Divulgazione semiseria dell’opera lirica: En attendant Boris (Godunov) di Musorgskij, che aprirà la stagione alla Scala di Milano. Alcune cose da sapere per un ascolto consapevole.
Premessa doverosa: il mio amico Vittorio Mascherpa ha scritto, ormai undici anni fa, una specie di testo definitivo (En attendant Boris) sul Boris Godunov di Musorgskij, lo trovate qui ad esempio. Buona parte di questo articolo ha attinto a questa fonte fondamentale.
Ci siamo quasi, mancano pochi giorni alla Prima della Scala che quest’anno ha scelto di aprire la stagione con Boris Godunov di Musorgskij. Una scelta coraggiosa, soprattutto di questi tempi, per motivi che non vado ad approfondire perché sono evidenti. La versione dovrebbe essere quella “originale” del 1869, nell’edizione critica a cura di Evgenij Levašev in tre atti. Spesso, in questi miei articoli di divulgazione semiseria dell’opera lirica, parlo di genesi sofferta o contrastata dell’opera di cui cerco di dare qualche informazione basica. Nel caso di Boris Godunov di Modest Petrovič Musorgskij “genesi sofferta” o espressioni simili risuonano come pallidissimi eufemismi, tanto che credo di poter affermare con sicurezza che siano davvero poche le opere che possano vantare tante peripezie ex ante – cioè prima di essere rappresentate – e anche ex post, dopo aver visto la luce in teatro. In una disamina, anche sommaria, il tristissimo vocabolo ”censura” sarebbe ripetuto più volte in tutte le sue accezioni. Insomma, una gran confusione come succede sempre quando si allestisce Boris Godunov che è un’opera – detto per inciso e senza approfondire troppo perché ci vorrebbero giorni (strasmile) – che conta su altre versioni famose: due di Nikolaj Rimskij-Korsakov (grande amico e sodale di Musorgskij, che intervenne sulla partitura dopo la morte del compositore) e due, novecentesche, di Dmitrij Šostakovič. Quindi cosa posso scrivere di Boris Godunov per indirizzare gli ascoltatori a un ascolto consapevole?
Forse, per prima cosa, è utile ricordare la dichiarazione programmatica sull’Arte di Musorgskij stesso:
“L’Arte è un mezzo di comunicazione con gli altri uomini e non uno scopo”… la missione dell’Arte musicale è di riprodurre in suoni musicali non solo la varietà dei sentimenti umani, ma anche, in genere, il modo della parola umana”. Poi, una sintesi della trama.
Boris Godunov ha assassinato un giovane, Dmitrij, fratellastro ed erede dello Zar e dopo la morte dello stesso si fa “eleggere” dal popolo sullo scranno più alto. Quasi contemporaneamente, un monaco (Grigorij) scappa dal monastero, si…”smonaca” (strasmile) e va in Polonia, dove finge di essere lo scomparso pretendente al trono Dmitrij. Il cosiddetto finto Dmitrij sposa la figlia di un potentato e attacca la Russia. Immediatamente dopo la notizia della morte di Boris, il falso Dmitrij sfrutta il momento favorevole e prende anch’egli, in modo fraudolento, il Potere.
Poi che io – e sottolineo, io – associo l’opera a Delitto e castigo di Dostoevskij, perché il sentimento della colpa in tutte le sue forme è il vero protagonista della vicenda. Ancora, che Musorgskij stesso scrisse il libretto dell’opera, traendolo da un dramma teatrale di Puškin e dalla Storia dello Stato Russo di Nikolaj Karamzin. Infine, che Fëdor Ivanovič Šaljapin è considerato (non da me, ma poco importa) uno dei più grandi interpreti della parte di Boris. Fu proprio il grande carisma di Šaljapin che rese popolare l’opera, ma nella versione oggi considerata meno fedele allo spirito originario dell’autore, quella di Rimsky ‐ Korsakov.
Questa la scena della morte di Boris.
Ancora due parole sul senso più profondo di questo monumento della cultura russa.
Musorgskij tornò più volte nell’arco della sua (infelice) vita sul proprio lavoro eseguendo molti aggiustamenti di taglia e cuci, anche o soprattutto per evitare le forbici della suddetta censura, che ovviamente mal digeriva vedere rappresentato coram populo un omicidio commesso da uno Zar.
La musica del Boris non ha nulla a che vedere con le composizioni coeve e, anzi, per certi versi va contro gli stilemi della lirica della seconda metà dell’Ottocento. È una musica che guarda avanti e che non si cura delle arie e delle melodie tanto care alla grande maggioranza dei compositori del tempo: tutto porta a pensare che Musorgskij sia stato un incommensurabile visionario, anticipatore di un modo di fare teatro più moderno. Nel Boris convivono la musica corale, le danze, la musica liturgica e spunti di brani popolari: il tutto immerso in una specie di lattiginosa nebbia, in cui nulla è perfettamente leggibile o comprensibile. Dal punto di vista vocale, il declamato teso, drammatico e terribilmente coeso alla parola la fa da padrone. Mi rendo perfettamente conto di non essere stato esaustivo ma, credetemi, per farlo avrei dovuto scrivere un saggio e non un post. Perciò, sperando che queste poche indicazioni siano utili, vi lascio e ci rileggiamo per la consueta recensione espressa del sette dicembre, che ormai è diventata quasi più classica dell’appuntamento in televisione (no, non è vero, ma concedetemi un po’ di fanfaronesca boria!).
4 risposte a “Divulgazione semiseria dell’opera lirica: En attendant Boris (Godunov) di Musorgskij, che aprirà la stagione alla Scala di Milano. Alcune cose da sapere per un ascolto consapevole.”
Standing ovation (okay, sono solo, ma faccio per mille)! Bellissimo post, vale un saggio. Sono sempre.ammirato dalle tue disamine e dai commenti alle opere. Un plauso. Ma anche due o tre.
Pina carissima, ciao. Anche mio papà lo considerava molto, io trovo che sia più un attore, a dire il vero. E poi i gusti, nel cantare e anche nell’ascoltare, cambiano. Un abbraccio, Paolo
Standing ovation (okay, sono solo, ma faccio per mille)! Bellissimo post, vale un saggio. Sono sempre.ammirato dalle tue disamine e dai commenti alle opere. Un plauso. Ma anche due o tre.
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Ciao Felice, troppo buono. In realtà sono solo indicazioni di massima per ascoltare un’opera che non si vede spesso. Ciao! Paolo
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Ti ringrazio, finalmente ho potuto ascoltare la voce di questo Basso che sentivo spesso nominare da mio padre. Ciao.
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Pina carissima, ciao. Anche mio papà lo considerava molto, io trovo che sia più un attore, a dire il vero. E poi i gusti, nel cantare e anche nell’ascoltare, cambiano. Un abbraccio, Paolo
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