Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Al teatro Verdi brillante quinto concerto della stagione sinfonica con Federico Mondelci e Stefano Furini sugli scudi.

Il programma del quinto concerto della stagione sinfonica al Teatro Verdi di Trieste presentava molti spunti interessanti sia nella scelta dei brani sia per quanto riguarda gli interpreti.
La serata è principiata in modo impegnativo con il Magnificat per due soprani, coro e orchestra di Luciano Berio, scritto nel 1949. Nell’organico, che comprende solo un contrabbasso tra gli archi, sono decisivi gli interventi delle percussioni e dei legni che danno un retrogusto severo ai vocalizzi dei due soprani Veronika Foia e Giulia Diomede e agli incisi, a volte deflagranti, del coro. Forse, per l’esordio nella stagione del coro della fondazione – che comunque se l’è cavata bene – sarebbe stato più opportuno un brano di ascolto più epidermico.
Federico Mondelci non ha certo bisogno di presentazioni. L’artista, ben noto a Trieste, è uno dei più acclamati virtuosi di quello strumento meraviglioso che è il sassofono.
Nelle due pagine proposte – il Concerto in mi bemolle maggiore per sassofono e archi, op. 109 di Glazunov e la suite Scaramouche di Darius Milhaud – Mondelci ha eseguito una sorta di excursus delle possibilità espressive dello strumento.
Nel primo brano, strutturato in quattro movimenti, l’artista ha cesellato dinamiche preziose e virtuosismi che hanno descritto il carattere mutevole di una pagina che è malinconica e al contempo brillante, palesando anche un’ottima intesa con l’orchestra d’archi ben diretta da Ayrton Desimpelaere.
Nella suite di Milhaud – che tra l’altro ebbe rapporti professionali anche con Luciano Berio – il sassofono è impiegato in modo che siano l’empatia e l’estroversione di note anche gioiosissime a colpire il pubblico, circostanza che è puntualmente avvenuta perché l’ambiente era quello di una serata in qualche locale da musica blues o jazz. Molto “francese” il secondo movimento, in cui l’atmosfera si è colorata di sfumature che sapevano di volute di fumo e aromi di eccellenti alcolici.
Straordinario il bis, dedicato a una ciarda del sassofonista spagnolo Pedro Iturralde in cui Mondelci ha duettato con Stefano Furini, Konzertmeister dell’orchestra del Verdi.
Dopo l’intervallo è stata la volta di un compositore amatissimo, Richard Strauss, che dal mio punto di vista a Trieste è poco eseguito anche se quest’anno comparirà nella stagione lirica con Ariadne auf Naxos.
Ein Heldenleben (Una vita d’eroe) è notoriamente una composizione autobiografica sulla quale si sono scritti fiumi di parole sin dagli esordi (1898) e rappresenta l’addio di Strauss al genere del poema sinfonico.
La divisione in sei parti è puramente accademica perché la musica è un fluire continuo, un ribollente magma di sentimenti e suggestioni spesso screziate da una feroce autoironia che ricorda, non a caso, alcuni lacerti mahleriani. Il brano è uno degli ultimi esempi delle composizioni che si rifanno alla tradizione tardo romantica.
L’orchestra, imponente e rafforzata opportunamente nell’organico, è stata guidata con grande maturità da Ayrton Desimpelaere a una prova maiuscola e buona parte del merito, oltre che ai professori d’orchestra, va proprio al giovane direttore: è facile ascoltare composizioni straussiane ridotte a mera esibizione muscolare, una specie di magma sonoro in cui protagonista è l’indistinguibile. La musica di Strauss non è questo, anzi, sono proprio i particolari a renderla speciale.
In questo senso la trasparenza e la limpidezza di suono sono state le caratteristiche che più hanno colpito dell’interpretazione di Desimpelaere il quale, pur non rinunciando a dinamiche importanti, ha saputo trovare equilibrio e passo narrativo scorrevole.
Stefano Furini, per l’occasione con un prestigiosissimo Stradivari, ha confermato una volta di più di essere virtuoso dello strumento, interpretando con passione e ricercatezza la difficile parte scritta per il solista.
Nell’arco della serata tutte le sezioni dell’Orchestra del Verdi si sono portate benissimo a ulteriore suggello di una crescita professionale tangibile.
Applausi per tutti da parte di un pubblico forse meno numeroso di quanto lo sia stato nelle ultime occasioni, ma che ha seguito con attenzione e premiato gli artisti con numerose chiamate al proscenio.
Dopo il Magnificat sono state salutate con grandi applausi anche Miriam Spano e Silvia Russo, artiste del coro approdate felicemente alla pensione.

Luciano BerioMagnificat
Aleksandr GlazunovConcerto in mi bemolle maggiore per sassofono e archi, op. 109
Darius MilhaudSuite Scaramouche
Richard StraussEin heldenleben
  
DirettoreAyrton Desimpeleare
  
SassofonoFederico Mondelci
SopranoVeronika Foia
SopranoGiulia Diomede
ViolinoStefano Furini
  
Direttore del CoroPaolo Longo
  
Orchestra e Coro del Teatro Verdi di Trieste

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