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cose?
c’erano anche i fiati… in tv mi aveva fatto tristezza vedere un programma scelto accuratamente con soli archi.
sullo streaming, ho trovato su Repubblica un’opinione di Mario Brunello che era l’unico favorevole, ampiamente favorevole: “I giovani possiedono i linguaggi tecnologici e hanno modalità di ascolto differenti dalle nostre. Noi adulti non siamo abituati al digitale e vorremmo coccolarci in eterno nella musica dal vivo, demonizzando il resto. Dalle musiche nelle corti si è passati nei teatri e poi negli auditorium. Ora è il momento di adattarsi agli schermi e agli iphone senza fare tante storie.” (Venerdì di Repubblica, 5 giugno 2020)
Lì per lì sono rimasto senza parole, poi ho pensato che probabilmente è come per Coppola e i fratelli Coen che elogiano Netflix, i soldi ormai arrivano da queste cose qui. Si sa che i soldi servono, la spiegazione mi sembra adatta a quello che dice Brunello, altrimenti non saprei spiegarmela: come fa un concertista a dire queste
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Ciao caro Giuliano, ho letto anch’io le dichiarazioni di Brunello e ne sono rimasto colpito perché lo conosco come persona seria. Non so davvero che dire…se non che forse hai ragione tu.
Ieri, pur in emergenza, ho riassaporato con grande soddisfazione il concerto e anche certe imperfezioni acustiche, probabilmente dovute alla sala quasi vuota, contribuiscono a creare quella magia che è la musica dal vivo.
Se vedo Brunello proverò a chiedergli un chiarimento: in estate suona sulle montagne, chissà che non lo incroci!
Ciao, Paolo
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“Torna a fiorir la rosa che pur dianzi languia” . . .
Da Parini ad Amfortas “Torna la musica vera a teatro, a riprendere il suo posto, sia pure fra mille restrizioni, che essa però ben riesce a bypassare, eterea per come è, e finalmente a fare ‘risorgere’ i dovutamente pochi spettatori, ripagandoli del periodo di forzata astinenza”.
Sei riuscito, caro Amfortas, perfettamente come al solito, a “fotografare” per noi la sensazione di assaporamento della “liturgia” che accompagna l’inizio di un concerto, la quale forse da oggi ci sembrerà ancor più da godere di quanto lo sia stato fino ad oggi, quando la davamo per scontata, ebbri come eravamo della conclusione del concerto stesso, che ci porta di volta in volta a “migliorare”.
Da sempre, in epoca non sospetta, che sembra ormai un sogno, ho amato il “prima” e il “dopo”, appartenendo, purtroppo, alla categoria di quegli “adulti che vorrebbero “coccolarsi in eterno nella musica dal vivo” (e che si sentono privilegiati per averla potuto godere fino ad oggi, temendo fortemente, peraltro, che un giorno non debbano raccontarla)
PRIMA DEL CONCERTO
E DOPO IL CONCERTO
Mi piace il cicaleccio di una sala
nel mentre che aspetto che abbia inizio
il concerto: è un fiume che cala
a valle, e sempre più a precipizio.
A questo parlottare a voce bassa
fanno riscontro i suoni brevi e fini
degli strumenti, i corni, i violini,
i flauti, le arpe e la grancassa.
E’ un mix che sembra separato,
che si completa vicendevolmente:
è un concerto “ante-concerto” nato
così, senza intervento della mente
di un musicista dal genio toccato
e che si esegue assai modestamente,
che applausi avrà mai dalla gente.
Poi tutto tace, improvvisamente,
chè il direttore entra. Non si sente
più volare una mosca, e . . . via . . . si spande
la musica che fa mente più grande,
e rasserena il cuor . . . Nessuno ignora
che dopo ogni ascolto si migliora.
(Sergio Sestolla)
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Ciao Sergio, effettivamente, come dici tu, non ricordo una sola volta che uscendo da teatro non mi sia sentito se non migliore almeno meglio.
Purtroppo, da quello che leggo in giro, anche in questo campo la normalità pare ancora lontanissima. Tra un po’ inizia il prestigioso Festival di Lubiana e anche lì la capienza è limitata a 200 persone a evento, più tutte le consuete frustranti misure di sicurezza.
Sarà dura e molto lunga, dobbiamo armarci di pazienza.
Ciao, Paolo
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