Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Il barbiere di Siviglia di Rossini al Teatro Verdi di Trieste: buona la prima e le repliche saranno ancora meglio.

Insomma, c’è poco da fare e bisogna arrendersi all’evidenza: in molti (e io tra questi, da sempre) vorremmo che il cartellone del Verdi fosse più peculiare (com’è la consecutio? Boh.) nelle scelte dei titoli ma il botteghino conta parecchio e ci dice che le opere più gradite restano quelle più famose.
Perciò niente da fare, non vedrò a breve né Teuzzone di Vivaldi né il Mitridate eupatore di Scarlatti e credo che sarà dura anche per Il Fanatico burlato di Cimarosa o La romanziera e l’uomo nero di Donizetti.
Peccato, da un certo punto di vista.
Voglio dire che l’eterno Barbiere di Siviglia di Rossini è sembrato piacere molto al pubblico triestino che ha affollato il Teatro Verdi (anche se meno di quello che pensavo io).
E pensare che ieri, nell’orrida Venezia, esordiva Gina di Cilea.
Il Barbiere triestino ha sofferto di qualche taglio di rasoio di troppo – a mio parere – ai recitativi e soprattutto al Rondò finale del Conte Almaviva.
Però lo spettacolo è filato via senza intoppi senza che un critico della mia sorte abbia granché da eccepire e il mio scrupolo di proporvi qui Rockwell Blake è solo un’inutil precauzione (strasmile).

Dopo una Zauberflöte la cui regia ha provocato qualche metaforico mal di pancia di troppo al pubblico triestino, la programmazione del Verdi è ripresa con una nuova produzione del Barbiere di Siviglia di Rossini.
Opera amata a tutte le latitudini, popolare nella migliore accezione del termine e costantemente tra le più rappresentate al mondo, l’opera buffa del Pesarese è stata proposta nell’interpretazione di Giulio Ciabatti che ha inaugurato nello scorso settembre la Dubai Opera.b1
Persona di gran gusto e cultura, il regista triestino ha optato per un allestimento che si rifà alla tradizione del Teatro delle Maschere (Molière è citato apertamente) e agli archetipi della Commedia dell’Arte, ripulendo però i personaggi da certi eccessi che spesso trasformano il nobile filone dell’opera buffa in una farsa scollacciata. Bandita perciò ogni volgarità e attenzione invece alla recitazione dei singoli e, soprattutto, alle interazioni tra i protagonisti in modo che la vicenda si svolga scorrevole e fluida. Parafrasando le parole del regista, la scenografia un po’ datata di Aurelio Barbato più che descrivere evoca uno spazio scenico, in cui sono i costumi a connotare temporalmente l’ambientazione. L’allestimento è agile, elegante e forse potrebbe essere valorizzato ulteriormente con delle luci più incisive.
Francesco Quattrocchi, alla guida di un’Orchestra del Verdi brillante in tutte le sezioni, nell’ambito di una prestazione positiva è sembrato più attento a far quadrare il cerchio che a lasciare un’impronta personale alla briosa partitura. Una direzione che è parsa a volte eccessivamente trattenuta e timorosa nelle dinamiche ma che ha avuto il pregio di sostenere i cantanti senza sovrastarli con sonorità eccessive. Ben riuscito il temporale, tra le altre cose.
Non è consueto in sede di recensione, ma mi preme segnalare un sensatissimo intervento del direttore nel libretto di sala, in cui dimostra di avere una visione del teatro lirico moderna e libera da pruderie filologiche.b2
Deliziosa la Rosina di Aya Wakizono, soprano di indubbie qualità tecniche e timbro gradevole, adatto a esprimere la civetteria e la scaltrezza di una ragazza giovane e vitale, che aspira a ben altro che alle cure di un anziano permaloso e cocciuto. Musicalissima, disinvolta in scena e spiritosa, l’artista si è fatta apprezzare anche per la pronuncia e la dizione.
Molto bravo anche Giorgio Misseri, che tratteggia con gusto un Almaviva virile, espressivo e nobile. La Serenata iniziale è stata affrontata – giustamente –  con un minimo di prudenza ma poi il tenore ha confermato di essere uno specialista di queste parti da amoroso, grazie a una tecnica che gli consente un ottimo legato e acuti penetranti. Peccato per il taglio del Rondò Cessa di più resistere, probabilmente concordato col direttore.b3
Vulcanico il Figaro di Mario Cassi che interpreta la parte dell’importuno factotum con energia e brillantezza. Da segnalare che l’artista è subentrato quasi in extremis in questa produzione, eppure si è inserito bene nella compagnia artistica. Dotato di buon volume e acuti facili, il baritono ha fornito una prova convincente.
Buona anche l’interpretazione di Domenico Balzani, Don Bartolo giustamente bilioso e comicamente collerico, a proprio agio nel vertiginoso sillabato rossiniano e padrone dei tempi comici dell’opera buffa che non ammettono esitazioni.
Giorgio Giuseppini dà voce a un godibilissimo ed empatico Don Basilio, personaggio a mio parere di straordinaria attualità. L’artista, ormai presenza fissa al Verdi – ed è un bene – ha mestiere e mezzi vocali non comuni. La sua calunnia ha conquistato il pubblico triestino.b4
Adeguata e agile in scena Maria Cioppi nei panni di Berta e molto bravi e mai troppo lodati Giuliano Pelizon (ottimo Fiorello) e Hector Leka, solido ufficiale che si concede una scappatella con la servetta Berta.
Bene si comporta il Coro (maschile), che si disimpegna egregiamente anche in scena.
Teatro affollato, ma non così pieno come sarebbe stato auspicabile. Significativa presenza di una bella gioventù che insieme ai più maturi frequentatori abituali ha tributato a tutta la compagnia artistica un successo pieno e meritato.
Si replica sino a sabato prossimo, consiglio di non perdere questa bella produzione.

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10 risposte a “Il barbiere di Siviglia di Rossini al Teatro Verdi di Trieste: buona la prima e le repliche saranno ancora meglio.

  1. Pier 12 febbraio 2017 alle 1:11 am

    Carissimo Paolo, fresco fresco dalla replica di sabato 11 ho letto avidamente la tua recensione (non lo faccio mai prima per.. non farmi condizionare, anche se poi quasi sempre riesci ad esprimere compiutamente le mie impressioni). Be’ stavolta devo dire che hai tappato la profezia: nessun miglioramento, credo.
    Sulla scenografia forse non siamo d’accordo. Le due passerelle industriali con cordame e stracci e 3 bauli di truciolato non fanno né Siviglia né Moliere (non basta scrivere il suo nome, anche perché l’uso casuale dei suddetti bauli è sempre fuori dal “core” dell’azione). Ribaltando il discorso: che c’azzeccano due frontali neoclassici, peraltro sacrificati ai lati, con una scena da porto vecchio? Ok, ok, non mi metto a discutere delle scene anche se nel Flauto Magico queste (e la regista) hanno condizionato non poco l’opera.
    Veniamo alla musica. Mi rimetto a te per la direzione e l’orchestra, anche se ti vedo un po’ sportivo nel soprassedere sulla mutilazione del rondò finale (ma forse una spiegazione c’è).
    Il cast n.2 è stato anche “di serie B” rispetto a quanto hai raccontato della prima. Vincenzo Nizzardo, applaudissimo, onesto Figaro e scenicamente prestante, anche se non tanto potente. Brava Cecilia Molinari, anche se un po’ rigida nella parte. Per il Conte d’Almaviva.. in palcoscenico dev’esserci un coboldo cergolyano che mi impedisce di ascoltare un tenore decente. Vassilis Kavayas è stato del tutto insufficiente e se l’è cavata a buon prezzo con applausi di cortesia alla fine. Mi aspettavo qualche fischio. Presenza scenica modesta, voce non adatta, acuti gridati (e forse ha pure stonato) ed una volta è entrato in ritardo. Meno male che non ha dovuto sostenere il rondò finale (in questo caso, come in algebra, meno per meno fa più). Che sia questa la ragione del taglio di Quattrocchi?
    Bravo Previati con un Bartolo pimpante (anche se qualche volta sopra le righe) Buono Gianluca Breda e la calunnia. Bene gli altri.
    Rileggendomi, forse il cast non era così male. Ma cosa vuoi, l’astinenza da tenore è diventato ormai un tormentone.
    Si è fatto tardi, ti saluto caramente. Alla prossima

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    • Amfortas 12 febbraio 2017 alle 9:35 am

      Pier, ciao! Sgombro subito il campo sulla questione cast. Ho assistito alla generale in cui, appunto, ha cantato il secondo cast e devo dire che la differenza di qualità con il cast titolare nelle parti di Almaviva, Rosina e Basilio era davvero notevole. Il discorso dei tagli è complesso ma nel libretto di sala Quattrocchi spiega chiaramente la situazione: se non ci sono particolari motivazioni filologiche (che ne so, una nuova edizione critica o simili) bisogna adattare la partitura ai cantanti che si hanno a disposizione. Meglio tagliare un’aria che scempiarla, no? Resta il fatto che io credo che Misseri (il tenore del primo cast) sia in grado di cantare anche il Rondò.
      Ricordo qualche anno fa proprio a Trieste, in occasione di una Anna Bolena, che si ripristinò il taglio di “Vivi tu”, una delle arie tenorili simbolo del Belcanto: il risultato fu terribile, perché non si avevano a disposizione interpreti all’altezza.
      Per la regia non so che dire, a me è sembrata intelligente e se non era particolarmente godibile dal punto di vista della scenografia lo era per le interazioni tra i personaggi. Che devono fare questi registi per accontentare il pubblico? 🙂
      Ora scappo anch’io e sai perché? Oggi è giorno di battesimo di quella piccola che hai aiutato a nascere 🙂
      Ciao e grazie, Paolo

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  2. fausta68 12 febbraio 2017 alle 4:50 PM

    Sempre godibilissimo il Barbiere!

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  3. petrossi 13 febbraio 2017 alle 11:10 am

    Ciao! Una domenicale pienissima in loggione: i pochi posti liberi per assenteismo sono stati subito coperti da chi era in piedi.
    Si mormorava di un cambio di interprete per il ruolo di Figaro, ma non ho sentito avvisi a riguardo.
    Tutt* divertit* e diversi Bravo! alla fine. Vabbé… qualche difficoltà nello scaldare la voce di Almaviva (almeno così mi è parso) e la servetta nella sua aria si è via via scaldata, ottenendo il desiderato successo.
    Orchestra (esagero?) con un suono pulito da “Berliner” e direzione nei toni giusti: il mio maestro di volino (Simini) diceva che per scaldare il pubblico c’era solo la “cloàca” (= fffff), ma non mi è parso, in questo caso.

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    • Amfortas 13 febbraio 2017 alle 11:34 am

      Furio, ciao. Approfitto del tuo intervento per chiarire che se nella recensione ho scritto che il teatro non era esaurito è perché dalla mia posizione vedevo vuoti in platea e nei palchi.
      Detto questo, che non era riferito a te, apprezzo molto la metafora della cloaca, che in Rossini è particolarmente perniciosa 😉
      Sono ben contento che tutto sia filato bene, ciao e grazie!

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  4. Giuliano 13 febbraio 2017 alle 11:22 am

    a me era piaciuta molto la riapertura del taglio nella parte di Almaviva fatta da Juan Diego Florez. Ti risulta che l’abbia fatto qualcun altro? Forse solo Florez può permettersi di chiedere che la parte del Conte sia integrale…peccato.

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    • Amfortas 13 febbraio 2017 alle 11:43 am

      Giuliano, ciao. A quale riapertura di riferisci? Se intendi il Rondò io l’ho ascoltato da Florez e da Siragusa proprio nell’ultima produzione a Trieste, nel 2012. Sicuramente ci sono altri tenori in carriera che lo cantano: Bogdan Mihai, Michael Spyres, Edoardo Rocha e credo, ma non ne sono certo, anche Juan Francisco Gatell. Ma ce ne saranno sicuramente altri.
      Io, in generale, non do troppa importanza a queste cose tipo tagli ecc, penso sia meglio valutare se il personaggio esce con le sue particolarità. Addirittura qualche volta mi dà più fastidio il taglio di qualche recitativo 😉
      Ciao e grazie!

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      • Giuliano 13 febbraio 2017 alle 2:24 PM

        nell’edizione di Pesaro 2005 (scusa, sai che io non frequento più i teatri… molte puntate me le sono perse) Florez aveva riaperto tutti i tagli, al punto che gli avevano fatto notare “ma così Almaviva diventa protagonista alla pari con Figaro!” e lui aveva risposto “…appunto!”
        Devo anche dire che sono d’accordo con quello che scrivi, se non hai gli interpreti giusti è meglio lasciar perdere i voli pindarici. Vale anche per il Trovatore, tanto per dire un esempio importante… meglio lasciar perdere acuti e agilità se si rischiano figuracce. Verdi, Rossini e Haendel sarebbero più che d’accordo, lo so per certo (però Verdi sarebbe un bel po’ arrabbiato, a giudicare dalle sue lettere, in caso di cantanti non all’altezza del ruolo…)
        🙂

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      • Amfortas 15 febbraio 2017 alle 9:55 am

        Giuliano, ciao, sì siamo d’accordo. Verdi aveva un caratteraccio ma tutti questi grandi compositori erano peculiari, forse il problema è proprio essere Artisti, chissà. Sempre meglio di me che ho solo un brutto carattere e nessuna qualità 😭
        Ciao e grazie.

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