Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti al Teatro Verdi di Trieste: prime considerazioni.

Tra appassionati, ogni tanto ci scappa di dire: Un altro Elisir? Che palle…

Io invece voglio dedicarci un paio di post, prima della prima di sabato prossimo al Teatro Verdi di Trieste.
Sì perché l’opera di Donizetti è tra le più rappresentate, non solo in Italia ma ovunque, e forse la possibilità di vederla spesso ci fa pensare non che sia un lavoro minore, ma che sia facile da allestire.
E invece no, al contrario è un’opera estremamente impegnativa e sentirla cantata in modo soddisfacente è cosa rara. Qualità e quantità non sempre viaggiano insieme, si sa.

E poi quando parliamo dei cantanti mitici del passato nominiamo, che ne so,  i soprani Giulia Grisi, Maria Malibran, i tenori Gianni Nozzari o Gilbert-Louis Duprez, non certo Sabine Heinefetter o Gianbattista Genero, i quali come avrete capito sono stati proprio i “creatori” dei ruoli di Adina e Nemorino.
Ancora di meno si dice del baritono e del basso buffo.
Curioso, da questo punto di vista, leggere che ne pensasse proprio Gaetano Donizetti di questi artisti.
Lo sappiamo da una lettera che scrisse al padre:
 
“…solo il tenore è discreto, la donna ha bella voce ma ciò che dice lo sa lei [una Joan Sutherland ante litteram? (N.d.Amfortas,strasmile)] il buffo (Giuseppe Frezzolini) è canino.”
 
La moglie di Felice Romani, Ernesta Branca (solo lei meriterebbe un post, smile) ci informa invece sul baritono Henri-Bernard Dabadie che secondo lei è un basso che val poco mentre sul basso buffo concorda con Donizetti, ma lo paragona ad un’altra bestia: aveva voce da capretto.
Più che un’opera sembra la fattoria degli animali, perché anche gli asini non mancavano, no (strasmile)?
Ecco perché, come sostenevo all'inizio, è difficile assistere a un Elisir soddisfacente: questo melodramma giocoso in due atti necessita di artisti di elevata qualità, quattro prime parti. Per non parlare del direttore e del Coro, quest'ultimo impegnatissimo e di fondamentale importanza.
Felice Romani, che tanto aveva già scritto per Rossini e Bellini, s’ispirò per scrivere il libretto all’attualissimo (per quei tempi) lavoro Le Philtre di Eugène Scribe, musicato da Daniel Auber.
Insomma, nonostante la fiducia negli interpreti evidentemente non fosse proprio straordinaria, l’opera debuttò con grande successo il 12 maggio 1832 a Milano, presso il Teatro alla Cannobiana.
Ora, siccome io scartabello tra i sacri testi, vi dico su quali giornali si poterono leggere le critiche positive, ma voi non dovete ridere, promesso?
Ok.
L’opera e la compagnia di canto ottennero ottime recensioni su nientemeno che “La Gazzetta privilegiata di Milano”, il “Corriere delle Dame” e “Il censore universale dei teatri”.GazzettaPrivilegiata

Chissà, magari tra qualche decina d’anni si dirà: Il tenore X e il soprano Y riportarono ottime critiche su “Di tanti pulpiti”, un blog che si occupava di musica lirica.
E giù a ridere, ovvio.
Mutatis mutandis, che ci volete fare…(strasmile)
Nel prossimo post parlerò (forse) in modo più specifico di come attraverso la struttura musicale Donizetti renda vivi i personaggi, tutti ben caratterizzati e con peculiarità precise.
Alla prossima dunque e buona settimana a tutti.
P.S.
Augurissimi di pronta guarigione a Placido Domingo, che nei giorni scorsi si è sottoposto a un intervento chirurgico importante.
 
 
 
 

7 risposte a “L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti al Teatro Verdi di Trieste: prime considerazioni.

  1. daland 9 marzo 2010 alle 12:53 PM

    Aspetto con impazienza le tue lezioni sull'Elisir: la Scala lo ha in cartellone quest'anno, anche se "rimandato a settembre".

    Dati gli sviluppi dell'informatica e dei "motori" la tua profezia è tutt'altro che campata in aria.

    Io di auguri a Domingo ne faccio anche il triplo, poichè fra il 16/4 e il 7/5 DEVE cantare il Simone alla Scala!

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  2. utente anonimo 9 marzo 2010 alle 1:27 PM

    da Giuliano:
    Per Felice Romani ho un'ammirazione sconfinata, tutto quello di suo che conosco è molto bello e molto ben scritto, dalla Norma all'Elisir fino al Turco in Italia, personaggi perfetti sia nel comico che nel drammatico.
    Basti dire che "Casta diva" è opera sua…
    Un furtiva lacrima per me significa Schipa, poi metterei Pertile (sorprendente, con quella voce!) e quell'incisione favolosa di Björling.
    Comunque l'hanno cantata bene in tanti, al di là della bellezza della parte penso che sia più difficile rendere bene il ruolo di Adina.
    Un saluto a Placido Domingo, che ricordo con infinita NOSTALGIA.
    (un altro Otello così deve ancora arrivare, chissà se arriverà mai)
    🙂

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  3. amfortas 9 marzo 2010 alle 4:15 PM

    Daland, mi rendo conto che chi recensisce ha una bella responsabilità perché è proprio vero che un domani ne resterà testimonianza o comunque traccia. È per questo che cerco di mantenere sempre toni moderati e di non gridare. Purtroppo non tutti fanno così e preferiscono fare audience sulla scia della moda lanciata dalla televisione.
    E poi la mia non sarà certo una lectio magistralis, perché il mio intento è divulgativo in primis. È un metodo che mi ha dato e continua a darmi grande soddisfazione!
    Ciao e grazie 🙂
    Giuliano, mi piacerebbe molto, ma non so se avrò il tempo, approfondire il discorso sulla romanza, vedremo.
    Il ruolo di Adina è davvero difficile, concordo. Oddio non che gli altri siano facili eh?
    Pensa a quanti Dulcamara scalcagnati impallidiscono di fronte a un Bruscantini, per esempio!
    Ciao 🙂

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  4. megbr 10 marzo 2010 alle 10:21 am

    è la difficoltà delle opere 'popolari': è difficile trovare un bell'Elisir come un bel Barbiere ..  il mio Nemorino, ad es, è solo Luigi Alva: … quando si ha un timbro nel'orecchio non è facile cambiarlo.. un pò cme quando dai la voce ai tuoi personaggi dei fumetti e poi li vedi in un film… non sono proprio gli stessi .. 🙂
    Un grande in bocca al lupo al grande Placido .. che ritorni presto tra noi!

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  5. amfortas 10 marzo 2010 alle 11:46 am

    megbr, hai ragione ma qui c'è anche un po' di puzza sotto al naso per un'opera che viene erroneamnete percepita come "facile", quando non è affatto così.
    Mi unisco agli augurissimi al Topone 🙂
    Ciao!

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  6. colfavoredellenebbie 11 marzo 2010 alle 9:54 am

    (Un saluto di passaggio: è un'opera che non conosco, come tantissime altre volte mi capita di registrare. Passo ugualmente volentieri qui, proprio perchè si respira un'aria appassionata e coinvolgente…e la speranza di imparare è l'ultima a morire 🙂 …)

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  7. amfortas 11 marzo 2010 alle 2:08 PM

    Zena, mi anima davvero una grande passione e quando qualcuno lo nota ne sono felicissimo. È sicuramente il miglior complimento che mi si possa fare 🙂
    Ciao!

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