Ok, sto sempre qui a dire che bisognerebbe inserire in cartellone qualche titolo meno scontato, che non sia di strettissimo repertorio, però Tosca è sempre Tosca.
In attesa della conferenza stampa di presentazione della prossima stagione che si svolgerà mercoledì 7 giugno – ripresa poi per tutto il pubblico il giorno successivo, al Teatro Verdi – ho pensato che qualche notizia su quest’opera di Puccini dovevo pur scriverla (perdonate la costruzione sintattica accidentata, strasmile).

Sarah Bernhardt, qui in un’immagine di uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi: Félix Nadar
Da sempre tra le dieci più eseguite al mondo (nel 2016 è arrivata quinta, con 2694 rappresentazioni), Tosca ha sempre un fascino particolare che ne fa una delle opere più amate.
Fedele D’Amico (reverenza) sosteneva che dal punto di vista drammaturgico e musicale Tosca fosse in qualche modo l’antesignana di un filone che avrebbe poi portato a Salome, Elektra e Wozzeck. Il top, per certi versi, del Novecento musicale. Ma, ed è fondamentale notarlo, non per la figura della protagonista bensì per quella, mostruosa nella sua perfidia, di Scarpia.
Puccini vide una recita di La Tosca di Victorien Sardou nel 1889, a Milano: la protagonista era Sarah Bernhardt. Se ne innamora (della pièce teatrale, non della Bernhardt, strasmile) e chiede all’editore Ricordi di acquisire i diritti del testo drammaturgico. Sembra che Sardou non fosse proprio entusiasta della cosa, tanto da mettersi di traverso all’operazione che comunque si chiuse col debutto a Roma, il 14 gennaio 1900 su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa.
Ma, di là di queste notizie storiche, qual è – a mio parere, ovvio – il motivo vero del successo di quest’opera? Rispondo con una piccola provocazione: il motivo è il cinema!
Voglio dire che Puccini coglie con Tosca – non a caso testo teatrale cucito sartorialmente addosso alla diva Bernhardt – gli umori del pubblico del tempo, che incominciava ad apprezzare la settima arte.
I personaggi principali sono tutti eccessivi, ambigui e assolutamente finti, cinematografici appunto.
Nella cantante Floria Tosca convivono erotismo e religione, sottomissione e furia omicida. Attrazione per il Potere, per la relazione pericolosa.
Il Barone Scarpia è definito così dal Mario Cavaradossi:
Bigotto satiro che affina con le devote pratiche la foia libertina e strumento al lascivo talento fa il confessore e il boia.
Un sadico che come Jago – qui un ventaglio, in Verdi un fazzoletto – si crea l’opportunità per far scoppiare la gelosia a suo uso e consumo. Un mostro che galleggia tra il sacro e il profano, tra il Potere e la Chiesa.
Il terzo vertice del triangolo amoroso, Mario Cavaradossi, sembra il classico vaso di coccio. Fragile, instabile, innamorato della vita più che di Tosca. Profondamente tenore nell’esteriore entusiasmo e nella triste fine. Mi sembra una di quelle persone che sono brave in tutto, ma part-time.
La concisione drammatica, il passo teatrale incalzante sono stemperati dalle consuete aperture liriche, tipiche di Puccini, ma è nei dialoghi che si capisce il vero carattere dei personaggi.
Poi certo, c’è la musica, ci sono le romanze e le arie, i duetti, le melodie. Sono la parte più popolare, la colonna sonora mi verrebbe da dire, della vicenda.
Dal punto di vista strettamente musicale però le gemme sono altre. La misteriosa alba di Roma, intermezzo nel terzo atto. Gli accordi iniziali che fotografano Scarpia, il soggiogante Te Deum che chiude il primo atto.
Il mio consiglio è perciò quello di ascoltare Tosca in modo meno superficiale, per cogliere con orecchie nuove quello che si cela nelle pieghe della partitura, nel canto di conversazione.
Forse, chissà, l’ennesima Tosca vi sembrerà meno scontata del solito.
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Peccato non aver potuto assistere a questa Tosca che ho visto in programma al Teatro Verdi, così come non aver potuto vedere di più della misteriosa e bella Trieste, da cui sono rientrata ieri sera in veste di turista per ragioni sportive (e quindi con molte ore trascorse nella piscina Bianchi al mio attivo..) Abbiamo comunque raccolto davvero molte belle impressioni e preziosi attimi di bellezza. E ho scoperto che i Triestini sono molto comunicativi e accoglienti 🙂 Spero quindi di ritornare per visitare la città con occhi meno superficiali
Ciao Amfortas !
Elena
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Elena, ciao. Sì Trieste ha qualche pregio anche se l’organizzazione per i turisti è ancora precaria. Sui triestini comunicativi…ehm…credo che tu abbia avuto fortuna 😉
Se hai occasione di tornare fai un fischio, ciao!
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