Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Divulgazione semiseria dell’opera lirica. Ariadne auf Naxos di Richard Strauss, da venerdì prossimo al Teatro Verdi di Trieste

Torna a Trieste dopo un paio di decenni una delle opere più intriganti del repertorio mitteleuropeo: Ariadne auf Naxos (Arianna a Nasso) di Richard Strauss.
È un’opera le cui melodie toccano alcune mie corde nascoste, come spesso mi succede con Strauss, perciò posso affermare serenamente di non vedere l’ora che arrivi venerdì e godermi la “prima”.

Opera paradigmatica del metateatro, Ariadne auf Naxos ha avuto una genesi accidentata per vari motivi tra i quali, probabilmente, anche un eccesso di ambizione del “librettista” – e le virgolette ci stanno tutte – Hugo von Hofmannsthal il quale si lanciò in un’impresa artistica forse troppo audace per i tempi cercando di far convivere prosa e lirica in una stessa serata. La collaborazione tra Strauss e Hofmannsthal, lo ricordo per i distratti, portò a capolavori senza tempo come Elettra, Il cavaliere della rosa e La donna senz’ombra solo per limitarci ai più famosi.
In breve alcune scene della commedia di Molière “Il borghese gentiluomo” furono musicate da Strauss e subito dopo partiva la prima versione di Arianna a Nasso.
Il debutto avvenne nel 1912 e il responso del pubblico non fu esattamente trionfale, perciò, tra litigi e gelosie, i due grandi artisti ripensarono l’intero impianto drammaturgico escludendo Molière e concentrandosi su di un Prologo – scritto quasi ex novo – e rimaneggiando in modo notevole la parte squisitamente operistica.
Nel 1916, a Vienna, la nuova versione raccolse un franco successo. In Italia arrivò per la prima volta nel 1925, a Torino.
La trama non è facilmente sintetizzabile – i personaggi sono una ventina! – ma un cenno può essere d’aiuto per il neofita anche per capire il senso del teatro nel teatro di cui sopra.

Nel Prologo vediamo un nobile che cerca di allestire nella sua villa patrizia una recita basata sul mito greco di Arianna, ma si scontra con mille difficoltà pratiche e caratteriali di personaggi di varia umanità tra i quali spicca Zerbinetta, attrice e donna disinvolta e birichina che prende in mano la situazione e convince tutti che la soluzione migliore è che gli attori supportino Arianna, sconvolta per essere stata abbandonata da Teseo.
Perciò sull’isola di Nasso tutti gli artisti recitano le loro parti impersonando loro stessi o altri in un gioco di equivoci in cui vicende teatrali e personali si compenetrano. Alla fine Zerbinetta, che è diventata la saggia della compagnia, fa il sunto della situazione e la morale a tutti.

Dal punto di vista squisitamente musicale quando si dice Strauss si pensa alla tipica orchestra tardo- romantica ma non è questo il caso, perché, anzi, l’organico è sostanzialmente da camera. Attenzione però, il flusso sonoro è denso, tipicamente straussiano, anche se più alleggerito del consueto. In questo senso il direttore deve fare un lavorone.
La sezione delle percussioni è molto estesa: tamburello, timpani, cassa, piatti, tamburo e il mio amatissimo glockenspiel, che da solo è un buon motivo per andare a teatro.
L’opera, oltre che nella trama, è un continuo rimando e gioco di specchi anche nella musica: vi si trovano riletti in chiave diversa spunti e scene di teatro del Settecento, di musica barocca, di tragedia e commedia in un puzzle straordinario per colori e sentimenti cangianti.
Ariadne è un soprano lirico drammatico, Zerbinetta un soprano di coloratura ma non troppo esile, quella di Bacco è unanimemente considerata una delle parti tenorili più massacranti, a conferma della presunta antipatia di Strauss per i tenori.
In tutto questo fluire di musica c’è un retrogusto di malinconica gioia, di divertita commozione perché quello che si rappresenta è la vicenda, senza tempo, degli uomini.



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