gradevole. Noto però con un po’ di invidia la bella stagione lirica presentata dal Teatro Verdi di Trieste…. qui a Firenze la lirica è quasi scomparsa, sì e no un paio di opere e soprattutto moderne, con scenografie grandiose per cui i prezzi dei biglietti salgono a cifre inarrivabili…..

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    • Amfortas 30 Maggio 2015 alle 8:32 am

      Fausta, che piacere 🙂
      Parlando di Firenze tocchi un argomento che conosco bene, seppure di riflesso attraverso la mia attività di caporedattore di OperaClick e anche come semplice appassionato. Ci sono molte polemiche, da sempre e ovunque, sulle scelte di programmazione. A Firenze, soprattutto per il Maggio, tendono a fare scelte un po’ elitarie ma, almeno dal mio punto di vista, non è questo il problema. E, a mio parere, non è neanche una questione di allestimenti. La lirica paga ovunque una contingenza economica spaventosa che colpisce in primis gli spettatori i quali, molto semplicemente, non si possono più permettere di andare a teatro. Inoltre la lirica è stata sradicata dalla nostra vita quotidiana, non ci appartiene più dal punto di vista culturale. I motivi li conosciamo: la scuola, i tempi che cambiano, la globalizzazione e la conseguente perdita di identità culturale, solo per citarne alcuni tra i più evidenti, ma ce ne sono altri.
      Bisogna anche considerare che mettere su una stagione che accontenti tutti è impossibile. A Trieste, per esempio, già si parla di una prossima stagione con titoli rassicuranti e non tutti sono d’accordo: io sono tra questi, perché preferirei che il teatro si apra a repertori meno frequentati. Il problema però è quello di partenza: non c’è più un pubblico su cui contare né a Trieste né a Firenze.
      Come facciamo? 🙂
      Ciao e grazie sia per l’intervento sia per la costanza con la quale mi segui.

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  7. Furio Petrossi 31 Maggio 2015 alle 10:20 PM

    Ho assistito alla recita domenicale. Devo dire che pur essendo tutto gradevole c’è da domandarsi come un’opera andata in scena quasi trent’anni dopo il “Barbiere” sembri più datata nel soggetto: eppure le arie sono belle, gli assolo ben fatti, la sinfonia di grande livello…
    I cantanti, l’orchestra e il coro sono da elogiare ma la struttura è debole e solo qualche genialata di regia tipo ” La Fura dels Baus” potrebbe cambiare le cose.
    Sulle presenze in loggione mi vien da fare un’equazione:
    Teatro Verdi – 30% = Sala Tripcovich , e qui si arrivava almeno al 33% di assenze.
    Grazie per le tue note, che leggo con impazienza prima della rappresentazione.

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    • Amfortas 1 giugno 2015 alle 11:13 am

      Furio, ciao. Boh, non so perché tu abbia la sensazione che hai descritto, forse è una questione di sensibilità personale 🙂
      Chissà se il nuovo sovrintendente, abituato a produzioni più attuali, ci porterà a Trieste qualche allestimento bello tosto e intelligente, vedremo.
      Per il pubblico sono pessimista, perché leggo che la crisi è generalizzata, soprattutto in Italia.
      Ciao e grazie!

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  8. gabrilu 1 giugno 2015 alle 8:53 PM

    Ho letto con mestizia questa recensione, mi spiace che il Don Pasquale ti sia sembrato complessivamente alquanto bigio…

    Due notazioni al volo:

    — a proposito dell’accentuazione o meno dei tratti senili del personaggio in una parte che (ti cito) ” ho visto altre volte snaturata da gigionate attoriali”.

    Non ho visto questa edizione triestina e dunque ovviamente nulla posso dire.

    Ho pensato però all’interpretazione di Raimondi che ho (ri) visto qualche sera fa su YouTube: lui accentua molto questi aspetti gigioneschi, ed effettivamente il suo DP risulta molto macchiettistico. Ma… non so come dire… credo si tratti di scelte di fondo, che coinvolgono l’intera impostazione dell’opera. Quel DP di R a me piace molto, ma perché l’ho trovato coerente con tutto il resto.

    Non so se mi piacerebbe un DP non macchiettistico. Paradossalmente lo troverei più irreale ed incredibile.
    (Ok, mi sono avvitata e risulto incomprensibile. La chiudo qua)

    — a proposito della frequentazione e dell’affluenza di pubblico:
    la crisi economica, i soldi per il biglietto, etc. certo, e tutte le cose che dici nel post.

    Ma forse è ora di rendersi robustamente conto anche del fatto che la modalità di fruizione di tutta una serie di cose: musica, libri, film, teatro è radicalmente cambiata, negli ultimi anni. E non soltanto per motivi economici.

    Non è detto che chi compra meno libri legga di meno, non è detto che chi acquista meno CD ascolti meno musica. Non è detto che chi non fa più la fila al botteghino di un teatro non ami (più) l’opera.

    Non chiedo risposte, volevo solo gettare qualche spunto di riflessione. Peraltro molto banale.

    Ciaociao e grazie

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    • Amfortas 2 giugno 2015 alle 8:26 am

      gabrilu, ciao, purtroppo in questo caso mi pare di aver capito che la mia noia sia stata condivisa…e mi spiace.
      Quanto alle senilità più o meno esibite 🙂 dipende sempre da chi le fa e come. Raimondi, che citi, piace tanto anche a me perché è carismatico come artista. Riempie il palcoscenico e gli si perdona volentieri anche qualche eccesso perché ha classe e gusto. Il problema è diverso quando l’artista impegnato nella parte vuole risolvere il personaggio di Don Pasquale SOLO attraverso vezzi, cachinni e mossettine. O almeno questa è la mia opinione. E poi, come giustamente dici tu, dipende anche dal contesto e dall’impronta che la regia dà allo spettacolo.
      Su tutto il resto hai non ragione, di più. Si pensi solo al fatto che andare a teatro costa, direi soprattutto, tempo. E non poco. Voglio dire che 3-4 ore (quando non di più) sono tantine in un mondo in cui il lavoro è diventato un Moloch più che una necessità.
      Poi, che oggi la fruizione della cultura sia diversa è evidente a chiunque abbia un po’ di sale in zucca, ed è per questo motivo che gli staff dirigenziali dei teatri lirici (per restare in tema) devono cominciare a vedere le cose da una prospettiva diversa. Qualcuno lo sta facendo (vedi il Met che diffonde al cinema le opere, oppure altre iniziative: lo streaming in varie forme), altri, la maggioranza, no.
      Ciao e grazie per gli spunti 🙂

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  9. gabrilu 2 giugno 2015 alle 12:29 PM

    Ultima considerazione e poi mi taccio. A proposito del fattore “tempo”: è da un paio di anni che io mi ritengo fortunatissima ad avere letto tutto Proust ed avere ascoltato ore ed ore filate di Tetralogia (sia in teatro che su disco– prima vinile e poi CD) quando ancora non esistevano Internet, l’home video, i social, i duemila canali e reti televisive di cui disponiamo oggi, che sicuramente rendono disponibili quantità di meraviglie che allora non potevamo nemmeno sognarci ma che altrettanto sicuramente costituiscono anche troppo spesso non solo una fonte di continua distrazione ma anche, paradossalmente, proprio la quantità disponibile favorisce la fruizione che troppo spesso può risultare, ahime, superficiale.
    Quando dovevo comprarmi vinili o CD e passavo ore ed ore in un negozio di dischi prima di decidermi finalmente quale comprare (perchè magari potevo comprarne solo uno) ti assicuro che la musica di quel disco (o il testo di quel libro, la cosa valeva anche per i libri) alla fine li conoscevo davvero in profondità, a volte addirittura a memoria.
    Oggi ho la possibilità di leggere, ascoltare infinitamente di più, ma spesso mi dico che invece dovrei rallentare, e badare più alla qualità dell’ascolto (o della lettura) che alla quantità…
    Scusa la lunghezza, ma che ci vuoi fare, da riflessione nascono altre riflessioni…
    Buona Festa della Repubblica 🙂

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    • Amfortas 3 giugno 2015 alle 8:33 am

      gabrilu, ciao. La migliore risposta che possa darti è che il tuo commento avrei potuto scriverlo io 🙂
      Conosco a memoria, proprio per averci passato ore ed ore, tantissime opere e non sono certo il solo della mia generazione, anzi. Forse è una questione generazionale, boh. Ancora oggi, se mi capita di vedere qualcosa che non conosco – succede – mi preparo all’ascolto con attenzione perché sono abituato così. Succede poi che si prenda una nota per l’altra, come qui sopra :-), ma fa niente.
      Ciao e grazie!

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  10. Parsifal 6 giugno 2015 alle 6:39 PM

    Parsifal ad amfortas:Ho assistito alla recita di venerdi 5 gIugno e ti devo dire che l’allestimento di Stefano Vizioli mi è sembrato funzionale e godibile,anche se come dici tu qualche piccola ruga ci stà.Ma tutto è andato bene fino alla fine dello spettacolo.I cantanti mi sono sembrati tutti decorosi e Federico Longhi che interpretava il Dott.Malatesta l’ho trovato vocalmente,a mio modesto parere,molto bene nei panni del personaggio che interpretava.Ha una voce baritonale chiara e robusta e si comprende ogni parola che canta.Andrea Concetti,il protagonista,ha interpretato con decoro il suo ruolo,ma secondo me,la sua voce avrebbe bisogno di più corpo.Giorgio Misseri,nella parte di Ernesto mi ha anche convinto,sia nel canto che nella recitazione.Brava la Mihaela Marcu,una Norina apprezzabile che,secondo me,deve migliorare nella dizione italiana.Si riusciva a comprendere poco di quello che cantava.La pecora nera dello spettacolo,a mio avviso è il direttore d’orchestra.Come dici tu,non ha saputo cogliere lo spitiro intimo di questa deliziosa opera dirigendo in modo piatto ed anche noioso la splendida partitura.Vorrei anche rispondere al Sig.Furio Petrossi che cita la regia “La Fura dels Baus ” come geniale ed innovativa.Gli rispondo che: Un due o tre anni fa hanno allestito un Tannhauser alla Scala che è stato contestato dal pubblico,stando alla stampa.Hanno allestito una Aida all’arena di Verona che dei miei amici che sono stati vederla mi hanno riferito che era da mettersi le mani nei capelli.Io, per curiosità ho acquistato,dato che sono un Wagneriano tutto il Ring diretto da Mehta dal Palau de les Arts Reina Sofia,lo guardato una sola volta e non lo guardero mai più.Penso che lo gettero nella spazzatura.Se al Sig.Petrossi piacciono queste innovazioni,beato Lui.Io non ci andrei a teatro neanche a gratis e nel miglior palco.Ti saluto e ti ringrazio per l’ospitalità

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    • Amfortas 7 giugno 2015 alle 8:32 am

      Parsifal, ciao! Scusa se ti rispondo un po’ in fretta ma oggi ho una giornata impegnativa 🙂
      Grazie per le tue considerazioni sul Don Pasquale, sono contento che tu sia rimasto soddisfatto nel complesso.
      Non sono d’accordo invece sulla Fura o meglio sugli allestimenti che citi, soprattutto il Ring che ho visto dal vivo a Firenze: per me era uno spettacolo bellissimo e addirittura didascalico nella sua aderenza al testo e allo spirito dell’opera, oltre che realizzato in modo straordinario. Ma non è certo un problema, la differenza di opinioni è la normalità in quasi tutti gli argomenti della vita, no?
      Ciao e grazie.

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  11. Heldentenor 7 giugno 2015 alle 9:34 PM

    Scrivo solo oggi, perchè non ero alla prima, ho visto la replica del 5 col primo cast. Devo dire che il buon Yoshida, malgrado il cospicuo curriculum esibito nel programma di sala , forse non è ancora in piena sintonia con l’opera italiana, potrebbe provare col teatro kabuky……mogli, buoi e direttori dei paesi tuoi. Le scene mi son piaciute, il coro in cucina mi ha fatto appetito e l’orchestra si è ben difesa malgrado il direttore. Misseri ha fatto tutto bene, non sarà Florez, ma spero che canti ancora da noi. Concetti e Longhi si sono dimostrati all’altezza, forse qualche momento Concetti difettava di volume adeguato, in effetti il sillabato è micidiale. Ho trovato la Marcu splendida in scena e vocalmente, brava brava. Ero in seconda galleria e nella mia fila c’era un gruppo di austriaci abbastanza soddisfatti, ma quello che mi ha fatto piacere è stata la presenza di due classi con professoresse accompagnatrici, di cui una moooolto caruccia con abitino nero da sera corto, senza maniche.Posso dedicarmi all’osservazione delle bellezze in sala perchè mia moglie, a differenza della tua, si rifiuta di venire con me a teatro da anni, quando eravamo fidanzati era più ubbidiente. Gli scolari sono stati attenti, partecipi e alla fine hanno lungamente applaudito, bravi bambini!! Curiosa la regia con Malatesta che cercava sempre di palpicchiare Norina, in effetti ero invidioso……sarà la primavera. Ho parlato con gente del teatro, lavoratori di tutte le categorie, che dice che c’è molto caos, che l’incertezza regna sovrana e che non si percepisce ancora un sensato piano di rilancio. Il 19 Pace dovrebbe presentare la stagione. Speriamo.

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    • Amfortas 8 giugno 2015 alle 8:34 am

      Heldentenor, ciao, mi chiedevo dove fossi finito 🙂
      Per quanto riguarda Yoshima io l’ho sentito nel repertorio sinfonico e non era poi così male, anzi. Boh. Per tutto il resto mi sento di condividere perché il cast era di buon livello e in ogni caso nella media degli altri teatri italiani. Credo che rivedremo Mihaela Marcu, non so gli altri.
      Per il futuro non so che dire perché non parlo con nessuno per scelta, so ora da te che a breve si presenterà la nuova stagione: sarebbe già un bene perché così gli appuntamenti potrebbero essere segnalati alle varie agenzie turistiche. Facciamo attenzione però che quello che conta davvero è la qualità nella scelta dei cast e degli allestimenti. Il cartellone, da quel poco che mi è sembrato di capire, sarà di stampo tradizionale come titoli e, come sai, io sono ferocemente contrario. Vedremo.
      Ciao e grazie.

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  12. johndscripts 22 giugno 2015 alle 3:45 PM

    Ero presente alla rappresentazione del 30 maggio e, da fruitore inesperto di lirica, posso confermare parzialmente la recensioni.
    In particolar modo l’Ernesto mi è sembrato più fiacco del dovuto, il Don Pasquale in difficoltà nel suo ruolo e interessante la prova del Longhi.
    Piacevole, come sempre l’orchestra e molto grazioso l’allestimento.
    Troppo gentile nei confronti degli artisti?

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    • Amfortas 22 giugno 2015 alle 3:54 PM

      John, ciao. Tu hai visto una recita diversa dalla mia, evidentemente, io ero alla prima. Ci può stare una discrepanza di opinioni. Alla tua domanda rispondo volentieri dicendoti che io non sono mai né troppo gentile né troppo cattivo verso gli artisti (quali? I cantanti?) ma cerco solo di essere obiettivo e, soprattutto, sereno nelle valutazioni.
      Ciao e grazie.

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