Di tanti pulpiti.

Dal 2006, episodiche esternazioni sulla musica lirica e amenità varie. Sempre tra il serio e il faceto, naturalmente. #verybullo

Veronica decide di morire, ovvero La Favorite di Gaetano Donizetti al Teatro La Fenice di Venezia.

Il ritorno, dopo qualche mese, nell’orrida Venezia, è stato tutto sommato all’insegna della normalità. Persino i temibili gabbiani assassini lagunari mi sono sembrati un po’ impigriti e mogi, circostanza che un po’ mi preoccupa perché potrebbe anche essere una mossa strategica degli astuti pennuti per favorire la distrazione degli umani, in maniera di divorarli poi con un attacco multiplo a sorpresa. Vedremo nel prossimo futuro.
La serata invece mi ha regalato un’emozione: ho battagliato per il bracciolo della poltroncina nientemeno che con la mitica Simona Marchini, la quale, sventurata, si è pure scordata il cellulare acceso all’inizio del terzo atto. L’ho perdonata volentieri, in nome dei ricordi di gioventù (strasmile) e anche perché tra un paio di settimane avrò modo di vedere la sua regia di L’amico Fritz di Mascagni, sempre a Venezia.
Ma, come sempre, passiamo alle cose meno serie e cioè all’esito della serata.

F1La Favorite di Donizetti – opera magnifica a mio parere – ha avuto una genesi tribolata e non è mai diventata autenticamente popolare come meriterebbe. Per certi versi – come acutamente osserva Elvio Giudici – si può definire una specie di patchwork di opere diverse, pur mantenendo una discreta coerenza drammaturgica e un passo teatrale sostenuto che rende il lavoro accattivante e godibile. La bellezza melodica di alcune arie, inoltre, fa sì che l’opera sia anche orecchiabile in molte pagine, garanzia quest’ultima di quasi sicuro successo. Eppure, dicevo, La Favorite non è mai entrata davvero nel cuore degli appassionati e, soprattutto, è tuttora rappresentata con cauta moderazione.
Sicuramente l’incresciosa traduzione italiana di un testo che più francese non si può negli intenti e nelle sfumature, e i pesanti aggiustamenti dovuti alla censura dell’epoca hanno contribuito a questa specie di ostracismo che solo negli ultimi anni sembra essere meno stringente.
Ha fatto bene perciò il Teatro La Fenice a proporre in questa stagione codesto capolavoro di Donizetti, con un cast di tutto rispetto.
Purtroppo però l’allestimento, o meglio il concept di Rosetta Cucchi, cui è stata affidata la regia dell’opera, è sembrato velleitario, confuso e quasi incomprensibile.
In uno spazio atemporale e in una società distopica le donne sono diventate quasi automi o marionette senz’anima e dignità, a disposizione di una casta maschile dominante che ha i caratteri di una setta autoritaria e pseudoreligiosa e custodisce il segreto di una Natura ormai scomparsa. In cellette simili a loculi sono conservati, come reliquie, frammenti di vegetali. Il resto del mondo esiste solo come ricordo e si materializza, vagamente, con videoproiezioni sullo sfondo. Le donne, che vivono segregate, sono ridotte a oggetto di sollazzo per i capricci e i desideri volgari degli uomini.F2.1
Le scene, di Massimo Cecchetto, sono ben realizzate e soggioganti, i costumi di Claudia Pernigotti funzionali all’atmosfera generale e le luci di Fabio Barettin danno una certa tridimensionalità a un allestimento che però rimane cupo, tetro e soprattutto statico e noioso. Orribile in modo fastidioso il balletto basato sulla coreografia pensata da Luisa Baldinetti. Dei movimenti del coro dirò che sono stati preferibili i momenti in cui era schierato e immobile.
Le cose sono andate meglio sul versante musicale, grazie alla buona prova dell’Orchestra della Fenice e nonostante l’ottimo Donato Renzetti abbia saltuariamente ecceduto nelle sonorità orchestrali poco differenziate anche nelle dinamiche. Buono invece l’accompagnamento ai cantanti, soprattutto nel terzo e quarto atto, anche se da un direttore di tale esperienza mi sarei aspettato un’interpretazione più personale e rivelatrice della bellissima partitura donizettiana.

Veronica Simeoni

Veronica Simeoni

Ottima la prestazione di Veronica Simeoni, Léonor di timbro seducente, appassionata, vivace e allo stesso tempo elegante nella recitazione, sorvegliata nel canto in cui spicca per fraseggio ed espressività. L’aria O mon Fernand, impervia, è stata cesellata e restituita con classe e senza fare sfoggio di effetti vocali ridondanti.

John Osborn e Veronica Simeoni

John Osborn e Veronica Simeoni

John Osborn (Fernand), dopo un inizio piuttosto cauto, è stato artefice di una recita in crescendo in una parte davvero molto difficile per la tessitura scomoda e per il carattere del personaggio, che alterna momenti di slancio eroico ad altri più intimi e meditativi. Il tenore è stato convincente nella famosa aria Ange si pur, in cui ha mostrato un’emissione pulita e tecnica saldissima.

Vito Priante e Veronica Simeoni

Vito Priante e Veronica Simeoni

Bravo anche Vito Priante, Alphonse tormentato e austero allo stesso tempo, che ha ben risolto la difficile aria (Jardins de l’Alcazar) che apre il secondo atto e caratterizzato in modo incisivo un personaggio ambiguo e sfuggente.
Forse un po’ ruvido nell’emissione, ma di buon livello è sembrata anche la prestazione di Simon Lim, Balthazar inflessibile e autoritario.
Pauline Rouillard ha correttamente impersonato Inès, mentre nella piccola parte di Don Gaspar è stato eccellente il giovane tenore Ivan Ayon Rivas, che ha colpito per lo squillo e per accento. Ha completato positivamente il cast Salvatore De Benedetto.
Molto buona la prestazione del Coro, come sempre ben preparato da Claudio Marino Moretti.
Il pubblico che affollava il teatro ha applaudito con convinzione tutta la compagnia artistica, decretando un successo particolarmente caloroso a Veronica Simeoni.

5 risposte a “Veronica decide di morire, ovvero La Favorite di Gaetano Donizetti al Teatro La Fenice di Venezia.

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  2. Paolo 10 Maggio 2016 alle 12:06 am

    Ho visto questa sera la registrazione della Battaglia di Legnano dal Teatro Verdi di Trieste del Febbraio 2012 sul Canale BRAVAHD TV, visibile in molti stati europei. Ho provato un sentimento d’orgoglio per Trieste e il nostro Teatro!

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    • Amfortas 10 Maggio 2016 alle 3:08 PM

      Paolo, ciao. Non ho ricordi particolarmente esaltanti di quella produzione, ma in ogni caso si trattò di una serie di recite accettabili con Giorgio Caoduro in particolare evidenza. Immagino poi che qualche sbavatura sia stata sistemata in post produzione. Certo, vedere il Verdi in TV fa un certo effetto 😉
      Scusa l’indiscrezione, sei Paolo P. Triestino all’estero? Ciao!

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