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Ponchielli non so. Pagliacci al Verdi per oggi, perso. Mi consolo su Rai 5 con la Traviata alla Scala: dirige Muti regia Cavani scene Ferretti cantano Fabbricini e l’inquieto Alagna (uno dei miei preferiti). Per quanto mi riguarda l’ascolterei sempre.
Un caro saluto
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Ciao Pier, quella Traviata è molto dibattuta da sempre. Mi fa specie che siano passati ben 30 anni! La Fabbricini fu o esaltata o martoriata dalla critica, per esempio, e stessa cosa per Muti. A me piaceva tantissimo Paolo Coni che aveva potenzialità straordinarie poi naufragate anche per problemi di salute. Alagna era pure splendido, la parte gli si confaceva. La Fabbricini tentò, piuttosto bene anche se in modo alterno, di rifare la Violetta della Callas, con la quale però condivideva solo il naso pronunciato. Però fu brava. Muti è Muti, sempre lui, nel bene e nel male.
A Trieste sarà dura, come in tanti altri teatri italiani. Complimenti per l’ennesima “avvelenata” sul Piccolo, sono completamente d’accordo con te.
Ciao, Paolo
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E chi meglio di te, Amfortas, può saperlo che “quando si fotografano i tramonti il cielo si specchia nel mare, spesso con effetti molto coreografici”?
E infatti ce ne hai dato un saggio con il tuo suggestivo bianco e nero.
Guardare mare e cielo al tramonto rasserena, e si ha coscienza che forse al ritmo della Danza delle ore il tempo passa inesorabilmente in tutti i sensi, e può portare alla considerazione a volte che . . .
BELLO E’ CHE AMOR . . .
Bello è che amor finisca in questo modo
con levità di brezza a primavera,
come quando si tira il filo a un nodo
a fiocco: or non c’è più e prima c’era.
Tutto finisce nel ricordo di
cose ben fatte e cose male fatte
. . . (poche) . . . nate dal giorno . . . un lunedì…
quando . . . mano al tuo seno bianco latte…
la bocca io ti schiusi all’improvviso,
ma senza lotta . . . era aperta già . . .
e, come in Dante, “il disiato riso”
potei baciare . . . Ed ora eccoci qua
al tavolo di un noto ristorante,
a prendere però solo una pizza
. . .così . . . in una giornata come tante,
per dirci senza alcun moto di stizza
tu: “C’est la vie”, ed io: “Tutto finisce
. . . però è stato bello, amica mia,
ancor di più perché non ci intristisce
questo lasciarci, questo ‘E così sia’!”
Ognuno seguirà or nuova strada
sapendo che se mai si girerà
. . . dovunque stia e dovunque vada . . .
del suo “passato” . . . eh, sì . . . sorriderà
senza rimorso e senza rimpianto,
senza nostalgia e senza attrito,
coscienti che ci siamo amati tanto
ma che il tutto poi si è diluito,
fino a sparire, lieve come piuma,
come il tramonto a fine dell’estate
davanti al mare calmo senza schiuma,
o il passo vellutato delle fate.
Le guance adesso . . . “Ciao” . . . ci sfioriamo
e tu: “Di vista . . . uhè! . . . non ci perdiamo!”
ed io: Okkei, senz’altro! . . . Promettiamo!”
(Cassandro)
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Caro Cassandro, la immagini al tramonto hanno soprattutto una cosa di bello e cioè che è una fotografia lenta, rilassante. Ti metti lì ad aspettare la luce giusta e se non c’è magari ci torni il giorno dopo, senza fretta. È proprio il contrario della vita di tutti i giorni, frenetica al limite dell’alienazione. Del resto, per me, la fotografia è un hobby. Chi lo fa per lavoro non ha tempo di aspettare i tramonti.
Ciao, Paolo
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Ho capito, hai rinunciato definitivamente alla mostra. Mi dispiace
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Ciao Fabiana, si vede che era destino.
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