Questa recensione è frutto della visione televisiva della prima scaligera, perciò attenzione: solo dal vivo uno spettacolo può essere valutato in modo completo, per ragioni tanto evidenti che non sto neanche a elencare. Detto questo, andiamo avanti.
L’apertura di stagione del Teatro alla Scala con Boris Godunov di Musorgskij non è una novità, per quanto siano passati più di quarant’anni dal 7 dicembre1979, quando Claudio Abbado era sul podio dell’orchestra milanese e Riccardo Chailly suo assistente. In un momento storico peculiare, la riproposta di Boris Godunov mi sembra sia stato un atto di coraggio e di grande valenza socio-culturale. La Cultura dovrebbe unire, non dividere i popoli e le nazioni. Di cosa tratta, di là della trama, il capolavoro di Musorgskij? Di Potere, della lotta per il Potere, un tema che ritroviamo spesso nel teatro scespiriano, per esempio, ma non solo. Tratta anche, sottotraccia, di rimorso e senso di colpa; parla delle angosce del popolo russo, infine. Per questo considero il Boris il contraltare in musica di quell’altro monumento della cultura russa che è Delitto e castigo di Dostoevskij. Certo, alcune analogie col Macbeth sono evidenti, ovviamente scarnificando al massimo, sottraendo epoche e personaggi, in un lavoro che punti al sottotesto, al significato più intimo dell’opera. Dal lato prettamente musicale, invece, sono solari le suggestioni del grand-opéra di Meyerbeer ma anche del Don Carlos di Verdi. Il regista Kasper Holten, che si è avvalso delle imponenti scene di Es Devlin, degli altalenanti costumi di Ida Marie Ellekilde e dell’efficace impianto luci di Jonas Bøgh, mi pare abbia fatto complessivamente un buon lavoro. Ho trovato efficace questo allestimento, a partire dalla grandiosa scena iniziale, ricca di significati metaforici poi ripresi più volte nell’arco della serata. Riuscita anche la rappresentazione dell’iconografia ortodossa. Forse qualche particolare in stile grand guignol si poteva evitare, perché i tormenti di Boris sono nella sua mente, psicologici; acclararli non ha portato ad alcun plus valore allo spettacolo. In ogni caso una regia moderna, che guarda alla tradizione ma che al contempo si adegua alle nuove (?) esigenze del teatro in musica.
La direzione di Riccardo Chailly mi è sembrata strepitosa per pertinenza stilistica e gestione delle dinamiche e delle agogiche. La tensione emotiva che innerva tutta l’opera era sempre presente, anche nei momenti più grandiosi e magari pieni di una retorica voluta e ostentata, come nelle scene di massa in cui il Coro si è reso protagonista di una prova non meno che grandiosa. Allo stesso modo sono state sottolineate con efficacia le pochissime oasi liriche della partitura e valorizzata la parte coloristica, popolare, di un’opera assolutamente straordinaria, misconosciuta e spesso bistrattata colpevolmente. Grande prestazione dell’Orchestra della Scala, all’altezza della sua prestigiosissima fama, con gli archi morbidissimi e una menzione particolare per le percussioni. La compagnia di canto è stata complessivamente meritevole e, senza scendere in particolari, ho trovato molto buone le prove di tutti i coprotagonisti, compresi i ragazzini del coro di voci bianche. Eccellente il Pimen di Ain Anger, giustamente caricaturale Stanislav Trofimov nei panni di Varlaam. Bene anche l’ambiguo Sujskij di Norbert Ernst, mentre ho trovato deboli, ma accettabili, le interpreti di Fedor e Ksenija. Buona la prestazione di Yaroslav Abaimov (L’Innocente).
Ildar Abdrazakov mi è parso un ottimo Boris, che ha interpretato con gusto e realismo controllato. L’artista, che potenzialmente avrebbe potuto spingere sul pedale di una spettacolarizzazione esteriore, ha invece scelto – per fortuna – la strada di una discesa agli inferi intima, riflettuta e riflessiva, che è la vera essenza di un Boris riuscito. Insomma, buona la prima! (se mi è scappato qualche orrore ortografico abbiate pazienza)
Direttore
Riccardo Chailly
Regia
Kasper Holten
Scene
Es Devlin
Costumi
Ida Marie Ellekilde
Luci
Jonas Bøgh
Video
Luke Halls
CAST
Boris Godunov Ildar Abdrazakov Fëdor Lilly Jørstad Ksenija Anna Denisova La nutrice di Ksenija Agnieszka Rehlis Vasilij Šujskij Norbert Ernst Ščelkalov Alexey Markov Pimen Ain Anger Grigorij Otrepev Dmitry Golovnin Varlaam Stanislav Trofimov Misail Alexander Kravets L’ostessa della locanda Maria Barakova Lo Jurodivyi Yaroslav Abaimov Pristav, capo delle guardie Oleg Budaratskiy Mitjucha, uomo del popolo Roman Astakhov Un boiardo di corte Vassily Solodkyy
Mi ritrovo nella tua lettura della rappresentazione di stasera. Aggiungo che l’intento di citare Shakespeare è stato davvero evidente e mi riferisco non solo alla presenza costante sul palcoscenico dell’ombra della vittima ma anche al rilievo dato al fool ( con il bambolotto in braccio a dar forse l’idea che l’innocenza è sempre violata e che i “folli “ sono quelli che hanno questa verità sempre presente ). Anche Prospero de “La tempesta” mi si è subito materializzato attraverso il riferimento alla scrittura e alla necessità di un preservare il racconto o la rappresentazione dell’esperienza universale del dolore e di ciò che lo produce. Grazie per la tua puntuale ( anche in senso stretto ) recensione semiseria. È anche da me sempre attesa:-)
p.s. Giuliano più volte mi ha parlato della rappresentazione del ‘79. Ha iniziato ad appassionarsi alla lirica proprio a partire dal Boris diretto da Abbado.
Ciao Giacinta, tutto molto condivisibile quello che scrivi e grazie di aver aggiunto materiale alla mia giocoforza limitata recensione espressa.
So bene che Giuliano fu folgorato sulla del Boris, ne parlammo tante volte…ciao, Paolo 😀
Alla fine, è bello avere tanti “Boris” musicalmente e strutturalmente diversi. Tutti da ascoltare e vedere con emozione.
Bisogna però essere chiari sul fatto che se si sceglie la prima versione non è perché questa versione sia quella “vera”: se fosse così mi aspetterei una prima del “Boris” eseguita solo su un pianoforte.
Oggi come oggi non sapremmo dire perché la versione del 1869 fosse stata criticata per i suoi aspetti musicali, ma noi apparteniamo alla generazione della dodecafonia e del punk-rock. Difficile pensare che ci sia qualche disarmonia che ci possa disturbare. Anche la disarmonia è diventata solo un diverso tipo di armonia. Non fu così per Rimskij-Korsakov, che credeva ancora al “bello” nella musica.
Vero che disturba nella messa in scena il “grand guignol”: siamo capaci di leggere le sfumature senza bisogno di didascalici zombi. Opportuna però la lettura del futuro del figlio di Boris, ucciso per far entrare a Mosca il falso Dimitri. Dimitri che poi non ebbe gran fortuna, ucciso per le tasse e per la sua propensione al cattolicesimo, fatto a pezzi, pezzi poi sparati con il cannone verso la Polonia. Sic transit gloria mundi. Forse anche questa precarietà di Dimitri avrebbe potuto essere messa in evidenza.
Una grande “Prima”.
Grazie per le tue recensioni, che aggiungono sempre qualcosa a quanto si è provato.
Ciao Furio, anche qui sono d’accordo perché le altre versioni sono altrettanto intriganti. Ringrazio anche te per aver dato ulteriori spunti di riflessione! Ciao, Paolo 😀
Giacinta scusa mi sono accorto stamattina che il tuo commento era stato cassato come spam da WordPress, probabilmente perché conteneva un link. Ciao e grazie, Paolo
Ieri sera ho visto la diretta a partire dalla conversazione tra Pimen ed il falso Dimitri. Ho trovato questa prima versione molto bella ed efficace teatralmente. Facendo un paragone col “Don Carlo” di Verdi, mi pare che Verdi fosse in questo indubbio capolavoro ancora legato a convenzioni operistiche, e mi riferisco alle arie riservate a tutti i principali interpreti – no comment sul balletto della versione francese, sciaguratissima convenzione del Grand Opèra. Questo “Boris” mi è parso molto più moderno di qualsiasi versione del Don Carlo. Peraltro anche a me non è piaciuto vedere in scena i fanciulli insanguinati, e la trovata dell’accoltellamento di Boris se la potevano risparmiare…è come se nella “Tosca” i gendarmi sparassero alla protagonista prima che costei si getti da Castel Sant’Angelo 😋…un’ultima osservazione riguardo al protagonista, che vorrei tanto poter sentire in teatro, dato che ho letto che gli si imputa di non avere una “grande” voce; come si sa Tito Schipa non aveva una gran voce, ma armonici tali che si sentiva in tutto il teatro…magari per il protagonista di ieri sera si può dire lo stesso? Grazie e buona festa dell’Immacolata
Ciao Enrico, i balletti, in generale, fanno venire l’orticaria anche a me. Siamo tutti d’accordo che le scene, diciamo così, horror, erano superflue. Ho notato che praticamente tutti i commentatori più o meno qualificati lo hanno sottolineato. Quanto ad Ildar, l’ho sentito più volte in teatro: la voce è importante ma non imponente come altri, gli armonici non la caratterizzano in modo particolare. Sicuramente però l’artista è di primo livello.
Ciao, Paolo 😀
D’accordo sulla tua recensione @Amfortas, che è molto vicina a come l’ho vista anche io. Soprattutto la resa musicale che è stata veramente ottima, mi ha ricordato la potenza di quella di Abbado che vidi a teatro nel 1994. La Regia buona per alcuni aspetti ( bello lo scontro tra Boris e Shuyskj nel penultimo quadro ) meno per altri, in particolare l’inutile assassinio finale, che toglie il senso alle allucinazioni portate in scena, ( un regista come Lev Dodin sarebbe stato più conseguente nella sua lettura ) ma tutto sommato discreta. Personalmente considero questa versione del 1869 più compatta, mentre quella con la scena della Foresta di Kromy e l’Atto Polacco è più completa, più Grand Opera, anche se dà adito ad alcune ripetizioni, necessarie a portare di nuovo in scena alcuni personaggi.
Mi ritrovo nella tua lettura della rappresentazione di stasera. Aggiungo che l’intento di citare Shakespeare è stato davvero evidente e mi riferisco non solo alla presenza costante sul palcoscenico dell’ombra della vittima ma anche al rilievo dato al fool ( con il bambolotto in braccio a dar forse l’idea che l’innocenza è sempre violata e che i “folli “ sono quelli che hanno questa verità sempre presente ). Anche Prospero de “La tempesta” mi si è subito materializzato attraverso il riferimento alla scrittura e alla necessità di un preservare il racconto o la rappresentazione dell’esperienza universale del dolore e di ciò che lo produce. Grazie per la tua puntuale ( anche in senso stretto ) recensione semiseria. È anche da me sempre attesa:-)
p.s. Giuliano più volte mi ha parlato della rappresentazione del ‘79. Ha iniziato ad appassionarsi alla lirica proprio a partire dal Boris diretto da Abbado.
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Ciao Giacinta, tutto molto condivisibile quello che scrivi e grazie di aver aggiunto materiale alla mia giocoforza limitata recensione espressa.
So bene che Giuliano fu folgorato sulla del Boris, ne parlammo tante volte…ciao, Paolo 😀
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Alla fine, è bello avere tanti “Boris” musicalmente e strutturalmente diversi. Tutti da ascoltare e vedere con emozione.
Bisogna però essere chiari sul fatto che se si sceglie la prima versione non è perché questa versione sia quella “vera”: se fosse così mi aspetterei una prima del “Boris” eseguita solo su un pianoforte.
Oggi come oggi non sapremmo dire perché la versione del 1869 fosse stata criticata per i suoi aspetti musicali, ma noi apparteniamo alla generazione della dodecafonia e del punk-rock. Difficile pensare che ci sia qualche disarmonia che ci possa disturbare. Anche la disarmonia è diventata solo un diverso tipo di armonia. Non fu così per Rimskij-Korsakov, che credeva ancora al “bello” nella musica.
Vero che disturba nella messa in scena il “grand guignol”: siamo capaci di leggere le sfumature senza bisogno di didascalici zombi. Opportuna però la lettura del futuro del figlio di Boris, ucciso per far entrare a Mosca il falso Dimitri. Dimitri che poi non ebbe gran fortuna, ucciso per le tasse e per la sua propensione al cattolicesimo, fatto a pezzi, pezzi poi sparati con il cannone verso la Polonia. Sic transit gloria mundi. Forse anche questa precarietà di Dimitri avrebbe potuto essere messa in evidenza.
Una grande “Prima”.
Grazie per le tue recensioni, che aggiungono sempre qualcosa a quanto si è provato.
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Ciao Furio, anche qui sono d’accordo perché le altre versioni sono altrettanto intriganti. Ringrazio anche te per aver dato ulteriori spunti di riflessione! Ciao, Paolo 😀
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Mi è venuto in mente perchè la scenografia mi ha rimandato subito a Prospero:
http://giulianocinema.blogspot.com/2012/01/walk-through-prosperos-library-i.html
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Giacinta scusa mi sono accorto stamattina che il tuo commento era stato cassato come spam da WordPress, probabilmente perché conteneva un link. Ciao e grazie, Paolo
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Ieri sera ho visto la diretta a partire dalla conversazione tra Pimen ed il falso Dimitri. Ho trovato questa prima versione molto bella ed efficace teatralmente. Facendo un paragone col “Don Carlo” di Verdi, mi pare che Verdi fosse in questo indubbio capolavoro ancora legato a convenzioni operistiche, e mi riferisco alle arie riservate a tutti i principali interpreti – no comment sul balletto della versione francese, sciaguratissima convenzione del Grand Opèra. Questo “Boris” mi è parso molto più moderno di qualsiasi versione del Don Carlo. Peraltro anche a me non è piaciuto vedere in scena i fanciulli insanguinati, e la trovata dell’accoltellamento di Boris se la potevano risparmiare…è come se nella “Tosca” i gendarmi sparassero alla protagonista prima che costei si getti da Castel Sant’Angelo 😋…un’ultima osservazione riguardo al protagonista, che vorrei tanto poter sentire in teatro, dato che ho letto che gli si imputa di non avere una “grande” voce; come si sa Tito Schipa non aveva una gran voce, ma armonici tali che si sentiva in tutto il teatro…magari per il protagonista di ieri sera si può dire lo stesso? Grazie e buona festa dell’Immacolata
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Ciao Enrico, i balletti, in generale, fanno venire l’orticaria anche a me. Siamo tutti d’accordo che le scene, diciamo così, horror, erano superflue. Ho notato che praticamente tutti i commentatori più o meno qualificati lo hanno sottolineato. Quanto ad Ildar, l’ho sentito più volte in teatro: la voce è importante ma non imponente come altri, gli armonici non la caratterizzano in modo particolare. Sicuramente però l’artista è di primo livello.
Ciao, Paolo 😀
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D’accordo sulla tua recensione @Amfortas, che è molto vicina a come l’ho vista anche io. Soprattutto la resa musicale che è stata veramente ottima, mi ha ricordato la potenza di quella di Abbado che vidi a teatro nel 1994. La Regia buona per alcuni aspetti ( bello lo scontro tra Boris e Shuyskj nel penultimo quadro ) meno per altri, in particolare l’inutile assassinio finale, che toglie il senso alle allucinazioni portate in scena, ( un regista come Lev Dodin sarebbe stato più conseguente nella sua lettura ) ma tutto sommato discreta. Personalmente considero questa versione del 1869 più compatta, mentre quella con la scena della Foresta di Kromy e l’Atto Polacco è più completa, più Grand Opera, anche se dà adito ad alcune ripetizioni, necessarie a portare di nuovo in scena alcuni personaggi.
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Ciao Leo, non ho altro da aggiungere alla tua condivisibile opinione. Ciao, Paolo
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