I registi d’opera sono croce e delizia (croce, molto spesso, stasmile) dei melomani e della critica ed è una tendenza transnazionale ormai radicata. In questo caso c’erano troppe idee, alcune anche apprezzabili, ma è mancata la capacità di canalizzarle in uno sviluppo coerente dal punto di vista drammaturgico. Eppure un drammaturgo c’era in locandina, come da tradizione tedesca.
Resta il fatto che, a mio parere personale, un teatro così desta curiosità ai vivi, al contrario di certi allestimenti nati vecchi e spesso già morti. Ah vista ah vista orribile (strasmile)!
Il Teatro dell’opera di Lubiana ha un cartellone impostato allo stesso modo di molte altre capitali europee e alterna nuove produzioni alla ripresa di allestimenti già collaudati. La presenza di un buon numero di artisti residenti, di complessivo discreto livello, e di un’orchestra e un coro stabili fa sì che in pochi giorni sul palco si possano vedere balletti e opere diverse. In queste settimane, per quanto riguarda le opere, si susseguono le recite di Macbeth, La Cenerentola e Madama Butterfly.
Ieri sera, 19 maggio, era il turno del Macbeth di Verdi proposto in un allestimento di Jernej Lorenci il quale, attingendo alle ampie possibilità creative ed espressive del metateatro, firma uno spettacolo interessante per certi versi ma sostanzialmente irrisolto perché – per dirla in modo chiaro – mette troppa carne al fuoco.
La recitazione sui singoli personaggi è curata, le scene di Branko Hojnik sono efficaci nel loro stranito e contemporaneamente ricco minimalismo, i costumi di Belinda Radulović appropriati e financo divertenti e allo stesso modo sono ben congegnate le luci di Andrej Hajdinjak che danno profondità alla scena e screziano di cromatismi suggestivi la vicenda.
Il regista evidentemente vuole sottolineare come i giochi di potere siano senza tempo e, soprattutto oggi, si tendano a prendere decisioni anche gravi con troppa leggerezza, non pensando alle conseguenze. Così la Lady più che diabolica calcolatrice appare come una bambina viziata e capricciosa, alla quale tutto è dovuto. Macbeth è succube non solo di lei ma di tutta la corte e delle streghe – bella la scena delle apparizioni – e sembra completamente incapace di prendere una decisione autonoma. Solo Banco e Macduff paiono mantenere un contatto con la realtà, mentre Malcolm, sempre in costume settecentesco, sembra una specie di chosen one il cui destino prescinde dalle macchinazioni ordite.

Lo spettacolo è appesantito da troppi simboli e simbolismi: bicchieri pieni di sangue, ventagli colorati, pugnali, spade, lampadari. Allo stesso modo le frivole movenze del coro in alcune occasioni sembrano inspiegabili mentre addirittura esecrabili mi sono sembrati gli applausi durante la musica. La narrazione teatrale prosegue a strappi, come se mancasse un chiaro filo conduttore e la sovrabbondanza di elementi sul palco – presenti anche alcuni mimi – fa pensare più che altro a una specie di horror vacui intellettuale.
Dal punto di vista musicale la produzione si giova della buona direzione di Jaroslav Kyzlink il quale, pur un po’ troppo sbilanciato nelle dinamiche verso un mezzoforte non clangoroso ma monotono, accompagna con intelligenza i cantanti e riesce a trovare qualche bella atmosfera da un’Orchestra di Lubiana capace di bel suono compatto, con gli archi in particolare evidenza. Eccellente tout court il rendimento del Coro, molto impegnato anche dal lato scenico.
Iveta Jiříková ha voce adatta alla parte e anche presenza scenica e temperamento per tratteggiare la Lady verdiana. Forse le agilità non sono troppo fluide ma il peso vocale è da soprano drammatico (sarà anche Butterfly nei prossimi giorni), gli acuti sicuri e se anche il re bemolle del sonnambulismo non è stato preso in pianissimo la sua prova è da considerarsi convincente per accento e fraseggio.
Qualità, queste ultime, che invece latitano in Marko Kobal (Macbeth) che, se è da lodare per l’incisività scenica, è parso troppo dimesso dal lato vocale per risultare davvero eloquente in una parte che necessita anche di uno strumento naturale più importante per cavata e volume.
Molto bravo Peter Martinčič, Banquo di aristocratica presenza scenica e voce imponente ben governata da un’emissione sana e pulita.
Vigoroso e squillante il Macduff di Branko Robinšak, che ha cantato con grande partecipazione la sua famosa aria e buono anche l’apporto di Edvard Strah nella parte di Malcolm.
Tutto il resto del cast, che trovate in locandina, è stato all’altezza della situazione.
Il pubblico, non numerosissimo, ha tributato un grande successo a tutta la compagnia artistica e ha reclamato più volte tutti gli artisti al proscenio.
Macbeth |
Marko Kobal |
Lady Macbeth |
Iveta Jiříková |
Banquo |
Peter Martinčič |
Macduff |
Branko Robinšak |
Malcolm |
Edvard Strah |
Duncan |
Bratislav Ristić |
Un medico |
Janko Volčanšek |
Un servo |
Robert Brezovar |
Un assassino |
Silvo Škvarč |
Dama di Lady Macbeth |
Zala Hodnik |
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Direttore |
Jaroslav Kyzlink |
Regia |
Jernej Lorenci |
Scene |
Branko Hojnik |
Costumi |
Belinda Radulović |
Luci |
Andrej Hajdinjak |
Coreografie |
Gregor Luštek |
Drammaturgia |
Matic Starina |
Maestro del coro |
Željka Ulčnik Remic |
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Orchestra e Coro del Teatro dell’opera di Lubiana |
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