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A Lubiana è il tempo delle grandi orchestre. La Royal Concertgebouw e Iván Fischer esaltano la Settima di Mahler

Al Festival di Lubiana è tradizione invitare grandi orchestre e anche questa edizione non fa eccezione.
Ieri è stata la volta della Royal Concertgebouw di Amsterdam diretta da Iván Fischer e nei prossimi giorni toccherà alla Boston Symphony Orchestra (Andris Nelsons) e per il concerto di chiusura alla Gewandhaus di Lipsia con il grande vecchio Herbert Blomstetd.
La Sinfonia n.7 in mi minore di Mahler è una pagina musicale impressionante che rispecchia in pieno la lacerata e controversa personalità del compositore che vi lavorò incessantemente e con furore – come riporta la moglie Alma –  quasi sino alla prima, che si svolse a Praga nel 1908.
Strutturata in cinque movimenti che comprendono due Nachtmusiken, il brano ha carattere mutevole ma persino sovrabbondante di effetti coloristici in cui convivono felicemente marce e atmosfere eteree. L’organico orchestrale è quello proverbialmente ampio di Mahler, particolarmente ricco nelle percussioni (timpani, piatti, grancassa, glockenspiel, triangolo, frusta, campanacci e campana) e prevede anche la chitarra e il mandolino nella seconda Nachtmusik.
Iván Fischer ha scelto un’interpretazione che definirei barbarica e rutilante, addirittura brutale in certi momenti, ma che ha restituito in pieno l’espressività e il contrasto di sentimenti di cui la musica è ambasciatrice. Nonostante ciò, il controllo delle dinamiche non gli è mai sfuggito di mano. In questo modo le poche oasi più serene della sinfonia sono emerse in modo prepotente e hanno avuto un nitore spirituale ancora più rilevante. Le agogiche tese, agitate, hanno innervato di grande tensione tutta l’esecuzione.
L’orchestra ha risposto come era lecito aspettarsi dal suo rango e cioè in maniera strepitosa in tutte le sezioni.
Formidabili gli archi gravi con gli otto contrabbassi che hanno fatto un lavoro incredibile, dialogando e al contempo sostenendo con vigore i continui colloqui con i legni. Lucenti e precisi gli ottoni, con i corni in grande evidenza. Le percussioni hanno restituito quelle sfumature agresti che profumavano di una ruralità antica e, probabilmente, ormai perduta.
Nel Rondò finale, che è una specie di sintesi di buona parte dell’inventiva mahleriana, l’emozione suscitata dal fluire della musica è stata rafforzata proprio dalla straordinaria coesione della compagine. Eccellente, tra gli altri, la prestazione della Konzertmeister.
il pubblico, numeroso ma forse meno folto del solito a causa delle proibitive condizioni atmosferiche, ha tributato un quarto d’ora di acclamazioni e applausi a direttore e orchestra.

Gustav MahlerSinfonia n.7 in mi minore
  
DirettoreIván Fischer
Royal Concertgebouw Orchestra



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