Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Maria Stuarda al Teatro Verdi di Trieste, altre considerazioni a latere.

Prima di proseguire con qualche ulteriore curiosità sulla Maria Stuarda di Donizetti, segnalo un’interessante iniziativa del Teatro Verdi di Trieste.
Domani alle 18, nel Ridotto del teatro triestino, l’attrice Sara Alzetta reciterà un monologo intitolato Non spero altro regno, che Gianni Gori (autore di questo libro che non finirò mai di consigliare a tutti) ha ricavato dalla biografia di Stuarda di Stefan Zweig.
L’occasione è stimolante, perché forse si può comprendere meglio la vicenda e la figura di Maria Stuarda,

che dall’opera di Donizetti esce un po’ troppo angelicata, contraddicendo le testimonianze storiche che non la dipingono proprio come un agnellino.
E a proposito di forzature mi sono dimenticato di scrivere nel post precedente che l’incontro tra Elisabetta e Stuarda non è mai avvenuto, si tratta di un’invenzione drammaturgica di Schiller. È vero invece che la Regina di Scozia chiese più volte, invano, d’incontrare la Regina d’Inghilterra.
Donizetti differenzia in modo netto le due rivali, proprio dal punto di vista melodico e musicale in generale.
Elisabetta è sempre tesa, nervosa, sprezzante e la musica che l’accompagna caratterizza anche la sua imperiosa regalità. Si potrebbe affermare che sia un personaggio monolitico, come il Potere che rappresenta.
Nell’originale di Schiller ecco con che veemenza e con che tono parla della cugina rivale (l’interlocutore è sempre l’inutile Conte di Leicester):
 
E sono queste, Lord Leicester, le attrattive che nessun uomo può guardare impunemente, che nessuna donna può azzardarsi a uguagliare! In verità, è una fama conseguita a buon mercato.
Per essere la bellezza riconosciuta da tutti non occorre altro che essere appartenuta a tutti.

Credo che la condanna, tutto sommato, fu firmata volentieri.

Viceversa Maria Stuarda è una donna in divenire (La donna è mobile? Smile) e questa trasformazione si nota benissimo nella vocalità che è tipica del Belcanto, aulica e fiorita.

Con ciò non voglio dire che Elisabetta debba essere una specie di Santuzza della Cavalleria eh (smile)? Né avallare interpretazioni sbracate. Sostengo però che ci vuole temperamento, che il personaggio non può essere risolto solo snocciolando le note.
Io (non solo io, si fa per dire) ci sento tanto Rossini e tanto Bellini, in questa Maria Stuarda.
 
Insomma, Donizetti ci tiene a “distanziare” bene i due caratteri o personaggi, che sono rivali non solo per il trono ma anche per lo stesso uomo, il stupidissimo Conte di Leicester. Insomma, c’è anche una forte connotazione sessuale, erotica, come si nota dalla frase riportata sopra.
Le due Regine riposano ora una accanto all’altra, nell’Abbazia di Westminster,

proprio dove Maria Malibran, in un impeto di furore stanislavskiano ante litteram (smile) si recò prima di decidere di cantare la famosa invettiva di cui ho parlato nel post precedente.
Il libretto porta la firma di Giuseppe Bardari, che ci regala perle tipo questa:
 
Su’ prati appare, odorosetta e bella, la famiglia de’fiori.
 
Mah. Voglio dire, abbiamo letto di peggio, ma certo non lo premierei col Nobel per la poesia, questo Bardari (smile).
In realtà si sa che Bardari, di cui (per fortuna, direi, strasmile) non avremo più notizie si limitò a un lavoro di cesello, perché Donizetti stesso fu molto attivo nella stesura del libretto.
Un’ultima notazione mi pare opportuna.
Donizetti si conferma, al pari degli altri compositori coevi, uno sperimentatore anche piuttosto spregiudicato per i tempi.
Ci vuole una bella libertà intellettuale per mettere in scena il lato oscuro dei potenti, oggi come allora.
I nostri geni (lo so, è una generalizzazione forse ingenerosa) si limitano ad importare format di collaudato successo e rischiano pochino.

Da qui potete scaricare un’altra versione del famoso duetto dell’invettiva:

 
MARIA STUARDA INVETTIVA (Montserrat Caballè, Shirley Verrett New York 1967, Carlo Felice Cilario sul podio)
 
Un saluto a tutti.

9 risposte a “Maria Stuarda al Teatro Verdi di Trieste, altre considerazioni a latere.

  1. utente anonimo 21 gennaio 2010 alle 2:01 PM

    E’ da parecchio che leggo i post di questo blog e li ho trovati sempre interessanti e mai -per fortuna!- tendenziosi come quelli di altri "nostalgici" colleghi… così ho deciso di cominciare anch’io a lasciare qualche commento! 🙂 La Maria Stuarda è un’opera bellissima, forse la migliore del terzetto Anna Bolena-Maria Stuarda-Roberto Devereux… Le due arie della protagonista sono bellissime, così come il finale d’atto con l’incontro tra le due sorelle., specie se fatto con le voci giuste! La Caballe è stata criticata spesso per la sua imprecisione, ma credo che il suo "Figlia impura" sia uno dei più efficaci di sempre! In effetti, il tenore non è certo un furbacchione 😉 ma credo che quello sia dovuto al personaggio della tragedia originale, dove Leicester è ambiguo anche nel suo amore con Maria (tant’è che alla fine quando il complotto per liberarla fallisce, lui tradisce il suo complice e fugge in Francia… gran bel tipo!). Probabilmente un tenore così ambiguo non sarebbe stato il massimo per l’epoca! Solo che, togliendogli l’ambiguità, non gli hanno lasciato nulla… a volte penso che da un punto di vista drammatico le opere dell’ottocento corrispondano a certe serie tratte da famosi romanzi che la tv di oggi ci passa, con tutte le loro semplificazioni… fortuna per la musica! Ma basta, mi sto allungando troppo… 🙂  

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  2. Princy60 21 gennaio 2010 alle 4:39 PM

    ero piccola, quando incontrai la Caballè e la Verret alla Scala. Ebbi quasi timore: una era una montagna, l’altra una pantera! Temevo si mangiasserò mio padre!

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  3. amfortas 21 gennaio 2010 alle 4:49 PM

    1, ti ringrazio molto per l’attenzione e la…costanza!
    Io della presunta trilogia Tudor preferisco il Roberto Devereux, che purtroppo ho visto massacrato proprio qui a Trieste un paio d’anni fa, ma insomma è una bella lotta tra queste regine-cugine.
    La preghiera finale di Stuarda è stata cantata meravigliosamente da Mariella Devia a Gorizia, in un recital dell’anno scorso, invece.
    A Trieste quest’opera è stata allestita solo una volta, nel 1982, quindi l’attesa è notevole, almeno tra gli appassionati, anche se temo che il giurassico pubblico triestino reagirà male a causa della scenografia di Krief (che io conosco già e non mi convinve poi tanto…)
    Parlando in generale io ho un debole per la Gencer, che non avrà avuto certo la vocalità immacolata della Caballè ma che ha un vigore che dà quel tocco in più all’interpretazione.
    Il dramma di Schiller ha un’ispirazione politica che Donizetti, per i motivi spiegati nei due post, trascura abbastanza. Proprio i personaggi maschili ne risentono, in particolare, più che Roberto che come dici tu resta in entrambi i casi un cialtrone :-), mi pare di molto sminuita la ferocia integralista di Lord Cecil.
    Paradossalmente, qui a Trieste, il più a posto dal punto di vista stilistico è proprio il tenore, Celso Albelo. Mi aspetto una sorpresa piacevole da Hasmik Papian, che debutta il ruolo: un mio amico l’ha sentita abbastanza recentemente al Met in una discreta Lady Macbeth.
    Se ce la faccio seguirò anche il secondo cast e riferirò qui in forma semiseria e più seriamente su OperaClick.
    In quanto agli altri blog, non so che dire, ognuno faccia la sua strada. Io cerco di non avere pregiudizi e questa è l’unica cosa che mis ento di scrivere.
    Ciao e grazie per il contributo, a rileggerti 🙂
    Marina, la registrazione di quella serata è tra i miei dischi preferiti e papà Ottavio tenne testa con onore alle due regine, da gran signore qual era!
    Ciao!

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  4. utente anonimo 21 gennaio 2010 alle 6:00 PM

    da Giuliano:
    il povero Schiller è stato un tantino maltrattato dai nostri musicisti! Penso alla Luisa Miller, a tratti incomprensibile, e a certi momenti del Don Carlo veramente brutti (come resa drammatica, s’intende).
    Non ho mai approfondito molto, ma certo con Shakespeare e anche con Walter Scott era tutto più semplice (e con Hugo? il Rigoletto è ben fatto, l’Ernani è al confine tra sublime e ridicolo…)

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  5. amfortas 21 gennaio 2010 alle 7:44 PM

    Giuliano, io credo che per quanto riguarda il discorso fonte-libretto (con l’ovvia eccezione di qualche mostro vero e proprio) valga lo stesso rapporto che c’è tra romanzo-film. Sono due modi d’esprimersi diversi e da un certo punto di vista è sbagliato pretendere fedeltà assoluta all’originale, perché i fini e le motivazioni sono diverse.
    Recentemente ho visto al cinema il film "Il riccio", tratto dal fortunatissimo romanzo "L’eleganza del riccio", e mi sono convinto definitivamente di questa teoria.
    Tu che sei appassionato di cinema, credo potrai confermarmi questa mia idea. Certo, ci sarebbero da fare distinguo, mica è così facile.
    Senza voler sminuire nessuno, peraltro, Shakespeare è un drammaturgo di una forza impressionante, credo che anch’io potrei tirarne fuori qualcosa di emozionante (no, ma si fa per dire).
    Ciao!

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  6. utente anonimo 22 gennaio 2010 alle 6:46 PM

    Anche il Roberto Devereux mi piace molto, ci sono di momenti in cui il canto di Elisabetta acquista una violenza trascinante, nel "Va, la morte" o nell’aria finale. L’unica cosa che posso dire è che finora non ho sentito una cantante che mi trasmettesse appieno questa forza; la Gruberova nella conclusione dell’opera spara fuochi d’artificio notevoli, quanto ad acuti, ma non ha volume; ho un cd con la Theodossiou che al contrario ha gran massa, ma a volte si lascia andare un pò troppo… se posso lasciarmi andare un attimo in uno sprazzo di fanta-lirica avrei voluto sentire una Elisabetta della Callas… 🙂 La programmazione del Verdi di Trieste comunque è ottima! L’anno scorso la Norma con la Anderson, quest’anno la Stuarda… quando frequentavo il primo anno di università a Bologna c’è stata la Dessì, ma non sono riuscito a vederla… 😦 la Papian ha cantato una bella Norma ad Amsterdam, quindi credo se la caverà bene come Maria! Sarei curioso di sentirla in un ruolo Colbran, magari nella Semiramide, opera di cui non si è quasi più sentito parlare a livello teatrale… sigh!

    dall’anonimo che l’altra volta si è scordato di firmare… alias Lorenzo 😉

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  7. amfortas 23 gennaio 2010 alle 8:36 am

    Lorenzo, il Devereux è un’opera di rara esecuzione, tutto sommato, e neanch’io in teatro ho sentito un’Elisabetta che mi abbia soddisfatto.
    È vero che la programmazione triestina è buona come titoli proposti, ma spesso i cantanti non sono straordinari e non ha fatto eccezione neanche la Stuarda di ieri sera, di cui scriverò, credo, domani o stasera.
    La Callas? Magari avesse inciso la Stuarda o il Devereux!
    Io alla Norma della Dessì c’ero, e fu davvero una serata (anzi un pomeriggio) emozionante.
    Ne ho scritto qui.
    Ciao!

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  8. pitagox2 23 gennaio 2010 alle 7:23 PM

    interessante! il post e i commenti.
    Non sono competente di musica lirica anche se amo ascoltare alcune arie in particolare della Callas (Casta Diva) e ricordo la grande passione che animava mia madre. Ciao

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  9. amfortas 24 gennaio 2010 alle 8:42 am

    Pitagox, benvenuta! Il fatto che ti piaccia la Callas è già un buon inizio, potresti partire da lì e coltivare con calma la piantina della melomania!
    Ciao.

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