Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Il quinto concerto della stagione sinfonica al Teatro Verdi di Trieste: tra Panda e Leopardi in estinzione, orse maggiori e altre bestie, Oleg Caetani conferma di essere un gran direttore.

Foto di Fabio Parenzan

In una città totalmente impazzita per la Barcolana, evento annuale che trasforma Trieste in un’efficace rappresentazione dell’inferno – sia detto con piratesco sorriso d’innocenza, alla Bellini – si è consumato il quinto concerto della stagione sinfonica del Teatro Verdi.
La seconda recita, cui si riferisce la recensione, è stata occasione di (grande) gioia, ma per pochi intimi. Con la città piena di turisti dovrebbe essere il contrario ma evidentemente la musica colta non incontra il gusto dei duri marinai della regata più affollata del mondo, veri o presunti che siano. Oppure, forse, Il Verdi non si vende bene.
Riflettevo ieri sera su di una circostanza: l’Orchestra del Verdi è una grande compagine perché suona bene con chiunque la guidi (o quasi). C’è una differenza fondamentale però, che ieri si percepiva fisicamente tanto era marcata e cioè che in alcuni casi i bravissimi professori d’orchestra eseguono gli ordini (ed è il caso del concerto della settimana scorsa, con l’orsa maggiore sul podio) e in altri respirano e fanno musica assieme al direttore. Oleg Caetani è uno di questi direttori con i quali l’Orchestra del Verdi dà il meglio non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello, fondamentale, dell’empatia e della partecipazione emotiva.

Foto di Fabio Parenzan

Nel primo brano in programma, la Sinfonia N.40 in sol maggiore K550 di tale Mozart, l’impostazione severa, classica e asciutta di Caetani ci ha restituito una pagina musicale straordinaria in tutta la sua bellezza atemporale a partire dal sin troppo frequentato Molto Allegro iniziale, che molti conoscono perché spesso piegato a scopi vili di pubblicità o baggianate del genere. Ci sono alcuni capolavori che dovrebbero essere protetti da qualche legge, come il Panda gigante o il Leopardo delle nevi, e tutto quello che ci ha lasciato Mozart (e il pensiero torna alle brutali variazioni del concerto per pianoforte della settimana scorsa) rientra in questo novero di ambienti culturali da tutelare.
Con tale impronta direttoriale, la sinfonia, anche negli altri movimenti, si è svelata per il suo significato meno superficiale e cioè una pagina di un compositore visionario, proiettato nel futuro, come del resto è evidente nell’Allegro assai che guarda dritto negli occhi un altro genio, Beethoven.
Bruckner, con le sue sinfonie magniloquenti e spesso stentoree nell’ispirazione, necessita di essere domato per non esondare in un magma sonoro indistinto. C’è chi sceglie la via dell’alleggerimento e della trasparenza di suono, come Salonen a Lubiana qualche tempo fa con la sua Philharmonia Orchestra di Londra, e chi invece, ospite in una città che ama molto, deve necessariamente scendere a qualche virtuoso compromesso.
Così Caetani, con gesto sempre sobrio, chiede e ottiene dinamiche sfumate e agogiche stringenti ma non frettolose all’Orchestra del Verdi, che risponde splendidamente bene nonostante il carattere esuberante che la caratterizza. E si perdona volentieri qualche modesta imprecisione che compare qua e là nell’arco dell’esecuzione. Anche perché, lo ribadisco per l’ennesima volta per rispondere metaforicamente a obiezioni raccolte alla fine del concerto da abbonati superciliosi, la musica dal vivo è altra cosa rispetto all’ascolto impigrito di un disco. Le registrazioni sono spesso una iattura perché non si ricorda che magari sono state ottenute dopo mesi, quando non anni di sala di incisione, che è una specie di laboratorio in cui anche la mia voce da tabagista potrebbe uscire pura come quella del Waldwögel del Siegfried.
La Sinfonia N.2 in do minore di Bruckner è caratterizzata anche da un retrogusto popolare, etnico e anche un po’ beghinesco che da queste parti suona familiare: io l’ho percepito e perciò direi proprio mission accomplished, dear Maestro. E arrivederci a presto con la Carmen del prossimo giugno che chiuderà la stagione lirica.

 

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5 risposte a “Il quinto concerto della stagione sinfonica al Teatro Verdi di Trieste: tra Panda e Leopardi in estinzione, orse maggiori e altre bestie, Oleg Caetani conferma di essere un gran direttore.

  1. Emma RD 16 ottobre 2018 alle 8:13 PM

    Bello senza dubbio il concerto, ma questa volta la nonnetta ha tradito il Verdi: sono approdata a Lubiana non per “Les contes d’Hoffmann” ma per sentire (e vedere) David Garrett e la sua band. Scelta per me azzeccata e trascinante, atmosfera gioiosa e non un attimo di noia… una ventata d’aria fresca! Non so cosa ne pensa la critica “seria”, per esempio lei, di questo violinista così sui generis, ma io mi sono sentita coinvolta, divertita e allegra come una ragazzina, cosa che non mi succedeva da tanto, tanto tempo…
    Buona serata e alla prossima!

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  2. Amfortas 17 ottobre 2018 alle 8:34 am

    Emma, buongiorno, sempre un piacere leggerla. Che ne pensa la critica seria? Dipende…dal critico! Personalmente sono abbastanza aperto a musicisti come Garrett perché comunque contribuiscono alla diffusione della musica colta, ma dipende dalle circostanze e dal singolo performer. La divulgazione deve essere rigorosa e non baraccona, svilita a comparsata televisiva per intenderci. Garrett è molto bravo, ha un suo stile e mi pare non tradisca lo spirito dei compositori. Altre manifestazioni nazionalpopolari, tipo Il Volo oppure l’estremo Pavarotti, non aggiungono nulla alla cultura e, spesso, sono dannosi.
    Grazie per il passaggio, a presto, Paolo

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  3. vittynablog 18 ottobre 2018 alle 8:37 PM

    Ciao Amfortas, sono venuta a dirti che negli ultimi due commenti di questo post :

    https://vittynablog.wordpress.com/2018/10/08/colorare-la-vita/#more-2985

    abbiamo parlato, con riconoscenza di te, per averci fatto scoprire la bella romanza ( si dice così?? ) ” Così fan tutte Soave sia il vento ” di Mozart.

    Un caro saluto, Vitty.

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    • Amfortas 19 ottobre 2018 alle 8:40 am

      Vitty, ciao, come ho scritto da te troppo onore mi fate 😉
      Comunque rimane il mio rammarico, come ti ho detto altre volte, di non avere più tempo per commentare il tuo blog e anche gli altri pochi superstiti dei primi anni 2000…che ormai sono quasi tutti scomparsi.
      Rinnovo i saluti, ciao!

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