Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Recensione semiseria dell’Otello al Teatro dell’Opera di Roma.

La notizia rilevante è che dopo quarant’anni a Roma si rivede l’Otello di Verdi.
Quella volta il Moro fu interpretato da Mario Del Monaco, e probabilmente Silvana Pampanini era presente alla prima, come era inequivocabilmente presente anche sabato scorso la sua statua di cera semovente.
Non mi soffermo troppo sui dettagli gossipari della prima romana, ma una circostanza, almeno, la devo sottolineare: Renato Balestra ‘n se po’ vede’.
Ci dovrebbe essere una campagna di prevenzione anti lifting a livello nazionale, come si fa per gli incidenti stradali:
“Guardate che se vi fate il lifting vi ridurrete così!”
E sotto la foto di Balestra. (strasmile, e giuro che dal vivo è molto peggio)
Ingorgo clamoroso al guardaroba: dame, damine, damazze, damone e lacchè, potentati, finti potentati, quasi ministri e probabili futuri inquisiti tutti in fila per deporre l’ombrello e il cappotto, il cappello e la mantella: un delirio.
Due romane veraci, molto spiritose e altrettanto incasinate dovevano, nell’ordine: tenere a bada la folla, scrivere la ricevuta dell’avvenuto pagamento barrando una casella (cappotto, cappello ecc), far di conto, consegnare la contromarca e appendere i vestiti.
Mission impossible!
All’ennesimo “avoja” “ma che stai a di’ “bella pe’ te” qualche nobildonna era un po’ ingrugnita, ma io mi sono divertito da morire, specialmente quando un coglionazzo, perché per favore che nessuno cerchi di trovargli scuse, ha cercato di pagare il guardaroba (nel suo caso 2 euro) con una banconota da 500.
“Ao’ Cla’, allora ce stanno davero!” ha detto una delle due ragazze. (ultrasmile)
Ma vengo subito alle cose semiserie.
La prima sensazione è stata che tra il direttore, Riccardo Muti, e la compagnia di canto ci fosse la stessa differenza che c’è tra la Juventus e (non me ne voglia nessuno) una squadra di semiprofessionisti o poco più.
Muti ha una sua visione chiara dell’Otello e la sviluppa con determinazione: teatro lirico drammatico, che si esprime con tinte orchestrali forti e precise, specchio dei sentimenti violenti dei protagonisti.
Straordinari, in questo senso, molti momenti: la tempesta iniziale, il “fuoco di gioia”, l’accompagnamento al duetto del primo atto, il “Credo” di Jago, il monologo del terzo atto di Otello, il Preludio del quarto atto.
Ma potrei citare tanti altri passaggi entusiasmanti.
Sorprendente, mi hanno detto alcuni autoctoni, il livello artistico e la compattezza raggiunti dall’orchestra del teatro di Roma, e qui non ci sono dubbi, il merito può essere solo del direttore.
Alla fine si è goduto un clamoroso trionfo.
Il cantante più atteso era Alexandrs Antonenko, nel ruolo del titolo. Che dire?
Non ha cantato male, assolutamente, però Otello è altra cosa. Va sottolineato a suo merito che è stato meglio di due tenori più quotati che ho sentito recentemente in questa parte (Ian Storey e Stephen Young) e che è migliorato rispetto alla sua esibizione al Festival di Salisburgo.
L’accento giusto però non c’è, mentre appare evidente il tentativo di risolvere il personaggio flettendo i muscoli (le corde vocali, in questo caso); chiaro che in questo modo la parte più schiettamente lirica non esce e così lo splendido duetto “Già nella notte densa” scivola via senza emozioni, complice anche l’inerzia interpretativa del soprano.
Il lato drammatico ne risente a sua volta, perché non è credibile un valoroso condottiero che è solo incazzato e non umanamente ferito dal presunto tradimento della moglie.
La voce è piccolina e non particolarmente gradevole (vorrei dire senescente, ma forse è un giudizio troppo severo), inoltre, il fraseggio almeno perfettibile, la dizione approssimativa e ho notato anche qualche piccolo pasticcio con il testo.
Molto buoni, peraltro, gli acuti, scomodissimi nell’Otello verdiano per la collocazione atipica. (il canto non è mai sfogato, non c’è una naturale salita all’acuto)
Il soprano Marina Poplavskaja, al contrario di Antonenko, non riesce a fornire spessore drammatico a Desdemona, in quanto le manca l’ampia cavata per cantare credibilmente frasi come “E son io l’innocente cagion di tanto pianto!”, per esempio.
Pure lei ha una voce piccola, seppur gradevole, e inoltre gli acuti appaiono metallici e forzati, stridenti, i gravi spesso intubati; il fraseggio è abbastanza curato ed è buona la recitazione e la presenza scenica.
Ha cantato molto bene la “Canzone del Salice” nel quarto atto ma, insomma, credo che di Desdemone a questo livello, appena sufficiente, ce ne siano molte.
Ho rilevato (non solo io, tutti) anche un piccolo incidente vocale: ha sporcato un acuto in chiusura dell’opera, anche se va detto che cantava in una posizione non comoda per esigenze sceniche.
Mi è piaciuto abbastanza il baritono Giovanni Meoni nel ruolo di Jago, perché almeno ha capito la psicologia del personaggio. Da qui a renderlo efficacemente ce ne passa, però le intenzioni interpretative corrette c’erano.
Non ha uno strumento adeguato, però: la voce è anonima, il volume appena discreto, la capacità di modulare limitata da un registro grave non straordinario, mentre gli acuti ( finale del “Credo”) sono quasi tenorili.
Jago, personaggio diabolico, pronuncia molte mezze frasi per volgere a suo favore la situazione, è ammiccante, subdolo, freddo: ecco, in questo canto tipicamente di conversazione l’artista mi è piaciuto perché è stato incisivo e presente.
Deludente il Cassio di Roberto De Biasio, che ha una voce bellissima ma era un po’ stranito, non so.
Brava Barbara Di Castri nei panni di Emilia, accorata e partecipe.
Sufficienti le caratterizzazioni di Antonello Ceron (Roderigo), Giovanni Battista Parodi (Lodovico), Paolo Battaglia (Montano) e Fabio Tinalli ( Araldo).
Buona la prestazione del Coro del Teatro di Roma, preparato da Andrea Giorgi e meritevole d’elogio anche il Coro di Voci Bianche diretto da José Maria Sciutto.
L’allestimento di Stephen Langridge è, a mio parere, molto bello.
Tradizione con la giusta dose di modernità, senza stravolgere il libretto e, finalmente, senza quei trasporti temporali calamitosi ai quali ormai sembra ci si debba abituare per forza.
Il regista legge il dramma come una storia di personaggi emarginati: Otello è straniero e di colore, Desdemona ha rinunciato ai suoi privilegi sposandolo, Jago ha aspirazioni di comando inibite dalla sua appartenenza a una classe sociale inferiore. Solo Cassio è inserito a pieno titolo nella società veneziana dell’epoca, e l’invidia per la sua condizione privilegiata sarà la scintilla che farà scoppiare il devastante incendio dei sentimenti.
Le scene, di George Souglides, sono magnifiche, i costumi di Emma Ryott eleganti e di ottimo gusto, le coreografie di Philippe Girardeau funzionali allo spettacolo ma non invadenti.
Ottime, infine, le luci di Giuseppe Di Iorio, specialmente nel quarto atto.
Successo pieno per tutti i cantanti, con il trionfo di cui ho già detto all’inizio di Riccardo Muti.
Ora, mi permetto una piccola divagazione personale.
Per me Roma è una città ostile, troppo grande, troppo rumorosa, troppo…tutto.
Io sono un provincialotto timido che sta bene a casa sua, schiavo delle abitudini e via così piangendosi addosso inutilmente.
Margot e il suo definitivamente adatto QuasiAdatto mi hanno ospitato a casa loro e mi fatto sentire a casa mia placando le mie ansie.
Grazie.
Inoltre, sono stato molto felice di conoscere personalmente Giorgia, fotografa professionista ( smile)e ragazza simpaticissima.
Buona settimana a tutti.
(non so collocare le foto nel post, accontentatevi!)

20 risposte a “Recensione semiseria dell’Otello al Teatro dell’Opera di Roma.

  1. bobregular 9 dicembre 2008 alle 1:10 am

    dalla foto di Otello viene da pensare ad una commistione con Excansibur (cit., Superfantozzi) 🙂

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  2. mu 9 dicembre 2008 alle 8:26 am

    Ah, capperi, scusa, hai ragione, dovevo avvertirti che, oltre che nella mummia riesumata della Pampanini, la probabilità di imbatterti nella colata di plastica che risponde al nome di Renato Balestra sarebbe stata molto, molto alta (e infatti…).

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  3. utente anonimo 9 dicembre 2008 alle 10:20 am

    Mi dispiace essere andata via prima dell’arrivo del sarcofago della Pampanini….
    Un solo appunto: hai lasciato cioccolata e biscotti… che terribile tentazione!!!!!

    L’affamata Margot :o)

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  4. utente anonimo 9 dicembre 2008 alle 10:20 am

    Mi dispiace essere andata via prima dell’arrivo del sarcofago della Pampanini….
    Un solo appunto: hai lasciato cioccolata e biscotti… che terribile tentazione!!!!!

    L’affamata Margot :o)

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  5. Moher66 9 dicembre 2008 alle 10:59 am

    Non capisco perchè ti accanisci tanto con Balestra, secondo me sei un pò invidioso, dai… Anche perchè secondo me è meglio in ogni caso della Pampanini (il che la dice tutta)
    Avoja!!
    🙂

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  6. Moher66 9 dicembre 2008 alle 10:59 am

    Non capisco perchè ti accanisci tanto con Balestra, secondo me sei un pò invidioso, dai… Anche perchè secondo me è meglio in ogni caso della Pampanini (il che la dice tutta)
    Avoja!!
    🙂

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  7. utente anonimo 10 dicembre 2008 alle 10:36 am

    da Giuliano:
    E’ vero che per radio sembra tutto diverso: a me erano sembrate voci piuttosto potenti. Ma per dire qualcosa di sensato si sa che bisogna esser lì. (esser lì e non esser Carfagna LaRussa, magari)

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  8. utente anonimo 10 dicembre 2008 alle 10:36 am

    da Giuliano:
    E’ vero che per radio sembra tutto diverso: a me erano sembrate voci piuttosto potenti. Ma per dire qualcosa di sensato si sa che bisogna esser lì. (esser lì e non esser Carfagna LaRussa, magari)

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  9. gabrilu 10 dicembre 2008 alle 3:47 PM

    In effetti…non è che bobregular abbia tutti i torti… insomma mi sento in sintonia con blobregular.

    La foto del Carletto che hai messo mi fa pensare più ad un Excalibur (chiedo scusa, volevo dire = escansibur) che ad un Messer Carlo di Spagna.

    Non solo Grande di Spagna, ma perdicincibacco pure erede al trono (ma quando schiatta, ‘sto Filippo?)

    Può essere che quando hai postato la foto pensavi più alla wagneriana Notung piuttosto che al giovine principe spagnolo? E’ solo un’ipotesi, veh.

    …Comunque: è consolante leggere la tua recensione. E da parte mia ti ringrazio.

    Sai che non vado più all’opera da decenni. E non ho la minima voglia di tornarci.

    ^__^

    Riepilogando: se lasciamo perdere tutti i frizzi ed i lazzi che sono sempre utili a vivacizzare un blog, m’è parso di capire (dal tuo testo e dalle foto che ai postato) che l’allestimento romano sia stato più che decoroso.

    Il che, di questi tempi, sarebbe già molto.

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  10. gabrilu 10 dicembre 2008 alle 3:47 PM

    In effetti…non è che bobregular abbia tutti i torti… insomma mi sento in sintonia con blobregular.

    La foto del Carletto che hai messo mi fa pensare più ad un Excalibur (chiedo scusa, volevo dire = escansibur) che ad un Messer Carlo di Spagna.

    Non solo Grande di Spagna, ma perdicincibacco pure erede al trono (ma quando schiatta, ‘sto Filippo?)

    Può essere che quando hai postato la foto pensavi più alla wagneriana Notung piuttosto che al giovine principe spagnolo? E’ solo un’ipotesi, veh.

    …Comunque: è consolante leggere la tua recensione. E da parte mia ti ringrazio.

    Sai che non vado più all’opera da decenni. E non ho la minima voglia di tornarci.

    ^__^

    Riepilogando: se lasciamo perdere tutti i frizzi ed i lazzi che sono sempre utili a vivacizzare un blog, m’è parso di capire (dal tuo testo e dalle foto che ai postato) che l’allestimento romano sia stato più che decoroso.

    Il che, di questi tempi, sarebbe già molto.

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  11. amfortas 10 dicembre 2008 alle 4:54 PM

    Bob, mica hai torto, ora che lo vedo bene 🙂
    Giorgia, ho citato Balestra perché forse è più noto di altri e ha un colore che non esiste in natura, lo definirei un caco itterico.
    Da un certo punto di vista, faceva più impressione il lacchè della Pampanini che la Pampanini stessa 🙂
    Margie, guardati la Piccola Bottega, e poi fammi l’imitazione 🙂
    Elena, la peggiore era una nobildonna romana che era uguale a Jack Nicholson quando interpreta il Jolly nel film Batman 🙂
    Giuliano, la questione dei microfoni è annosa e tra le più discusse tra gli appassionati, proprio perché appiattisce, nel senso che uniforma, il volume delle voci.
    Più volte mi è capitato di sentire (si fa per dire) in teatro qualche cantante coperto dall’orchestra e poi, a casa riascoltando la registrazione della RAI, pensare di aver a che fare con un nuovo Del Monaco o Corelli.
    Gabrilu, mi sa che hai preso la recensione dell’Otello per quella del Don Carlo…o forse non ho capito io…
    Ciao 🙂

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  12. amfortas 10 dicembre 2008 alle 4:54 PM

    Bob, mica hai torto, ora che lo vedo bene 🙂
    Giorgia, ho citato Balestra perché forse è più noto di altri e ha un colore che non esiste in natura, lo definirei un caco itterico.
    Da un certo punto di vista, faceva più impressione il lacchè della Pampanini che la Pampanini stessa 🙂
    Margie, guardati la Piccola Bottega, e poi fammi l’imitazione 🙂
    Elena, la peggiore era una nobildonna romana che era uguale a Jack Nicholson quando interpreta il Jolly nel film Batman 🙂
    Giuliano, la questione dei microfoni è annosa e tra le più discusse tra gli appassionati, proprio perché appiattisce, nel senso che uniforma, il volume delle voci.
    Più volte mi è capitato di sentire (si fa per dire) in teatro qualche cantante coperto dall’orchestra e poi, a casa riascoltando la registrazione della RAI, pensare di aver a che fare con un nuovo Del Monaco o Corelli.
    Gabrilu, mi sa che hai preso la recensione dell’Otello per quella del Don Carlo…o forse non ho capito io…
    Ciao 🙂

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  13. gabrilu 10 dicembre 2008 alle 7:56 PM

    Don Carlos o Otello… sempre di Notung si tratta.
    Non svicolare 😉

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  14. gabrilu 10 dicembre 2008 alle 7:56 PM

    Don Carlos o Otello… sempre di Notung si tratta.
    Non svicolare 😉

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  15. amfortas 10 dicembre 2008 alle 8:11 PM

    gabrilu, Notung è sempre nei miei pensieri, anche perché è uno dei miei nick qui in Internet.
    Qualcuno mi rimpiange, perché ero più tagliente, quando scrivevo come Notung 🙂 e dice che Amfortas è un mollaccione.
    Ti dirò che è vero.
    Ciao!

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  16. amfortas 10 dicembre 2008 alle 8:11 PM

    gabrilu, Notung è sempre nei miei pensieri, anche perché è uno dei miei nick qui in Internet.
    Qualcuno mi rimpiange, perché ero più tagliente, quando scrivevo come Notung 🙂 e dice che Amfortas è un mollaccione.
    Ti dirò che è vero.
    Ciao!

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  17. utente anonimo 9 ottobre 2010 alle 5:52 PM

    Molto interessante, mi è piaciuto molto leggere la storia. Tutto il testo dà l'impressione che mi ha molto ben lavorato con professionalità e impegno. Davvero buona blog.http://buyonline-rx.com/http://buyonline-rx.com/sitemap.html

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