Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Seconda parte dello speciale sull’operetta curato da Luisa Antoni.

Ecco la seconda parte del saggio di Luisa Antoni dedicato all’operetta. Qui potete leggere il primo capitolo.

3. Tra i ricercatori che hanno studiato l’operetta a Trieste, c’è Marina Petronio che ha dedicato diversi articoli e un libro all’operetta in italiano.[1] Sebbene altri ricercatori non menzionino questa possibilità, la Petronio nella sua ricerca formula l’ipotesi che l’operetta in Europa sia in qualche modo legata a spettacoli particolari sotto forma di farsa, diffusi in tutta Europa, eseguiti dalle bande, afferenti ai vari reggimenti; nella prima metà del XIX secolo queste compagini bandistiche con la loro proposta musicale, usavano alternare i loro repertori con lo Schwank.[2] A Trieste era presente e musicalmente molto attiva la banda del 97 ° Reggimento di Fanteria  che ha partecipato più volte a varie manifestazioni, anche se una vera e propria ricostruzione del suo operato, così come delle esibizioni delle altre bande, presenti sul territorio, attende ancora di essere approfondita.

Dopo il 1814, cioè dopo la partenza dei soldati francesi, la vita culturale si risveglia e possiamo ipotizzare che le compagnie di giro di lingua tedesca includessero nei loro viaggi anche Trieste e Gorizia, portando opere e operette, tratte dal repertorio dei teatri popolari viennesi. A Trieste è stato particolarmente apprezzato Johann Nestroy che con la sua “comicità satirico-intellettuale sollecitava l’acutezza intellettuale e critica dello spettatore e che si serviva di tutte le sfumature dialettali viennesi per dar vita ai suoi esilaranti e demistificatori giochi linguistici”.[3] La Petronio cita il Lumpazivagabundus di Johann Nepomuk Nestroy, messo in scena nel 1840 dall’ensemble  Börnstein al Teatro Grande di Trieste, una delle prime rappresentazioni ad essere intese come simili all’operetta. Questo spettacolo è stato descritto in modo particolareggiato dal critico Pacifico Valussi nelle pagine della rivista La Favilla.[4] Non sappiamo, se – anche precedentemente a questa data – le compagnie di giro includessero regolarmente Trieste e Gorizia nelle loro tournée e per un quadro completo avremmo bisogno di uno spoglio critico degli articoli dei giornali dell’epoca.

Anche a Gorizia l’operetta era popolare, come si vede dalla sua presenza sui palcoscenici cittadini sin dal 1879. Le tensioni nazionali sono in questi anni forse più visibili a Gorizia che a Trieste, poiché le compagnie di giro italiane hanno più successo di quelle di lingua tedesca, almeno fino agli anni ’90. Successivamente a Gorizia incontriamo le stesse operette che vengono messe in scena a Trieste.

Con un ritardo di qualche decennio, anche il pubblico di lingua slovena di Trieste e Gorizia ha iniziato a mettere in scena le operette in sloveno. Nella seconda metà dell’Ottocento nei centri periferici intorno a Trieste, fecero la loro apparizione delle manifestazioni definite “burke” e “veseloigre”. Anche qui, per avere una panoramica più completa, sarebbe necessario uno spoglio degli articoli e delle notizie dei giornali dell’epoca. Tra le prime rappresentazioni vi fu nel 1884 il Tičnik di Ipavec nel teatro cittadino di Trieste La Fenice, organizzato dal Delavsko in Podporno društv (Società Operaia e Sostegno).[5] All’inizio del secolo la scena slovena era molto vivace, soprattutto con produzioni locali. Lo scrittore e drammaturgo Fran Govekar incaricò Viktor Parma di scrivere musiche di scena per Rokovnjači (1897) e Legionariji (1903), spettacoli che furono rappresentati più volte negli anni successivi. Anche i palcoscenici di periferia offrivano una nutrita scelta, come ad esempio la ” veseloigra v jednem dejanju ” (commedia in un atto) Poštena deklica (La ragazza onesta)[6] di Vilhar messa in scena dal Pevsko Društvo (Società corale) Zarja a Roiano e Dva gospoda, jedan sluga (Due padroni, un servo) di Hrabroslav Ražem,[7] di cui venne messo in scena un adattamento dalla sezione femminile della società corale Lipa a Basovizza. Gli spettacoli divennero via via più di qualità e, contemporaneamente, andavano a creare momenti di aggregazione, attraverso i quali si formava la coscienza nazionale della popolazione slovena e più genericamente slava. Spesso le manifestazioni venivano organizzate nei centri culturali del circondario e a volte – quando l’occasione era abbastanza importante – venivano affittati i teatri cittadini più grandi. Dopo il 1904, vale a dire dopo l’erezione nel centro cittadino del Narodni dom, cioè l’edificio polifunzionale dell’architetto Max Fabiani, le principali manifestazioni si spostarono nella Sala Grande dell’edificio che testimoniava e significa tutt’oggi un segno tangibile della presenza slovena in centro città. Negli stessi anni i notabili triestini fondano il Dramatično društvo (Società Drammatica) e la Glasbena matica (Scuola di musica) che ebbero la loro sede al Narodni dom. Iniziò così il periodo di maggior successo delle rappresentazioni musicali e teatrali degli sloveni a Trieste. L’elenco degli spettacoli, ovviamente incompleto, mostra che la produzione si era arricchita anche di titoli del repertorio operettistico internazionale e questo ha portato alle già citate polemiche tra Emil Adamič e Mirko Polič. Adamič era interessato ad educare il pubblico e a rafforzare la coscienza nazionale, mentre Polič, di tredici anni più giovane, puntava principalmente alla qualità della messa in scena, anche se gli artisti non erano dei professionisti.

In un articolo pubblicato nell’Edinost il 25 febbraio 1910, Adamič, dopo la critica del concerto del Quartetto d’archi di Buxelles, aggiunse:

Se questa o quella società corale vuole imporre la rappresentazione di oscure operette, che vengono addirittura messe in scena con un apparato di dubbio gusto, ciò non reca giovamento all’educazione delle masse, anzi addirittura nuoce.  Queste persone, ovviamente, non hanno sentito di meglio, quindi questo è per loro un apice artistico e il loro entusiasmo non conosce limiti.[8]

Immediatamente il giorno successivo, Polič ha invia al giornale una lunga nota dal titolo “Al sig. Adamič e vari critici dietro le quinte”:

Sapevo che prima o poi ci sarebbero state eco di varie critiche e battute dietro le quinte sulla messa in scena dell’operetta “Mam’zelle Nitouche”. Tuttavia, non mi aspettavo che ciò accadesse in una forma in un’occasione del genere (vedi “Edinost” di ieri sotto: Letteratura e Arte). Sembra proprio che i signori non abbiano potuto trovare altra possibilità per dire cosa li irrita.

Comunque sia: mi sento in dovere di dare qualche risposta per chiarire l’orizzonte.

Vorrei prima notare che il sig. Adamič solo ora si è reso conto che “Mam’zelle Nitouche” è un’”oscura operetta”, presumibilmente perché una semplice associazione corale ha osato metterla in scena. Per quanto ne so, questa “oscura operetta” è nel repertorio di tutti i migliori teatri, tranne Lubiana, ed è data da compagnie di operette che vengono a Trieste come una proposta speciale, anche se ridotta, tagliata e accorciata, cosa che ovviamente noi non abbiamo fatto.[9]

A questa “risposta inaspettata” Adamič replica, chiudendo la discussione e – dopo aver corretto che effettivamente Mam’zelle Nitouche non è proprio un’oscura operetta – sottolinea ancora una volta quanto aveva già scritto:

Se questi mesi, queste dure serate, fossero trascorse piuttosto a studiare dei buoni e impegnativi brani corali, la Sala di lettura sarebbe stata in grado di fare una buona impressione in molti luoghi (non solo nella sua sede) e di guadagnare meriti per la diffusione del canto sloveno. Secondo il sig. Mirko Polič l’”onesta” rappresentazione di farse con il canto è l’inizio del percorso verso i concerti popolari e l’educazione musicale della nostra gente.

[…]

Coloro che cammineranno sulle nostre tombe, potranno giudicare chi ha fatto di più per elevare la canzone slovena e l’educazione musicale dei nostri concittadini: Voi, o io! L’importante è provarci, anche perché lei ha più tempo e più giovinezza davanti a sé, e saremo buoni amici.[10]

Questa controversia ha avuto alcuni mesi dopo una coda inaspettata: nel 1911, quando il Comitato preparatorio sloveno stava raccogliendo fondi per l’erezione di un monumento a Benjamin e Gustav Ipavec, la sala di lettura di San Giacomo aveva rappresentato una nuova produzione del Tičnik e i principali promotori ne erano Adamič – che aveva anche tenuto il discorso di apertura[11] allo spettacolo – e l’allora giovane Vasilij Mirk. In un articolo introduttivo che porta la firma di V.M. (quasi certamente un’abbreviazione di Vasilij Mirk), leggiamo:

Questo primo lavoro sloveno è senza dubbio migliore di molte operette tedesche o francesi che vengono presentate sui nostri palchi. Importiamo piuttosto le nostre opere, e quando vengono a mancare, lasciamo che vengano in primo piano quelle straniere. Non è strano, o tipico, che i nostri sloveni non sappiano nemmeno che esiste il Tičnik?[12]

Nonostante le parole e gli sforzi di Adamič, le società slovene hanno eseguito sempre meno operette e farse slovene e sempre più operette straniere sia a Trieste che nei dintorni. Insieme alla Mam’zelle Nitouche di Hervé, vengono eseguiti in sloveno: il già citato Lumpazivagabundus di Johann Nestroy,[13] Im weissen Rössl di Benatzky, Ein Walzertraum di Oscar Strauss, Les cloches de Corneville di Planquette, Der Vogelhändler di Zeller, La poupée di Audran, Ein Herbstmanöver diKálman, Der Graf von Luxenburg di Lehár, Die geschiedene Frau e Die Dollarprinzessinen di Fall, La belle Hélène di Offenbach, Die Försterchristl di Jarn, Die Fledermaus e Der Zigeunerbaron[14] di Strauss, Die keusche Susanne di Gilbert, Der Bettelstudent di Millöcker, Der lachende Ehemann di Eisler, The Giesha di Jones. Tra la produzione slovena sono rimasti: il Tičnik di Ipavec, i Legionariji e Moč uniforme (Il potere dell’uniforme)[15] di Vogrič, il 31 dicembre 1909 è stato messo in scena per la prima (e probabilmente ultima) volta Parlament v deveti deželi (Il parlamento del paese lontano), una commedia in un atto per 5 voci maschili, coro virile e orchestra di Vasilij Mirk[16]

e il 28 febbraio 1912 ci fu la prima dell’operetta di Viktor Parma Caričine amaconke (Le Amazzoni dell’imperatrice).[17]

Abbiamo ancora poche informazioni sulle attività del primo dopoguerra, quando inizia il periodo dell’ascesa del fascismo e della conseguente chiusura delle associazioni slave che costituivano l’asse portante per la formazione della coscienza nazionale e per la vita culturale e sociale. In questo periodo l’Associazione servolana Velesila affidò, affinché lo custodisse, a Kazimir Sancin (1898-1976) un pianoforte mezzacoda. L’opera comica Casanova, basata su libretto di Albert Širok, è stata creata su questo pianoforte e presentata a Maribor il 16 aprile 1932, con Belizar Sancin nel ruolo principale.[18]

Tra le due guerre abbiamo notizia di una rappresentazione durante il periodo del carnevale del 1938. I coristi di San Giacomo, sotto la direzione di Vlado Švara, misero in scena alla Locanda na Lovec la commedia in musica di Vodopivec Kovačev študent (L’apprendista fabbro).[19]

La pressione fascista soffocò il promettente teatro sloveno e molti emigrarono in Jugoslavia, tra di essi molti furono i triestini che si trasferirono a Maribor.[20] Sfidare il fascismo significava rischiare la vita, come è successo nel caso di Lojze Bratuž.


[1] Marina Petronio, L’operetta a Trieste… e altra musica d’intrattenimento (Trieste: Luglio editore, 2010).

[2] Petronio, L’operetta, 13.

[3] Silvana de Lugnani, La cultura tedesca a Trieste dalla fine del 1700 al tramonto dell’Impero asburgico (Trieste: Edizioni Italo Svevo, 1986), 39.

[4] Luisa Carrer, La Favilla (1836-1846): giornale triestino di scienze, lettere, arti, varietà e teatri (Padova: tesi di diploma 1998-1999, Università di Padova).

[5] Slovan, 14.2.1884. Ho approfondito la presenza e il successo triestino dei lavori dei fratelli Ipavec nel mio saggio dal titolo Izvedbe Ipavčevih del na Tržaškem. A cura di Primož Kuret, Benjamin in Gustav Ipavec: zbornik prispevkov simpozija ob 100. obletnici smrti Benjamina in Gustava Ipavca (Šentjur: Knjižnica, 2008), 161-179.

[6] Edinost, 15.2.1901.

[7] Edinost, 6.4.1901. Di Hrabroslav Ražem (1863-1908) ci sono rimasti pochi dati: sappiamo che è nato a Basovizza e che dirigeva i cori a Barcola, dov’era anche organista.

[8] Edinost, 25.2.1910. Traduzione dell’autrice.

[9] Edinost, 26.2.1910. Traduzione dell’autrice.

[10] Edinost, 27.2.1910. Traduzione dell’autrice.

[11] A cura di Lida Debelli Turk, Sv. Jakob, zgodovinski razgledi po življenju Slovencev v tržaškem delavskem okraju (Trieste: Založništvo tržaškega tiska, 1980), 197.

[12] Edinost, 16.4.1911. Traduzione dell’autrice.

[13] Johann Nestroy, i cui lavori erano molto amati a Trieste, venne in visita nella città giuliana per due volte, nel 1851 e nel 1858. Lugnani, La cultura tedesca, 56. Secondo le ricostruzione di Naubauer Lumpacij Vagabund è stato messo in scena per la prima volta a Lubiana nel 1940. Vedi Henrik Naubauer, Opereta v Sloveniji, zgodovinski pregled (Ljubljana: Glasbena matica, 2008), 152. Il traduttore della versione triestina è stato Fran Gestrin, mentre la versione di Lubiana è stata tradotta da Niko Štritof.  

[14] Edinost riporta che la suddetta messa in scena è stata realizzata per la prima volta sette anni prima e che la rappresentazione del 6 gennaio 1909 del Narodni dom è la centesima. 

[15] Secondo Henrik Neubauer nel 1895 Vogrič ha rielaborato la Jamska Ivanka di Vilharche, dopo la prima rappresentazione a Tolmino, è stata messa in scena ancora diverse volte, anche a Trieste e Gorizia. Neubauer, Opereta, 150. Neubauer parla anche di altre operette di Vogrič: Lucifer (Trieste, 1901), Prvi maj (Trieste, 1901), Zgerešeno nadstropje (Tolmino prima della Prima guerra mondiale)e Zlata bajka (Trieste, 1906), ma di queste operette non è stato possibile reperire altri dati.

[16] Edinost, 31.12.1909.

[17] Siamo debitori di questa riscoperta musicologica a Darja Frelih. Darja Frelih, »Viktor Parma: raziskovalna izhodišča«, Muzikološki zbornik 39 (1993): 39-57.

[18] Vedi »Sancin Kazimir«, Primorski slovenski biografski leksikon (Gorica: Goriška Mohrjeva družba, 1974-1994), 289. Mariborski večernik jutra (18.4.1932) riferisce della rappresentazione: »Il teatro era quasi esaurito e l’entusiasmo cresceva, cosicché il compositore e il librettista sig. Albert Širok sono dovuti uscire nuovamente davanti al pubblico. Al primo è stata data una bella corona e molti mazzi di fiori. L’opera ci ha sorpreso sotto molti aspetti«. Traduzione dell’autrice.

[19] Lado Premru, »Slovensko petje pri Sv. Jakobu«, Jadranski koledar 1976,  223-233.

[20] Della preziosa presenza degli immigrati triestini a Maribor scrive Dragan Potočnik, »Primorski Slovenci v Mariboru 1918-1941«, Annales 21, n. 1 (2011), 55-70.

5 risposte a “Seconda parte dello speciale sull’operetta curato da Luisa Antoni.

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  2. felice567 9 aprile 2021 alle 4:47 am

    Grazie! Mi ero perso la prima parte…

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  3. Amfortas 9 aprile 2021 alle 8:46 am

    Ciao Felice, hai avuto tempo per recuperare! Paolo

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