Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Approfondimento sul genere musicale dell’operetta, a cura di Luisa Antoni.

Il 15 e il 16 aprile, a Lubiana, si svolgerà un convegno internazionale sull’operetta, genere teatrale e musicale di cui non si parla mai. Le ragioni sono molteplici ed esulano dalla tragica contingenza dovuta al Covid-19 che costringe a una sostanziale chiusura i teatri.
L’operetta è un genere inattuale, che la maggior parte di noi sente lontano e appartenente a un passato che parrebbe non parlarci più. Ma è dall’esperienza del passato che si capisce meglio il presente e si tracciano le linee guida per il futuro.
Eppure a Trieste, solo pochi lustri fa, il locale festival infiammava il pubblico – chi scrive ne è testimone – forse ancora di più della musica lirica.
E proprio da Trieste, città di confini non solo geografici, Luisa Antoni – musicologa, critico musicale, compositrice e giornalista – figlia di queste terre di confine, ci porta in un approfondito viaggio nel passato alle origini dell’operetta. Una visione lucida, che affronta argomenti scabrosi e contradittori come la convivenza tra etnie diverse ma culturalmente affini durante le grandi guerre del secolo scorso.
Il saggio è diviso in tre parti, oggi pubblico la prima.

Luisa Antoni, Trieste (e Gorizia) nella rutilante luce delle operette trilingui


1.Per la musicologia una trattazione complessiva della presenza dell’operetta a Trieste e nelle regioni contermini è una novità, perché gli studi musicologici e sociologici, sinora portati avanti, hanno preso in considerazione ogni gruppo nazionale a sé, anche se sappiamo che Trieste e Gorizia sono state, alla fine del XIX e l’inizio del XX secolo, un crogiuolo trilingue nell’intreccio tra italiano, sloveno e tedesco. Come ho già dimostrato nelle mie precedenti ricerche,[1]  la presenza di vari gruppi nazionali autoctoni a Trieste è stata importante nella formazione di quel tessuto cittadino cosmopolita, cui oggi si guarda con una velata nostalgia: nella città di San Giusto tutti e tre i grandi gruppi nazionali europei (l’italiano, il tedesco e lo sloveno, o meglio lo slavo) hanno convissuto in armonia e questo ha incoraggiato l’organizzazione di eventi culturali e musicali.

Dopo la Prima guerra mondiale, dopo la disgregazione dell’Impero austro-ungarico e l’assegnazione di Trieste e Gorizia al Regno d’Italia, la presenza tedesca è praticamente scomparsa. Le precedenti tensioni nazionali si sono trasformate in terrore fascista che durante il Ventennio a Trieste e Gorizia ha fatto tabula rasa – anche attraverso la violenza fisica – di tutto ciò che non era italiano.

Sebbene tra il XIX e il XX secolo l’operetta fosse presente in tutte e tre le lingue, è stata approfondita da un punto di vista musicologico soprattutto quella italiana, probabilmente perché nel secondo dopoguerra questo genere era la punta del prisma, attraverso il quale passava una visione nostalgica del passato imperiale, considerato a Trieste come il periodo d’oro per la città. La musicologia di qualche decennio fa vedeva nell’operetta l’espressione di un mitico Eldorado autoreferenziale. Solo nelle ricerche più recenti l’operetta e i generi correlati sono stati inseriti in un quadro storico, sociologico e musicologico più ampio che disvela dimensioni diverse e ovviamente più interessanti.[2]

Nel periodo tra la prima e la Seconda guerra mondiale l’offerta a Trieste e Gorizia è stata puramente monolingue, cioè in italiano, mentre, soprattutto per Trieste, il periodo più fruttuoso è stato quello antecedente la Prima guerra mondiale.

2. L’intenso sviluppo economico e finanziario di Trieste e del porto di Trieste, che ha favorito l’immigrazione in città degli abitanti dei territori circostanti vicini e lontani, coincide cronologicamente con l’ascesa dell’operetta. Nell’Ottocento e all’inizio del Novecento la borghesia triestina sentì il bisogno di un’offerta culturale più ricca e con i suoi contenuti leggeri l’operetta senz’altro andò incontro a queste esigenze.

Se guardiamo allo sviluppo dell’operetta in un’ottica internazionale, possiamo vedere che questo genere è legato alla prima vera globalizzazione della civiltà occidentale, segnalata anche da Tobias Becker.[3]

The globalization of operetta was, first of all, directly connected to urbanization. The second half of the nineteenth century, we should recall, was an era of tremendous urban growth.

These new urban populations were not only looking for work and accommodation, they also wanted to be entertained. New spaces for entertainment were built, while old ones—among them theaters—proliferated.

A hundred years on, the most global “operatic” genre was European operetta, in many senses a direct predecessor of the megamusical. Its heyday between the middle of the nineteenth century and the 1930s coincided with an era historians have described as the “first age of globalization.” [4]

Unico porto imperiale, la città di Trieste in questi anni è inclusa nella crescente urbanizzazione delle città. Due antefatti importanti contribuiscono in modo significativo a questo sviluppo: la concessione alla città dello status di porto franco e l’apertura del Canale di Suez che fa arrivare bastimenti da tutto il mondo. Tuttavia con la globalizzazione, l’operetta triestina diventa anche un mezzo, attraverso il quale si cerca di far prendere coscienza della propria appartenenza nazionale ai nuovi immigrati, i quali popolano i diversi tessuti cittadini che convivono nella città di San Giusto. Questa duplice natura degli spettacoli, tra globalizzazione e creazione di un sentimento nazionale, trova nel mondo sloveno una notevole risonanza polemica nelle pagine dell’Edinost, il principale giornale in lingua slovena. Si tratta di una polemica che ha coinvolto Mirko Polič ed Emil Adamič che all’inizio del XX secolo vivevano e lavoravano a Trieste.[5] Mirko Polič, nato a Trieste da padre croato trasferitosi nella città, dove lavora come tipografo per il quotidiano Edinost, è cresciuto in città e ha studiato al Conservatorio cittadino, diventando pianista e direttore d’orchestra.[6] Da novelli sposi, Emil Adamič e sua moglie decisero di trasferirsi da Kamnik in una città che all’epoca sembrava una vera capitale europea.[7] Così come Polič, Vasilij Mirk, Dušan Štular, i fratelli Dušan, Ivan Karlo e Belizar Sancin, Mario Šimenc e Srečko Kumar, anche Adamič ha deciso di studiare al Conservatorio di lingua italiana, negli archivi del quale si trovano il suo Preludio per orchestra e Quattro sonate per violino e pianoforte. Polič e Adamič sono stati molto attivi, soprattutto in ambiente sloveno. Polič, insieme al regista Dragutinović, mise in scena molte operette slovene e straniere, fino al 1913, quando – presumibilmente a causa del divieto delle autorità di mettere in scena una Madame Butterfly in sloveno[8] – accettò l’invito dal teatro di Osijek e se ne andò non tornando più. A Trieste Adamič ha lavorato come insegnante, compositore, direttore d’orchestra, critico musicale e corrispondente per i giornali di Lubiana per Trieste e dintorni. Il suo periodo triestino terminò all’inizio della Prima guerra mondiale quando fu arruolato nell’esercito e spedito in Galizia.


[1] Luisa Antoni, »Musica e coscienza nazionale degli Sloveni a Trieste e nella Venezia Giulia 1848-1927)«, in Cosmopolitismo e nazionalismo nella musica a Trieste tra Ottocento e Novecento, a cura di Ivano Cavallini e Paolo Da Col (Trieste: Quaderni del Conservatorio »G.Tartini«, 1999), 67-88; Luisa Antoni, »Mirk v Trstu«, in Mirkov zbornik, a cura di Edo Škulj(Ljubljana: Družina, 2003), 47-67; Luisa Antoni, »Adamičeva tržaška leta«, in Adamičev zbornik, a cura di Edo Škulj(Ljubljana: Akademija za glasbo, 2004), 25-39; Luisa Antoni, »Trieste-Trst-Triest, a cosmopolitan city«, in Musik-Stadt, Traditionen und Perspektiven urbaner Musikkulturen, a cura di Helmut Loos (Leipzig: Gudrun Schröder Verlag, 2011), 402-411; Luisa Antoni, »Trieste and the surrounding areas«, in Musik und ihre gesellschaftliche Bedeutung nach 1945 (working title), a cura di Rüdiger Ritter (Wiesbaden: Harrasowitz Verlag, 2020).

[2] Fabiana Licciardi, Theater-Kino-Varieté nella Prima guerra mondiale, l’industria dell’intrattenimento in una città al fronte: Trieste 1914-1918 (Trieste: EUT edizioni Università di Trieste, 2019).

[3] Tobias Becker, »Globalizing operetta before the First World War«, The Opera Quarterly 33 (Avgust 2017): 7-27, doi: 10.1093/oq/kbx014

[4] Becker, »Globalizing operetta«, 8.

[5] La polemica verrà trattata nelle pagine successive.

[6] Ciril Cvetko, Mirko Polič, dirigent in skladatelj (Ljubljana: Slovenski gledališki in filmski muzej, 1995).

[7] Antoni, »Adamičeva tržaška leta«, 27-28.

[8] Ad oggi non è stato possibile verificare chi abbia vietato la versione slovena della Madame Butterfly. Al Museo Teatrale di Trieste non c’è questo documento, così come non si trova nell’archivio della Ricordi. Rimangono solo i titoli sensazionalistici degli articoli nell’Edinost

8 risposte a “Approfondimento sul genere musicale dell’operetta, a cura di Luisa Antoni.

  1. Furio Petrossi 29 marzo 2021 alle 10:36 am

    Penso il fatto della Butterfly in sloveno sia illustrato qui: http://www.dlib.si/stream/URN:NBN:SI:DOC-2KFZBKC6/2da82959-5826-4156-a5c8-5073c522299b/PDF
    Echi della vicenda Butterfly. Sia alzano onde di grande indignazione per l’atto incolto, avvenuto per colpa della Camera di commercio. La Sudslavische Rundschau, pubblicata a Vienna, menziona innanzitutto come gli italiani tentino di giustificare il divieto affermando – questo sarebbe l’argomento – che il teatro sloveno offra troppo poche garanzie per il valore dell’opera di Puccini.(…)

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  2. Amfortas 29 marzo 2021 alle 12:54 PM

    Ciao Furio, grazie 😀
    Giro il link a Luisa, forse le è utile.
    Ciao, Paolo

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  3. Luisa Antoni 29 marzo 2021 alle 2:25 PM

    Grazie della segnalazione, ma come ho scritto nella nota 8, ci sono solo i resoconti dell’Edinost. Agli archivi della Ricordi non risulta nessuna lettera, telegramma o altro.

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  4. Pingback:Seconda parte dello speciale sull’operetta curato da Luisa Antoni. | Di tanti pulpiti.

  5. Pingback:Terza e ultima parte dello speciale sull’operetta curato da Luisa Antoni. | Di tanti pulpiti.

  6. Luisa Antoni 11 aprile 2021 alle 8:31 am

    Preziosissima notizia, grazie di averla condivisa.

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