Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Alberto Mattioli, il critico ninja.

Ecco qui una recensione del libro, piuttosto pepata, dell’amico Daland.

Le caratteristiche essenziali per una diagnosi di sofferenza di un disturbo ossessivo- compulsivo sono, appunto, le ossessioni e le compulsioni.
Le ossessioni sono idee, pensieri, immagini o impulsi ricorrenti e persistenti, egodistonici, cioè esperiti non come prodotti volontariamente, ma come pensieri senza senso o ripugnanti che invadono la coscienza.
Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi e apparentemente finalizzati, seguiti secondo certe regole o in modo stereotipato.
Cito la fonte dalla quale ho ricavato le definizioni di cui sopra, che è autorevole: DSM, un best seller ormai arrivato alla quarta edizione destinato a diventare un evergreen, perché le nevrosi sono come le stronzate che sparano i politici, ogni giorno ne scopriamo una nuova.
Questo inquietante quadretto fornisce la descrizione perfetta della melomania o, come la chiama Alberto Mattioli nel suo ultimo libro (Anche stasera – come l’opera lirica ti cambia la vita) operoinomania.
Ovviamente scherzo, ma sino a un certo punto, perché io stesso “soffro” di abitudini legate alla passione per l’opera che sfiorano l’ossessione e la compulsione. Non so come altro potrei definire, per esempio, il fatto che ora sono in pieno loop da Bohème, opera che conosco a memoria, solo perché tra un po’ devo risorbirmela a Trieste.
Mattioli, che è un giornalista serissimo – corrispondente dalla Francia e critico musicale per il quotidiano “La stampa” – che non si prende sul serio, è anche uno dei casi più evidenti di critico ninja: ne sono prova le 1200 serate passate a teatro, ovviamente, ma anche le testimonianze di chi l’ha visto contemporaneamente a Glyndebourne e, che ne so, a Parigi.
Mattioli si materializza all’improvviso alla Fenice di Venezia sulla poltrona vicina alla tua, lo riconosci, vuoi salutarlo ma lui non c’è più, confuso tra i ratti dell’ultimo orrido allestimento del Lohengrin a Bayreuth (nella foto è il terzo topo da sinistra), pronto a stigmatizzare l’urlo del tenorazzo o l’allestimento idiota del regista demente di turno.
Un critico ninja, appunto.
Leggere questo libro è assai piacevole e lo consiglio a quasi tutti.
Ai melomani perché si riconosceranno nel loro orrido aspetto reale, come se il volume fosse una specie di ritratto di Dorian Gray.
Alle persone normali perché conosceranno qualcosa del mitico mondo dell’opera, di cui sanno poco o nulla.
Lo sconsiglio vivamente invece a tutti quelli che non sanno ridere e soprattutto a coloro che dicono ogni momento “non siamo né pesanti né seriosi, sapessi quanto ridiamo”, e subito dopo partono con una mattonata sull’età dell’oro della lirica, come se davvero ce ne fosse stata una e che tutto quello che è venuto dopo fosse da buttare (come la consecutio di questa frase).
Insomma quelli che affondano nelle sabbie mobili di frasi come queste:

«Il Barbiere come lo voleva Rossini.»

«Traviata come la voleva Verdi.»

«Bohème come la voleva Puccini.»

«Tristano come lo voleva Wagner.»

«Certo che la pazzia della Lucia come la cantava la Callas non la si è più sentita.»

«Certo che la pazzia della Lucia come la cantava la Sutherland non la si è più sentita.»

«Certo che la pazzia della Lucia come la cantava la Gruberova non la si è più sentita.»

E via di luoghi comuni sul passato, quando invece per fortuna la lirica guarda al futuro, come tutte le altre discipline artistiche.
Nel libro sono citati parecchi divertenti episodi accaduti durante le recite – perlopiù noti ai melomani – e alcuni retroscena, anche a sfondo politico-istituzionale, che inquadrano in modo preciso e impietoso l’impreparazione e il servilismo – l’incapacità – della nostra classe dirigente dentro e fuori dai teatri.
Personalmente mi ha fatto assai ridere la colossale gaffe del giornale Libero, che in occasione del Candide alla Scala di Milano se la prese con Lenny Bernstein, ritenendo che fosse ancora vivo. Mi ha ricordato il sindaco di una città del nord est (una a caso) che si arrabbiò molto quando seppe che Andy Warhol non avrebbe potuto partecipare al vernissage della mostra a lui dedicata: povero, anche Andy non c’era più da decenni.
Succede, è la vita, anzi la morte.
Insomma il libro è fonte di divertimento e anche di riflessione, specialmente quando affronta temi come la popolarità del barocco al di fuori dell’Italia per esempio, e il relativo uso (abuso?) della figura del controtenore. Il tutto passando da Bayreuth a Salisburgo, da Parigi a Londra e… in altri siti.
Alla fine, credo che il messaggio più importante che vuole dare Mattioli sia da ricercarsi tra le righe, come fosse una specie di sottotesto: bisogna avere maggior cura di un patrimonio culturale che ci identifica positivamente, anche a costo di mettere in discussione quelle che ci appaiono come certezze o priorità irrinunciabili.
Mi pare che sia un punto di vista condivisibile e valido sia per il pubblico sia per chi ha la responsabilità della gestione dei teatri italiani.
Meritoriamente, oltre che in versione cartacea, è possibile acquistare il libro anche in versione eBook, sui maggiori siti specializzati.
Nei prossimi giorni scriverò qualcosa sulla Bohème di Giacomo Puccini, che si vedrà al Teatro Verdi di Trieste a partire dal 13 aprile.

Sarà come la voleva Puccini? Boh.

Intanto, Di tanti pulpiti è da un anno su questa piattaforma, il primo articolo fu una recensione di Anna Bolena.
Il blog, al contrario del suo squallido tenutario, gode di ottima salute. Auguri.

17 risposte a “Alberto Mattioli, il critico ninja.

  1. margot 5 aprile 2012 alle 12:20 PM

    Non solo ho letto e ho riso, ma ho anche capito quello che hai scritto… chissà se devo preoccuparmi o se sei tu ad aver scritto anche per gli ignoranti come me.
    Certo che ormai sono rari i blog come li volevano un tempo…

    Mamargot (ohmaigod!!!) 🙂

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    • amfortas 5 aprile 2012 alle 6:07 PM

      Mamargot, che domande, sono io che ho scritto per gli ignoranti come te 🙂
      La buona notizia è che presto non avrai tempo neanche per lasciare commenti sporadici (devi vedere Dren, e basta!)
      Ciao!

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  2. amfortas 5 aprile 2012 alle 6:52 PM

    Gabriele, tu non hai nulla del serioso parruccone, a parte la chioma. E poi io e te siamo quasi sempre d’accordo nella valutazione di uno spettacolo, anzi, spero di avere occasione di rivederci presto.
    Ciao!

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  3. winckelmann 7 aprile 2012 alle 12:16 am

    L’ho sentito, Mattioli, presentare il libro alla radio. Avevo appena finito di pensare: beh, devo ricordarmi di comprarlo – che ha definito evento di portata storica il debutto della Bartoli in Norma e puf! l’interesse mi è finito sotto i piedi.
    Magari aspetto un po’, mi passa e poi lo prendo lo stesso.

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  4. amfortas 7 aprile 2012 alle 8:01 am

    winckelmann, alla radio, dove? Mannaggia me lo sono perso. Alberto è un sostenitore sì della Bartoli, ma soprattutto ritiene – a mio parere giustamente – che non si possa stare in adorazione del passato, forse avrà enfatizzato con questo scopo.
    Io la Bartoli nella Norma non ce la vedo, anzi sento. Peraltro ho sentito una registrazione di fortuna di quel debutto – giocoforza di difficile valutazione – e non mi è piaciuta proprio sotto alcun punto di vista.
    Ciao e grazie :-), auguri!

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    • winckelmann 7 aprile 2012 alle 12:45 PM

      Era la trasmissione di Sandro Cappelletto, non mi ricordo come si intitola. Sul non stare in adorazione del passato sono senz’altro d’accordo, ma io e la Bartoli abbiamo sepolto ogni feeling già molti anni fa – e si che dopo averla sentita due volte in teatro nella prima fase della carriera ero partito con una posizione di entusiasmo. Poi, con tutta la mia buona volontà, l’ho trovata sempre più insopportabile e artisticamente inconsistente. Limite mio, certamente, ma che ci posso fare?
      Tanti auguri anche a te!

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  5. laura codirosso 7 aprile 2012 alle 8:50 am

    Ciao Amfortas, l’ho letto, e non da “operoinomane”, e proprio questo aspetto della passione è quello che mi ha divertito di più, anche se avrei voluto capirlo meglio (ma forse, trattandosi di passione pura, non c’è nulla da capire). Immagino che tutti gli operoinomani si siano riconosciuti in Mattioli, che molti abbiano ricordi in comune con lui mentre su certe opinioni e gusti potrebbero discutere all’infinito (vedi il caso Bartoli, appunto). Per il poco che so e che capisco, concordo con lui sul barocco, sui passatisti, sulle regie e sulle carampane. Anche sulla situazione italiana (soprattutto istituzionale). Però non mi pare che Mattioli vada al di là delle constatazioni e di giudizi che suonano abbastanza apodittici. Io non so un tubo della vicenda Muti ad esempio, e rimango sempre lì di fronte alle posizioni tipo “detrattore totale” e “sostenitore totale”. Questo libro è scritto ANCHE per persone non edotte, o è solo un resoconto della serie “accidenti guarda quante ne ho fatte e come ho goduto, e nonostante i comuni mortali ci mettano anni per arrivare a mettere il sedere a Bayreuth, e magari non ci riescono mai, io ci vado sempre, e pure nell’hotel giusto” (si vede che sono una velenosa invidiosa, eh?). In sintesi, è un libro godibile e in certi punti davvero divertente (da Mozartomane ho riso di gusto sull’aneddoto di don Alfonso e i suoi due amanti…) ma mi ha lasciato un’impressione di incompiuto. Forse però non sono il tipo di lettore a cui il libro era indirizzato.
    Ti auguro un buon finesettimana,
    Laura

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    • amfortas 7 aprile 2012 alle 9:52 am

      Laura, capisco bene le tue perplessità e in parte le condivido, come ho detto anche ad Alberto.
      Credo sia difficile, parlando di musica lirica, coinvolgere il neofita. Il rischio di questo tipo di libri è che scontentino qualcuno su entrambi i fronti, quello che si identifica come “esperto” e che vorrebbe magari meno aneddoti e più sostanza, e quello invece che non sa nulla di lirica e quindi non apprezza a prescindere.
      Tu, invece, appartieni – a mio parere – proprio al target ideale di lettori, e la prova sta proprio nel fatto che abbia apprezzato qualcosa e che altro invece ti abbia lasciata freddina.
      Ti segnalo inoltre questa bella intervista che Mattioli ha rilasciato a Operadisc, nella quale si sofferma un po’ anche sulla querelle Muti.
      Ciao, grazie per l’articolato commento e buon fine settimana anche a te!
      Paolo

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  6. Federica 8 dicembre 2012 alle 12:13 am

    Mattioli mi ha conquistata. Credo che, conoscendo i suoi spostamenti lirici, potrei prendere un aereo e andare a vedere un’opera solo per conoscerlo. Amore a prima letta 😛
    Devo assolutamente conoscerlo!
    Prima o poi passerà di nuovo per la Fenice…

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    • Mattioli 11 dicembre 2012 alle 10:07 am

      Beh, sono lusingato (e anche piacevolmente incredulo…).
      Sì, dalla Fenice ripasserò di sicuro. Quando, però, non lo so.
      Dal vivo, comunque, sono peggio che su carta (Genio Bullo può testimoniare).
      Scherzi a parte, grazie davvero. E’ passato tanto tempo dall’uscita del librino che non mi ricordavo praticamente più di averlo scritto…
      Ciao miao bao
      AM

      PS: prego GB di scusare l’uso privato del SUO blog

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  7. amfortas 8 dicembre 2012 alle 12:18 am

    Federica, se mi rivolge ancora la parola dopo la recensione sul Lohengrin te lo presento io, il Mattioli 🙂 Tanto nell’orrida Venezia ci ribecchiamo, prima o poi.
    Ciao!

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