Sold out, appunto, ed è già un’ottima notizia. Per il momento va bene così, a seguire la cronaca della serata con le bellissime immagini dell’amico Fabio Parenzan.
È persino stucchevole sottolineare per l’ennesima volta come il Covid-19 abbia rivoluzionato, tra le altre cose, anche la programmazione dei teatri: ma va fatto, almeno per dare un merito grato ed esplicito a chi, tra mille difficoltà, riesce a far sì che il pubblico si sieda a teatro. Certo, con le note regole di distanziamento sociale e la mascherina, ma pur sempre in un teatro, dove si divulga quella cultura di cui oggi tutta la società ha un bisogno estremo.
La stagione autunnale del Teatro Verdi è ibrida, nel senso che prevede sei concerti sinfonici da oggi a novembre e un’opera (La traviata) e un balletto (Il lago dei cigni) a dicembre.
Il vernissage, nell’inconsueto orario di una domenica pomeriggio prettamente estiva, è stato dedicato alla lirica. Altra novità sostanziale di questo cartellone condizionato dal coronavirus è che i concerti si svolgeranno in una sola giornata, appunto di domenica, con un numero di posti limitato e senza la consueta pausa tra la prima e la seconda parte. Ieri la formula ha funzionato e i seicento posti disponibili sono andati esauriti.
Per l’occasione si è pensato a uno spettacolo che impieghi tutte le componenti musicali della fondazione, coro e orchestra, impegnate in un programma popolare in cui si sono alternate pagine celeberrime affidate alle qualità artistiche di due validi interpreti, Maria José Siri e Marcelo Álvarez, entrambi ben noti a Trieste.
Sul podio dell’orchestra triestina avrebbe dovuto esserci Francesco Ivan Ciampa ma un grave lutto familiare l’ha costretto a un doloroso forfait: al suo posto è stato chiamato Jordi Bernàcer, direttore residente alla San Francisco Opera.
Bernácer, arrivato last minute, è sembrato a proprio agio con la duttile Orchestra del Verdi, che si è disimpegnata con la consueta professionalità in brani affatto diversi. Molto bello il colore degli archi nelle pagine verdiane e pucciniane, per esempio, ma tutte le sezioni orchestrali hanno figurato bene ed eccellente è stato il rendimento delle prime parti. Bene anche il Coro, preparato da Francesca Tosi, nonostante abbia sofferto della collocazione piuttosto defilata dovuta alle norme contingenti.
Maria José Siri ha confermato di essere un soprano di ottimo livello, con una spiccata propensione al repertorio drammatico che frequenta abitualmente con successo. La voce è importante per volume, gli acuti risuonano sicuri e penetranti, le messe di voce raccontano di una tecnica raffinata. Nella grande aria da La forza del destino (chissà se a Trieste la risentiremo per intero, quest’opera meravigliosa!) ha dato il meglio di sé, così come centrata è parsa, per nuance e accenti, La mamma morta da Andrea Chènier. Il Vissi d’arte, seppure apprezzabile, è sembrato meno convincente dal lato emozionale ma, si sa, estrapolare pagine così drammatiche dal contesto è uno dei rischi dei recital che alternano arie a pagine corali e sinfonie.
Forse esagerando un po’ si può affermare che Marcelo Álvarez sia nato artisticamente a Trieste, dove ha lasciato ricordi entusiasmanti legati a serate straordinarie ormai più di vent’anni fa.
Il tenore argentino, una delle voci più belle che mai abbia sentito dal vivo, ha oggi caratteristiche vocali diverse. Restano intatte la musicalità e una comunicativa forse un po’ d’antan ma efficace, il fraseggio è più meditato di un tempo e il colore della voce è ancora solare e accattivante. La linea di canto è sembrata però, almeno ieri sera, non propriamente fluida e l’emissione a tratti forzata. L’artista è stato convincente soprattutto nella grande aria da Le Cid di Massenet e nel Lamento di Federico dall’Arlesiana di Cilea, mentre nelle arie pucciniane – che trovate in locandina e comunque graditissime dal pubblico – il rendimento è sembrato meno brillante.
Bene, invece, il duetto da Tosca. Inevitabile il bis dalla Traviata, che ha chiuso il concerto.
Il pubblico, ed è probabilmente l’unica circostanza importante, ha apprezzato il concerto, applaudendo tutti i protagonisti con entusiasmo e sincera partecipazione.
Giuseppe Verdi |
Sinfonia da I vespri siciliani |
Francesco Cilea |
È la solita storia del pastore da L’Arlesiana |
Giuseppe Verdi |
Pace, pace mio Dio da La forza del destino |
Giuseppe Verdi |
O Signore, dal tetto natio da I Lombardi alla prima crociata |
Jules Massenet |
Ô souverain, ô juge, ô père da Le Cid |
Umberto Giordano |
La mamma morta da Andrea Chènier |
Giuseppe Verdi |
Finale da Macbeth |
Giacomo Puccini |
E lucevan le stelle da Tosca |
Giacomo Puccini |
Vissi d’arte da Tosca |
Giuseppe Verdi |
Va , pensiero da Nabucco |
Giacomo Puccini |
Nessun dorma da Turandot |
Giacomo Puccini |
Intermezzo da Manon Lescaut |
Giacomo Puccini |
Mario, Mario, Mario da Tosca |
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Direttore |
Jordi Benácer |
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Maestro del Coro |
Francesca Tosi |
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Tenore |
Marcelo Álvarez |
Soprano |
Maria José Siri |
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Orchestra, coro e tecnici del Teatro Verdi di Trieste |
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Solo per notizia è per rincuorarti un po’.
Da questa mattina ( ore 9) all’Auditorium Parco della Musica aspetto per rinnovare l’abbonamento, Ne avrò per altre due ore, se tutto andrà bene.
Ciao.
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Ciao Cassandro, è un’ottima notizia! Io ho un concerto domenica, ci rileggiamo 😀
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Meno bella per chi deve aspettare a causa di una organizzazione pessima per regolare l’afflusso.
Se i concerti saranno diretti in maniera analoga strappo l’abbonamento.
A te buon ascolto.
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Ciao Cassandro, spero si sia risolto tutto!
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Sì, grazie, Amfortas.
Tutto risolto alle ore 19 e 59, grazie alla professionalità e gentilezza di una signora addetta alla Cassa, che mi ha fatto riconciliare con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Pappano e Michele dall’Ongaro dovrebbero farle una statua.
Inizio il 17 ottobre con Bruckner (Te Dum) e Mahler (Das Lied von der Erde), COVID permettendo.
Colgo l’occasione che inviarti l’ultima mia composizione (se avrai il tempo di leggerla) su questo stramaledetto (dalla provenienza non certo occidentale) virus.
DUE SFERE DI COVID
Finisce qui che sono più le ore
che seduto trascorro o dormendo,
oziando come “il giovin signore”
di cui parlò Parini. Il come e il quando
è però diverso: quello lì
spontaneamente lo faceva, io
perché costretto dal COVID e mi
rompo le palle a farlo, come Dio
capisce da lassù, che dal Suo seggio
ci guarda arrabattarci noi, perché
di pizzichi non si muoia, o, peggio,
che mangiamo a ufo, che in un due tre
spazzoliamo tutto, non avendo
altro da fare, non potendo avere
contatti che a distanza, ben coprendo
e naso e bocca e . . . Ah, ah, due sfere!
Manco a teatro si può più andare,
e Bach o Wagner bene ascoltare,
per non sentire dentro il silenzio
che fuori c’è . . . che è per tutti assenzio.
Ed io che mi sentivo tanto scaltro
ho perso anche il concetto di chi è “l’altro”,
e vivo in solitudine e abulia
che ingrata assai or fanno vita mia.
E ancora è niente . . . Che ci aspetterà
non lo sappiamo: il colloquio va
così a ramengo, mentre che l’ignoranza
aleggia sempre più in ogni stanza,
finchè ci sembrerà questo normale.
Che avevamo fatto, Dio, di male?
Tornare ai tempi andati . . . una vacanza
sarebbe, e no sta noia noia ad oltranza,
che “altre” gioie pur tiene a distanza.
Non è ciò che ho detto una freddura,
è “fregatura sopra fregatura”.
Soli si è, e cinti da alte mura!
(Cassandro)
Un caro saluto e a rileggerti presto. Spezziamole un poco queste mura!
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Ciao Cassandro, grazie per la tua “avvelenata” poesia 😀
In giornata la mia recensione del concerto di ieri, Paolo
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