La cronaca, e qualche volta la storia, ci ha insegnato che nascere con un cognome noto alla maggioranza può essere un problema.
Inoltre, è ormai appurato che la scrittura può avere una funzione terapeutica.
Mettiamo insieme queste due considerazioni ed arriviamo a Gottfried Wagner, l’autore di questo libro.
“Il Crepuscolo dei Wagner” racconta due storie diverse ma, allo stesso tempo, indissolubilmente legate l’una all’altra.
Sullo sfondo storico, nel senso di documentato, delle vicende del Festival di Bayreuth, si snoda una sorta di sincopata, dolorosa, autobiografia del pronipote di Richard Wagner.
Già il nome che gli è stato imposto rappresenta una continuità col passato: Gottfried è il fratello di Elsa nel Lohengrin.
L’autore aveva quindi da subito due possibilità di scelta. La prima era indossare gli abiti confortevoli del predestinato e scalare, presumibilmente sino al vertice, la Collina del Festival di Bayreuth. La seconda era una strada assai più scomoda, cominciare a fare ( soprattutto a farsi!) domande e pretendere risposte sulle inquietanti implicazioni politiche inerenti al patrimonio artistico wagneriano, al quale, in fieri, aveva diritto.
Domande che riguardano in gran parte il passato, ma anche il presente e il futuro.
È bene ricordare che prima di lui, nell’affollata genealogia dei Wagner, solo una persona ha avuto il coraggio d’interpretare il ruolo di dissidente: la zia Friedelind, che infatti, con l’aiuto di Arturo Toscanini fuggì negli Stati Uniti, dove scrisse il libro “Heritage of fire” (Eredità di fuoco). Non a caso, ad un certo punto il padre Wolfgang proibì al giovane Gottfried di vedere la scandalosa zia.
Nella sua battaglia personale, in realtà, Gottfried ha dovuto affrontare avversari ben più temibili dei familiari che, nel corso dei decenni, avevano deciso di rinnovare aprioristicamente il culto wagneriano. Si è trovato a fare i conti con le tortuose dinamiche psicologiche di un’intera nazione, la Germania, che ha messo in moto un gigantesco meccanismo di rimozione acritica nei confronti dell’Olocausto.
Ancora obiezioni, il più delle volte non espresse apertamente, gli sono state mosse proprio dalle parti più insospettabili: la comunità ebraico tedesca oppure da alcuni rappresentanti prestigiosissimi inseriti nella società ebraico americana.
Ad esempio, dal libro esce molto offuscata l’immagine d’alcune icone dello star system operistico come James Levine e Daniel Baremboim, direttori nel tempio di Bayreuth.
Comportamenti diversi, giudizi differenti: per Lenny Bernstein solo ammirazione, da parte di Gottfried Wagner.
Almeno schizofrenico il comportamento dell’avanguardia progressista, che guidò l’ispirazione di registi che s’imposero a Bayreuth nei primi anni settanta, e alla quale Gottfried fu imputato d’appartenere dall’establishment conservatore: anche in quest’ambito, l’autore ricavò molto spesso grandi delusioni.
Il libro è anche un excursus sulle iniziative culturali intraprese per affrancarsi consapevolmente dalla pesante eredità storica. L’amore per il lavoro di Bertold Brecht e Kurt Weill, le continue conferenze tenute in ogni parte del mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, passando per Israele.
Gli incontri con la stampa non sono meno deludenti: interviste manipolate da giornalisti più realisti del re, promesse disattese dagli opinion maker.
Su tutto, la longa manus dei membri più influenti della Società degli Amici di Bayreuth.
Gottfried dà una risposta alla domanda che spesso formuliamo, quando siamo di fronte all’opera sublime di qualche artista dal comportamento umano non irreprensibile: nel caso del trisavolo i due aspetti sono inscindibili.
Richard Wagner era antisemita e la sua musica è stata sfruttata per la propaganda nazista. La famiglia Wagner è stata compromessa da una frequentazione colpevole e documentata con il Führer ( lo zio Wolf…), ergo è moralmente responsabile della “Shoah” e della nascita dei focolai nazisti e razzisti dopo la seconda guerra mondiale ed il processo di Norimberga.
Quando, nel 1961, il famoso mezzosoprano afroamericano Grace Bumbry interpretò Venus nel Tannhäuser, a Bayreuth scoppiò una specie di rivoluzione: una tempesta di proteste, lettere ai giornali. Per la mente dei docili “wagneriani ortodossi”era inconcepibile che una cantante di colore fosse protagonista, seppur nel ruolo della corruttrice, di un lavoro di Wagner. ( in realtà poi, alla fine dell’opera ci furono trenta minuti d’applausi e quarantadue chiamate al proscenio )
A Bayreuth c’è ancora una via intitolata a Houston Stewart Chamberlain, ideologo nazista, e questo non è ammissibile.
Non posso, in questa mia forzatamente sommaria ed incompleta presentazione del libro, mancare di sottolineare le violenze psicologiche ( e non solo ) che Gottfried Wagner ha dovuto subire.
Alcune pagine sono davvero strazianti, in modo particolare quando descrivono i tumultuosi rapporti con il padre, oppure la guerra fredda che si è combattuta tra i clan dei fratelli Wieland e Wolfgang.
Attorno a questi protagonisti un campionario completo delle miserie umane formato da affaristi, politicanti e politici compiacenti, cantanti attenti solo ai compensi, giornalisti che fanno dell’opportunismo il loro editore, registi privi di talento e lecchini.
Solo negli ultimi anni, con grande fatica ed un lavoro estenuante, il Wagner ribelle ha trovato credito umano ed artistico, ma è stato costretto ad interrompere i rapporti con il padre.
Ma non voglio anticipare altro.
Vale la pena, credo, di dare uno sguardo all’attualità.
Quest’estate il lavoro registico di Katharina Wagner, designata in pectore alla direzione del festival, è stato accolto in modo controverso e le polemiche sono state notevoli.
Un’altra tappa del Crepuscolo?
A Gottfried Wagner, che ora vive in Italia con la sua famiglia, l’augurio che questa specie di seduta psicoanalitica pubblica serva a trovare un equilibrio interno soddisfacente.
Consiglio il libro non solo a chi ama la musica di Wagner, ma anche a tutti quelli che nutrono interesse storico per il fenomeno dell’Olocausto e del nazismo, due macchie indelebili sulla pelle di tutta l’umanità.
Il libro su IBS (io l’ho pagato il doppio, non era ancora tra i
remainder, mannaggia)
Piccola autocelebrazione
Forse qualcuno tra i miei lettori più attenti avrà notato che nel blog compare un nuovo box, con la lista dei miei libri preferiti.
Questo risultato straordinario è dovuto al mio duro lavoro di studio del linguaggio HTML, che è stato stimolato dal recente
restyling operato da
Giorgia al mio template.
Attendetevi novità mirabolanti, in un prossimo futuro ma, soprattutto, aspettatevi che questo blog scompaia nello spazio siderale della rete.
Buona domenica e felice settimana a tutti (strasmile)
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