In Italia, d’estate, la musica lirica si trasferisce spesso all’aperto.
A Torre del Lago è appena cominciato (non benissimo, ahimé) il Festival Pucciniano, all’Arena di Verona proseguono le recite delle opere in cartellone, Aida, Barbiere, Carmen (particolarmente sfortunata quest’anno, numerose le sospensioni a causa di acquazzoni), Turandot, il Gala con Placido Domingo del 24 luglio.
Tutti appuntamenti interessanti, ma per me fa troppo caldo e rinuncio. Salvo imprevedibili cambi di programma (sempre possibili anche se non probabili), m’accontenterò di seguire alla radio il Festival di Bayreuth e il Rossini Opera Festival, per poi riprendere le mie frequentazioni teatrali in settembre.
Nel frattempo mi sono imbattuto in un ottimo libro, a cura di Marco Capra: Il diavolo all’opera. Aspetti e rappresentazioni del diabolico nella musica e nella cultura del XIX secolo. (
qui su IBS)
L’autore va ad indagare non tanto le opere in cui appare, in varie forme, il Maligno, ma offre uno sguardo più ampio sull’impatto della figura diabolica in varie discipline, partendo dalla lirica o dalla musica più in generale.
Nel primo capitolo, paradigmatico di tutto il volume, si parla, pensate un po’, di Niccolò Paganini, il violinista che non ripeteva mai. Vista con gli occhi di oggi, la frase “Paganini non ripete” sembra uno slogan, non così dissimile nella forma ad un messaggio pubblicitario. Vedremo che questa visione non è poi così peregrina.
Ma perché parlare di Paganini in un libro che si occupa d’influenze diaboliche? Bisogna fare un passo indietro e considerare un altro celeberrimo violinista, Giuseppe Tartini, che una notte del 1713 fece uno strano sogno e cioè che il diavolo si metteva a sua disposizione per realizzare qualsiasi desiderio.
L’artista gli affida il proprio violino e il diavolaccio suona una melodia di straordinaria bellezza, tanto che, al risveglio, Tartini si precipita sullo strumento per provare a riprodurla. Nulla da fare, la musica è irripetibile e l’armonia scompare dalla mente del compositore. Allora, febbrilmente ispirato, quasi in uno stato di trance, scrive le note di un nuovo pezzo, la Sonata del Trillo del diavolo di cui, nel secolo successivo, Paganini diede interpretazioni memorabili.
Ma la bravura soprannaturale non basta a spiegare l’accostamento tra l’artista e il tentatore, ci vuole altro, e Paganini, grandissimo promotore di se stesso, sfruttò a proprio vantaggio anche alcune caratteristiche fisiche.
Era alto, allampanato, l’espressione un po’assente, con le mani affusolate e le dita lunghissime che ghermivano il violino come artigli. Suonava il suo strumento in modo inconsueto, strappando le corde o tenendolo capovolto (un Jimi Hendrix ante litteram, diciamo, strasmile). Si esibiva, si dice, nei cimiteri!
Nel 1812 assiste, alla Scala di Milano, ad uno strano balletto di Salvatore Viganò intitolato Il noce di Benevento, che parla di streghe che si riuniscono nei pressi di un albero.
Una delle melodie di questo lavoro lo affascina a tal punto che incomincia ad inserirla nei concerti. Diventa famoso e i media del tempo si occupano di lui, lo vediamo ritratto mentre suona circondato da diavoli. Paganini si trasforma in un fenomeno massmediatico e fioriscono le prime leggende metropolitane sulla sua chiacchierata persona.
Le voci si rincorrono.
Sembra che da bambino, a causa del morbillo, sia quasi stato sepolto vivo! Pare che sia stato coinvolto in un delitto orribile!
Puntuale, ecco una litografia che lo immortala in prigione. Durante i suoi concerti c’è chi giura di vedere sinistri bagliori o di sentire odore di zolfo!
In questo clima eccitato, persino il poeta Heinrich Heine,
nelle Florentinische Nächte, descrive così il musicista durante un’esibizione:
“Dietro a lui s’agitava uno spettro, la fisionomia del quale rivelava una beffarda natura di caprone e talvolta vedevo due lunghe mani pelose (le sue, pareva) toccare le corde dello strumento suonato da Paganini. Talvolta esse gli guidavano pure la mano onde reggeva l’arco e risate belanti d’applauso accompagnavano i suoni che sgorgavano dal violino sempre più dolorosi e cruenti.”
Che dire, dobbiamo crederci?
E pensare che in una delle prime raffigurazioni vediamo il musicista accanto ad un’arpa, cioè lo strumento angelico per antonomasia!
Insomma Paganini si organizza la vita facendosi attendere e precedere da campagne di stampa che creano attesa, curiosità morbosa, aspettative straordinarie.
Un artista diabolico o solo un grande artista molto furbo?
Il libro poi prosegue, corredato da una nutrita bibliografia, descrivendo altre “relazioni pericolose” vere o presunte tra compositori e il Maligno. Non mancano, ovviamente, considerazioni sul Romanticismo, afflato culturale nel quale demoni e streghe hanno proliferato ampiamente.
Insomma, direi che vista la notevole frequentazione reciproca, artisti e diavoli vari possono essere considerati tranquillamente nuovi mostri e…coppie di fatto (strasmile)!
È una lettura colta, scritta con intenti divulgativi, che non si rivolge solo agli addetti ai lavori e può essere apprezzata da chiunque, quindi consiglio il libro ai miei numerosi fan (smile).
Buona settimana a tutti!
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Hanno detto: