Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

La musica della notte illumina Trieste e il Politeama Rossetti: The Phantom of the Opera di Andrew Lloyd Webber per la prima volta in Italia.

Una scommessa che ex ante prevedeva molti rischi che è stata ampiamente vinta ex post. Così si potrebbe riassumere l’iniziativa intrapresa da Il Rossetti, Teatro stabile del Friuli-Venezia Giulia, di portare per la prima volta in Italia, a Trieste, il musical The Phantom of the Opera.
Ma probabilmente l’azzardo è stato ben ponderato a tavolino considerando i molti atout che può mettere sul tavolo Trieste, soprattutto negli ultimi anni; il numero di turisti, infatti, è salito – e si sta incrementando ancora con mia personalissima angoscia – in modo esponenziale. Non è un caso che alla recita di ieri, una delle ultime, salendo le scale che mi portavano in platea sentissi parlare poco italiano e quasi niente triestino. Un pubblico davvero internazionale, non solo giovane o giovanissimo, per un musical che è ormai una pietra miliare di questo genere musicale.
Certamente un pubblico diverso dai tempi in cui chi scrive ha cominciato a frequentare un teatro che è sempre stato all’avanguardia e in cui grandi artisti rodavano i loro spettacoli. Un nome per tutti, Giorgio Gaber che qui impostò la seconda parte della sua carriera, quella forse meno popolare ma sicuramente più prestigiosa e più culturalmente impegnata, con quei monologhi stralunati che stavano a metà tra lo stand up del Derby di Milano e la musica d’autore di De André, Jannacci e Guccini. Lo so che c’entra poco ma oggi l’indirizzo del Rossetti è Largo Gaber e perciò mi sono lasciato andare ai ricordi di gioventù, quando facevo finta di essere sano.
Portare a Trieste un musical così famoso e visto da milioni di persone in Inghilterra e negli USA e avere la sala piena per innumerevoli recite è una vittoria enorme, di cui Francesco Mario Granbassi – Presidente dello Stabile – può andare più che fiero.
Mi sono accostato alla vicenda del fantasma, tratta dal noto romanzo di Gaston Leroux, per vie traverse o meglio cinematografiche, quando nella prima metà degli anni Settanta del secolo scorso uscì in Italia Il fantasma del palcoscenico di Brian De Palma, che pur mantenendo nella sostanza il plot originale era però contaminato da altre oscure presenze e cioè gli incubi di Hugo, Goethe e Wilde. Fu un insuccesso al botteghino ma oggi è un cult movie propedeutico per chi, come me, poco sapeva di questa produzione.
È stato invece Andrew Lloyd Webber, nel 1986, a consacrare all’eternità il musical di cui ha scritto il libretto e le musiche con il contributo di Charles Hart e Richard Stilgoe. La regia e le scene sono di Federico Bellone, che riprende l’originale di Cameron Mackintosh.
Per me, che vengo dal teatro d’opera ma non ho alcuna puzza sotto al naso perché sono cresciuto a piattoni colmi di Jimi Hendrix e Beethoven, è stata una serata meravigliosa.
L’allestimento è sfarzoso, ricco, quasi abbagliante dal lato scenotecnico con un palco che ruota velocemente e porta in un attimo da una scena all’altra. Inoltre, sono rimasto impressionato dalla straordinaria precisione dei tempi teatrali, sia nei momenti più drammatici sia in quelli più distesi.
Alla fine credo si possa considerare questo musical un cugino stretto dell’opera, e del resto la vicenda di questo parla e i personaggi di contorno – si fa per dire – sono spesso caricature dei protagonisti dei teatri lirici: la primadonna isterica, la giovane stella emergente, il tenore trombone; gli impresari stessi, figura ormai scomparsa nell’attuale teatro lirico ma che ha avuto un’importanza fondamentale e mai troppo sottolineata nella diffusione del melodramma.
Nella trama si colgono qua e là riferimenti al Don Giovanni, all’opera buffa della tradizione napoletana e alla commedia dell’Arte. Nella musica echeggiano suggestioni pucciniane e – mutatis mutandis – certi concertati sembrano di un Donizetti o di Verdi: sapete quando l’azione si ferma, nulla succede e tutti parlano per loro conto? Ecco.
Le luci sono da Oscar, né più né meno, e chi ha occhio fotografico ne apprezza l’eloquente tridimensionalità al pari della distribuzione dei personaggi in scena, che ubbidiscono in modo sorprendente alle “regole” della composizione.
È una regia curata nella recitazione, nelle coreografie, nelle interazioni tra i personaggi, nelle controscene e che sfrutta sagacemente con le imponenti scenografie la profondità del palco. Nulla è lasciato al caso e, per un cascame marcio di teatro lirico come me vedere una regia vera e propria e non una piatta e anemica mise en scène , è una specie di miracolo da raccontare ai colleghi prima di andare a vedere i cantieri.
La parte musicale è amplificata con un occhio (o un orecchio, forse) alle nuove frontiere di tolleranza dei decibel, che fanno sembrare bisbigli le deflagrazioni della Götterdämmerung nella versione Decca diretta da Sir Georg Solti. Il suono dell’orchestra dal vivo è perfettamente bilanciato all’interno dell’imponente flusso sonoro di base.
Tutta la affollata compagnia artistica ha palesato un rendimento straordinario sia dal lato vocale sia da quello attoriale.
Ramin Karimloo, star della produzione, ha tratteggiato un fantasma certo inquietante e tetro ma anche ricchissimo di sfumature psicologiche che hanno ben illuminato il buio del suo vissuto. La sua è una presenza carismatica, che attira subito l’attenzione e colpisce per umanità e profondità di interpretazione. La voce è ricca di armonici, con sfumature sombre che ne accentuano il fascino.
Amelia Milo è stata pure lei efficace, per quanto dal punto di vista vocale -almeno a mio parere – sia stata contemporaneamente penalizzata e aiutata. L’amplificazione dopa il volume ma toglie armonici e la voce da soprano soubrette arriva piatta mentre, al contrario, si notava che l’artista fraseggiava con attenzione. La sua minuta Christine però è fresca, giovane e accorata e perciò risolta in pieno.
Convincente anche il Raoul di Bradley Jaden – già protagonista di altri lavori di Webber –  che ha un invidiabile physique du rôle e una voce gradevole oltre che assoluta padronanza del palcoscenico.
Irresistibile la coppia di impresari composta da Earl Carpenter (Monsieur André) e Ian Mowat (Monsieur Firmin), dinamici, affiatati e tragicamente frivoli.
Divertenti anche Anna Corvino (Carlotta Giudicelli) e Gianluca Pasolini (Ubaldo Piangi) bravissimi a prendere in giro vezzi e malvezzi delle star operistiche, tra l’altro con cospicui mezzi vocali di soprano e tenore. Siccome il nome della Corvino mi risultava familiare, ho cercato nel mio sterminato archivio e ho visto che aveva partecipato nel al Parsifal di Wagner rappresentato a Bologna nel 2014, con la regia straordinaria di Romeo Castellucci.
Brave anche la segaligna Madame Giry interpretata da Alice Mistroni e la adolescenziale e delicata Meg Giry impersonata da Zoe Nochi.
Successo infuocato (è il caso di dirlo) con pubblico impazzito che ha chiamato al proscenio tutto il cast più volte e avrà sanato il deficit di qualche Stato acquistando i gadget dello spettacolo.
Se potessi, ci tornerei.

he PhantomRamin Karimloo
Christine DaaéAmelia Milo
RaoulBradley Jean
Monsieur AndréEarl Carpenter
Monsieur FirminIan Mowat
Carlotta GiudicelliAnna Corvino
Ubaldo PiangiGian Luca Pasolini
Madame GiryAlice Mistroni
Meg GiryZoe Nochi
BuquetMatt Bond
Monsieur LefevreJeremy Rose
Dance CaptainMark Biocca
  
Parole delle canzoniCharles Hart
  
Libretto e parole aggiunte alle canzoniRichard Stilgoe
  
Regia e sceneFederico Bellone
  
CoreografieGillian Bruce
  
Impianto luciValerio Tiberi
  
Ensemble Nicola Ciulla, Luca Gaudiano, Antonio Orler, Chiara Vergassola, Marianna Bonansone, Martina Cenere, Robert Ediogu, Stefania Fratepietro, Jessica Lorusso, Marta Melchiorre, Margherita Toso

5 risposte a “La musica della notte illumina Trieste e il Politeama Rossetti: The Phantom of the Opera di Andrew Lloyd Webber per la prima volta in Italia.

  1. Furio Petrossi 16 luglio 2023 alle 11:15 PM

    L’ho visto moltissimi anni fa a Madrid (El fantasma de la ópera, in spagnolo). Penso che questa messa in scena sia ancor più sorprendente di quella originale (che preoccupava per la balistica del lampadario sopra gli spettatori).
    Godibile, anche se avevo trovato un po’ ripetitive alcune soluzioni musicali: “Les Miz”, I Miserabili è più vario (ohimé non l’ho visto in italiano dieci anni fa…), e il “Notre-Dame” più coinvolgente (e senza respiro per la musica pressante senza pause).
    Bene, molto bene essere in un grande circuito musical(e) a Trieste, senza dover andare all’estero.
    Bene avere dei bravi interpreti e saper costruire eventi di alto livello.

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  2. Enrico 18 luglio 2023 alle 5:24 PM

    Visto due volte all’estero, un musical davvero coinvolgente! Molto molto meglio della gran maggioranza delle opere dalla seconda metà del ‘900 in poi…
    Mi sono fatto l’idea, ascoltando l’opera, che il ruolo del Fantasma possa essere sostenuto da un “tenore con i bassi” (una delle due tipologie di baritono secondo – mi pare – Stinchelli, l’altra era un “basso con gli acuti”)

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    • Amfortas 19 luglio 2023 alle 1:07 PM

      Ciao Enrico, meglio è forse troppo, ma sicuramente di ascolto più facile. Mentre ascoltavo pensavo a un Eberhard Wächter nei panni del Fantasma e, per dirne una, Rita Streich come Christine. Non brutto! Ciao, Paolo

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