Come leggerete nell’articolo non mi sono fatto mancare il Covid, che però mi ha lasciato velocemente e senza troppi problemi. Purtroppo sono stato costretto a perdermi ben quattro concerti…e questa è la cosa più fastidiosa.
Il “Progetto Beethoven” è arrivato al suo ultimo atto con un concerto che si è svolto al Teatro Verdi di Trieste. Doverosa una premessa: chi scrive aveva intenzione di riferire di tutti gli eventi ma, purtroppo, più del piacer poté il Covid e perciò, con rammarico, ho potuto essere presente solo alla serata finale. Il programma prevedeva tre pagine musicali di genere diverso del Genio di Bonn in ordine cronologico (dal 1806 al 1812): per l’occasione sul palcoscenico del Verdi hanno unito le forze l’Orchestra e il Coro della Fondazione triestina e la Filarmonica di Milano, per un totale di ben 140 elementi. Sul podio Marco Seco, che della Società dei concerti di Trieste è direttore artistico dal Novembre 2021, in seguito alla prematura scomparsa di Derek Han. Il concerto è iniziato con l’esecuzione dell’Ouverture Leonore n.3, scritta per la seconda edizione di Fidelio. Brano celeberrimo e spesso inserito nei programmi sinfonici, la Leonore è una pagina musicale legata in modo simbiotico all’unica opera scritta da Beethoven, perché ne contiene buona parte dei temi che riecheggiano più volte nel suo lungo e monumentale sviluppo. Non a caso, più che una Ouverture sembra essere un piccolo poema sinfonico. Marco Seco ne ha dato un’interpretazione antiretorica e asciutta, in certi momenti anche troppo disciplinata, nel senso che il sacro furore dell’anelito alla libertà è uscito un po’ soffocato da agogiche non slentate ma leggermente sopite. Ottimo, invece, il controllo delle dinamiche che ha efficacemente sottolineato i contrastanti sentimenti che sottendono alla partitura. È stata poi la volta della Fantasia corale op. 80 per pianoforte, coro e orchestra. Notoriamente considerata come un’anticipazione della Nona sinfonia – sia per la vicinanza col tema della gioia sia per i testi di Christoph Kuffner – la Fantasia sembra soprattutto il tentativo di far coesistere le esigenze del sinfonismo e della musica corale, con i virtuosismi del pianoforte (Beethoven fu eccellente solista) a fare da trait d’union tra i due universi. Alessandro Taverna, che oltre a essere ottimo pianista è anche impegnato nella divulgazione della musica classica – è Direttore artistico del Festival di Portogruaro, giunto alla quarantesima edizione – ha comunicato felicemente con il direttore e, al contempo, eseguito con liquido virtuosismo le numerose variazioni e i dialoghi orchestrali che portano alla gioiosa entrata del Coro. Più che dignitose le prove dei solisti (che trovate in locandina) e molto buono il rendimento della compagine triestina, diretta da Paolo Longo. Più volte chiamato al proscenio, Alessandro Taverna ha scelto per il bis una variazione di Max Reger, molto apprezzata dal pubblico. Dopo la pausa è stata eseguita la Sinfonia n. 7 in la maggiore, op. 92 e cioè quella che fece dire a un giovane scellerato come Carl Maria von Weber che:
le stravaganze di questo genio hanno raggiunto il non plus ultra, e Beethoven è pronto per l’ospedale psichiatrico.
Ora, di là del fatto che altri apprezzarono da subito l’innovativa pagina musicale – il mai troppo lodato e lungimirante E.T.A. Hoffmann, per dirne uno – gli equivoci nascono da una circostanza ben precisa; questa sinfonia è la classica composizione di transizione, nello specifico tra il sinfonismo alla Haydn (il padre della sinfonia) e i primi afflati di romanticismo: musica d’avanguardia e quindi difficile da capire per i contemporanei. E se Wagner ci vide l’apoteosi della danza, disciplina caratterizzata più di altre da una marcata valenza emotiva, noi nel 2022 ci accontentiamo della grande energia e della gioia che sprigiona la musica. Brillante, dal mio punto di vista, l’interpretazione di Marco Seco sul podio, che ha saputo amalgamare le peculiarità di due orchestre diverse in una partitura ricca di inventiva ritmica in cui convivono echi di danze popolari, marce e serotini bagliori riflessivi che si sciolgono in un finale luminosissimo. Il teatro era finalmente affollato e il pubblico, molti i giovani, ha tributato un grande successo agli interpreti e alla serata. L’auspicio è che la sinergia tra la fondazione triestina e la Società dei Concerti diventi una costante del panorama culturale regionale.
Ludwig van Beethoven
Ouverture Leonore n.3 in do maggiore op 72b
Ludwig van Beethoven
Fantasia in do minore per pianoforte, soli e coro op 80
Ecco, mi senti ora, Loge? Un po’ avresti rotto le palle eh? (chi capisce capisce)
Foto Michele Crosera
Nel disinteresse generale – forse mai come quest’anno, mi pare – riparte lunedì prossimo 25 luglio il Festival di Bayreuth 2022. Il programma prevede come vernissage una nuova produzione di Tristan und Isolde e, a seguire nei giorni successivi, il (quasi) nuovo Ring per la regia di Valentin Schwarz e i già noti Lohengrin, Tannhäuser e Der fliegende Holländer. Inoltre, a cavallo (non di Grane, si fa per dire) di agosto e settembre si svolgerà un concerto di arie e ouverture wagneriane diretto da Andris Nelsons.
I cantanti e i direttori, complice il Covid, sono i soliti degli ultimi anni: non posso affermare che mi entusiasmino, sinceramente. In generale, a mio gusto, mi pare che le donne abbiano una statura artistica superiore agli uomini. Sto cercando di capire se RADIO3 trasmetterà qualcosa, ma mi pare di capire di no. Direi che anche questo è un segno dei (pessimi) tempi che stiamo vivendo. Nel frattempo, visto che mi sono preso anch’io il morbo così di moda – ma ne sto uscendo, anche se mi è costato quattro bei concerti – nei giorni scorsi mi sono assemblato il mio Bayreuth personale attingendo alle migliaia di dischi che mi ritrovo per casa. Che dire? Ogni edizione che ho ascoltato aveva il suo fascino, anche se in generale preferisco quelle imperfette registrate dal vivo, anche con mezzi e conseguenti rese sonore ormai obsolete. Qualche volta mi sono soffermato su passaggi specifici, mettendo a confronto dinamiche e agogiche di direttori diversi e fantasticando sulla valenza emotiva che dovevano avere certe voci straordinarie dal vivo. Esercizio ozioso, peraltro. La musica è figlia del suo tempo non solo nella composizione ma anche nell’esecuzione e nell’interpretazione. Premessa questa considerazione, se avessi una macchina del tempo mi piacerebbe assistere a una recita della Valchiria con Hans Hotter oppure a un’esibizione di Astrid Varnay nei panni di Ortrud. Quanto al Loge col quale ho cominciato, beh, insuperabile Gerhard Stolze. Se riesco ad ascoltare qualcosa magari ne scrivo, ma dubito.
Cinque concerti per intrattenere il pubblico all’aperto, con “Note d’estate in città 2022”.
Torna la rassegna promossa in collaborazione con il Comune di Trieste, che vedrà protagonisti gli Ottoni della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
I concerti, della durata di un’ora, si terranno martedì 19 luglio alle 17 a Prosecco, nella piazza della chiesa, mercoledì 20 luglio alle 18, al teatro all’aperto del comprensorio Ater di Rozzol Melara, venerdì 22 luglio alle 19.30 in piazza Hortis, sabato 23 luglio alle 14 al giardino de Tommasini di via Giulia, domenica 24 luglio alle 16 a Servola, nell’area dell’ex cinema.
Tutti gli appuntamenti sono gratuiti, ad ingresso libero.
“Torna un’iniziativa importante sia per la promozione delle attività del Teatro Verdi e per la costruzione del nuovo pubblico, sia per portare l’eccellenza musicale dell’Orchestra, patrimonio immateriale che appartiene alla città intera, anche nelle zone decentrate di Trieste – sottolinea il Vicesindaco e assessore comunale con delega ai Teatri Serena Tonel – Si tratta di una rassegna ormai consolidata, avviata prima della pandemia, che finalmente è possibile riproporre”. L’ultima edizione risale al 2019.
Il gruppo è formato da Massimilano Morosini, Tromba, Massimiliano Oldrati, Tromba, Simone Berteni, Corno, Domenico Lazzaroni, Trombone, ed Ercole Laffranchini, Basso Tuba,
Il Gruppo Strumentale “Gli Ottoni del Teatro Verdi” nasce nel 1994 ed è composto da professori dell’Orchestra del Verdi. Lo scopo dell’ensemble è far conoscere le possibilità timbriche e tecniche degli ottoni basi fondamentali dell’Orchestra Lirico-Sinfonica.
TEATRO VERDI DI TRIESTE: PRESENTATA LA STAGIONE SINFONICA 2022
Trieste, 14 luglio 2022: Dal 3 settembre al 25 novembre 2022, sei concerti andranno a comporre la nuova stagione sinfonica del Teatro Verdi di Trieste, presentata questa mattina alla stampa dal Sovrintendente Giuliano Polo e dal Direttore Artistico Paolo Rodda, con il vicesindaco e assessore comunale con delega ai Teatri Serena Tonel.
Il sovrintendente Polo ha spiegato come a breve “sarà annunciata ufficialmente anche la stagione lirica, mentre fino al 17 luglio è ancora in scena a teatro Il Pipistrello, che riprende la tradizione estiva dell’operetta e che sta registrando un ampio gradimento da parte del pubblico. Per quanto riguarda la stagione sinfonica, la presentazione odierna rappresenta un momento molto importante per il teatro, a cui teniamo molto, che si focalizza sulle componenti artistiche stabili. Ringrazio il Comune di Trieste e la Regione FVG, che ci sostengono sempre, e tutti i nostri sponsor. Un ringraziamento particolare va all’orchestra, al coro e a tutti i dipendenti del teatro, che hanno sempre lavorato, anche in condizioni non facili, legate all’emergenza sanitaria, con tutti gli spettacoli svolti regolarmente”. Polo ha ricordato inoltre che l’attività alla ripresa dalla pausa estiva, si aprirà giovedì 1 settembre alle 20.30 con il concerto della Gustav Mahler Jugendorchester, un progetto del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone. Con 110 giovani talenti provenienti da tutta Europa, di età compresa tra i 18 e i 27 anni, la più celebre orchestra giovanile del mondo – per il quinto anno consecutivo in residenza estiva a Pordenone – sarà ospitata per uno dei concerti realizzati a conclusione della residenza stessa. Sarà la leggenda vivente della direzione orchestrale, l’ultranovantenne Maestro svedese Herbert Blomstedt a guidare la GMJO in un evento straordinario realizzato su un programma musicale che comprenderà la Sinfonia n.2 dell’eclettico compositore finlandese Jean Sibelius e la Terza Sinfonia di Franz Schubert.
Portando il saluto del sindaco Roberto Dipiazza, l’assessore Tonel ha sottolineato “il sostegno costante al teatro, a livello economico ma anche sul fronte della promozione di spettacoli e iniziative promosse. Credo che proprio la promozione sia necessaria e fondamentale nel periodo estivo, alla luce della presenza massiccia di turisti. Serve sfruttare questo momento per raccontare alle persone cosa avverrà nei prossimi mesi, cosa la città potrà offrire anche a chi arriva qui in vacanza. Trieste ben si presta a un week end lungo, e all’interno delle proposte quella del teatro si sposa perfettamente con le attività da effettuare durante il soggiorno, tanto più quando si parla di un teatro come il Verdi, con una struttura stupenda e con professionalità d’eccellenza”. Tonel ha aggiunto un apprezzamento a Il Pipistrello, “ho assistito allo spettacolo, che trovo molto ben strutturato, un ritorno ai grandi fasti dell’operetta, un appuntamento da vedere e da vivere”.
Il Direttore Artistico Paolo Rodda ha descritto quindi nel dettaglio i sei appuntamenti: “un programma musicale nel quale è significativa la presenza del sinfonismo tedesco dell’Ottocento con Schubert, Brahms e Bruckner, arricchita da una pagina del Novecento di Zemlinsky per soli, coro e orchestra. La musica francese è presente con la Sinfonia in re minore di César Franck , affidata alla bacchetta di Frédéric Chaslin. Nei programmi dei due appuntamenti di novembre vi sono pagine del repertorio solistico quali il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 di Sergej Vasil’evič Rachmaninov ed il Concerto per violoncello e orchestra n. 1 di Dmitrij Dmitrevič Šostakovič. Al giovanissimo violinista Giuseppe Gibboni, vincitore del Concorso Paganini nel 2021, è affidata l’esecuzione del Concerto n. 1 di Niccolò Paganini. La rassegna si conclude con l’esecuzione della Suite Petruška di Stravinskij, diretta da Gianna Fratta che debutta sul podio del Teatro Verdi. Gli interpreti protagonisti della Stagione, oltre all’Orchestra e al Coro della Fondazione e ai già citati Frédéric Chaslin, Giuseppe Gibboni e Gianna Fratta, saranno Hartmut Haenchen che dirigerà il concerto di apertura, Enrico Calesso, Nikolas Nägele, Mario Brunello, nella duplice veste di Direttore e Solista, Alessandro Taverna ed Ettore Pagano, diciannovenne vincitore il 13 giugno scorso della Khachaturian Cello Competition in Armenia”.
La programmazione inizierà sabato 3 settembre alle 20.30 con il concerto diretto da Hartmut Haenchen, con le musiche di Franz Schubert (Sinfonia n. 5 in si bem. magg. D. 485) e di Anton Bruckner (Sinfonia n. 3 in re min. Wagner–Symphonie). Con l’Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
Haenchen occupa un primissimo posto nella vita musicale internazionale. Nato a Dresda si è poi trasferito in Olanda, dove ha ottenuto l’incarico di direttore musicale della Netherlands Philharmonic Orchestra e della Netherlands Opera; ha diretto tante partiture di Strauss, Mozart, Wagner, Verdi, Puccini, Čajkovskij, Gluck, Haendel, Berg, Reimann Šostakovič e Mussorgskji. È particolarmente noto ed apprezzato per le sue interpretazioni di Richard Strauss, Wagner e Mahler, e collabora con le migliori orchestre di tutto il mondo. Oltre all’attività direttoriale è autore di vari testi musicali, tra cui fondamentali contributi saggistici su Wagner e Mahler
Il secondo concerto si terrà sabato 10 settembre alle 18, diretto da Enrico Calesso, con Giuseppe Gibboni al violino, con le musiche di Ludwig van Beethoven (Egmont ouverture in fa min. op. 84), di Niccolò Paganini (Primo Concerto in re magg. per violino e orchestra op. 6) e di Johannes Brahms (Sinfonia n. 4 in mi min. op. 98). Con l’Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
Calesso è Direttore Ospite presso il Landestheater di Linz (Austria) e Generalmusikdirektor presso il Mainfranken Theater di Würzburg (Germania). Ha diretto tante orchestre in Italia e all’estero. In ambito sinfonico spiccano i cicli completi di tutte le Sinfonie e dei Concerti di Brahms, di tutte le Sinfonie di Beethoven e quelli in corso delle Sinfonie di Bruckner e Mahler.
Nell’autunno 2022 debutterà nella stagione sinfonica della Bruckner Orchester Linz in un programma con musiche di Martinu e Respighi, e farà ritorno alla Norddeutsche Philharmonie con un programma interamente dedicato a Brahms.
Gibboni, vincitore del Premio Paganini 2021, quarto italiano nella storia del prestigioso concorso, ha riportato il premio in Italia dopo 24 anni. Classe 2001 ha già raccolto tanti riconoscimenti, in Italia e all’estero. Tra gli impegni del 2021 si è esibito in duo con la chitarrista Carlotta Dalia a Dubai Expo per conto del Ministero della Cultura Italiana.
Terzo concerto sabato 1 ottobre, alle 18, diretto da Nikolas Nägele, con il Maestro del Coro Paolo Longo, con le musiche di Alexander von Zemlinsky (Salmo 83 per soli, coro e orchestra) e di Anton Bruckner (Sinfonia n. 4 in mi bem. magg. Romantische). Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste. Nägele, nato in Germania, Kapellmeister dal 2017 al 2020 alla Deutsche Oper di Berlino, dove ha diretto numerose produzioni, è attualmente sul podio de Il Pipistrello, in scena fino al 17 luglio al Teatro Verdi di Trieste. Tra i tanti impegni recenti ha diretto Il barbiere di Siviglia al Teatro Municipale di Piacenza, L’italiana in Algeri al Comunale di Bologna ed a Tenerife e Hänsel und Gretel ad Hannover.
Quarto concerto venerdì 7 ottobre alle 20.30, direttore e violoncello solista Mario Brunello, con le musiche di Johann Sebastian Bach (Concerto in re magg. BWV 1054, dal Concerto per violino BWV 1042 di J. S. Bach), di Carl Philipp Emanuel Bach (Concerto in la magg. per violoncello piccolo e orchestra H 439, W 172) e di Nino Rota (Ballabili dal film Il Gattopardo – Suite dal film Prova d’orchestra). Con l’Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
Brunello solista, direttore, musicista da camera e di recente pioniere di nuove sonorità con il suo violoncello piccolo, è stato il primo europeo a vincere il Concorso Čaikovskij a Mosca nel 1986. Ha collaborato con i più importanti direttori d’orchestra. Suona un Maggini dei primi del Seicento, al quale ha affiancato negli ultimi anni il violoncello piccolo a quattro corde. Autore di album e registrazioni di successo, è il Direttore Artistico dei Festival Arte Sella e dei Suoni delle Dolomiti e del Festival di Stresa.
Quinto concerto sabato 19 novembre alle 18, diretto da Frédéric Chaslin, al violoncello Ettore Pagano. Con le musiche di Dmitrij Dmitrevič Šostakovič (Concerto per violoncello e orchestra n. 1 in mi bem. magg. op. 107), e di César Franck (Sinfonia in re min). Con l’Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
Chaslin, Direttore d’orchestra, compositore, pianista e scrittore, è nato a Parigi. Attivo sia sul versante operistico sia in quello sinfonico, ha diretto nei più prestigiosi teatri del panorama lirico internazionale. Come compositore ha scritto tre opere e oltre cinquanta composizioni per soprano, mezzosoprano e baritono, mentre come scrittore ha pubblicato saggi e romanzi. Tra gli ultimi impegni una nuova produzione de La Gioconda alla Scala di Milano, tra i prossimi, importanti produzioni alla Scala di Milano, al Comunale di Bologna e alla Staatsoper di Amburgo.
Pagano, classe 2003, finora ha ricevuto il primo premio assoluto in oltre 40 concorsi nazionali e internazionali ed è stato invitato a suonare in recital in Italia, Europa e Stati Uniti.
Sesto e ultimo concerto venerdì 25 novembre alle 20.30, diretto da Gianna Fratta, al pianoforte Alessandro Taverna. Con le musiche di Sergej Vasil’evič Rachmaninov (Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in re min. op. 30) e di Igor’ Fëdorovič Stravinskij (Petruška, “suite” da concerto n. 24). Con l’Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
Fratta fin da giovanissima lavora con importanti orchestre, in molti casi come prima donna, suona e dirige nei più importanti teatri del mondo, collaborando con grandi artisti del panorama internazionale. Ha diretto i grandi titoli del repertorio operistico. Specialista del repertorio di Umberto Giordano, ha inciso in prima assoluta diversi titoli.
Taverna si è esibito in tutto il mondo come solista con prestigiose orchestre. Ha ricevuto al Quirinale il Premio Presidente della Repubblica 2012, per meriti artistici e per la sua carriera internazionale. Insegna all’Accademia Pianistica Internazionale di Imola, al Conservatorio di Padova, ed è titolare della cattedra di perfezionamento pianistico alla Fondazione Santa Cecilia di Portogruaro.
La campagna abbonamenti inizia venerdì 15 luglio 2022 e si conclude sabato 3 settembre 2022.
Abbonamenti partire da 59 euro. Sono attive tutte le agevolazioni per pubblico più giovane: Under 30 e giovani dai 30 ai 34 anni. La vendita dei biglietti per i singoli concerti ha inizio giovedì 28 luglio 2022.
Con un omaggio ai bei tempi dell’operetta si è chiusa la sofferta stagione di lirica e balletto del Teatro Verdi di Trieste. L’ultimo titolo in cartellone – in realtà aggiunto quasi last minute – è stato infatti Die Fledermaus (Il Pipistrello) di Johann Strauss Jr. che di questo genere musicale è considerato, non a torto, una delle vette più alte. L’operetta è una forma d’Arte complessa, del tutto inattuale, colpevolmente guardata con malcelato sospetto da certa critica e anche da discreta quota parte di appassionati. A Trieste, per affinità elettive, per fortuna non è mai stato così. Il problema, semmai, è un altro: può l’operetta parlare al pubblico del 2022? E se sì, come deve farlo? La risposta è – almeno a mio parere – restando se stessa e ricordando che allora come oggi, girls (and boys) just want to have fun: abbiamo bisogno di divertirci, soprattutto dopo i lunghissimi problemi dovuti al COVID-19. E perciò ben vengano anche i concerti degli ottoni sulla terrazza del Teatro Verdi, prima della recita. Die Fledermaus è una gemma preziosa, la musica è d’ispirazione altissima e il passo teatrale spedito, il meccanismo drammaturgico basato su equivoci stravaganti a sfondo scopertamente erotico (sì, stiamo parlando di sesso, non c’è da girarci intorno) e prevedibili agnizioni funziona come quell’orologio che è così importante nella trama. Si potrebbe affermare che l’opera sia un inno alla trasgressione in una società – quella dell’Austria Felix – che invece considerava rispettabilità, forma e decoro come valori imprescindibili. E credo che proprio questa capacità di Strauss di esplicitare il lato oscuro dei cittadini dell’Impero (e dei viennesi in particolare) sia stata la chiave del successo del Pipistrello che consentì all’Autore una vita da rockstar, dopo che per anni fu costretto a lottare con l’influente padre che lo voleva grigio e modesto travet. In questa occasione la regia è stata affidata a Oscar Cecchi il quale, va subito detto, ha fatto complessivamente un buon lavoro, aiutato da una compagnia artistica duttile e omogenea e dal valore aggiunto di un corpo di ballo, quello del teatro dell’opera di Lubiana, all’altezza della situazione. Prima dell’inizio, nella stanza di un appartamento in cui spicca – tra le altre cose – il ritratto di Maria Callas in stile pop art, due attori interpretano la routine di una coppia dei nostri giorni, mentre sullo schermo della televisione scorrono immagini di cronaca che ricordano che la guerra è drammaticamente vicina. Ed ecco, allora, il salto temporale all’indietro, che ci riporta al 1914 ai tempi dell’attentato di Sarajevo ritenuto, in modo assai semplicistico, il casus belli della Prima guerra mondiale. L’opera si chiuderà con l’auspicio che il 2023 sia un anno di pace. Le scene di Paolo Vitale sono funzionali all’allestimento: primo e terzo atto curati ma quasi minimalisti mentre nel secondo (quello della festa in casa Orlofsky) il kitsch trionfa nei costumi, nei brindisi, nelle danze improntate a una sessualità liquida. È bello vedere che le interazioni tra i personaggi sono curate e che lo spettacolo non è mai statico, anche se al personaggio del Principe Orlofsky manca un po’ di grintosa ambiguità e non esce dirompente come ci si aspetterebbe. Appropriate e divertenti le coreografie di Lukas Zuschlag, belli i costumi anche se avrei preferito mise più ricercate per i personaggi di Rosalinde e Orlofsky. Buona, senza entusiasmare, la direzione di Nikola Nägele che nella celeberrima Ouverture è un po’ parco di colori anche se – e gliene va dato merito – evita di enfatizzare con marcati rallentando e indugi eccessivi i valzer, le polke, le csárdás; concede invece alle danze e alle arie più languorose quel respiro ampio e vitale, il brio e la brillantezza che esprimono la gioia di vivere e attenuano la malinconia dei momenti meno lieti della vita. Tutti all’altezza della situazione i numerosi protagonisti: la più convincente mi è sembrata la brillante Federica Guida (Adele), voce da soubrette di buon volume, che ha felicemente coniugato un canto brioso e una recitazione scoppiettante. Ma ho apprezzato anche Alessandro Scotto Di Luzio (Alfred), tenore di bel timbro mediterraneo che nella caratterizzazione registica canta anche numerosi incipit di arie famose del repertorio italiano, e il disinvolto Manuel Pierattelli, che tratteggia un Gabriel von Eisensteinelegante e apprezzabile dal lato vocale. Fabio Previati (Dottor Falke) si conferma artista a tutto tondo, simpatico in scena e forte di una gradevole voce baritonale. Marta Torbidoni è stata protagonista di una prova positiva ma forse non ha, almeno per il momento, quella allure e quel carisma che sicuramente potrà acquisire col tempo. La voce è bella, impreziosita da piacevoli screziature sombre e inoltre l’artista è parsa a proprio agio in scena. Anastasia Boldyreva, nell’ambigua parte en travesti del Principe Orlofsky, è stata capace di una prestazione discreta, anche se il personaggio, come detto sopra, avrebbe meritato una caratterizzazione più decisa. Completavano brillantemente il cast Stefano Marchisio (Frank), Andrea Schifaudo (Dottor Blind), Federica Vinci (Ida) e il sempre fantasmagorico e vivacissimo Andrea Binetti (Frosch) che del genere dell’operetta è il portabandiera indiscusso. Molto buone le prove del Coro, ahimè ancora con mascherina, e dell’Orchestra del Verdi, finalmente tornata in buca, circostanza che ha messo in rilievo evidenti miglioramenti dell’equilibrio del suono. Pubblico non straripante ma, nonostante qualche intervento troppo entusiasta di una mini claque, lo spettacolo ha ricevuto un meritato successo. Nelle prossime recite, una volta passata l’emozione della prima, le cose dovrebbero andare ancora meglio. Chiudo con un’osservazione e un appello: avrei preferito la versione originale in tedesco, lasciando solo i dialoghi in italiano. Inoltre, lo ribadisco, in caso di spettacoli lunghi l’inizio dovrebbe essere anticipato almeno alle 20.
Gabriele von Eisenstein
Manuel Pierattelli
Rosalinde
Marta Torbidoni
Alfred
Alessandro Scotto Di Luzio
Adele
Federica Guida
Principe Orlofsky
Anastasia Boldyreva
Dottor Falke
Fabio Previati
Frank
Stefano Marchisio
Frosch
Andrea Binetti
Ida
Federica Vinci
Dottor Blind
Andrea Schifaudo
Direttore
Nikolas Nägele
Direttore del Coro
Paolo Longo
Regia
Oscar Cecchi
Coreografie
Lukas Zuschlag
Scene
Paolo Vitale
Orchestra e Coro del Teatro Verdi di Trieste
Corpo di ballo della SNG Opera e balletto di Lubiana
Al Festival di Lubiana si susseguono i concerti e forse l’abbondanza di offerta potrebbe aver influito sulla non debordante presenza del pubblico alla serata di ieri. Intendiamoci, sempre tanti spettatori, ma non il sold out. Anche in quest’occasione gli assenti hanno avuto torto, perché gli artisti dell’appuntamento di ieri nella sala del Cankarjev dom si sono resi protagonisti di uno splendido concerto. Si è iniziato con un omaggio ad Anton Lajovic, compositore sloveno (1878-1960), di cui è stato eseguito l’Adagio, brano musicale caratterizzato da un’evidente ispirazione romantica. Musica rilassante ma priva di sdilinquimenti e melassa, improntata a un uso disteso e avvolgente degli archi screziato da cromatismi affidati ai legni e all’arpa, il tutto all’insegna di un filone musicale che mi è sembrato, nel gusto, a metà tra Gounod e Saint-Saëns. È stata poi la volta del Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 77 di Johannes Brahms, pagina musicale giustamente celeberrima in cui è fondamentale che il podio mantenga un equilibrio logistico e narrativo tra orchestra e solista. Orchestra, appunto, che in questo caso è tutt’altro che figlia di un dio minore soprattutto nell’imponente introduzione sinfonica del primo movimento, per poi lasciare gradatamente il centro dell’attenzione al violino. Non a caso, il notoriamente acido Hans von Bülow lo definì non un concerto per violino ma un concerto contro il violino; definizione che oggi, vista la notorietà planetaria del brano, più che ridere ci fa sghignazzare. Strutturato in tre movimenti (Allegro-Adagio-Allegro) e dedicato al grande Joseph Joachim – primo interprete del brano nel 1879 – il concerto si caratterizza per un’atmosfera gioiosa e luminosa, in cui gli squarci melodici sono ravvivati dal virtuosismo stellare del solista che sfocia in un brillantissimo e scoppiettante finale colmo di suggestioni popolari. Julian Rachlin è un artista moderno nel migliore senso del termine: impeccabile dal punto di vista tecnico, certo, ma anche capace di essere empatico e comunicativo con l’espressione e la mimica. Eccellente il suo controllo delle dinamiche, espressività al top nelle melodie, virtuosismo evidente ma non esibito. Ottima l’intesa col grande vecchio Christoph Eschenbach sul podio, che a sua volta partecipe e composto ha guidato la Filarmonica slovena a una prova maiuscola per qualità di suono e raffinatezza di gusto interpretativo. Gran successo per Julian Rachlin, acclamato vigorosamente dal pubblico.
Ogni volta che ascolto la musica di Cajkovskij – e per fortuna accade spesso – mi ricordo di quanto ingiuste siano state le critiche di cui l’artista è stato bersaglio per troppo tempo, frutto di uno specioso pregiudizio di natura politica. La Sinfonia N.5 in mi minore op.63 è una delle composizioni che più si attirò le accuse di sentimentalismo ed eccesso di languidezza laddove, oggi, io sento solo genuino sentimento. Poi, certo, si potrà pure affermare che la Quinta abbia un andamento schizofrenico ma cosa dire di fronte all’incontaminata purezza della melodia del corno che introduce l’Andante del secondo movimento? Come non restare soggiogati dall’incalzare del “Tema del destino” nell’Introduzione? E la mesta leggerezza del valzer non fa forse vibrare le corde più nascoste del nostro vissuto? Christopher Eschenbach dirige a memoria e con gesto scabro ed essenziale la partitura ricavando dall’orchestra un suono bellissimo, ricco e al contempo austero, privo di qualsiasi concessione a un facile effettismo coloristico e piacione. Un’interpretazione coinvolgente, che ha stregato il pubblico che alla fine ha lungamente acclamato il direttore e la compagine di casa.
Prima cronaca dal bellissimo Festival di Lubiana, ne seguiranno molte nelle prossime settimamane!
Con la Messa da Requiem è cominciato il Festival di Lubiana, o meglio è principiata la parte dedicata alla musica classica, sinfonica e lirica che compete a queste pagine. In realtà la grande manifestazione culturale che si svolge nella capitale slovena è già nelle piazze e nei teatri da qualche settimana con altri generi di spettacolo: dal Musical alla danza e molto ancora. Come sottolineo ogni anno il Festival è una kermesse autenticamente popolare, una festa dell’Arte che coinvolge tutta la città e richiama numerosi turisti dai paesi limitrofi e non solo, sia per la presenza di grandi nomi sia perché il ventaglio delle proposte è davvero imponente. Della genesi della Messa si sa tutto o quasi: nacque dall’urgenza personale di Verdi di onorare prima Rossini – che morì nel 1868 –, istanza che naufragò per incomprensioni varie, e poi Manzoni (1873). In quest’ultimo caso Verdi, scottato dall’esperienza precedente, fece tutto da solo. Nelle lunghe discussioni sui background culturali dei compositori che si sono affacciati a codeste composizioni e sulla vera natura del Requiem – opera, composizione sacra? – trovo che una volta di più Massimo Mila abbia colto nel segno dicendo:
Nel Requiem latino la morte è sentita come totale negatività; è la fine di quel valore positivo che è la vita, e lo strazio del distacco vi brucia disperatamente.
In questo senso, la lettura di Roberto Abbado, che ha sostituito in corsa il previsto Karel Mark Chichon, mi è sembrata abbracciare in pieno il pensiero di Mila. Un’interpretazione dura, in cui la speranza è sembrata bandita. Contrasti dinamici accentuati, qualche volta anche al limite del clangore, agogiche incalzanti ma eloquenti nella loro scabra drammaticità. La Filarmonica slovena, alla quale posso blandamente rimproverare solo qualche veniale intemperanza degli ottoni, ha risposto in pieno alle esigenze interpretative del direttore. Favorito dall’acustica particolare della sala del Cankarjev dom, il suono è uscito impressionante, compatto, maestoso e al contempo raffinato nei momenti più raccolti della partitura. Eccellente la prestazione del Coro, rafforzato dalla compagine mista della Glasbena Matica di Lubiana, che ne ha amplificato la potenza (erano più di cento gli artisti del coro). Per quanto riguarda i cantanti, sono stati tutti all’altezza della situazione con qualche distinguo. Krassimira Stoyanova ha dimostrato una volta di più la sua eccellente affinità con questa parte sopranile; intonazione cristallina, acuti che girano perfettamente e passano il corposo muro orchestrale, fraseggio emozionante. Elīna Garanča, elegantissima come sempre, ha confermato di essere tra i migliori mezzosoprani del momento. Gli acuti sono folgoranti e il registro grave è gestito con moderazione senza forzature di petto. Buona l’intesa con il soprano nel meraviglioso duetto Recordare. Il tenore ucraino Dmitro Popov ha cantato con slancio e passione ma in modo un po’ monocromatico, privilegiando l’accento eroico anche quando dovrebbe essere la dolcezza a prevalere. Tuttavia la sua prestazione è stata senz’altro buona. Riccardo Zanellato è una sicurezza, conosce la parte a menadito e la sua voce da basso, di bel colore, è stata tonante (Confutatis maledictis) ma anche capace di riflessivi ripiegamenti. Pubblico numerosissimo, disciplinato e concentrato, che alla fine ha decretato un trionfo a tutta la compagnia artistica con ovazioni particolari per Elīna Garanča, orchestra e coro.
Hanno detto: