Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Post interlocutorio.


Bene, siccome io sino a lunedì, credo, non scriverò la mia consueta recensione semiseria, volevo lasciarvi un paio di letture che ho trovato molto stimolanti.

La prima la trovate qui su OperaClick a firma Lorenzo De Vecchi, e ve la segnalo proprio perché in qualche modo è in contrapposizione col mio parere sul recente allestimento del Roméo et Juliette di Gounod, per la regia di Damiano Michieletto.
È indirettamente anche una risposta a coloro che accusano OperaClick di avere una linea editoriale ferrea, dalla quale non si può prescindere.
I fatti, che per fortuna contano più delle opinioni, dimostrano il contrario.
Poi, in un contesto diverso ma intellettualmente adiacente alla discussione di cui sopra, segnalo questo periodo dell'amico Roberto espunto da un contesto più ampio, che potete trovare qui nella sua completezza.

Chi vi parla ritiene che l’allontanamento totale del pubblico dalla musica colta contemporanea sia una delle ferite sanguinanti della nostra epoca. Infatti, come si legge nella scritta luminosa che da poco è stata collocata nella facciata degli Uffizi prospicente l’Arno, Every art has been contemporary. L’arte contemporanea è il prodotto più autentico di un’epoca, ciò che ci testimonia e che resterà di noi: perché questo scellerato oblio? Alla radice di tutto ciò, per la musica, c’è stato probabilmente – più che il più complesso linguaggio – il rovesciarsi dei rapporti di forza tra procedimento e risultato compositivo, che ha ingenerato il fatto che ci si sia preoccupati di costruire soprattutto qualcosa di funzionale a una regola (dalla dodecafonia alla famosa “superformula” di Stockhausen, alla ripetizione dei minimalisti, alla musica aleatoria) e spesso, da entrambi i lati, di “spiegare” e “comprendere” questa regola prima e più di eseguire o lasciarsi andare. Eppure vi garantisco che questa musica può ammaliare come il più tonale dei temi, ho condotto ad esempio l’esperimento di fare assistere a una persona cara ignara di musicologia la Lulu di Berg, senza premetterle alcuna spiegazione, e l’ha trovata entusiasmante. Come credo si possano trovare facilmente entusiasmanti, col diretto ascolto e senza alcuna mediazione, figli illustri del novecento post-tonale come il concerto per pianforte di Schoenberg, le sinfonie di Penderecki, concerti per violino di Bartók o di Rorem o dello stesso Berg… occorrerebbe un maggiore abbandono (alla musica, non delle poltrone del teatro)! Forse, per poesia e musica, siamo dinanzi a un eccesso di cautela.

Che ci volete fare, avere amici intelligenti è una sfiga da un certo punto di vista (specialmente quando sono interisti, strasmile!), però mi aiuta a restare con i piedi bene ancorati a terra.
Buon fine settimana a tutti.

21 risposte a “Post interlocutorio.

  1. utente anonimo 12 marzo 2010 alle 11:41 PM

    grazie per la citazione.
    (serataccia)

    bob (logged out)

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  2. daland 13 marzo 2010 alle 12:07 am

    Regìe d’opera. L’articolo di De Vecchi mi sembra assai equilibrato, pur nella sua chiara posizione, diciamo, conservatrice (in senso buono, io la condivido in pieno). La battuta della signora (“basta balconcini di Giulietta”) è quanto di più anticulturale si possa immaginare. Tanto varrebbe allora anche dire: “basta nel mezzo del cammin di nostra vita” e pretendere che Benigni o Sermonti ci presentino i loro personali arrangiamenti della Commedia, per non farci annoiare. O apprezzare la quinta di Beethoven solo se suonata con sax e batteria, invece dei soliti e noiosissimi violini e fagotti. Però l’opera, come la musica pura, come il teatro di prosa, hanno bisogno dell’interprete, a differenza del quadro dell’Assunta del Tiziano (e qui De Vecchi fa l’esempio sbagliato, capita anche a me peraltro). Il problema è che non ci sono facili ricette, e soprattutto non ci può essere una sola ricetta, buona per tutte le stagioni. Cambiare l’ambientazione del Barbiere può anche giovare a quell’opera, che non si regge di sicuro sulla Siviglia di cartapesta o sul nome del reggimento di Lindoro. Cambiarla all’Otello comporta una qualche attenzione, cambiarla al Parsifal significa fare un Parsifal apocrifo, per quanto interessante.
     
    Musica: bisogna fare riferimenti precisi, perché Bartok o Berg non sono Cage o (per gran parte) Stockhausen. Alex Ross ci ha provato, e direi con grande acume: si fanno dei nomi che meritano, ma “the rest is noise”!
     
    Buon w-e anche a te.

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  3. utente anonimo 13 marzo 2010 alle 3:11 am

    daland: tentavo una sintesi non certo stilistica ma relativa alla prevalenza (come posso dire: comunicativa? mediatica?) del procedimento compositivo sulla qualità intrinseca. Mi sembra evidente come molti si accingano ad ascoltare Beethoven senza che gli venga imposto di conoscere lo sforzando beethoveniano, mentre a pochi venga concesso di ascoltare Berg senza che ci si preoccupi che sappiano preventivamente che componeva per serie (almeno dall'opus 2), Bartók senza sapere che componeva spesso secondo modalità, e così via. C'è secondo me una prevalenza asfissiante e dell'apparato da cui non si sottraggono spesso neppure i compositori stessi nei loro scritti. Va ricercato un punto di equilibrio, la mia sensazione è che spesso si sottovaluti l'ascoltatore.

    Quanto a Ross, ha fatto un bel lavoro, ma non credo che Nono e Dallapiccola siano "noise" (visto che non ne parla affatto o pochissimo): molti ins e outs sono discrezionali (peraltro è questa la forza del libro).

    Ri-bob (ri-logged out)

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  4. daland 13 marzo 2010 alle 8:23 am

    @bob

    permettimi di esprimere il mio totale (e amichevolissimo!) dissenso: da quando in qua più informazione, più cultura, più conoscenza sono un ostacolo? Qualunque programma di sala (o booklet di CD) informa che quella sinfonia di Mozart ha il primo movimento in forma-sonata, e il menuetto con il trio: qualcuno si è mai disamorato di Mozart per questo?

    Altro è discutere sul nostro (intendo "della nostra civiltà") orecchio e chiederci perchè – nella media, ovviamente – un "ignorante" di musica può trovare interessante Mozart, mentre fatica a sopportare addirittura Stravinsky (che quindi gli deve essere "spiegato")! 
     

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  5. amfortas 13 marzo 2010 alle 9:49 am

    Mi limito a salutare tutti, oggi sono un po' incasinato.
    Spero di non aver gufato l'Inter…(strasmile)!

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  6. utente anonimo 13 marzo 2010 alle 10:46 am

    altrettanto amichevolissimevolmente rispondo:
    sono un "ostacolo" (molto virgolettato) quando ingenerano la convinzione nel potenziale fruitore di novecento che si debba padroneggiarle perfettamente per potersi accostare all'ascolto. Allora il fruitore fa il Bartleby 🙂
    Questa è la mia opinione.
    In soldoni: quando uno mi chiede (succede) "mi spieghi" X? tendo a rispondere che dovrebbe pensare se X lo "acchiappa". Cioè vorrei che ci si ponesse, quando possibile, più in questa prospettiva. Credo ne sussistano i margini.

    gufo: purtroppo ieri la categoria era anche tra le mura domestiche, su facebook, ovunque!

    ciao a tutti!

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  7. utente anonimo 13 marzo 2010 alle 11:56 am

    da Giuliano:
    è vero che tante volte i commenti all'opera è meglio lasciarli perdere… O trovi qualcuno veramente bravo, e che sa farsi capire, oppure è meglio lasciarsi andare alle prime impressioni e poi ragionarci su.
    Noi siamo stati molto facilitati dalla possibilità di avere ottime registrazioni, ma poi conoscere un po' di musica è fondamentale.
    Insomma: bisogna impegnarsi e studiare, metterci del nostro. Ce lo dicevano anche a noi, i nostri vecchi: e noi sbuffavamo, ma poi col tempo si capiva.
    Oggi sono i "vecchi" a dirti che sono tutte cose noiose, qui 25 anni di scuola "canale5-radiodeejay" hanno colpito duro, durissimo. La settimana scorsa ho ascoltato una persona estasiata perché l'insegnante di musica di sua figlia (undici anni) "è il bassista di van de Sfroos"…
    Questo è il futuro che si prospetta…

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  8. utente anonimo 13 marzo 2010 alle 1:36 PM

    L'articolo di De Vecchi, sarà pure equilibrato (come ho sentito dire) ma io non ci trovo né capo né coda. Una persona ha il pieno diritto di dire che non vuole i balconcini, come pure un'altra ha diritto di dire che li vuole. Una va a teatro, guarda, ascolta e poi può dire mi piace o non mi piace, approvo o non approvo. Fine della storia. Tutta sta discussione mi ricorda l'aristofanesco Socrate nella gabbia. Non esiste l'attualizzazione o meno, esiste l'interpretazione che può essere più o meno pertinente a livello soggettivo. La discussione nata poi a Trieste secondo cui, essendo l'opera stata rappresentata una sola volta nel millenovecento e qualcosa, questo attribuirebbe al pubblico il diritto (obbligo??) del balconcino è francamente ridicola. 
    Oggi ci si accapiglia per lo "stravolgimento " di un'opera di Gounod, autore che, a detta di molti, si rivolterebbe nella tomba. Quegli stessi dimenticano come Gounod per primo non si sia fatto scrupoli nel rovesciare come un calzino un testo (di Sheakespeare oltre tutto…) mettendoci panzane di ogni tipo (vedi matrimonio della Giuliettina) e facendo addirittura duettare i due malcapitati alla fine dell'opera (il che è un delitto autentico nei confronti della poetica e della visione tragica dell'originale). Chi ha rispettato chi? Chi non ha rispettato chi?
    Vien da ridere…alla sua tanto celebrata (oggi) Traviata, Visconti fu trattato come un ciarlatano…al punto che la Scala considerò l'allestimento inutile: fu venduto all'opera dei Vienna dove fu smontato e quindi buttato in "scovazze"..come si suol dire…..forse ne restano i costumi mi pare….
    Suvvia un po' di senso storico…….

    AB

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  9. daland 13 marzo 2010 alle 2:00 PM

    @AB
    Scusa, ma Gounod non aveva la pretesa di inscenare il Romeo&Giulietta di Shakespeare!
    Invece Michieletto ha inscenato il Romeo&Giuliette di Gounod!
    C'è qualche differenza, o no?

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  10. utente anonimo 13 marzo 2010 alle 3:36 PM

    forse al tempo di Gounod qualcuno avrebbe voluto Romeo e Giulietta di Sheakespeare e invece hanno avuto quello di Gounod esattamente come noi oggi abbiamo avuto quello di Michieletto. E' sempre molto difficile dire chi avrebbe voluto cosa in senso oggettivo…il solito passaggio dall'essere in potenza all'essere in atto. Come dice Schicchi"In questo mondo una cosa si perde ….una si trova". Nel balcone di Giulietta si sarebbe trovato qualcosa e perso altro…..Nel discreto (ma non di certo ipergeniale) allestimento di Michieletto pure qualcosa si è trovato e qualcosa si è perso.
    Ma, a costo di ripetermi, perchè tutto sto can can per quelli che non hanno visto il balcone? Perchè tutto sto filosofare? Io francamente non amo i balconi e me li pappo in un'infinità di allestimenti senza per questo seccare a tal l'anima al prossimo  (vedi lettere a giornali e simili)….

    AB

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  11. amfortas 13 marzo 2010 alle 5:09 PM

    AB, forse "seccare l'anima al prossimo" è un po' troppo :-).
    Insomma, che ognuno si esprima e dica la sua, anche attraverso le lettere ai giornali. Credo che la possibilità di sentire opinioni varie arrichisca tutti, anche quando vanno contro i nostri convincimenti.
    Un saluto affrettato a tutti!

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  12. utente anonimo 13 marzo 2010 alle 7:58 PM

    Invito tutti a leggere questo intervento di Guido Barbieri, riguardo alla regia nel teatro musicale.

     http://www.euterpevenezia.it/attivita/rivista/29%20veneziamusica%2042-45%20specialeregia.pdf

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  13. utente anonimo 13 marzo 2010 alle 8:15 PM

    Buonasera, sono un artista del Coro di Trieste, e ovviamente ho preso parte alla produzione di Romeo et Juliette.  Ci tenevo a dire una cosa: l'allestimento e le idee di Damiano Michieletto possono piacere oppure no. Qualcuno le può trovare banali qualcuno invece geniali.
    A me la produzione è piaciuta moltissimo!
    Ma quello che volevo dire è questo: non sono i costumi attuali oppure d'epoca che sono importanti, è come il regista lavora con i cantanti e con gli artisti sul palcoscenico, come sa coinvolgere il pubblico, come sa interpretare una storia. In questo Michieletto è bravissimo.
    E poi, scusate… il balcone, il balcone…Ma non lo avete visto il balcone?!!? C'era, c'era, eccome…  Ovviamente per chi ha un minimo di immaginazione…
    AC

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  14. daland 13 marzo 2010 alle 10:29 PM

    @ #12
    Grazie per il riferimento agli articoli sulla regìa d’opera.
     
    Direi che Barbieri scrive cose giuste, ma al limite dell’ovvietà, e comunque tratta un aspetto (importante, ma non unico e  forse non il principale) del problema: quello del cantante che deve anche essere attore. Però qualcuno ha simpaticamente osservato che una cariatide che canta bene è meglio di una Eleonora Duse che bercia!
     
    Invece trovo assai istruttivo l’articolo di Quirino Principe. Un paio di commenti fa avevo accennato al Parsifal: ecco, il “professore” in proposito non usa mezzi termini, e personalmente concordo in pieno.

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  15. amfortas 14 marzo 2010 alle 12:41 am

    L'estensore dell'editoriale di OperaClick ha un sostenitore autorevole :-), nientemeno che Samuel Ramey, che così ha commentato il recente allestimento di Attila al Met, diretto da Muti per la regia di Pierre Audi:

    "It is unfortunate that for the Met’s first production of ATTILA they could not do a more “conventional” production. The sets and the costumes had nothing to do with the period of the opera or the characters. I know from having been at rehearsals that the director gave the singers nothing and the set prevented them from doing anything dramatically. The production is a fiasco!
    Samuel Ramey (I was the Pope)."

    'Notte a tutti!

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  16. utente anonimo 14 marzo 2010 alle 11:39 am

     
    CASSANDRO
     
    D’accordo “L’arte contemporanea è il prodotto più autentico di un’epoca”.
     
    Ma, a mio modestissimo avviso, l’arte è apprezzabile “immediatamente” dai contemporanei solo se essa fa sorgere quasi immediatamente un senso di gradevolezza, visiva o auditiva. Il complesso del Principe alligna pure tra i comuni mortali.
     
    Così se andiamo nel campo della pittura almeno per me è più soddisfacente guardare un Raffaello che un Burri, o nel campo della musica essere “acchiappati” da Mozart piuttosto che da Nono, circa il quale considero un mio successo il fatto che la sua musica non mi disturba).
     
    L’alternativa sarebbe inculturire il pubblico prima di ogni esecuzione (come faceva un tempo Sinopoli all’inizio di qualche concerto) e in questo modo il processo intellettivo mitiga quello sensoriale ed istintivo.
     
    Ovviamente parlo per me che appartengo al pubblico degli orecchianti. Per gli specialisti in campo musicale il discorso è diverso, anche se mi piacerebbe osservarne qualcuno di questi mentre va in visibilo davanti ad un “taglio” di Fontana.
     
    Solo per smitizzare queste mie criticabili considerazioni ecco un breve scherzoso parallelo fra la . . . . . . . .
     
        MUSICA  IERI  E  OGGI   
     
    Ma che maniera valida di scrivere
    musica Bach aveva, o Paganini,
    oppur Vivaldi! . . . era come vivere
    secondo la Natura, e i suoi confini
     
    giammai travalicare! . . . Non si insegna
    che in armonia essa scritta va,
    e che, all’inverso, è cosa assai indegna
    fare sbalzar le note qua e là?
     
    Infatti, oggi è la musica così . . .
    che sembra che ogni nota se ne vada
    per conto proprio . . . Che incolto, eh, sì,
     
    che sono . . . ma purtroppo non mi aggrada
    questo aggrovigliarsi e qui e lì
    di note scritte a colpi di spada.
     
     
    L’asino solo mangia sempre biada . . .
    per cui mi dico pure “Attento! . . .Bada!
    potresti essere molto fuori strada!”
     
                (Cassandro)
     
    CASSANDRO
     
    D’accordo “L’arte contemporanea è il prodotto più autentico di un’epoca”.
     
    Ma, a mio modestissimo avviso, l’arte è apprezzabile “immediatamente” dai contemporanei solo se essa fa sorgere quasi immediatamente un senso di gradevolezza, visiva o auditiva. Il complesso del Principe alligna pure tra i comuni mortali.
     
    Così se andiamo nel campo della pittura almeno per me è più soddisfacente guardare un Raffaello che un Burri, o nel campo della musica essere “acchiappati” da Mozart piuttosto che da Nono, circa il quale considero un mio successo il fatto che la sua musica non mi disturba).
     
    L’alternativa sarebbe inculturire il pubblico prima di ogni esecuzione (come faceva un tempo Sinopoli all’inizio di qualche concerto) e in questo modo il processo intellettivo mitiga quello sensoriale ed istintivo.
     
    Ovviamente parlo per me che appartengo al pubblico degli orecchianti. Per gli specialisti in campo musicale il discorso è diverso, anche se mi piacerebbe osservarne qualcuno di questi mentre va in visibilo davanti ad un “taglio” di Fontana.
     
    Solo per smitizzare queste mie criticabili considerazioni ecco un breve scherzoso parallelo fra la . . . . . . . .
     
        MUSICA  IERI  E  OGGI   
     
    Ma che maniera valida di scrivere
    musica Bach aveva, o Paganini,
    oppur Vivaldi! . . . era come vivere
    secondo la Natura, e i suoi confini
     
    giammai travalicare! . . . Non si insegna
    che in armonia essa scritta va,
    e che, all’inverso, è cosa assai indegna
    fare sbalzar le note qua e là?
     
    Infatti, oggi è la musica così . . .
    che sembra che ogni nota se ne vada
    per conto proprio . . . Che incolto, eh, sì,
     
    che sono . . . ma purtroppo non mi aggrada
    questo aggrovigliarsi e qui e lì
    di note scritte a colpi di spada.
     
     
    L’asino solo mangia sempre biada . . .
    per cui mi dico pure “Attento! . . .Bada!

    potresti essere molto fuori strada!”
     
                (Cassandro)

    Mi auguro di non essere stato di disturbo, Amfortas. Buon pomeriggio a tutti

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  17. utente anonimo 14 marzo 2010 alle 11:45 am

    Troppa grazia S. Antonio!

    Sono partiti 2 commenti assieme: già uno solo era abbastanza.

    Ti prego, amfortas, se puoi, di cancellarne uno . . . a te la scelta se poi li vuoi cancellare tutti e due. Grazie

    Cassandro 

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  18. ivyphoenix 14 marzo 2010 alle 4:18 PM

    grazie del saluto…
    diciamo che.. altro che quiete.. mi tocca sempre combattere…

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  19. amfortas 14 marzo 2010 alle 6:28 PM

    Cassandro, ancora una volta ti ringrazio per gli argutissimi versi!
    Qualche volta, effettivamente, il pubblico andrebbe informato adeguatamente, ma credo che pochi abbiano l'umiltà d'imparare perché costa tempo e fatica.
    Io credo che l'atteggiamento migliore di chi fa critica musicale (ma non solo) sia l'onestà intellettuale e la preparazione specifica e non è scontato che sia sempre così.
    Poi entrano in ballo anche i gusti personali e la voglia di mettersi in gioco, il rinunciare al perniciosissimo "Ehhh una volta…" che vale più come rimpianto per la gioventù che altro.
    L'Arte deve essere in movimento, fermo restando che le stupidaggini restano tali e vanno combattute.
    Per domani prometto una scoppiettante recensione semiseria dell'Elisir di ieri sera, state in campana!
    Un saluto a tutti!

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  20. arjabes 15 marzo 2010 alle 12:30 am

    Ciao Amf, non è che non volessi passare a salutarti, è che non riuscivo a lasciarti un commento. Per scriverti questo, ho dovuto registrarmi su Splinder…diventa complicata la vita del blogger…

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  21. amfortas 15 marzo 2010 alle 8:29 am

    Ariela, non so che dire, ogni tanto qualcuno mi segnala questi problemi, io non posso farci nulla…
    Ciao!

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