Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione seria di Mefistofele al Teatro La Fenice di Venezia. La musica salverà il mondo? No.

Opera sostanzialmente ormai quasi sconosciuta grazie alla lungimiranza delle direzioni artistiche dei teatri che ci propongono sino alla nausea Traviate e Bohème, Mefistofele è una perla della cultura italiana in toto e dovrebbe essere frequentata al pari di altri capolavori. Ed è così per molti motivi di cui il primo è probabilmente che l’opera, tratta dal Faust di Goethe, è uno dei simboli di una temperie trasversale devastante, quella della “scapigliatura”, che sconquassò le acquisite certezze dell’establishment culturale nella seconda metà dell’Ottocento e di cui ancora oggi si percepiscono le conseguenze.
Perciò grazie allo staff del Teatro La Fenice per aver riproposto – dopo più di cinquant’anni – il capolavoro di Arrigo Boito.
Definire tormentata la genesi di Mefistofele è davvero sottile eufemismo perché, dopo il fiasco della prima del 1868, il compositore rimaneggiò completamente il proprio lavoro che purtroppo nella forma originale è andato perduto, forse distrutto da Boito stesso. Il gioco evidentemente valse la candela, in quanto nel 1875 l’opera rivisitata, a Bologna, ottenne un franco successo.
I grandi capolavori si distinguono perché sono senza tempo e parlano al pubblico di tutte le epoche e, in questo senso, Mefistofele è il paradigma dell’opera d’Arte tout court.
La lotta tra il Bene e il Male è ovunque, nella cronaca di ogni giorno, nelle guerre acclarate o sottotraccia, nel labirinto inestricabile dei rapporti personali, nei femminicidi, nel razzismo, nel girone infernale del Silos di Trieste, nello stupro della Natura.
Lo spettacolo è firmato per la regia da Moshe Leiser e Patrice Caurier e, nonostante qualche criticità nel Prologo che mi è sembrato prolisso e statico a dispetto dello spunto creativo, il duo francese centra l’obbiettivo con un allestimento sfolgorante, a tratti barbarico, spesso sopra le righe e temperato da squarci quasi minimalisti.
In un teatro abbandonato, in pieno clima urbex, un Mefistofele annoiato dopo aver fatto una doccia si mette a guardare la televisione dove passano le consuete scene di guerre, sermoni religiosi e amenità varie.
La sua diabolica attenzione viene catturata dal mite e rassegnato Faust, che filosofeggia sulla vita e sulla morte studiando il violoncello. Decide quindi di tentarlo con la promessa di una vita straordinaria e rutilante, piena di emozioni forti e proibite e lo inizia alla droga più pesante.
Da questo momento in poi lo spettacolo decolla, anche grazie alle scenografie – dello stesso Leiser – e soprattutto all’impianto luci rutilante di Christophe Forey, oltre che ai costumi fantasmagorici di Agostino Cavalca. Buone e funzionali allo spettacolo le proiezioni di Etienne Guiol e le coreografie di Beate Vollack.
La scena del Sabba è risultata efficacissima ma la regia non ha mancato di caratterizzare con puntualità anche i singoli personaggi, avvalendosi di una scenotecnica realizzabile grazie all’avanzata tecnologia del palcoscenico del teatro lagunare.
Una riflessione personale sul finale, che sembra quasi suggerire che la musica (e l’Arte in generale) potrebbe salvare il mondo: no, non è così è un’impostura della gente plebea.

Nicola Luisotti, alla testa di un’Orchestra della Fenice in serata eccellente in tutte le sezioni, lavora in simbiosi con la regia. L’interpretazione ha un passo teatrale incalzante, con qualche saltuario eccesso di decibel – ma stiamo parlando del Mefistofele, che è opera di eccessi – ma anche con la dovuta attenzione ai momenti di raccoglimento, che non sono pochi, in cui l’accompagnamento ai cantanti è delicato e amorevole. Perciò dinamiche segnatamente contrastate, agogiche forse un po’ pigre in qualche occasione, ma la narrazione teatrale alla fine è sembrata efficace e scorrevole.
Alex Esposito si conferma ottimo cantante e attore consumato, per quanto la voce manchi di quel timbro e colore da basso puro che in questa parte aiuterebbe a tratteggiare meglio la tenebrosa ambiguità del ghiribizzoso personaggio. L’artista però è di primo piano e il fraseggio, le nuance interpretative e la dinamicità in scena contribuiscono a far sì che il suo Mefistofele emozioni e arrivi al pubblico, che infatti lo ha premiato con un trionfo.
Piero Pretti è stato adeguato nei panni di Faust sia dal lato scenico, che lo voleva un po’ dimesso, sia da quello vocale. La scrittura della parte risente probabilmente dell’originaria stesura per baritono, perciò è impegnativa e onerosa in quanto gravita parecchio sul passaggio e gli acuti sono scomodi. Nonostante ciò le arie sono state eseguite con proprietà, pertinenza stilistica e smalto.
In crescendo la prova di Maria Agresta la quale, dopo una sortita prudente, è risultata emozionante e coinvolta nella scena del carcere in cui ha connotato il personaggio di tutta la drammaticità necessaria e arricchendo di tensione emotiva le due difficili arie del terzo atto.
Buona anche la prestazione di Maria Teresa Leva nei panni di Elena, in cui ha potuto evidenziare il bel colore ambrato della voce.
Hanno ben completato il cast Kamelia Kader (Marta/Pantalis) ed Enrico Casari (Wagner/Nereo).
Eccellente il rendimento del Coro in un’opera che lo vede protagonista al pari dei solisti e bravissimi anche i ragazzi del Coro di voci bianche.
Teatro esaurito da mesi e pubblico che ha tributato un notevole successo a tutta la compagnia artistica e in particolare ad Alex Esposito.

Mefistofele Alex Esposito
Faust Piero Pretti

Margherita

Maria Agresta
Marta Torbidoni
(20/4)

Marta/Pantalis Kamelia Kader
Elena Maria Teresa Leva
Wagner/Nereo Enrico Casari

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
direttore Nicola Luisotti
maestro del Coro Alfonso Caiani

coro voci bianche Piccoli Cantori Veneziani
maestro del Coro Diana D’Alessio
altro maestro del Coro Zoya Tukhmanova

regia Moshe LeiserPatrice Caurier
scene Moshe Leiser
costumi Agostino Cavalca
light designer Christophe Forey
video designer Etienne Guiol
coreografia Beate Vollack

5 risposte a “Recensione seria di Mefistofele al Teatro La Fenice di Venezia. La musica salverà il mondo? No.

  1. Leo 62 14 aprile 2024 alle 6:16 PM

    Ciao Paolo, hai ragione sul Mefistofele che ha aperto anche la stagione di Roma quest’anno. Opera che ha vinto la sfida con il tempo e che nonostante qualche diseguaglianza qua e là, dovrebbe essere data più spesso. L’assoluta modernità dell’opera di Goethe che sta dietro al libretto è da sola una miniera di spunti per un regista.

    Quanto al fatto che la Musica o l’Arte possa salvarci, certo no, se parliamo del Mondo, quello è condannato, la salvezza che ci offrono la musica e l’arte è una questione individuale ed in quel caso funziona, alla grande dire… e si rinnova tutti i giorni.

    Un saluto

    "Mi piace"

  2. CASSANDRO 22 aprile 2024 alle 8:55 am

    Buongiorno. Sono Cassandro e scusa se intervengo in questo post fuori tema, ma avrei piacere di conoscere il tuo parere professionale sulla soprano e direttive Barbara Hannigan, in quanto ho seguito il suo concerto a Santa Cecilia e sono stato stregato dalla sua performance al punto di scrivere seduta stante quanto segue

          T R O P P O

    Quando una è “troppo”

    è proprio come lei:

    sì, come lei che

    è “troppo” bella

    ed è “troppo” brava.

    In più son certo che

    la grande invidia che

    da sempre la perseguita,

    e perseguiterà,

    è e sarà

    in eterno “troppo”.

    Pur se ignoro che cosa

    può avere fatto a Dio

    per farla Lui così,

    so di sicuro che,

    ed ovvio non intoppo,

    sarà stato “troppo”.

    essendo io solo uno spettatore desidero il tuo giudizio professionale. Grazie

    "Mi piace"

    • Amfortas 23 aprile 2024 alle 7:32 am

      Buongiorno CASSANDRO 😀, di Barbara Hannigan ti posso dire che mi piace molto ma purtroppo non mi pare di averla mai sentita dal vivo. Colleghi affidabili me ne parlano benissimo. Io apprezzo, in particolare, il suo impegno nella musica contemporanea che per me è troppo trascurata a favore di un repertorio spesso visto e rivisto. Ciao, Paolo

      "Mi piace"

  3. CASSANDRO 23 aprile 2024 alle 2:30 PM

    Allora aspetto la tua recensione e mi dirai nell’occasione se i versi che Barbara mi ha “costretto” a scrivere di getto mentre ringraziava il pubblico appaiono adeguati.

    Non vorrei essere diventato troppo influenzabile da sorrisi e mossettine.

    Grazie e Buona serata.

    Piace a 1 persona

Lascia un commento